Sigla di light amplification by stimulated emission of radiation, che indica un dispositivo per ottenere fasci intensi ed estremamente concentrati di radiazioni elettromagnetiche coerenti nei campi infrarosso, visibile e ultravioletto. Chiamato anche maser ottico, ha lo stesso principio di funzionamento del maser (➔) ed è quindi basato sulla interazione fra sistemi atomici e radiazioni elettromagnetiche.
L’estensione del principio del maser alle radiazioni visibili fu studiata dagli americani A.L. Schawlow e C.H. Townes e dai russi A.M. Prochorov e N.G. Basov attorno al 1958, e il primo l., a cristallo di rubino, fu realizzato negli USA da T.H. Maiman nel 1960. Alla fine dello stesso anno A. Javan realizzò il primo l. a gas (elio-neo), in emissione continua e nel 1962 nacquero i l. a semiconduttori. Successivamente sono stati concepiti l. di varia natura (allo stato solido, gassosi, liquidi, a semiconduttori), che coprono quasi con continuità l’intero arco delle radiazioni dall’ultravioletto all’infrarosso lontano. I l. a coloranti organici permettono di ottenere un’emissione che può essere accordata in frequenza su un vasto intervallo spettrale. Sono stati realizzati anche l. a raggi X. Osservazioni astronomiche hanno inoltre rilevato emissioni l. naturali nello spazio.
Il processo usuale di emissione delle radiazioni luminose (il cosiddetto irraggiamento per eccitazione o per luminescenza) consiste nello spontaneo ritorno di un elettrone legato di un atomo al suo livello energetico stazionario da un livello più alto in cui esso sia venuto a trovarsi; in tale transizione viene emesso un fotone la cui energia è pari alla differenza ΔE tra i livelli in questione e la cui frequenza ν è pari a ΔE/h, essendo h la costante di Planck. I fotoni emessi in questi atti spontanei d’irraggiamento non sono correlati tra loro: la radiazione così emessa è intrinsecamente incoerente. La transizione dal livello più alto al livello fondamentale può però avvenire, oltre che spontaneamente, per emissione stimolata; ciò accade se l’elettrone che si trova al livello superiore interagisce con un fotone avente la citata frequenza ν; in questo caso l’elettrone, in conseguenza dell’interazione, si diseccita ed emette un fotone (pure di frequenza ν) coerente con quello che ha stimolato l’emissione, vale a dire avente la stessa fase iniziale e la stessa direzione di propagazione di quello. I l. funzionano sfruttando tale tipo di emissione.
Si consideri un sistema atomico e si fissi l’attenzione su due livelli energetici elettronici: un livello fondamentale, di energia E1 (livello o stato 1), e un livello eccitato, di energia E2 (livello o stato 2), fra i quali sia possibile una transizione radiativa (fig. 1). Si immagini ora di inviare sul sistema una radiazione elettromagnetica di frequenza ν21=(E2−E1)/h corrispondente al salto energetico fra i due livelli. Per ciascuno dei fotoni di frequenza ν21 vi sono due possibilità di interazione con gli elettroni cui competono i livelli 1 e 2; precisamente, se il fotone interagisce con un elettrone che si trova nello stato 1 vi è una certa probabilità p12 che esso venga assorbito, avendosi corrispondentemente il salto dell’elettrone da 1 a 2; se invece interagisce con un elettrone nello stato 2 c’è una probabilità p21 che esso provochi (per emissione stimolata) la diseccitazione dell’elettrone e l’emissione di un fotone coerente. Ora, poiché le probabilità p12 e p21 risultano intrinsecamente uguali, è chiaro che globalmente la radiazione che colpisce il sistema subirà una attenuazione o un’amplificazione secondo che il numero N1 di atomi il cui elettrone è nello stato 1 sia maggiore o minore del numero N2 di atomi il cui elettrone è nello stato 2. In condizioni di equilibrio termodinamico N1 è molto maggiore di N2; è però possibile, con metodi cui accenneremo fra poco, rendere N2 maggiore di N1 o, come si suole dire, ottenere l’inversione di popolazione fra i livelli 1 e 2. In tali condizioni il sistema atomico si comporta come un amplificatore (accordato alla frequenza ν21). Si noti che, anche se ogni fotone incidente sul sistema atomico ha prodotto altri fotoni con esso coerenti, le caratteristiche di coerenza globali del campo emergente dal sistema sono le stesse di quelle del campo incidente. In altri termini, se i fotoni incidenti erano non correlati, nella radiazione uscente si avrà assenza di correlazione; ciò è quello che accade se si invia sul sistema la radiazione incoerente emessa da una sorgente ottica ordinaria. Poiché l’interesse principale è di produrre un campo coerente, i l. vengono essenzialmente usati quali oscillatori (e non quali amplificatori, come vorrebbe la loro denominazione).
