Nel linguaggio scientifico, nome generico di monosaccaridi, disaccaridi e oligosaccaridi; sono composti solubili in acqua e generalmente dolci. Per estensione, il termine comprende l’insieme dei glicidi (➔).
Nell’uso comune s’intende per z. il saccarosio (➔); sostanza bianca, dolce e cristallina (quando è raffinata), che ha larga parte nell’alimentazione. Si estrae essenzialmente da due fonti vegetali: la canna da z. (Saccharum officinarum), una pianta perenne e gigante coltivata nelle regioni tropicali (che lo contiene immagazzinato nel fusto), e la barbabietola da z. (Beta vulgaris), coltivata nelle zone temperate o fredde in aree popolate e ben sviluppate (nella quale si trova immagazzinato nella radice). Lo z. comune si produce industrialmente nelle zone tropicali dalla canna da zucchero e nelle zone temperate dalla barbabietola da zucchero. Altre potenziali fonti, quali il sorgo, il carrubo, molte labiate e ombrellifere, hanno scarso interesse industriale a causa del loro modesto contenuto zuccherino.
Mentre la coltura della canna da z. è di antica tradizione, quella della barbabietola è un’acquisizione relativamente recente: la pianta, infatti, inizialmente coltivata come vegetale verde da foraggio, fu solo successivamente valorizzata per il suo contenuto in zucchero. La prima estrazione sperimentale di z. cristallizzato dalla radice della barbabietola si ebbe nel 1747 a opera del chimico A.S. Marggraf; un suo allievo, F.K. Achard, mise a punto il procedimento di estrazione industriale e nel 1802 impiantò a Kunern (Slesia) il primo zuccherificio di barbabietole. Negli anni seguenti, questo processo produttivo suscitò l’interesse di Napoleone a motivo del blocco dei rifornimenti di z. di canna dalle Indie occidentali, e in Francia furono installate numerose industrie. La produzione di z. dalla barbabietola ebbe sempre più vasto sviluppo nell’Europa centrale e occidentale, tanto da superare alla fine del secolo quella dello z. di canna, ma poi quest’ultima tornò a prevalere. La canna da z., infatti, sebbene abbia un contenuto zuccherino inferiore (14%) a quello della barbabietola (20%), rappresenta attualmente oltre il 70% della produzione mondiale di zucchero, che è di 155 milioni di t. In Italia, tuttavia, per estrarre e per produrre industrialmente z. si utilizza esclusivamente la barbabietola, che viene coltivata soprattutto in Emilia Romagna, Abruzzo e Veneto, con una produzione totale che si aggira intorno a 667.000 t annue.
Il saccarosio si trova in natura, oltre che nella canna e nella barbabietola, in una grande varietà di frutti dolci, nel miele, nel mais dolce, nel sorgo e anche nel succo di alcune piante legnose quale l’acero. Lo z. ricavato dalla barbabietola è identico a quello ottenuto dalla canna e la differenza che si riscontra tra i due è data unicamente dal genere delle loro impurità: lo z. di canna impuro è aromatico, mentre quello di barbabietola ha un fondo amaro. Differiscono però fra loro i processi di estrazione e produzione industriale, essendo diverse le parti della pianta in cui lo z. è contenuto e dunque anche le impurità che lo accompagnano e dalle quali deve essere liberato. Nell’estrazione del saccarosio dalla canna, il fusto viene macinato e il succo, dotato di un contenuto in saccarosio di circa il 15%, viene spremuto fuori per mezzo di rulli e poi lievemente alcalinizzato con calce, allo scopo di prevenire l’idrolisi. In seguito viene purificato attraverso l’aggiunta di acido fosforico o di fosfato e talvolta di anidride solforosa (per renderlo più chiaro). Dopo la chiarificazione, viene concentrato sotto vuoto e lasciato cristallizzare. Tramite centrifugazione si ottiene così lo z. grezzo, ripetendo l’operazione fino a quando non è più possibile ricavare altri cristalli. Lo z. grezzo viene poi raffinato (per togliergli il caratteristico colore marrone) mediante un trattamento con calce-acido fosforico o calce-acido carbonico e decolorato per passaggio attraverso carbone. Infine si concentra e si cristallizza sotto vuoto per ottenere il prodotto bianco cristallino che si trova in commercio. Gli z. scuri sono costituiti da miscele di z. grezzo con quantità diverse di melassa colorata in marrone (per es. il Demerara).
Per l’estrazione del saccarosio dalle barbabietole, invece, queste ultime vengono tagliate meccanicamente in fettucce molto sottili e sottoposte a un flusso continuo controcorrente di acqua calda. Il succo impuro così ottenuto viene sottoposto a un processo di purificazione analogo a quello utilizzato per la produzione di z. di canna, mentre le fettucce residue vengono pressate e impiegate come mangime per animali. Il melasso di canna a differenza di quello di barbabietola ha sapore e odore gradevoli che ne consentono un impiego anche nell’alimentazione umana; uno degli usi più importanti riguarda la preparazione del rum.
Lo z. è ancora il dolcificante più utilizzato, anche se ha dovuto subire la concorrenza di altri prodotti di origine sia naturale sia sintetica. Esistono in commercio diversi tipi di z.: in grossi cristalli bruno-marroni, in piccoli cristalli bianchi, in polvere o in zollette, ottenute miscelando lo z. cristallizzato con sciroppi di z. per tenere uniti i cristalli.
La produzione mondiale di z. (169 milioni di t nel 2008) si presenta in crescita nel primo decennio del 21° sec., incremento dovuto principalmente al rafforzamento della quota di produzione di z. di canna, che costituisce oggi oltre l’80% della produzione mondiale. Per quanto riguarda lo z. di canna, guida la classifica dei maggiori produttori mondiali il Brasile, cui seguono l’India e la Cina. Tra i produttori di z. da barbabietola primeggia invece la Francia, cui seguono la Russia e gli USA. La posizione di principale esportatore di z., a lungo detenuta dal complesso dei paesi costituenti l’Unione Europea, è stata guadagnata, alla fine degli anni 1990, dal Brasile.
Il mercato mondiale dello z. è caratterizzato da diverse peculiarità, in primo luogo dai condizionamenti legati agli interventi statali. Tali interventi si sostanziano nell’applicazione di tariffe elevate e di misure protezionistiche volte a favorire e aumentare la produzione nazionale o, quantomeno, a rendere possibile la produzione interna di zucchero. In ragione di ciò, per la gran parte i principali produttori, sia paesi industrializzati sia paesi in via di industrializzazione, sono praticamente autosufficienti e alcuni sono anche importanti esportatori. La seconda particolarità dei mercati dello z. è legata al fatto che la commercializzazione avviene sempre meno mediante collocazione sul libero mercato e sempre più in base ad accordi stipulati tra singoli paesi, per cui i paesi esportatori vendono la maggior parte della quota destinata all’esportazione attraverso tali accordi, e solo la quota residuale sul mercato.