Combustibili capaci di formare una miscela infiammabile con l'aria o altro gas comburente; più in generale, tutti i combustibili usati per alimentare motori a combustione interna ad accensione comandata (o a scoppio) e motori Diesel (o ad accensione spontanea), turbine a gas.
Caratteristiche Requisito essenziale di questi carburanti, che possono essere allo stato gassoso (metano) oppure liquido (benzina e petrolio), è quello di poter dare, una volta mescolati con aria, una miscela combustibile anche alle temperature più basse a cui possono trovarsi le tubazioni di aspirazione del motore. Le condizioni più gravose da questo punto di vista si hanno all’avviamento con motore freddo.
La temperatura della miscela dipende non soltanto dalla temperatura del motore e da quella dell’aria esterna ma anche dalla quantità di calore assorbita dal carburante per evaporare, cioè dalla sua volatilità; questa deve essere abbastanza elevata per evitare un eccessivo consumo di calore per l’evaporazione, e tuttavia non troppo alta, per evitare perdite o formazione di bolle di vapore nelle tubazioni. Indicazioni sulla volatilità vengono date dalla curva di distillazione, la quale dà le percentuali di carburante che distillano alle varie temperature; una comune benzina deve avere una temperatura iniziale di distillazione non minore di 30 °C e una temperatura finale di 190-210 °C. Se il carburante, troppo volatile, si trova completamente allo stato di vapore, la miscela ricca che i carburatori danno durante la fase di accelerazione causa perdita di potenza e un funzionamento irregolare quando si accelera. Quindi la temperatura alla quale il 90% del carburante è già distillato non deve essere troppo bassa; se, d’altra parte, essa è troppo alta (caso del carburante poco volatile) si ha facilmente una combustione incompleta e i residui passano a inquinare il lubrificante. Si ritiene opportuno che per una benzina da automobili (carburante auto) la temperatura a cui il 90% del carburante è distillato sia tra 200 e 235 °C nei climi caldi e tra 160 e 205 °C nei climi freddi. Per i motori di aviazione occorrono invece benzine più volatili che vengano completamente vaporizzate. Altre indicazioni sulla volatilità di una benzina sono fornite dal valore della cosiddetta tensione di vapore Reid (➔ tensione).
Ai fini della determinazione delle prestazioni ottenibili da un certo carburante interessano inoltre: il potere calorifico, il potenziale termico, il potere antidetonante. Per quanto riguarda il potere calorifico, indice della quantità di energia che può sviluppare una data massa o un dato volume di carburante, interessa in particolare il potere calorifico inferiore, perché nei prodotti della combustione, che vengono espulsi dal cilindro, l’acqua si trova allo stato di vapore.
Il potenziale termico si definisce come il potere calorifico inferiore, a volume costante, di un m3 di miscela in proporzioni teoricamente ottime per la combustione completa, in condizioni normali di temperatura e pressione (cioè a 0 °C e 1 bar): la potenza sviluppata da un motore può, in prima approssimazione, ritenersi proporzionale al potenziale termico della miscela aspirata. La massa d’aria aspirata in un cilindro, a parità di ogni altra condizione, è tanto maggiore quanto più bassa è la temperatura della miscela, e su di questa influisce, come prima accennato, il calore occorrente per l’evaporazione del carburante; tutti i carburanti liquidi attualmente adoperati hanno un potenziale termico all’incirca uguale e aggirantesi sui 3800 kJ/m3 a 15 °C. In pratica, data l’omogeneità non perfetta della miscela, il massimo di potenza si ha per un valore del rapporto aria/carburante notevolmente minore di quello teorico.
Il potere antidetonante di un carburante, cioè la sua proprietà di non dar luogo a detonazioni in un determinato motore, è fra le più importanti caratteristiche dei carburanti; i carburanti per autoveicoli sono appunto classificati in base a esso. Il potere antidetonante dipende dal numero di ottano (N.O.) del carburante (➔ ottano) e dal rapporto volumetrico di compressione del motore. Aumentando il rapporto di compressione, perché non si abbiano detonazioni deve corrispondentemente aumentare il N.O.: e ciò è precisamente quanto è stato fatto in questi ultimi anni in relazione al progressivo aumento del rapporto di compressione dei motori.
Ai fini del pratico impiego del carburante interessano: il costo di produzione, la stabilità chimica, la tendenza a corrodere i metalli, la possibilità di miscelazione e quella di immagazzinamento prolungato, la densità.