Per capire come possa ottenersi l’inversione e l’oscillazione l., si consideri lo schema di livelli energetici elettronici della fig. 2, tipico di solidi fluorescenti: il livello 1 è quello fondamentale, mentre il livello 2 e la banda di livelli 3 corrispondono a stati eccitati. Si im;magini di illuminare il materiale con una radiazione (luce pompa) la cui frequenza corrisponda al salto energetico tra i livelli 1 e 3, cioè di frequenza ν31=(E3–E1)/h: all’assorbimento di fotoni di tale frequenza corrisponde l’eccitazione di elettroni dal livello 1 a uno dei livelli della stretta banda 3. In una situazione quale quella della fig. 2, dato che il livello 2 è molto vicino alla banda 3, elettroni eccitati in questa banda passano nel livello 2 senza irraggiamento di fotoni: il processo per cui avviene tale transizione è infatti un’interazione atomo-reticolo, non radiativa. Se la vita media dell’elettrone nel livello 2 è abbastanza grande e l’intensità della luce pompa è sufficientemente elevata, si arriva ad ottenere l’inversione di popolazione fra i livelli 2 e 1.
Uno dei dispositivi con cui il processo anzidetto può essere attuato, e uno dei primi l. realizzati, è illustrato nella fig. 3. La bacchetta cilindrica a, costituente il cosiddetto ‘mezzo attivo’, è di rubino artificiale, cioè è un monocristallo di Al2O3 in cui è dispersa una piccola quantità di Cr2O3; il suo schema di livelli energetici è sul tipo di quello della fig. 2. La luce pompa, di lunghezza d’onda centrata su 5600 Å (colore verde), che provoca l’eccitazione dal livello 1 ai livelli della banda 3, è emessa da una lampada a scarica d che circonda il cristallo; la luce emessa per stimolazione ha lunghezza d’onda di 6943 Å (colore rosso). L’intensità della luce pompa occorrente per ottenere l’inversione di popolazione tra i livelli 1 e 2, è, per il rubino, relativamente alta (circa 600 W/cm2) e per tal motivo tale luce non è continua, ma concentrata in lampi ricorrenti, di breve durata e di alta intensità: ciò si ottiene scaricando sulla lampada d dei condensatori di grande capacità, preventivamente caricati. Le estremità della bacchetta di rubino sono lavorate con estrema precisione in modo da risultare, entro qualche decina di ångström, perfettamente piane e parallele tra loro, e vengono argentate in modo da realizzare una cavità risonante; l’argentatura è relativamente spessa, e quindi totalmente riflettente, a un’estremità b, mentre è relativamente sottile, e quindi semiriflettente, all’altra estremità c. Tali estremità argentate hanno il compito di introdurre quella che, in termini elettronici, si chiama una ‘reazione positiva’. L’innesco delle oscillazioni è dovuto a qualche iniziale diseccitazione spontanea di elettroni da 2 a 1. I fotoni emessi in questi processi, viaggiando entro il cristallo, vengono amplificati, per emissione stimolata (effetto l.). Di essi, quelli emessi secondo direzioni inclinate (e) rispetto all’asse di cristallo, compiono un percorso relativamente piccolo nel cristallo medesimo e subiscono quindi un’amplificazione relativamente piccola; i fotoni che sono invece emessi parallelamente all’asse f del cristallo subiscono una serie di riflessioni sulle estremità argentate, percorrendo cammini relativamente lunghi e subendo un’amplificazione relativamente grande. Se il guadagno lungo l’asse del cilindro è superiore alle perdite che si hanno agli specchi (il coefficiente di riflessione è sempre minore di uno), il sistema entra in oscillazione. In tali condizioni, se R è il coefficiente di riflessione complessivo degli specchi alle estremità del cristallo, la frazione 1-R dei fotoni generati nel cristallo parallelamente all’asse f viene, in piccola parte, assorbita negli specchi e, nella maggior parte, attraversa l’estremità semiargentata, dando luogo al fascio l. emergente, g, formato dunque da raggi, sensibilmente paralleli, di luce (luce l.) costituita da onde elementari coerenti tra loro. Tale luce è per lo più spettralmente pura, in quanto l’interferenza tra onde procedenti in verso opposto lungo f è non distruttiva soltanto per onde la cui frequenza è un multiplo intero di v/(2l), v essendo la velocità di propagazione della luce nel cristallo e l essendo la distanza tra le pareti riflettenti: queste funzionano infatti come un interferometro di tipo Fabry-Perot. Peraltro, con le dimensioni ordinariamente usate, l’intervallo v/(2l) risulta inferiore alla larghezza della riga (centrata sulla frequenza ν12) che connette gli stati 2 e 1, cosicché il l. oscilla su più di una frequenza (si hanno più modi l.).
