Passaggio di un corpo dallo stato solido allo stato liquido e il complesso di operazioni attraverso cui si attua tale passaggio.
L’unione di più elementi per formare un tutto unico.
Unione accidentale del DNA di geni diversi che può verificarsi durante la loro traslocazione da un punto all’altro del genoma. I geni derivati dalla f. possono codificare proteine ibride, dette proteine di fusione. Il caso più classico di f. tra geni è emerso dagli studi sul cromosoma Philadelphia, che consiste in una traslocazione fra i cromosomi 9 e 22 e costituisce una caratteristica cruciale per la diagnosi della leucemia mieloide in base a fattori genetici (➔ tumore). Talvolta la f. avviene fra un gene e gli elementi regolativi di un altro gene. Si verificano in questo caso errori nella regolazione della trascrizione del gene tali da modificare la quantità di proteina prodotta o attivare il gene in un tessuto sbagliato. Per es., nel linfoma follicolare, l’85% dei pazienti è portatore di una traslocazione fra i cromosomi 14 e 18. Nei pressi del punto di rottura è localizzata una sequenza di regolazione (enhancer) di uno dei geni che codifica le immunoglobuline. Questo enhancer traslocato si fonde con il gene Bcl-2, regolatore negativo dell’apoptosi, determinando la produzione di grandi quantità di proteina Bcl-2 nei linfociti. I linfociti non vanno più in apoptosi (➔ Bcl) e nel corso della loro vita, eccezionalmente lunga, accumulano molte mutazioni che favoriscono la proliferazione neoplastica.
F. di società Compenetrazione di imprese, di regola in forma societaria, realizzata attraverso un processo di unificazione di una pluralità di esse in una sola. Si ha f. propria quando due o più società ne costituiscono una nuova; si ha f. per incorporazione quando una o più società vengono incorporate in una società preesistente. Caratteristica della f. è la riduzione a unità dei patrimoni delle singole società e la confluenza dei rispettivi soci in un’unica struttura organizzativa, che assume tutti i rapporti giuridici, anche processuali, attivi e passivi, delle società fuse o incorporate proseguendone l’attività (mentre queste ultime si estinguono). La f. è possibile anche a seguito di acquisizione con indebitamento o leverage.
Il procedimento di f. prevede tre fasi: progetto, delibera, atto. Al fine di consentire ai soci di assumere le proprie decisioni in modo consapevole, l’organo amministrativo di ciascuna società redige il progetto di f., la situazione patrimoniale e una relazione atta a giustificare il progetto e, in particolare, il rapporto di cambio, ossia il numero di azioni o quote della società incorporante o di nuova costituzione che verranno attribuite ai soci per ogni dato numero di azioni o quote della società originariamente partecipata. Per ciascuna società, degli esperti redigono una relazione sulla congruità del rapporto di cambio. Tali documenti devono restare depositati nella sede delle società partecipanti nei 30 giorni precedenti alla deliberazione di f., che avviene mediante l’approvazione del relativo progetto; la deliberazione di f. deve essere depositata insieme agli altri documenti presso il registro delle imprese. I creditori possono proporre opposizione entro 60 giorni dall’ultima iscrizione prevista e la f. può essere attuata solo dopo che sia trascorso questo termine, salvo che consti il consenso dei rispettivi creditori.
L’ atto di f., risultante da atto pubblico e iscritto nel registro delle imprese, non può essere dichiarato invalido, salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi. La f. per incorporazione di società possedute interamente, ovvero di società possedute al 90%, segue una procedura semplificata.
Le operazioni di f. possono alterare il buon funzionamento del mercato perciò, se le imprese coinvolte superano i parametri di fatturato indicati nella legge antitrust, sono soggette alla procedure di notifica preventiva all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Gli elementi, in particolare quelli metallici e le sostanze cristalline pure, fondono a una ben determinata temperatura ( punto di f.), che varia da elemento a elemento, da sostanza a sostanza; il punto di f. varia leggermente con la pressione: precisamente, al crescere di questa esso si alza o si abbassa a seconda che la f. sia accompagnata da una dilatazione (come nella maggior parte dei casi) o da una contrazione (pochi casi, fra i quali notevoli acqua e bismuto). Riscaldata una sostanza solida fino al punto di f., perché la f. si sviluppi, occorre somministrare una certa ulteriore quantità di calore (pari al prodotto della massa della sostanza per il calore latente di f. ), che viene utilizzato per rompere i legami intermolecolari propri dello stato solido. In tab. 1 si riportano il punto di f., Tf in °C, e il calore latente di f., Cf in kJ/kg, di alcuni elementi.
