Nome generico di numerose sostanze, liquide a temperatura ordinaria, diverse per composizione e proprietà ma somiglianti fra loro per certe caratteristiche esterne (untuosità, densità di regola inferiore a quella dell’acqua, insolubilità nell’acqua, consistenza ‘oleosa’ ecc.).
A seconda della loro natura, gli o. si classificano in: o. minerali, idrocarburi liquidi appartenenti al regno minerale (petrolio e derivati; prodotti della distillazione di asfalti; ➔ petrolio); o. essenziali, o eterei o volatili, miscele di terpeni, comprendenti le essenze odorose (➔ essenziali, oli); o. grassi (o semplicemente oli), che sono, tra i grassi, quelli liquidi alle temperature ordinarie, suddivisi, a seconda che derivino da animali o da piante, in o. animali o vegetali. Da taluni o. si preparano gli o. modificati, di caratteristiche diverse da quelle del prodotto di partenza; questi a loro volta a seconda dell’impiego si possono suddividere in vari altri gruppi, come, per es., o. lubrificanti, adoperati per la lubrificazione di macchine; o. combustibili e in particolare o. Diesel; o. isolanti e dielettrici, che sono materiali isolanti liquidi, di regola derivanti dalla distillazione nel vuoto di o. minerali; o. per tempra, usati per i bagni di raffreddamento degli acciai; o. emulsionabili, o solubili, o. minerali che addizionati con adatti agenti emulsionanti (per es., saponi) sono capaci di formare con acqua emulsioni stabili, dette anche saponate.
Sono esteri della glicerina e degli acidi grassi presenti negli animali terrestri o marini. Mentre pochi sono gli o. estraibili dagli animali terrestri (nei quali prevalgono i grassi solidi), molti e importanti sono quelli estraibili da pesci e animali marini. O. di animali marini Sono quelli estratti da diverse varietà di pesci (sarde, tonni, aringhe) e da cetacei (balene, foche). Alcuni pesci (merluzzo, pescecane ecc.) contengono o., in larga misura, solamente nel fegato, dal quale è ricavato; questi o. di fegato sono ricchi di vitamine A e D e interessano appunto per l’estrazione di esse. Gli o. di pesci e di animali marini sono caratterizzati dalla presenza di grandi quantità di acidi fortemente insaturi. Hanno odore caratteristico, sapore forte, colore dal giallo al bruno. Alcuni sono stati utilizzati in terapia per la loro azione antiaggregante sulle piastrine. In genere, poco usati come o. alimentari, si impiegano nella concia delle pelli, nella preparazione del degras, nella tempra, nella preparazione di grassi idrogenati utilizzati poi per ottenere saponi.
O. di piede Sono quelli ricavati dalle ossa metacarpiche e metatarsiche, cioè dallo zoccolo al garretto, di bovini, ovini, cavalli ecc., provenienti dai macelli delle grandi città o dagli stabilimenti di lavorazione delle carni. Queste ossa, lavate, raschiate, sminuzzate e bollite con acqua, danno un liquido sul quale galleggia un o. che può essere separato, filtrato e raffinato. Questi o. sono molto fluidi e hanno un basso indice di iodio; gli acidi grassi che li compongono sono prevalentemente acido palmitico (16-18%), acido stearico (2-3%), acido oleico (ca. 65%) e poco acido linoleico (2-3%).
Si ricavano dai semi di numerose piante (sesamo, ricino, colza, lino, arachide ecc.) o dalla polpa di alcuni frutti (olive), dal germe delle cariossidi di cereali (grano, granoturco ecc.). I semi contengono quantità variabile di o., la cui composizione è molto diversa per tenore di acidi saturi o insaturi e anche per la prevalenza nelle singole classi dei diversi termini; a volte si distinguono gli o. in base al tipo di acido prevalente (laurico, miristico, palmitico, stearico, oleico, linoleico, linolenico ecc.).
I semi destinati all’estrazione dell’o. in essi contenuto sono preventivamente liberati da eventuali sostanze estranee (particelle terrose, sassi, foglie ecc.), e quindi privati del guscio a mezzo di sgusciatrici. I semi sono poi macinati e ridotti in farina dalla quale si ricava l’o. per spremitura, mediante presse. Gli o. di semi per uso alimentare, secondo la normativa vigente, devono: essere sottoposti a trattamenti di rettifica; essere definiti con il nome della specie del seme oleaginoso, oppure o. di semi vari nel caso in cui siano costituiti da una mescolanza di o. che derivano da diversi semi oleosi; avere acidità libera (calcolata come acido oleico) non superiore allo 0,5%; non essere addizionati di coloranti; non contenere più del 5% di acido erucico, nel caso in cui nella miscela sia presente anche l’o. di colza.
