Disaccaride (detto anche zucchero di canna o di barbabietola o semplicemente zucchero), C12H22O11, costituito dall’unione di una molecola di d-glucosio nella configurazione α in forma piranosidica con una molecola di d-fruttosio nella configurazione β in forma furanosidica (il legame avviene tra gli atomi di carbonio dei due gruppi glicosidici): l’esatto nome chimico del s. è perciò α-d-glicopiranosil-β-d-fruttofuranoside. È assai diffuso nel regno vegetale; particolarmente ricche ne sono la canna (15-20%) e la barbabietola (10-20%) da zucchero, dalle quali il s. si ricava industrialmente. Si presenta in cristalli incolori, molto solubili in acqua, poco in alcol; ha proprietà riducenti (non riduce però il liquido di Fehling né reagisce con la fenilidrazina). Per riscaldamento al disopra del punto di fusione (160 °C) si decompone con formazione di sostanze colorate; a circa 200 °C si presenta come una massa viscosa di colore bruno scuro, amarognolo, non fermentescibile, costituita da una miscela di sostanze di struttura non ben definita, solubili in acqua, detta caramello. Per azione degli alcali a caldo il s. si decompone con formazione di aldeidi e di chetoni (furfurolo, aldeide glicerica, acetone, diossiacetone ecc.), di acidi (lattico, acetico, triossibutirrico ecc.) e di altri prodotti non ben definiti.
Il s. dà composti di addizione con sali inorganici anidri e idrati, quali, per es., C12H22O11NaCl•2H2O, C12H22O11•Na2CO3; reagisce con alcuni idrossidi metallici formando i saccarati.
Oltre che come edulcorante (ancora il più diffuso nonostante la concorrenza di edulcoranti, ipocalorici e non, sia naturali sia sintetici), il s. trova impiego nel settore alimentare nella conservazione di alcuni prodotti (latte condensato, gelatine e confetture di frutta, frutta candita) grazie alla sua azione antisettica che si esplica però solo a concentrazioni molto elevate; di importanza secondaria è l’uso come umettante nell’industria del tabacco e come mezzo di coltura per la produzione di antibiotici e di prodotti microbiologici (acido citrico, destrano).
Notevole interesse rivestono, altresì, le applicazioni della disciplina chiamata sucrochimica, che ha l’obiettivo di sviluppare i processi utilizzanti il s. come materia prima per la preparazione di composti chimici (per es., tensioattivi non ionici nei quali il gruppo polare è costituito dal saccarosio). Saccarimetria Processo di determinazione della concentrazione del saccarosio presente in una soluzione attraverso un saccarimetro. Il saccarimetro più diffuso è basato sul fatto che il s. è dotato di potere rotatorio specifico, di modo che misurando l’angolo ϕ di cui una soluzione contenente s. fa ruotare il piano di polarizzazione di una luce polarizzata linearmente che l’attraversi è possibile risalire alla concentrazione c del s.; precisamente, a una data temperatura t e per luce di data lunghezza d’onda λ, è c=ϕ/(ks), dove s è lo spessore di soluzione attraversata dalla luce e k è il potere rotatorio specifico di una soluzione di riferimento, dipendente da t e λ. Lo strumento è sostanzialmente un polarimetro, in cui però il nicol polarizzatore e quello analizzatore sono fissi; la misurazione dell’angolo ϕ si effettua ruotando un compensatore a cuneo di quarzo in modo che la rotazione del piano di polarizzazione causata da quest’ultimo annulli quella prodotta dalla soluzione in esame (con questo metodo di compensazione, la misurazione polarimetrica può essere fatta anche in luce non monocromatica); solidale con il comando che fa ruotare il compensatore è un indice che mostra su una scala graduata la concentrazione cercata, di solito in unità convenzionali. Nella scala saccarimetrica di Ventzke, che è quella di uso più comune, la graduazione 100 corrisponde alla rotazione prodotta a 20 °C da uno spessore di 20 cm di soluzione normale di s. in acqua (26 g di s. per 100 cm3 di soluzione), e corrisponde a un angolo di rotazione di 34.626° se si utilizza come radiazione l’emissione D del sodio. Interferiscono nella misura impurezze otticamente attive.