Sistema omogeneo formato da due o più componenti mescolati intimamente tra loro con un grado di dispersione dell’ordine molecolare.
A seconda dello stato di aggregazione (solido, liquido o gassoso) delle specie che danno origine alla s., si possono avere s. di gas, di liquidi o di solidi in gas (s. gassose), in liquidi (s. liquide), in solidi (s. solide). Convenzionalmente si indica come solvente il componente presente in quantità preponderante, oppure, nel caso in cui i componenti abbiano diverso stato fisico, quello avente stato di aggregazione uguale a quello della s. risultante; il soluto è il componente presente in minore quantità, o quello che, allo stato puro, si presenta in uno stato fisico diverso da quello della soluzione. Il processo di dissoluzione può essere di tipo fisico, quando le specie conservano in s. la propria identità chimica (e quindi, almeno in linea di principio, sono separabili mediante cambiamenti di stato, quali evaporazione del solvente, cristallizzazione frazionata ecc.) o di tipo chimico se, in seguito a una reazione, uno o più componenti sono presenti in s. sotto una forma chimica diversa da quella originaria (per es., un metallo può sciogliersi in un acido ossidandosi a catione, un acido si scioglie in acqua cedendo a essa, almeno in parte, dei protoni ecc.); anche se non è sempre possibile operare una distinzione netta tra i due processi, il termine di s. è più propriamente associato a quello del primo tipo.
Le s. di gas in gas sono dette assai più comunemente miscele, e si formano spontaneamente in tutte le condizioni, perché entropicamente favorite; è poco usuale anche parlare di s. di liquidi o di solidi in gas: una fase condensata ‘si scioglie’ in un gas evaporando in un’atmosfera costituita dal gas in questione. I principali tipi di s. sono perciò quelle liquide (in assoluto le più comuni) e quelle solide (in particolare di solidi in solidi). Per esprimere la composizione quantitativa di una s. si può indicare la frazione molare di ciascun componente (moli del componente divise per le moli totali), la molarità (moli di soluto per litro di soluzione), la molalità (moli di soluto per kilogrammo di solvente), la percentuale in massa o, meno correttamente, in volume ecc. In generale, due sostanze poste a contatto danno vita a una s. se l’energia libera complessiva di quest’ultima è minore di quella delle singole specie pure, a parità di pressione e temperatura. Il fenomeno di s. può procedere in modo spontaneo limitatamente a certi intervalli di concentrazione o, viceversa, per qualsivoglia proporzione dei componenti. Una qualsiasi funzione o variabile di stato X di una s. può essere espressa come somma delle relative grandezze parziali molari (Xi) dei singoli componenti, mediante la formula X=ΣiniXi, dove ni rappresenta il numero di moli della specie i-esima. Per es., il volume di una s. è pari a ΣiniVi, dove i Vi sono i volumi parziali molari; analogamente, si hanno le energie libere, le entropie, le entalpie ecc. parziali molari. La suddetta relazione implica che, in generale, le variabili e funzioni di stato di una s. non godono della proprietà di additività, perché le Xi sono diverse dalle corrispondenti grandezze delle sostanze pure (dipendono dalla composizione della s.). Così, mescolando due volumi V1 e V2 di due sostanze miscibili, il volume della s. risultante non è pari a V1+V2, se non in casi particolari. L’entalpia, l’entropia, l’energia libera di mescolamento (o di s.) rappresentano la differenza tra il valore della funzione di stato della s. a una certa temperatura e pressione e i rispettivi valori relativi ai componenti puri nelle stesse condizioni.
