Stella v. o, semplicemente v., è ogni stella il cui splendore non rimane costante nel tempo. Vengono considerate v. soltanto le stelle soggette a variazioni di luminosità intrinseche: non rientrano pertanto nella categoria le binarie fotometriche, stelle doppie la cui luminosità varia a causa delle eclissi reciproche delle componenti. Si distinguono due categorie principali di v.: le v. pulsanti, nelle quali le variazioni di luminosità dipendono da oscillazioni degli strati superficiali dell’astro, e le v. eruttive, sede di fenomeni esplosivi. Nelle v. eruttive, le esplosioni possono riguardare soltanto gli strati superficiali (nel qual caso, hanno di solito un carattere ricorrente, come si verifica nelle novae e nelle stelle a brillamento) oppure possono condurre alla disgregazione, parziale o totale, dell’astro e quindi essere eventi unici nella sua storia (supernovae). Una terza categoria di v. è costituita da stelle le cui variazioni di luminosità dipendono da cicli di attività magnetica (➔ stella). Queste ultime hanno, in generale, una temperatura superficiale non uniforme, per la presenza di macchie, sicché la loro luminosità varia anche nel corso della rotazione. Si parla poi di v. periodiche, semiregolari o irregolari a seconda che la luminosità della stella vari più o meno regolarmente nel tempo. Nelle v. pulsanti, le oscillazioni possono essere puramente radiali, se l’astro si espande e si contrae ritmicamente come un intero, o non radiali, se esso cambia di forma oltre che di volume.
Il Sole presenta parecchie caratteristiche in comune con le v.: per es., esso è sede di eventi esplosivi (brillamenti) e di oscillazioni (sia radiali, sia non radiali); inoltre, la sua luminosità varia nel corso del ciclo undecennale di attività magnetica. Si tratta però di fenomeni relativamente deboli, che passerebbero inosservati se il Sole fosse lontano dalla Terra come le altre stelle.
1.1 Sviluppo degli studi. Molte stelle, nel corso della loro evoluzione, attraversano stati in cui sono soggette a fenomeni di instabilità, che danno origine alle pulsazioni. In generale, però, si tratta di fasi transitorie di breve durata: ciò spiega perché le stelle pulsanti siano relativamente rare, forse una ogni 100.000 stelle ordinarie. La scoperta della prima v. pulsante risale al 1638, quando l’astronomo olandese Phocylides Holwarda notò che la luminosità di σ Ceti variava nel tempo. Alla stella, proprio per questa sua caratteristica, che allora apparve unica, fu dato il nome di Mira («meravigliosa»). Nel 1874, A. Ritter suggerì che le variazioni di luminosità di Mira (e degli altri oggetti simili individuati nel frattempo) dipendessero da espansioni e contrazioni periodiche dell’astro. L’ipotesi di Ritter fu confermata nel 1914 da H. Shapley che dimostrò come δ Cephei, scoperta da J. Goodricke nel 1784, e le altre v. dello stesso tipo, oggi note come cefeidi classiche, fossero sede di oscillazioni radiali. Del 1977 è la scoperta che, in alcuni tipi di v., si manifestano anche oscillazioni non radiali.
