Nella filosofia greca, in rapporto al significato del termine greco πέρας («limite»), ciò che è completo perché condotto a termine, ciò che ha forma, ordine, armonia e bellezza e quindi ciò che è perfetto perché ‘non manca di niente’. Diversamente si configura il concetto di f. quando viene messo a confronto con l’infinito nel contesto della cultura religiosa dell’età ellenistica: posta la divinità come ciò che non trova limite nelle sue possibilità, a essa si contrappone il f. come ciò che è limitato in quanto trova ostacoli e non è capace di adeguarsi all’infinito, e come tale è quindi imperfetto. Questo tipo di problematica, già presente in Plotino, è accentuato nella riflessione teologica cristiana, nella scolastica, nella filosofia moderna, soprattutto in B. Spinoza, nella speculazione romantica e infine nell’idealismo hegeliano. La tematica del f. (o della finitezza) come caratteristica propria dell’uomo è svolta dall’esistenzialismo, che variamente accentua il carattere ontologico o esistenziale, il significato negativo o positivo dell’essere finito.
Insieme f. Un insieme I si dice f. quando esso è equivalente a un insieme del tipo (1, 2, ... , n), cioè all’insieme composto dai primi n numeri naturali. Ciò vuol dire che è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra gli elementi di I e i numeri da 1 a n. Ma degli insiemi f. si può dare anche una definizione indiretta, definendo direttamente gli insiemi infiniti (R. Dedekind, F. Enriques); da questo punto di vista si dirà che un insieme è f. quando non è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra i suoi elementi e gli elementi di un suo sottoinsieme proprio, infinito quando ciò è invece possibile.