È stato possibile realizzare anche l. che richiedono potenze relativamente basse di pompaggio e che quindi possono essere eccitati con lampade funzionanti in regime continuo ed emettono un fascio l. parimenti continuo. Tra questi, citiamo i l. a neodimio, operanti nell’infrarosso (λ≅1,06 μm). L. con sezione di 1 cm2 possono dare potenze continue dell’ordine del chilowatt. I massimi valori di potenza, anche superiori a 1 PW (1 petawatt=1015 W) si ottengono però in regime impulsivo, particolarmente riducendo la durata degli impulsi e mantenendone costante l’energia.
Oltre ai l. a solido, o a cristallo, categoria alla quale appartiene il l. a rubino descritto, sono stati realizzati anche l. a liquido, in cui il mezzo attivo è costituito da ioni di terre rare associati con complessi organici, in un adatto liquido solvente, e l. a vetro, nei quali il mezzo attivo è costituito da atomi di terre rare in una matrice vetrosa.
Il mezzo attivo dei l. a gas è un gas puro o una miscela di gas (anche non monoatomici, l. molecolare) in un tubo di vetro o di quarzo terminato da due specchi, oppure da due lamine. I l. a gas nei quali generalmente l’inversione di popolazione è ottenuta mediante una scarica elettrica, sono i più diffusi in quanto con essi, scegliendo opportunamente i gas, è stato possibile ottenere l’emissione di fasci l. su più di 1000 lunghezze d’onda dal campo dell’ultravioletto vicino all’infrarosso lontano (centinaia di μm). Tali l. possono funzionare in regime sia impulsivo sia continuo. Le potenze massime raggiunte in regime continuo sono dell’ordine di parecchi watt nel visibile (l. ad argo) e dell’ordine di alcuni chilowatt nell’infrarosso (l. a CO2 funzionante su 10,6 μm). Una delle miscele più usate è quella costituita da circa 1/7 di neo e circa 6/7 di elio, a pressione di circa 1 mbar; con tale miscela, che fu la prima a essere sperimentata, si ha emissione da parte del neo su varie possibili righe: tra queste le più utilizzate sono una nel rosso (λ=0,632 μm) e due nell’infrarosso vicino (1,15 e 3,39 μm). Nei l. a eccimeri si utilizzano come mezzo attivo molecole che esistono solo in stati eccitati (eccimeri o dimeri eccitati), in quanto lo stato fondamentale non è legato o lo è molto debolmente, e quindi la differenza di popolazione tra lo stato eccitato e quello fondamentale è massima; i mezzi attivi più utilizzati sono molecole formate sia da un gas nobile e da un alogeno (alogenuri di gas nobile) sia da un metallo e da un gas nobile o da un altro metallo o da un alogeno (eccimeri metallici).
Nei l. a semiconduttore (o diodi l.) il mezzo attivo è costituito dalla giunzione, piana, tra due blocchetti di semiconduttori, uno di tipo p, l’altro di tipo n, lavorati in modo da presentare due facce otticamente piane e parallele tra loro, costituenti le due superfici riflettenti tra le quali si propaga il fascio l.; l’emissione di quest’ultimo è stimolata elettricamente, e non otticamente, polarizzando direttamente la giunzione con una corrente la cui intensità è dell’ordine delle decine di ampere. Migliori proprietà si ottengono utlizzando anziché una semplice giunzione un’eterogiunzione (fig. 4).