Lo studio delle v. pulsanti ha diverse e importanti motivazioni. Fra le principali: a) le proprietà di alcuni gruppi di questi corpi vengono sfruttate per valutare le distanze galattiche ed extragalattiche; b) l’analisi delle pulsazioni può fornire preziose informazioni sulla struttura interna di una stella. Tali indagini costituiscono l’oggetto della sismologia stellare, branca dell’astrofisica di recente sviluppo sul modello della eliosismologia, che si occupa delle oscillazioni solari (➔ Sole); c) la scoperta che i periodi di pulsazione di alcune v. cambiano lentamente nel tempo ha notevole rilevanza per la teoria dell’evoluzione stellare. Infatti, questo è uno dei rari casi in cui le trasformazioni subite da una stella sono così rapide da dar luogo a effetti rivelabili nel ristretto arco di tempo (in generale pochi decenni) coperto dalle osservazioni. 1.2 Classificazione. Le v. pulsanti possono essere periodiche, semiregolari o irregolari. Le v. periodiche, che sono le più numerose, vengono, a loro volta, distinte in parecchie classi, di cui le principali sono: a) le cefeidi classiche (dette anche cefeidi di tipo I o, semplicemente, cefeidi). Sono stelle di popolazione I, il cui prototipo è δ Cephei. Finora ne sono state individuate circa 400 nella Via Lattea e qualche migliaio nelle galassie vicine, specie nelle due Nubi di Magellano. Le cefeidi sono stelle di popolazione I con masse intermedie (fra 3 M⊙ e 9 M⊙, dove M⊙=2∙1030 kg è la massa del Sole). Benché la temperatura superficiale (∿6000 K) sia più o meno uguale a quella del Sole, la loro luminosità va da circa 300 L⊙ a circa 40.000 L⊙ (dove L⊙=4∙1026 W è la luminosità del Sole): ciò indica che si tratta di stelle di dimensioni assai grandi (giganti luminose o supergiganti). I periodi sono in genere compresi fra 1 e 50 giorni, ma possono essere anche più lunghi (fino a ∿200 giorni). Studi statistici hanno rivelato differenze notevoli fra i periodi delle cefeidi appartenenti alla Via Lattea e alle due Nubi di Magellano: valori tipici sono 5,4 giorni per la Via Lattea, 3,4 giorni per la Grande Nube di Magellano e 2,9 giorni per la Piccola Nube di Magellano. Le curve di luce, che descrivono come varia nel tempo la luminosità della stella, hanno un’ampiezza solitamente compresa fra 0,5 e 2 magnitudini. In generale, esse sono caratterizzate da una rapida salita verso il massimo e da una discesa più dolce verso il minimo (a in fig. 1). Tuttavia, la loro forma dipende dalla durata del periodo. Le variazioni di splendore sono accompagnate da variazioni di colore (e, quindi, di temperatura efficace), di velocità radiale e di raggio, come mostrato nelle curve b, c, d della fig. 1. In particolare, si nota che la curva di luce ha un andamento quasi speculare alla curva della velocità radiale (ottenuta dalle oscillazioni della lunghezza d’onda delle righe spettrali): nella fase di maggiore luminosità e maggiore temperatura efficace, gli strati superficiali della stella sono in espansione con la massima velocità (20-60 km/s), mentre il raggio ha un valore intermedio; quando la velocità si annulla, il raggio consegue il valore massimo mentre la luminosità e la temperatura decrescono; subito dopo, ha inizio la fase di compressione, nella quale la massima velocità di contrazione si raggiunge quando luminosità e temperatura hanno da poco superato i loro valori minimi; infine, quando la velocità si riannulla, il raggio raggiunge il minimo, mentre luminosità e temperatura sono in aumento. Questi andamenti dimostrano che le variazioni di splendore sono causate più dalle variazioni di temperatura che non da quelle di raggio (e cioè di superficie irraggiante); b) le cefeidi di tipo II sono stelle di popolazione II, assai più antiche quindi delle cefeidi di tipo I: la loro collocazione negli ammassi globulari e nell’alone galattico implica che esse hanno età fino a 15 miliardi di anni. Dato che l’evoluzione di una stella è tanto più lenta quanto minore è la sua massa, devono essere molto meno massicce delle cefeidi classiche. Si conoscono alcune centinaia di queste v., suddivise a loro volta in varie sottoclassi a seconda della lunghezza del periodo (fra le più notevoli, le v. del tipo W Virginis, il cui prototipo, W Virginis, ha un periodo di 17,3 giorni). In generale, a parità di periodo, la luminosità delle cefeidi di tipo II è inferiore a quella delle cefeidi classiche; c) le v. del tipo δ Scuti appartengono alla sequenza principale o comunque, nel diagramma Hertzsprung-Russell, i loro punti rappresentativi cadono in prossimità di questa. Hanno periodi da