Le leghe metalliche, a differenza dei metalli puri, fondono in un intervallo di temperatura dipendente dalle percentuali dei metalli fuorché in corrispondenza alla concentrazione eutettica per la quale si ha un ben preciso punto di fusione. Le sostanze solide amorfe (come il vetro) diventano invece liquide passando attraverso stati intermedi (stati pastosi), cui corrispondono temperature variabili in intervalli che possono essere anche abbastanza ampi; per tali sostanze quindi non esiste un punto di f. preciso.
La fusibilità è la proprietà che hanno alcune sostanze di fondere se portate a una certa temperatura. Tutti i materiali metallici sono fusibili ma non tutti, dal punto di vista industriale, hanno un processo di f. compatibile con l’economia generale di una determinata produzione. Da un punto di vista rigoroso, il grado di fusibilità di un materiale dipende dalla quantità di calore necessaria per la f. della sua massa unitaria; tale energia termica dipende, a sua volta, dal calore specifico, dalla temperatura di f. e dal calore latente di f. del materiale stesso. In questo senso, per es., l’argento è più fusibile dell’alluminio, pur avendo una temperatura di f. più alta di quella dell’alluminio. In pratica, tuttavia, la fusibilità di un materiale viene valutata in base ai seguenti requisiti: temperatura di f. non troppo elevata, tale cioè da poter essere raggiunta abbastanza facilmente e nel rispetto di un conveniente costo di produzione; fluidità e scorrevolezza, allo stato liquido, tali da consentire il riempimento delle forme più accidentate; inalterabilità durante il processo di f. e assenza di segregazioni strutturali; attitudine a dare getti sani, ovvero senza cavità di ritiro, soffiature e discontinuità.
La reazione nucleare in cui due nuclei leggeri si combinano per formarne uno di massa maggiore di entrambi è accompagnata da liberazione di energia, rilasciando in genere uno o più nucleoni e/o fotoni, elettroni, neutrini; infatti l’energia di legame per nucleone dei nuclei con numero di massa A≤60 in genere cresce con il numero di massa stesso. Reazioni di f. fra nuclei leggeri sono di grandissima importanza in natura, essendo alla base della produzione di energia in stelle quali il Sole e della sintesi di molti nuclei leggeri nelle stelle. Sulla terra reazioni di f. sono sfruttate nelle cosiddette bombe termonucleari, o all’idrogeno. Dall’immediato secondo dopoguerra intense ricerche sono in corso al fine di utilizzare reazioni di f. ‘controllate’ per produzione di energia elettrica su scala industriale in un apposito reattore a f. (➔ reattore).
Affinché abbia luogo la f. di due nuclei è necessario che questi vengano fatti avvicinare di modo che entrino in gioco le forze attrattive nucleari (il cui raggio di azione è dell’ordine di 10–15 m). Avendo carica di uguale segno, i nuclei si respingono elettrostaticamente e per superare (o, più comunemente, per attraversare per effetto tunnel (➔) questa barriera elettrica è necessario che essi abbiano energia particolarmente elevata. La probabilità di reazione (misurata dalla sezione d’urto σ) fra due nuclei 1 e 2 con massa m1 e m2, carica Z1e e Z2e (e: carica dell’elettrone), ed energia nel centro di massa E può essere espressa tramite la relazione (dovuta a G. Gamow)
con l’energia di Gamow EG=986 (Z1Z2)2 mr/mp MeV, dove mr=m1m2/(m1+m2) e mp è la massa del protone. In questa relazione il termine esponenziale rappresenta la probabilità di penetrazione della barriera repulsiva fra i nuclei (fattore di tunneling o di Gamow), mentre la funzione S, detta fattore astrofisico S, tiene conto delle particolarità del processo nucleare vero e proprio. Per molte reazioni S(E) varia debolmente con l’energia E ed è allora approssimabile con S(0).
I parametri che caratterizzano alcune importanti reazioni di f. (rilascio energetico Q, che non include il contributo dei neutrini; rilascio ⟨Qν> associato ai neutrini; fattore astrofisico S(0), radice dell’energia di Gamow: 1 barn=10−24 cm2) sono riportati in tab. 2. Grafici delle sezioni d’urto in funzione di E sono mostrati nella fig., per le reazioni con maggiore sezione d’urto (e quindi di relativamente più facile conseguimento in laboratorio). La tabella include le reazioni del ciclo p-p (responsabile della energia rilasciata dal Sole), del ciclo CNO (attivo nelle stelle leggermente più calde del Sole) e le reazioni studiate nella ricerca sulla f. controllata per produzione di energia (➔ reattore). Il fattore di Gamow favorisce notevolmente le reazioni fra i nuclei con carica minore, e cresce all’aumentare dell’energia E (per E⟨EG). Comunque, anche per le reazioni più probabili fra i nuclei più leggeri, la sezione d’urto diviene apprezzabile solo a energie almeno pari ad alcuni keV.