Nei l. a coloranti l’emissione è accordabile su tutta la banda del visibile. Sono costituiti generalmente da una matrice liquida o solida, ove sia disciolto un colorante fluorescente, contenuta entro una cavità ottica; le molecole del colorante vengono eccitate per assorbimento di una radiazione di pompa, sia visibile sia ultravioletta. Notevoli analogie con i l. a colorante presentano i l. a centri di colore nei quali il mezzo attivo è costituito da particolari difetti (vacanze, atomi interstiziali ecc., detti centri di colore) del reticolo cristallino di cristalli isolanti, in grado di intrappolare elettroni (o lacune).
I l. a cascata quantica, realizzati per la prima volta nel 1994 dal gruppo di F. Capasso, sono l. a semiconduttore, operanti nell’infrarosso, nei quali l’emissione dei fotoni è connessa a transizioni degli elettroni in una nanostruttura.
La possibilità di ottenere radiazione l. a piccole lunghezze d’onda trova le maggiori difficoltà poiché: a) il guadagno diminuisce all’aumentare della frequenza; b) la riflettività degli specchi a lunghezze d’onda molto corte è piuttosto piccola; c) occorrono potenze molto elevate per pompare simili laser. Per ovviare a tali difficoltà si può utilizzare come mezzo attivo un plasma di atomi altamente ionizzanti (l. a plasmi): per es., con tutti gli elettroni rimossi eccetto uno (del tipo idrogenoide o hydrogen-like), o eccetto due (He-like), o tre (Li-like). Un simile plasma, ottenuto per irraggiamento di un bersaglio solido con un l. di alta potenza, presenta un guadagno per singolo passaggio sufficiente a garantire l’emissione a lunghezze d’onda corte. I primi risultati furono ottenuti verso la fine degli anni 1970 in Unione Sovietica, con emissione impulsata nella regione spettrale a 60 nm irradiando un campione di calcio con la radiazione di un l. a neodimio di 30 J e impulsi di 2,545 ns. Nel 1984, a Livermore, negli Stati Uniti, fu ottenuta emissione a 20 nm da un plasma prodotto irradiando un bersaglio di selenio con impulsi l. di energia di circa 1 kJ e durata dell’ordine del nanosecondo. Successivamente, emissione l. nella regione X è stata ottenuta utilizzando il microplasma cilindrico prodotto da una scarica capillare.
I l. pompati a diodi costituiscono un tipo di l. a stato solido dove la radiazione di pompa, necessaria per ottenere l’inversione di popolazione e l’emissione stimolata, è prodotta da diodi che emettono radiazione in una ristretta banda di frequenza, che include la frequenza della transizione di pompa. Tale soluzione permette di ottenere strutture l. molto compatte. Applicata a l. di grande potenza, consente di ottenere rendimento (rapporto fra energia del fascio l. ed energia impiegata per il pompaggio) molto maggiore a quella conseguita dagli usuali l. pompati da lampade (dell’ordine del 10% anziché dell’1%).
Alcuni tipi di l. possono operare in regime stazionario, altri sono l. impulsati. Per numerose applicazioni è utile produrre impulsi di brevissima durata. Con le tecniche di Q-switching e mode-locking è possibile generare impulsi di durata, rispettivamente, dell’ordine dei nanosecondi, e anche molto inferiore al picosecondo. Il Q-switching, introdotto nel 1962, consiste nell’impiego, nella cavità ottica, di materiali o dispositivi in grado di controllare l’amplificazione della cavità (più precisamente il fattore di qualità Q, da cui il nome). Finché si mantiene il Q basso il pompaggio provoca inversione di popolazione, ma non azione laser. Facendo variare rapidamente il fattore Q l’energia accumulata nella cavità viene rilasciata rapidamente. Il Q-switching può essere realizzato attivamente (per es. con otturatori elettroottici) o passivamente (per es. con assorbitori saturabili). Il mode-locking, introdotto attorno al 1965, consiste nel modulare (attivamente o passivamente) la cavità ottica di un l. a una frequenza pari alla differenza fra due frequenze proprie della cavità stessa. Si ottengono così impulsi di luce alla frequenza di modulazione e di durata pari all’incirca all’inverso della larghezza di riga della radiazione laser. Con tecniche di mode-locking si ottennero, già nel 1981, impulsi di durata di 0,1 ps (1 picosecondo=10−12s), con l. a coloranti organici con struttura ad anello. Successivamente, utilizzando l’allungamento e l’allargamento dello spettro di frequenze introdotti su impulsi mode-locking da una fibra ottica per successiva ricompressione mediante prismi o reticoli di diffrazione, si sono ottenute durate di alcuni femtosecondi (1 fs=10−15s).