circa 30 minuti a circa 8 ore. Le variazioni di luminosità sono solitamente piccole, dell’ordine di 0,01 magnitudini, e solo in qualche caso arrivano fino a 0,8 magnitudini. Quasi sempre queste stelle sono sede di due pulsazioni simultanee con periodi diversi; in certi casi, il loro periodo si allunga lentamente nel tempo, circa 10-6 s al giorno; d) le v. del tipo β Cephei sono così chiamate dal prototipo, β Cephei, scoperta nel 1902 da E.B. Frost; sono stelle giganti o subgiganti di popolazione I e tipo spettrale B1-2. Le stime danno per i loro parametri: temperature superficiali di 20.000-25.000 K; masse da 8 a 16 M⊙; raggi da 7 a 12 R⊙; luminosità di ∼104 L⊙. Hanno periodi da ∼3 a ∼6 ore. In qualche caso (δ Ceti) si è osservato un rallentamento delle pulsazioni nel corso di alcuni decenni, ma l’interpretazione del fenomeno è controversa. Spesso alla pulsazione principale si sovrappongono altri modi di oscillazione. Contrariamente a quanto avviene nelle cefeidi classiche, il massimo e il minimo di luce vengono raggiunti quando il raggio è, rispettivamente, minimo e massimo; e) le v. del tipo RR Lyrae rappresentano una delle classi di v. più numerose: sono stati individuati oltre 7000 di questi oggetti nella Via Lattea (1500 dei quali negli ammassi globulari) e alcuni nelle altre galassie del Gruppo Locale. Si tratta di stelle giganti di popolazione II, con età da 10 a 15 miliardi di anni. Hanno piccola massa (fra 0,5 e 0,7 M⊙), temperature superficiali di 6000-9000 K e tutte, pressappoco, la medesima luminosità (fra 50 e 100 L⊙). Per quest’ultima caratteristica sono utilizzate spesso come indicatori di distanza. Vengono suddivise in due sottoclassi principali: RRab, che comprende stelle con curve di luce asimmetriche, variazioni di luminosità maggiori di 0,7 magnitudini, periodi da 0,3 a 1,2 giorni; RRc, con curve di luce simmetriche (quasi sinusoidali), variazioni di luminosità minori di 0,7 magnitudini, periodi da 0,2 a 0,5 giorni; f) le v. di lungo periodo o v. del tipo Mira Ceti rappresentano anch’esse una classe assai numerosa, comprendendo circa il 20% di tutte le v. note. Sono stelle giganti o supergiganti, per la maggior parte di popolazione I (tuttavia, alcune di esse, situate negli ammassi globulari, sono di popolazione II), dei tipi spettrali M, S e C. Sono caratterizzate da periodi molto lunghi (da ∼50 giorni fino a ∼1000 giorni). Hanno masse dell’ordine della massa solare (fra 0,7 e 1,5 M⊙), eccetto quelle con i periodi più lunghi (P>500 giorni) che possono essere più massicce. Le temperature superficiali sono di 2500-4000 K, le luminosità vanno da ∼80 a ∼1300 L⊙. Nel corso di una pulsazione, subiscono variazioni di luminosità assai grandi (da ∼2 fino a ∼10 magnitudini). Le loro curve di luce presentano notevoli irregolarità non soltanto nell’ampiezza e nella forma, ma anche nella durata di un ciclo, che può variare fino al 10%. Anche il periodo medio di alcune di esse è soggetto ad aumenti o diminuzioni secolari: R Hydrae, per es., agli inizi del 19° sec. aveva un periodo di 507 giorni, mentre oggi ne ha uno di 389 giorni.
Le v. semiregolari (abbr. SR) e irregolari (L) costituiscono un insieme molto eterogeneo. In generale, si tratta di stelle giganti o supergiganti, dei tipi spettrali intermedi (F, G) o avanzati (K, C, M, S). Si distinguono in varie classi, a seconda della forma delle curve di luce, delle caratteristiche spettrali, del maggiore o minore grado di periodicità.
Le v. eruttive si distinguono in parecchie classi, a seconda della natura dei meccanismi che producono i fenomeni esplosivi. Qui ci si limita a discutere le v. del tipo R Coronae Borealis e le v. a brillamento (per le altre v. eruttive ➔ Nova, supernova, T Tauri).
Le v. del tipo R Coronae Borealis (se ne conoscono 30 ca.) sono giganti, aventi luminosità dell’ordine di 104 L⊙. La loro caratteristica distintiva è quella di presentare, a intervalli di tempo irregolari (parecchi mesi o, più spesso, anni), diminuzioni di luminosità, fino a 8 magnitudini, che possono, a loro volta, perdurare per un anno o più. Spesso queste v. eruttive sono anche sede di pulsazioni, con periodi di 40-100 giorni, del tipo di quelle delle cefeidi. Si pensa che i minimi di luminosità siano prodotti da una nube di polvere, che oscura la stella. La materia espulsa si trova allo stato aeriforme a causa della sua alta temperatura: tuttavia, man mano che l’espansione procede, la temperatura del gas diminuisce e, a un certo punto, esso comincia a condensare, formando particelle di polvere costituite principalmente di carbonio amorfo (fuliggine).