I metodi di analisi e le grandezze che caratterizzano gli o. vegetali sono quelli che si usano per le sostanze grasse; peraltro, alcuni o. vegetali trattati con adatti reattivi danno origine a reazioni cromatiche caratteristiche, largamente usate per distinguere alcuni o. tra loro o per individuare la presenza di un dato o. in una miscela. Gli o. vegetali si distinguono anche in siccativi, semisiccativi e non siccativi, a seconda che il valore del numero di iodio (che esprime la quantità di iodio in grammi che si addiziona a 100 g di un o. o di un grasso e la cui determinazione è basata sulla capacità degli alogeni di addizionarsi ai doppi legami dei composti non saturi) sia rispettivamente superiore a 130, compreso tra 90 e 130 o inferiore a 90. I siccativi si usano nell’industria delle vernici, linoleum ecc. per la loro proprietà di formare prodotti resinosi, elastici e impermeabili. Gli o. vegetali non siccativi si usano anche nella preparazione di saponi, nella preparazione di lubrificanti ecc.
Tra le applicazioni non alimentari degli o. quelle energetiche stanno suscitando un crescente interesse. In particolare l’idea di utilizzare derivati degli o. vegetali come combustibili e come carburanti per motori Diesel viene sviluppata da parte del mondo agricolo, industriale e motoristico sotto la spinta di diversi fattori, quali la pressione legislativa sulle problematiche ambientali, la volontà di reperire fonti energetiche rinnovabili e l’esigenza di creare nuovi sbocchi per le produzioni agricole (➔ biocarburanti).
Classificazione. - Le denominazioni e le definizioni dell’o. d’oliva secondo il regolamento CEE 2568/91 e 183/93, valide in tutti i paesi dell’Unione Europea, sono numerose. La classificazione ufficiale distingue gli o. in: o. di oliva vergini (quattro categorie: extravergine, vergine, vergine corrente e vergine lampante) e o. di oliva non vergini (cinque categorie: oliva raffinato, oliva, sansa d’oliva greggio, sansa d’oliva raffinato, sansa d’oliva). Tra i parametri presi in esame vi sono l’acidità, la quantità di perossidi e alcuni componenti minori quali gli acidi grassi e gli steroli. Gli o. di oliva vergini sono ottenuti dal frutto dell’olivo mediante processi esclusivamente meccanici o fisici, escludendo quindi le estrazioni tramite solvente, i processi di riesterificazione e qualsiasi miscelazione con o. di altra natura. Un’ulteriore suddivisione si ha in base all’acidità libera espressa in acido oleico: l’o. extravergine deve avere un’acidità massima dell’1%, quello vergine del 2%, il vergine corrente del 3,3%, mentre il vergine lampante può avere un’acidità superiore al 3,3%. Gli o. di oliva vergini, per potersi fregiare di tale denominazione, devono superare l’esame del panel test; si tratta di analisi sensoriali (valutazione del colore, analisi olfattiva, esame gustativo), dettagliatamente eseguita da esperti assaggiatori, che consente di determinare (mediante l’assegnazione di un punteggio) le caratteristiche organolettiche dell’olio. Il punteggio organolettico deve essere pari o superiore a 6,5 per l’extravergine, a 5,5 per il vergine, a 3,5 per il vergine corrente e inferiore a 3,5 per il vergine lampante.
Per quanto concerne gli o. d’oliva non vergini, quello d’oliva raffinato, la cui acidità libera non può eccedere lo 0,5%, è ottenuto dalla raffinazione di o. d’oliva vergini. Dal taglio di o. d’oliva raffinato con o. d’oliva vergini, diversi dall’o. lampante, si ha invece l’o. d’oliva, la cui acidità libera non può superare l’1,5%. L’o. di sansa d’oliva greggio si produce mediante estrazione con solvente dalle sanse d’oliva, escludendo gli o. ottenuti con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con altri oli. Con la raffinazione dell’o. greggio si ottiene poi l’o. di sansa d’oliva raffinato, la cui acidità libera non può superare lo 0,5%, mentre l’o. di sansa d’oliva, la cui acidità libera non può eccedere l’1,5%, viene preparato attraverso il taglio di o. di sansa d’oliva raffinato con o. d’oliva vergini, diversi dall’o. lampante.
Composizione chimica e proprietà organolettiche. - Composizione chimica e proprietà organolettiche dell’o. di oliva, così come quelle delle olive, dipendono da numerosi fattori come la varietà della pianta, il clima, la latitudine, la natura del terreno, il grado di maturazione della drupa, il periodo e il metodo di raccolta, il sistema di estrazione. I costituenti fondamentali sono i trigliceridi (98-99%), che rappresentano la cosiddetta frazione saponificabile; la parte restante rappresenta invece la frazione insaponificabile, costituita da numerose sostanze, che, pur essendo presenti in percentuali molto basse, hanno una grande importanza dal punto di vista biologico. La composizione media in acidi grassi è: oleico (65-86%), linoleico (4-15%), palmitico (7- 16%), stearico (0,5-3,2%) e quantità minori di palmitoleico, linolenico e arachico. Tra i componenti della frazione insaponificabile, particolare importanza bionutrizionale rivestono i carotenoidi, le clorofille, gli steroli e i tocoferoli. L’o. d’oliva, nei tipi vergini, è l’unico grasso vegetale che si può consumare al naturale: infatti i trattamenti cui viene sottoposto per l’estrazione non ne alterano minimamente la composizione.