Vari sono gli additivi che, per motivi diversi, vengono aggiunti ai carburanti. Le benzine normalmente prodotte nelle raffinerie presentano un N.O. di circa 92, che per le super viene portato a 97-98 con l’aggiunta di piombotetraetile (PTE) o, meno frequentemente, di piombotetrametile (che offre il vantaggio di possedere un punto di ebollizione più basso, 110 °C invece che 200 °C). Il N.O. delle benzine normali potrebbe essere incrementato, senza aggiunta di additivi, tramite l’integrazione degli attuali sistemi di raffinazione con operazioni particolari (reforming catalitico, isomerizzazione, alchilazione ecc.) che, tuttavia, difficilmente possono essere praticate nelle raffinerie sia perché comportano la modifica degli usuali cicli di lavorazione sia per mancanza di sufficienti quantità delle necessarie materie prime (olefine leggere, idrogeno). Le auto potrebbero usare le benzine normali senza ricorrere ad additivi antidetonanti se si adottassero motori con rapporti di compressione minori. Una normativa comunitaria ha imposto di eliminare totalmente gli additivi antidetonanti a base di piombo che è una delle fonti dell’inquinamento dell’atmosfera provocato dai gas di scarico; la presenza del piombo impedisce anche il disinquinamento delle emissioni delle auto a mezzo delle cosiddette marmitte catalitiche. Non si conoscono composti che, aggiunti in piccolissima quantità (di solito meno dello 0,1%), esercitino un effetto paragonabile a quello del PTE; i pochi composti noti con queste proprietà presentano vari inconvenienti: quelli metallorganici (ferropentacarbonile, manganesepentacarbonile, composti del selenio, del tallio ecc.) non hanno trovato applicazione perché tossici o con proprietà fisiche (punto di ebollizione, volabilità ecc.) non soddisfacenti o perché lasciano nella camera di combustione depositi conduttori che possono causare cortocircuiti o perché si decompongono facilmente alla luce. È possibile, invece, miscelare alla benzina normale composti organici ossigenati con N.O. abbastanza elevato. Con il tendere a 10 del rapporto di compressione dei motori, assumono aspetto preoccupante i fenomeni di preaccensione dovuta alla presenza di punti caldi, quali le incrostazioni, nella camera di combustione. Additivi efficaci contro la preaccensione sono alcuni composti organici del fosforo, come il tricresilfosfato (TCP o ICA) e il cloropropiltionofosfato (ICC), i quali trasformano i composti di piombo, che favorirebbero l’ossidazione dei residui carboniosi, in fosfati che sono invece inattivi.
Carburanti gassosi Sono stati i primi carburanti usati per i motori ad accensione comandata. Hanno il vantaggio della maggiore facilità di carburazione, dato che essa avviene tra componenti che danno un miscuglio omogeneo; per contro, hanno l’inconveniente di richiedere, per la loro utilizzazione in motori a carburante liquido, un’attrezzatura speciale, di massa e ingombro generalmente non indifferenti se i motori sono montati su veicoli. Nel caso di impianti mobili, il gas carburante può essere trasportato in sacchi di gomma o compresso ad alta pressione in bombole, o prodotto al momento di utilizzarlo nel motore, mediante un gassogeno, partendo da combustibili solidi, in qualche caso può essere trasportato liquefatto. In impianti fissi il gas può invece essere immagazzinato in gassometri a bassa pressione e utilizzato direttamente. L’unico gas, a prescindere da prodotti liquefacibili come butano e propano, che abbia potenziale termico molto prossimo a quello delle benzine, è il metano: solo con esso si riesce pertanto ad avere una potenza del motore vicina a quella sviluppata con alimentazione a benzina. La disparità di potenziale termico è tanto più sentita in quanto, non essendovi evaporazione, non vi è il raffreddamento che fa aumentare la massa di miscela introdotta nel cilindro. I carburanti gassosi sono in genere molto resistenti alla detonazione. Anche il loro rendimento termico complessivo è generalmente migliore di quello dei carburanti liquidi, benché la combustione risulti alquanto rallentata con conseguente tendenza a surriscaldamento del motore. A parità di rendimento termico i consumi sono naturalmente proporzionali al potere calorifico.
L’uso di gas carburanti compressi è limitato ai gas con più elevato potere calorifico (per es., metano), senza di che il peso morto necessario ad assicurare una conveniente autonomia diventa proibitivo. Vengono generalmente trasportati in bombole speciali, compressi fino a 220 bar. Le bombole necessarie per trasportare 1 m3 di gas in dette condizioni sono diventate col tempo via via più leggere grazie all’adozione di nuove leghe speciali.