Le v. a brillamento hanno la caratteristica di presentare improvvisi guizzi di splendore, di norma della durata di pochi minuti e di ampiezza modesta (ma, in certi casi, l’aumento di luminosità può raggiungere alcune magnitudini). Il fenomeno prende il nome di brillamento stellare, per analogia con quello dei brillamenti solari, dal quale differisce essenzialmente per la maggiore potenza irradiata: infatti, l’energia emessa può essere di 1028-1029 J, mentre nel caso del Sole essa raramente supera 3∙1025 J. Le v. a brillamento sono, in generale, nane rosse, cioè stelle di sequenza principale del tipo spettrale M (di colore rosso). Hanno piccola massa (0,1 M⊙<M<0,7 M⊙), bassa temperatura superficiale (2500-4000 K) e luminosità fra 10-4 L⊙ e 5∙10-2 L⊙. Posseggono uno spesso mantello convettivo o addirittura, se la loro massa è minore di 0,25 M⊙, sono interamente convettive. A tale caratteristica si attribuisce l’intensa attività magnetica di cui esse sono sede. I brillamenti sono appunto una manifestazione di questa attività. Le curve di luce, osservate durante un brillamento, sono in generale asimmetriche (fig. 2): la salita è rapidissima (da 1 s a 1 min), mentre la discesa è più lenta (da 1 min a 1 h).
Nei programmi di elaborazione strutturati in più sottoprogrammi o blocchi, v. globale è quella definita con lo stesso nome in tutti i blocchi, v. locale è quella definita per un singolo blocco (in quest’ultimo caso può essere presente in un altro blocco una diversa v. locale con lo stesso nome).
In grammatica, di parte del discorso che è soggetta a flessione (declinazione o coniugazione), in contrapposizione alle parti invariabili; sono parti v. il sostantivo, l’aggettivo, l’articolo, il pronome, il verbo.
Si dice v. una quantità che può prendere tutti i valori di un certo insieme numerico, o più in generale un simbolo che rappresenta successivamente tutti gli elementi di un dato insieme I. Si usa denotarla con una delle ultime lettere dell’alfabeto (x, y, z, t,...) e, in particolare, con la lettera x. Si scriverà x∈I e I si chiamerà il campo di variabilità di x; gli elementi di I si diranno i valori della x. Per le costanti si usano per lo più le prime lettere dell’alfabeto: a, b, c; con significato in un certo senso intermedio fra v. e costante è usato anche il termine parametro; più precisamente, con riferimento a una funzione, si parla di v. indipendente e di v. dipendente: a ogni valore della v. indipendente corrisponde uno e un solo valore della v. dipendente (per cui il valore di quest’ultima dipende, secondo una legge fissata, dai valori assunti dalla v. indipendente); si considerano anche funzioni in due o più v. indipendenti: in tal caso a ogni valore di ciascuna delle v. indipendenti corrisponde uno e un solo valore della v. dipendente (per es., la scrittura z=f(x, y) significa che a ogni coppia di valori delle v. indipendenti x e y corrisponde uno e un solo valore della v. dipendente z). V. reale, v. complessa, sono v. che possono assumere, rispettivamente, soltanto valori reali o anche valori complessi. Una v. binaria è una v. suscettibile di assumere i due valori della numerazione binaria.
In meccanica analitica, v. di azione-angolo sono v. canonicamente coniugate (A, ϕ) tali che la v. A, detta v. di azione, è una costante del moto, mentre la v. ϕ, detta v. angolo, si evolve nel modo seguente: ϕ (t)= ϕ0 +ωt, dove ϕ0 e ω sono costanti. Quando in un sistema meccanico è possibile trovare una trasformazione canonica che porti dalle v. canoniche (pi, qi), i=1,…,n, alle v. azione-angolo (Ai, ϕi), il sistema è detto integrabile. Le v. azione-angolo, rilevanti da un punto di vista storico in meccanica quantistica, hanno acquisito una grande importanza nella moderna teoria delle perturbazioni in meccanica classica e trovato numerose applicazioni in molti campi della fisica matematica negli 1990.
Per la v. casuale ➔ probabilità.