I l. di maggiore potenza disponibili sono l. impulsati a stato solido. Poiché i mezzi attivi di tali l. sopportano intensità non superiori a qualche GW/cm2 e fluente non superiori a qualche J/cm2, la generazione di impulsi di elevata potenza richiede l. con mezzi attivi di grande sezione trasversale. A tal fine, i sistemi l. di grande energia e potenza impiegano, come i comuni amplificatori elettronici, una sequenza di stadi di amplificazione di dimensioni crescenti con potenza ed energia. Potenze elevatissime e intensità della luce focalizzata particolarmente elevate (anche 1022 W/cm2) sono ottenute anche con sistemi l. di dimensioni modeste, che rilasciano energie di 1-100 J in impulsi di durata inferiore a 1 ps. Questi sistemi utilizzano oscillatori che forniscono impulsi ultrabrevi di piccolissima energia, che vengono poi amplificati. Poiché non è possibile amplificare notevolmente impulsi così brevi perché ciò porta a superare le soglie di danneggiamento dei mezzi attivi, si ricorre alla tecnica, detta chirped pulse amplification (CPA), ideata da D. Strickland e G. Morou attorno al 1985, che consiste nel generare un impulso ultracorto, aumentarne poi la durata (riducendone così la potenza) consentendone l’amplificazione in un idoneo mezzo l., e poi ridurne nuovamente la durata, riportandola a un valore prossimo a quello iniziale. Espansione temporale e successiva compressione temporale sono effettuate utilizzando mezzi dispersivi che scompongono spettralmente l’impulso l. originario, brevissimo e con uno spettro abbastanza ampio; a radiazione di diversa frequenza viene poi fatto compiere un percorso di diversa lunghezza, in modo da accrescere la durata dell’impulso. Dopo l’amplificazione, con un altro sistema dispersivo l’impulso viene nuovamente compresso. In questo modo è stato possibile ottenere potenze di centinaia di terawatt (1 TW=1012W) con l. che emettono impulsi di pochi Joule; con gli stessi l. è stato possibile ottenere intensità della radiazione focheggiata anche superiore a 1022 W/cm2. La crescita della massima intensità della radiazione conseguita negli anni è illustrata nella fig. 5, relativa a l. con sezione attiva di 1 cm2, nella quale si notano i grandi progressi ottenuti negli anni immediatamente successivi all’invenzione del l. con l’introduzione delle tecniche di Q-switching e mode-locking e poi attorno al 1990 con la tecnica della chirped pulse amplification.
Sono stati anche realizzati l. a elettroni liberi (free electron l., FEL), nei quali l’emissione stimolata è ottenuta su un fascio di elettroni di alta energia in un campo magnetico (fig. 6). Se il campo magnetico cambia verso con una data periodicità spaziale, gli elettroni emettono luce di sincrotrone (coerente e monocromatica) con lunghezza d’onda pari alla periodicità spa;ziale del campo magnetico divisa per il quadrato dell’energia degli elettroni (in unità della loro energia di riposo); l’effetto l. è ottenuto facendo riflettere in parte la radiazione emessa e facendola interagire con gli elettroni che sono così stimolati a emettere nuova radiazione. Si possono in tal modo ottenere intensi fasci l. a frequenza variabile, fino al campo dei raggi X.