Nell’o. d’oliva rettificato la composizione triglicerica resta sostanzialmente invariata, se si eccettuano piccole modifiche determinate da processi di interesterificazione e dalla formazione di modeste quantità di dieni e trieni. Differenze molto più significative si hanno invece nei componenti minori, alcuni dei quali vanno quasi completamente perduti durante le operazioni di rettifica. Pertanto l’o. rettificato, pur mantenendo quasi inalterato il valore nutrizionale del vergine, presenta caratteristiche organolettiche e valore biologico decisamente inferiori.
Industria delle olive e dell’o. d’oliva. - Dopo la raccolta delle olive, queste sono portate all’oleificio in recipienti (cestini, cassette e simili) che le preservino dagli urti onde evitare la perdita di una parte dell’o. per ammaccature, schiacciamenti ecc. L’estrazione dell’o. dalle olive viene normalmente effettuata con due sistemi: per pressione e per centrifugazione.
Nel sistema per pressione, che è il metodo più antico di estrazione dell’o., ancora utilizzato in almeno il 60% dei casi, le olive cadono per gravità dalla tramoggia nella macchina per il lavaggio, operazione preliminare che serve a liberare le olive da piccole foglie e altre impurità; le olive passano poi nella frangigramolatrice (frangitore a cilindri o molino a martelli accoppiati a una gramolatrice) che prepara la pasta (nei moderni oleifici tale macchina sostituisce spesso il classico frantoio a macelli); un successivo estrattore centrifugo estrae dalla pasta una prima parte di mosto oleoso che è avviato direttamente ai separatori; la pasta è disposta in seguito in gabbie cilindriche di ferro, forate lateralmente, oppure in fiscoli (contenitori a forma di disco con bordi rialzati, del diametro di 40- 90 cm, fatti con fibre animali o vegetali intrecciate) i quali, sovrapposti gli uni sugli altri a formare una pila, in genere di 15-20 elementi, sono caricati su appositi carrelli posti successivamente fra i piatti di presse idrauliche che provvedono all’energica spremitura della pasta; questa, ridotta al 40-50% della massa è, a volte, rimacinata nei frantoi e pressata nuovamente (presse di 2° spremitura); in complesso il mosto oleoso ottenuto è circa il 60% della massa delle olive frantumate mentre il residuo solido (sansa) è circa il 40% e contiene ancora il 6-12% di o.; il residuo solido è avviato al deposito delle sanse, mentre il mosto oleoso, insieme a quello proveniente dall’estrattore, è avviato ai separatori centrifughi per l’eliminazione dell’acqua di vegetazione; l’o. ottenuto (circa il 20% dalla massa delle olive), viene chiarificato e raffinato per successive decantazioni; la serie completa di travasi e riposi può durare parecchi giorni e avviene in conche troncoconiche di terracotta o di banda stagnata. Per ottenere un prodotto limpido si fa passare l’o. su filtri costituiti da carta asciutta o, meglio, da più strati di cotone. Oltre ai materiali sospesi vanno anche eliminati quelli disciolti nell’olio. A tale scopo si operano: la deacidificazione, per l’asportazione degli acidi liberi, a mezzo di soluzioni di soda caustica; la decolorazione, a mezzo di un miscuglio di silicati, e successiva filtrazione; la deodorazione effettuata con una corrente di vapore surriscaldato, che trascina con sé tutti i prodotti volatili. L’o. così ottenuto viene conservato per un certo tempo nei magazzini annessi all’oleificio, per consentire il deposito di tutti i materiali ancora contenuti in sospensione e può essere imbottigliato.
La tecnica di estrazione per centrifugazione, già messa a punto alla fine del 19° sec., ha trovato via via larga diffusione grazie alla comparsa sul mercato di impianti a lavorazione continua. Lo schema di lavorazione non si discosta nelle prime fasi (pulitura, frangitura, gramolatura) dal metodo tradizionale. Una volta che la pasta di olive sia stata opportunamente gramolata, viene addizionata ad acqua e immessa in un estrattore centrifugo da cui fuoriescono, separati, i tre componenti: la sansa (che viene allontanata mediante una vite senza fine), l’o. (che viene sottoposto a ulteriore centrifugazione per eliminare le impurezze) e l’acqua di vegetazione (anch’essa nuovamente centrifugata per recuperare l’o. trattenuto).