Carburanti liquidi Tra i carburanti liquidi la benzina è tuttora di gran lunga il più diffuso; il petrolio, benché abbia un basso N.O. e scarsa volatilità, è usato (per es., per uso agricolo) per le particolari agevolazioni fiscali. A partire dagli anni 1970 la crisi petrolifera e il problema della eliminazione del piombo dai carburanti hanno reso di grande interesse l’impiego di prodotti organici ossigenati suscettibili di sostituire la benzina parzialmente o totalmente (quest’ultima soluzione appare di attuazione meno facile e meno pronta). Rientrano in questa categoria alcuni alcol ed eteri. Gli alcol metilico ed etilico possono essere miscelati alla benzina in percentuali del 10-20%, senza creare particolari problemi dal punto di vista motoristico. Il metanolo può essere prodotto per sintesi partendo da miscele di ossido di carbonio e idrogeno provenienti dalla gassificazione di combustibili solidi anche poveri (ligniti ecc.). L’etanolo può essere ottenuto per fermentazione alcolica di materie prime naturali zuccherine, cellulosiche o amidacee, cioè a partire da prodotti o sottoprodotti agricoli; per le sostanze a base di cellulosa o di amido la fermentazione alcolica deve essere preceduta da un processo di saccarificazione. Il ciclo di produzione prevede poi la distillazione della miscela acqua-etanolo prodotta dalla fermentazione al fine di ottenere alcol praticamente anidro, come è richiesto per l’impiego come carburante in miscela con benzina. I sottoprodotti agricoli potenzialmente utilizzabili per produrre etanolo sono i residui di lavorazioni forestali, la paglia, i tutoli di granoturco, i residui di lavorazioni delle industrie agrarie (fettucce di barbabietole esauste, acqua di vegetazione di olive ecc.). Fra i prodotti agricoli da usare come materia prima per la produzione di etanolo notevoli prospettive sembrano avere le barbabietole e la canna da zucchero.
Carburanti per aviazione (o carburante avio) Per il particolare impiego, oltre al potere antidetonante devono presentare alta stabilità (onde evitare il pericolo di formazione di gomme nel sistema di alimentazione) e caratteristiche di volatilità tali da impedire la formazione di tappi di vapore alle pressioni basse (nel volo ad alta quota). Il potere antidetonante degli attuali carburanti avio è misurato da un numero d’ottano, determinato con motore CFR secondo date norme e da un ‘numero di prestazione’, corrispondente al rapporto, moltiplicato per 100, tra la potenza ottenibile in un motore sovralimentato con il carburante in esame e quella ottenibile con isoottano.
Requisito essenziale è che possano accendersi prontamente e spontaneamente quando, finemente polverizzati, vengono iniettati nell’aria sufficientemente calda: un carburante Diesel sarà tanto più pregiato quanto più breve sarà il ritardo di accensione, cioè il tempo intercorrente tra l’inizio dell’introduzione del carburante nel cilindro e quello dell’accensione delle prime parti di esso. Infatti un ritardo di accensione più lungo del necessario altera il ciclo di funzionamento provocando una certa ‘rudezza’ nella marcia del motore. Le caratteristiche di accensione di un carburante Diesel, vengono classificate con il numero di cetano. Per aumentare il numero di cetano, si ricorre ad additivi costituiti da nitrati e nitriti alchilici e da perossidi organici in soluzioni di gasolio per renderne più facile e meno rischiosa la manipolazione. Altro parametro di largo uso indicante le qualità di accensione è l’indice-diesel, dato dal prodotto della densità per il punto di anilina diviso 100. I carburanti Diesel debbono possedere una viscosità né troppo elevata né troppo bassa, al fine di assicurare una sufficiente lubrificazione dei pistoni della pompa di iniezione e, al tempo stesso, una conveniente polverizzazione e disseminazione delle goccioline nell’aria compressa nei cilindri. Altre caratteristiche importanti sono il potere calorifico, il punto di scorrimento, il punto d’infiammabilità, la purezza, la tendenza a lasciare incrostazioni bruciando ecc. Per i motori Diesel non ha invece interesse il potenziale termico in quanto, per una completa combustione del carburante, è sempre necessario un eccesso d’aria dipendente, più che dal carburante, dalla struttura della camera di combustione. Il punto di scorrimento, cioè la temperatura minima a cui il carburante scorre agevolmente, ha grande importanza ai fini di un regolare afflusso di carburante alle pompe di alimentazione.
Per ridurre le emissioni inquinanti derivanti dalla motorizzazione dei motori ad accensione comandata, sempre maggiore attenzione viene data alla qualità del carburante e quindi alla cd. riformulazione delle benzine, basata sulla modifica di alcune caratteristiche: limitazione della volatilità per ridurre l'emissione dei composti organici; aggiunta di ossigeno per abbassare le emissioni di monossido di carbonio; riduzione del contenuto di zolfo per diminuire l'emissione di anidride solforosa; decremento del contenuto di benzene e di idrocarburi aromatici come antidetonanti. Per i carburanti Diesel la riduzione delle emissioni inquinanti può essere perseguita tramite la modifica della composizione del carburante indirizzata alla limitazione del contenuto di zolfo e all'aumento del numero di cetano (valore convenzionale, basato sull'idrocarburo cetano, che misura le qualità d'ignizione dei carburanti destinati ai motori Diesel) e attraverso l'impiego dei carburanti ottenuti per trattamento di oli vegetali (biodiesel).