Fenomeno fisico che consiste nel passaggio violento di un corpo dallo stato liquido allo stato aeriforme. Nell’interno di un liquido si formano bolle di vapore, le quali, dilatandosi per effetto termico, sotto l’azione della spinta d’Archimede, giungono sulla superficie del liquido ove, in condizioni opportune di temperatura del liquido e di pressione esterna, si rompono liberando il vapore in esse contenuto. Ciò si verifica quando la temperatura del liquido è divenuta tale che la tensione del vapor saturo contenuto nelle bolle, uguagliata la pressione esterna, tende a superarla. A differenza dell’evaporazione, l’e. non è soltanto un fenomeno di superficie, ma investe tutta la massa liquida.
La temperatura alla quale il fenomeno si manifesta si chiama punto o temperatura di e.; questa varia da sostanza a sostanza (v. .), dipendendo altresì dalla pressione dell’ambiente esterno (cresce con il crescere di questa). Per una data sostanza si chiama invece punto o temperatura normale di e. la temperatura a cui quella sostanza bolle alla pressione normale (1 atm = 1,01325‧105 Pa). Quando si voglia ottenere l’e. di un liquido a temperatura superiore a quella normale occorre aumentare la pressione esterna. Portato che sia il liquido al punto di e. corrispondente alla pressione esterna, occorrerà poi continuare a somministrare calore perché avvenga l’ebollizione. La quantità di calore necessaria a fare evaporare l’unità di massa di liquido portato a temperatura di e. si chiama calore (latente) di vaporizzazione. Per l’acqua alla temperatura di 100 °C il calore latente vale 539 Kcal/kg (2257 kJ/kg): per far evaporare un kg di acqua a 100 °C occorre una quantità di calore circa 5,39 volte maggiore di quella necessaria per riscaldare la stessa quantità di acqua da 0 °C a 100 °C. Il calore latente non provoca aumento di temperatura; esso fornisce l’energia necessaria all’ebollizione.
Il verificarsi del fenomeno dell’e. è condizionato, in maniera essenziale, dalla presenza nel liquido di gas disciolti: in assenza di questi si possono verificare fenomeni di surriscaldamento e il passaggio allo stato aeriforme avviene allora bruscamente, con carattere talora esplosivo, non appena venga turbato l’equilibrio metastabile del liquido surriscaldato. La temperatura di e. di una soluzione è sempre più elevata di quella del solvente puro: così, l’acqua satura di sale ha punto di e. normale a circa 109 °C.
Sul fenomeno dell’innalzamento del punto di e. è basata una parte della chimica fisica, la ebullioscopia, che studia appunto le variazioni del punto di e. delle soluzioni in funzione della loro concentrazione ed è uno dei metodi per la determinazione dei pesi molecolari. Occorre ricordare che: a) la soluzione di una sostanza in un solvente ne innalza il punto di ebollizione a causa dell’abbassamento della tensione di vapore del solvente provocata dal soluto (se questo è meno volatile, cioè ha una tensione di vapore inferiore al solvente); b) sciogliendo in 1000 g di uno stesso solvente una mole di sostanze diverse non volatili che non si dissociano né polimerizzano, si ha lo stesso innalzamento del punto di e., che ha il nome di costante ebullioscopica, K; c) sciogliendo in una determinata quantità di solvente, per es. in 1000 g, una massa P di una data sostanza di peso molecolare M si ha un innalzamento del punto di ebollizione Δ=KP/M. Di qui, misurando Δ, quando siano noti K e P, si può ricavare M: è il cosiddetto metodo ebullioscopico, introdotto da E. Beckmann (1890) per la determinazione dei pesi molecolari di sostanze in soluzione diluita. La ebullioscopia consiste, sostanzialmente, nel determinare sperimentalmente Δ mediante opportuni apparecchi ( ebullioscopi).