Se l’o. così ottenuto (per pressione o per centrifugazione) risponde ai requisiti di commestibilità previsti dalla legge, esso può essere confezionato e commercializzato come o. vergine. Nel caso ciò non si verifichi, l’o. deve essere sottoposto a una serie di trattamenti (raffinazione) che lo rendono idoneo all’uso alimentare. Queste operazioni di rettifica provocano una serie di modifiche di natura sia fisica sia chimica in grado di determinare diminuzioni anche sensibili del valore nutrizionale del prodotto.
Residui e loro trattamento. - I residui delle fabbricazioni dell’o. sono la sansa, l’o. d’inferno e la morchia. La sansa è la parte solida che resta nell’operazione di torchiatura, contenente ancora dal 6 al 12% di o., che si estrae sottoponendo le sanse a trattamenti meccanici o chimici. L’o. d’inferno si ricava dalle acque di vegetazione nella misura dell’1-2% delle olive lavorate, e viene usato in parte come o. commestibile, dopo raffinazione, e il resto per usi industriali, specie nella fabbricazione di saponi. Le morchie sono costituite dalle fondate dell’o. in conservazione ancora più o meno ricche di o., che si recupera con trattamento chimico.
O. d’asfalto O. minerale ottenuto distillando fuori dal contatto dell’aria rocce asfaltiche; può essere utilizzato nelle pavimentazioni stradali, come combustibile oppure come lubrificante; sottoposto a cracking, da prodotti leggeri. O. isolante O. usato come dielettrico negli interruttori, nei cavi e nei trasformatori (in quest’ultima applicazione costituisce anche il veicolo di trasporto del calore); è ottenuto per distillazione sottovuoto di o. minerali. Questo tipo di o. deve soddisfare diverse esigenze tra le quali: alta rigidità dielettrica, bassa viscosità (tale da consentire i moti convettivi), resistenza ai fenomeni di ossidazione e polimerizzazione, inerzia chimica nei riguardi dei dielettrici solidi con i quali è normalmente a contatto, alto punto di infiammabilità. O. medicato Preparazione farmaceutica ottenuta solubilizzando con o. principi medicamentosi; si distingue in ‘semplice’ e ‘composto’ a seconda che si sciolgano nell’o. una o più sostanze medicamentose. O. per impianti oleodinamici Costituito da due o più o. minerali con eventuali aggiunte di additivi, atti a conferire determinate qualità al fluido stesso (per es., per quanto riguarda la viscosità), deve assumere valori diversi in relazione al tipo di componente usato, al tipo di circuito e alle condizioni ambientali. Per tale tipo di o. si richiedono valori molto bassi di compressibilità e infiammabilità, ed elevati poteri di antischiumosità e di rottura delle emulsioni. O. di resina Prodotto ottenuto distillando fuori del contatto dell’aria la colofonia; la frazione che distilla al di sopra di circa 350 °C costituisce l’o. di resina. È un liquido da giallo a bruno, viscoso, inodore, dal sapore caratteristico. Per il suo elevato grado di penetrazione nella carta si usa per la preparazione di inchiostri da stampa; per la sua bassa conducibilità elettrica e termica per impregnare carte per rivestimento di cavi elettrici ecc. O. soffiato O. (detto anche ispessito o ossidato) reso viscoso mediante ossidazione per insufflamento di aria o di ossigeno a temperatura compresa fra quella ordinaria e 120 °C, in assenza o in presenza di catalizzatori (sali di piombo, di cobalto, di manganese ecc.). Al procedere dell’ossidazione l’o. ispessisce, la viscosità aumenta mentre diminuisce il numero di iodio, la solubilità negli idrocarburi ecc. Gli o. che di solito si sottopongono al trattamento di soffiaggio sono quelli di lino, colza, cotone, pesce ecc., e sono usati nella preparazione del linoleum, di lubrificanti ecc. Il contenuto di ossigeno di un o. soffiato può divenire anche doppio di quello dell’o. originario; esso è presente sotto forma di perossidi, di ossidrili, di carbossili, di carbonili. L’aumento dei gruppi polari quando questi o. si usano nella preparazione di vernici, provoca un aumento della bagnabilità dei pigmenti e una più facile macinazione.
O. benedetto Nella liturgia cattolica, l’o. d’oliva benedetto dal vescovo il giovedì santo (Missa chrismatis) in tre tipi differenti: crisma, che è usato nel sacramento della confermazione (o cresima) e dell’ordine (al vescovo viene unta la testa e ai presbiteri le mani), nei riti di dedicazione della chiesa (se ne ungono le pareti) e dell’altare (se ne unge la mensa); o. degli infermi (detto correntemente o. santo), usato nel sacramento dell’unzione degli infermi; o. dei catecumeni, utilizzato nei riti prebattesimali.