Fra le reazioni che coinvolgono almeno un isotopo dell’idrogeno, il fattore S assume valori massimi per reazioni fra deuterio (D) e trizio (T) e fra protone e boro 11. L’energia sviluppata dal Sole e da altre stelle ricche di idrogeno deriva da una reazione di f., la cosiddetta catena protone-protone (p-p): questa reazione, o più esattamente questa catena di reazioni, parte dalla f. di coppie di protoni per giungere, attraverso stadi intermedi caratterizzati dalla formazione di deutoni e di nuclei 3He, alla formazione di un nucleo di 4He, liberando nel contempo un’energia di circa 26 MeV per nucleo formato. È interessante osservare che per questa reazione S(0) assume un valore 1025 volte inferiore a quello relativo alla reazione DT. La ragione di ciò risiede nel fatto che mentre la reazione DT è dovuta a interazioni nucleari forti, la p-p è causata da interazioni deboli (è sostanzialmente un decadimento beta; ➔ deboli, interazioni). La potenza specifica rilasciata nel Sole è in effetti piccolissima (circa 18 mW/kg, pari a circa 1/50 del calore metabolico del corpo umano!).
Sezione d’urto enormemente maggiore hanno le reazioni fra deuterio e deuterio e, soprattutto, fra deuterio e trizio (v. fig.). Quest’ultima è la reazione su cui si concentrano gli sforzi nella ricerca sulla f. termonucleare controllata. Si osservi che il deuterio è abbondante in natura (costituisce circa lo 0,015% dell’idrogeno, presente, per es., nell’acqua), mentre il trizio, instabile e quindi non presente in natura in quantità significative, può essere prodotto irraggiando litio con neutroni (➔ fertile, materiale). La reazione di 1 grammo di miscela equimolare di deuterio e trizio rilascia un’energia corrispondente a circa 95.000 kWh.
Le reazioni di f. furono scoperte al Cavendish Laboratory dell’Università di Cambridge, diretto da E. Rutherford, intorno al 1930 studiando gli effetti del bombardamento di elementi leggeri con fasci di protoni (e poi di deutoni) molto veloci. Per ottenere la f. dei nuclei componenti una porzione apprezzabile di materia (come richiesto a livello applicativo) è necessario che i nuclei reagenti abbiano energia media elevatissima, cioè che la materia reagente, allo stato di plasma (gas ionizzato), sia ad altissima temperatura ( f. termonucleare) e che sia mantenuta (‘confinata’) in tali condizioni per un tempo sufficientemente lungo in modo che il rilascio energetico compensi l’energia spesa per riscaldare e confinare la materia reagente. Nel Sole, dove il confinamento è garantito dalla gravitazione, la temperatura del nucleo attivo è di circa 15 milioni di K. Per applicazioni terrestri è necessario raggiungere temperature di 100 milioni di K. Per la produzione controllata di energia si studiano schemi di confinamento basati sull’impiego di intensi campi magnetici (confinamento magnetico) o schemi basati sulla compressione e riscaldamento di piccole quantità di combustibile (alcuni milligrammi), indotta da opportuni fasci laser (o anche di particelle cariche) di grande potenza. In tal modo si genera una microesplosione. La materia reagente si viene a trovare a pressioni che non possono essere contenute in alcun modo: la reazione avviene quindi nel brevissimo intervallo di tempo (tipicamente una frazione di nanosecondo) in cui la materia è confinata dalla propria inerzia (confinamento inerziale). È stata anche studiata la possibilità di non ricorrere a condizioni estreme di temperatura o di pressione utilizzando il confinamento muonico; alcuni gruppi di ricercatori sostengono infine sia possibile realizzare anche schemi a confinamento chimico ( f. fredda).
Nel dicembre 2022 il centro di ricerca statunitense Lawrence Livermore National Laboratory (California) ha annunciato, fornendo dati in corso di analisi, di aver generato per la prima volta nella storia, attraverso il metodo della fusione a confinamento inerziale, una quantità di energia maggiore di quella utilizzata per innescare il processo. Il guadagno netto di energia è stato ottenuto concentrando 192 laser su un nocciolo di idrogeno posto all’interno di un contenitore cilindrico forato della lunghezza di alcuni millimetri, che ha prodotto 3,15 Megajoule avendone impiegati 2,05 e generando un calore di 100 milioni di gradi centigradi.