Fenomeno, detto anche vaporizzazione, del passaggio di un corpo dallo stato liquido allo stato aeriforme, con conseguente diminuzione del liquido stesso.
A differenza dell’ebollizione (➔), con la quale pure si effettua il passaggio di un sistema dallo stato liquido a quello aeriforme, il fenomeno dell’e. interessa solo la superficie del liquido e si verifica a ogni temperatura, ma tanto meno intensamente, a parità di altre condizioni, quanto più questa è bassa: esso consiste nel trasferimento di molecole dalla superficie del liquido all’aeriforme che la sovrasta. L’e. ha luogo a spese dell’energia interna del liquido, la cui temperatura quindi diminuisce, quando non vi sono scambi di calore con l’esterno. Il calore necessario per l’e. dell’unità di massa di una data sostanza a una data temperatura prende il nome di calore latente di e. ed è una grandezza caratteristica della sostanza considerata; per tutti i corpi esso diminuisce all’aumentare della temperatura e si annulla al punto critico; così, per es., con buona approssimazione a una temperatura t tra 0 e 100 °C il calore latente r di e. dell’acqua, in kJ/kg, vale r = 2539 − 2,91 t.
Nella tecnica, per e. si intende l’operazione di allontanare, sotto forma di vapore, una parte del solvente di una soluzione, per aumentare la concentrazione di questa o per ricavarne il soluto allo stato cristallino. Raramente il procedimento è applicato anche ai soluti liquidi, ma in ogni caso si richiede che il soluto abbia una tensione di vapore praticamente trascurabile in confronto a quella del solvente. La soluzione viene portata all’ebollizione, mediante somministrazione di energia termica, per lo più attraverso una superficie di scambio. Nel caso di soluti termosensibili, l’e. viene condotta a pressione ridotta ( e. sotto vuoto) in modo da abbassare la temperatura di ebollizione della soluzione.
L’e. è un’operazione alquanto costosa e diversi accorgimenti possono essere adottati per ridurre al minimo possibile la quantità di energia necessaria al funzionamento dell’evaporatore. Al riguardo, notevoli vantaggi si realizzano mediante l’adozione della cosiddetta e. a multipli effetti (fig. A): l’e. di una soluzione avviene in una serie di evaporatori (e non in uno solo come nel caso normale) funzionanti a pressioni via via decrescenti e fra loro collegati in modo che il vapore sviluppato da uno di essi, per e. del liquido, costituisca il fluido riscaldante dell’evaporatore successivo. Teoricamente 1 kg di vapore immesso in un impianto a multipli effetti dovrebbe evaporare n kg di acqua di una soluzione acquosa, se n è il numero degli evaporatori (effetti). In pratica a causa sia delle dispersioni termiche sia dell’aumento del calore latente di e. al diminuire della pressione, la resa è minore e tanto più lontana dal valore teorico n quanto maggiore è il numero degli effetti. Esiste un valore ottimale del numero di effetti da adottare in un impianto di questo tipo: esso risulta da un bilancio economico fra il costo dovuto al consumo di energia (che diminuisce al crescere di n) e il costo d’installazione (che aumenta al crescere di n). In un sistema di e. a multipli effetti, la circolazione dei liquidi da un apparecchio all’altro può avvenire nello stesso senso in cui avviene la circolazione del vapore o in direzione contraria; nel primo caso si dice che l’e. è a equicorrente (come in fig. A), nel secondo che è in controcorrente. La scelta del metodo di alimentazione dipende da diversi fattori: la massima concentrazione della soluzione si raggiunge in corrispondenza delle temperature più basse nel caso di e. a equicorrente (e ciò è vantaggioso nel caso di soluti termosensibili) e delle temperature più elevate nel caso di e. in controcorrente (e ciò consente di limitare l’aumento di viscosità della soluzione concentrata, a vantaggio della trasmissione del calore).
Nell’ e. a termocompressione (fig. B), anziché utilizzare il vapore generato in un evaporatore come fluido riscaldante per un successivo apparecchio, si può, mediante un compressore o un eiettore, innalzare la pressione di saturazione del vapore generato così da renderne disponibile, a temperature più alte, il calore latente di vaporizzazione; in tal caso il vapore prodotto può essere riutilizzato nello stesso apparecchio; si rende in ogni caso necessaria l’aggiunta di una modesta quantità di vapore fresco.
Nella dissalazione delle acque salmastre e marine l’applicazione dell’e. a multipli effetti e dell’e. a termocompressione ha trovato alcune limitazioni, mentre invece sono molto impiegati i processi di e. a espansioni multiple (➔ dissalazione). Per alcuni scopi particolari si usa anche l’ e. per combustione sommersa: un bruciatore opportunamente sagomato, alimentato con olio, o gas combustibile, e aria, è immerso nella soluzione da concentrare, in modo che i prodotti di combustione possono sfuggire all’esterno gorgogliando nel liquido, saturandosi di vapore. Con questa tecnica si raggiungono due notevoli risultati: anzitutto la temperatura di e. è sempre inferiore a 100°C, in quanto la pressione parziale dell’acqua nel gas uscente è necessariamente sempre inferiore a 1 bar; in secondo luogo, per l’assenza di una superficie di scambio, non si corre il pericolo di corrosioni o d’incrostazioni. Il metodo si è soprattutto affermato nel caso di operazioni di concentrazione di soluzioni molto corrosive. Evaporimetro Apparecchio, usato soprattutto in meteorologia, per misurare la quantità di acqua che evapora in un dato tempo (un giorno, un mese ecc.). Nella forma più semplice, è costituito da una vaschetta piena d’acqua esposta all’aria libera; la vaschetta può essere il piatto di una bilancia, oppure si può valutare l’abbassamento della superficie libera dell’acqua in essa contenuta mediante un dispositivo a galleggiante.