Sono s. nelle quali il soluto è un elettrolito e perciò è presente, in tutto o in parte, sotto forma di ioni. Le s. elettrolitiche più comuni sono quelle acquose, perché l’acqua, grazie alla sua polarità e alla elevata costante dielettrica, è il solvente più adatto a disciogliere e dissociare gli elettroliti. Tuttavia esistono anche s. di elettroliti in solventi organici, purché questi siano in grado di sciogliere l’elettrolita coordinandone gli ioni; anche i soluti che in acqua sono presenti (per concentrazioni sufficientemente basse), principalmente allo stato dissociato (elettroliti forti), in solventi organici esistono in larga misura sotto forma di aggregati complessivamente neutri costituiti da ioni di segno opposto e circondati dalle molecole di solvente. La presenza di specie cariche in s. è responsabile delle marcate differenze esistenti tra le s. di elettroliti e quelle di non elettroliti, prima fra tutte la capacità delle prime di condurre la corrente elettrica. Poiché le interazioni tra specie cariche si esercitano in maniera sensibile anche a distanze elevate (interazioni a lungo raggio), le s. elettrolitiche mostrano comportamento non ideale già a concentrazioni relativamente basse. L’attività (a) di ogni ione in s. può definirsi, con opportuna scelta dello stato standard, come a=γm, dove m è la molalità e γ è il coefficiente di attività (anche indicato con la lettera f), che tende a uno a diluizione infinita; poiché l’attività di un singolo ione non è sperimentalmente accessibile, si preferisce definire un coefficiente medio di attività γ± (determinabile per via sperimentale), mediante la γ±ν= γ+ν+γ−ν− dove ν+ e ν− sono le moli di ioni rispettivamente positivi e negativi messi in gioco da una mole di elettrolita, e ν=ν++ν−; tale coefficiente esprime l’entità della deviazione dall’idealità, essendo quest’ultima tanto maggiore quanto più esso si discosta dal valore unitario. La dipendenza di γ± dalla concentrazione della s. è complessa; l’equazione di Debye-Hückel, valida per s. diluite, permette di calcolare i coefficienti di attività di un dato elettrolita in un dato solvente, in funzione della forza ionica e della temperatura, sotto l’ipotesi che le sole interazioni responsabili della deviazione dall’idealità siano quelle soluto-soluto a lungo raggio. A concentrazioni elevate, tuttavia, insorgono, anche in solvente acquoso, interazioni a corto raggio, fino alla formazione di coppie di ioni di segno opposto, e assumono importanza le interazioni soluto-solvente che, sottraendo di fatto molecole di solvente, modificano la concentrazione effettiva della soluzione. La deviazione dall’idealità, inoltre, è legata a effetti entropici oltre che energetici, perché la coordinazione delle molecole di solvente da parte degli ioni perturba la struttura del solvente stesso (in particolare se si tratta dell’acqua), accrescendone o diminuendone il grado di disordine.
Una s. si definisce ideale se tutti i componenti rispettano, nell’intero arco di composizioni, la legge di Raoult, cioè se per ogni componente p=xp0, dove x è la frazione molare in soluzione, p e p0 le tensioni di vapore della specie relative rispettivamente al vapore in equilibrio con la s. e con la fase pura (alla stessa temperatura). Per le s. ideali non si hanno variazioni di volume e di entalpia in seguito al mescolamento; quest’ultima proprietà implica, per es. nel caso di una s. binaria formata dalle specie A e B, che l’energia delle interazioni A-A e B-B esistenti nelle specie pure è uguale a quella delle interazioni A-B presenti in soluzione. Poiché la variazione entropica relativa al processo di dissoluzione per s. ideali, pari a ΣiRxilnxi, con R costante universale dei gas (l’indice i si riferisce ai componenti della s.), è sempre positiva, il mescolamento è spontaneo a ogni temperatura e pressione. L’espressione entropica è identica a quella valida per il mescolamento di due gas ideali (per i quali, pure, l’entalpia di s. è nulla, mancando qualsiasi interazione tra le particelle). Esistono alcuni esempi di s. che si avvicinano all’idealità, soprattutto nei casi in cui i componenti sono strutturalmente simili tra loro (per es., benzene-toluene). Le s. reali si discostano da questo comportamento in modo più o meno significativo; talora le tensioni di vapore superano quelle previste dalla legge di Raoult (deviazioni positive, legate generalmente a una entalpia di s. positiva), talora sono inferiori (deviazioni negative, entalpia di s. negativa). Nelle s. reali la legge di Raoult è spesso seguita con buona approssimazione dal componente in eccesso se la s. è molto diluita; in queste condizioni, invece, la tensione di vapore del soluto è espressa spesso dalla legge di Henry (➔ solubilità), la cui applicazione, perciò, non è limitata alle s. di gas in liquidi. Per le s. reali si definisce l’attività dei singoli componenti come a=γx (al posto della frazione molare x vengono anche usate la molalità e la molarità) con γ coefficiente di attività; esso, a causa dei differenti stati standard convenzionalmente scelti per il solvente e il soluto, tende a 1 per entrambi i componenti in condizioni di estrema diluizione.
Tra le s. reali si distinguono in particolare le s. regolari, per le quali l’entalpia di mescolamento è diversa da zero ma l’entropia di mescolamento è quella ideale, e le s. atermiche, per le quali viceversa la variazione di entropia non segue l’andamento ideale, ma il fenomeno di dissoluzione non è accompagnato, come per le s. ideali, da variazioni di entalpia.
S. finale (ted. Endlösung) Espressione usata dal nazismo per indicare il programma politico di sterminio degli Ebrei, attuato a partire dal 1941 mediante le deportazioni di massa e, soprattutto, i campi di concentramento con le camere a gas (➔ shoah).