- I l. hanno numerosissime applicazioni scientifiche e tecniche. Il mercato delle sole sorgenti l. è stimato in circa 3 miliardi di dollari USA (2008). Alla base delle applicazioni dei l., già sperimentate o in corso di studio, sono le singolari proprietà della luce emessa, che la differenziano dalla luce emessa da qualsiasi altro tipo di sorgente. Tali proprietà sono: a) la coerenza temporale, cioè la grande monocromaticità della luce emessa; b) la coerenza spaziale, cioè l’esistenza di una differenza di fase costante fra punti distinti in una sezione trasversa del fascio, dalla quale segue la possibilità di avere fasci l. sensibilmente paralleli anche su lunghi percorsi e focalizzabili su aree molto piccole con dimensioni dell’ordine del micrometro; c) l’elevata intensità e l’elevatissima densità energetica. Per tali proprietà i l. sono quanto mai indicati per lo studio delle interazioni fra radiazione e materia; in particolare, essi hanno permesso lo sviluppo dell’ottica non lineare, con le cui tecniche si è ottenuta, fra l’altro, la conversione della lunghezza d’onda della radiazione l. impiegando la diffusione Raman stimolata, la generazione di armoniche e il mescolamento di più onde (con somma e/o differenza delle frequenze). È sorto e si è sviluppato un campo di applicazione totalmente nuovo a seguito della disponibilità di sorgenti capaci di fornire radiazione con lunghezza d’onda di circa 1 μm e intensità superiori a 1018 W/cm2 (e che hanno già superato i 1018 W/cm2). A tali intensità corrispondono infatti campi elettrici estremamente intensi (di gran lunga i più intensi generabili in laboratorio). Irraggiando materiale (sia solido, sia gassoso) con impulsi l. così intensi si generano plasmi i cui elettroni raggiungono velocità prossime a quella della luce (plasmi relativistici). Questi elettroni possono poi a loro volta generare raggi X e gamma, e questi dar luogo a reazioni nucleari. Possono essere inoltre prodotti impulsi di ioni energetici (per es. protoni da decine di MeV) sia come conseguenza dell’azione diretta del campo l., sia dei campi prodotti dallo sbilanciamento delle cariche nel plasma irraggiato. Con opportune tecniche è stato possibile produrre, impiegando come ‘bersagli’ getti di gas di dimensioni millimetriche fascetti di elettroni di elevata energia (dell’ordine del GeV). È allo studio l’impiego di plasmi di prodotti da l. come acceleratori di particelle (o stadi di acceleratori).
Infine, è da rilevare che in plasmi prodotti da l. sono stati misurati valori record (in laboratorio) di pressione (fino a 750 Mbar, ovvero 75 TPa) e di induzione magnetica (alcune centinaia di Mgauss). L. impulsati di grande potenza sono impiegati nelle ricerche sulla fusione a confinamento inerziale (➔ reattore; fusione). L. a impulsi ultrabrevi (pochi femtosecondi) sono impiegati per studi di dinamica della materia in precedenza impossibili. Sono stati studiati transitori di processi rapidi quali il rilassamento elettronico nei semiconduttori, la fotosintesi clorofilliana e le reazioni fotochimiche connesse al processo della visione. Ciò ha portato al grandissimo sviluppo delle nuove discipline della femtochimica e femtobiologia.
- Utilizzando il fascio l. come portante di segnali modulanti, è possibile realizzare sistemi di telecomunicazione con una larghezza di banda, e quindi una capacità d’informazione, migliaia di volte maggiore di quella degli ordinari sistemi, anche a microonde: fibre ottiche con attenuazioni inferiori a 0,2 dB/km alla lunghezza d’onda di 1,55 μm hanno permesso la realizzazione di sistemi di comunicazione su lunga distanza con frequenze di cifra superiori al Gbit/s. Per queste applicazioni alle telecomunicazioni si rivela preziosa anche la coerenza spaziale, che assicura la concentrazione dell’energia irraggiata in un fascio molto stretto senza che si debba ricorrere, come nei sistemi radio, a complicati sistemi di antenne direttive.
I l. sono insostituibili nel campo dell’interferometria e del trattamento ottico delle informazioni (olografia, riconoscimento di configurazioni, studio di deformazioni e vibrazioni ecc.). La breve durata degli impulsi ha consentito anche la realizzazione di accurati telemetri l. (o rangefinders), di vasta applicazione sia topografica sia militare.
Nel telerilevamento ambientale, mediante l’analisi spettrale della componente retrodiffusa raccolta da un lidar connessa all’invio di un fascio l., si sono potute misurare le concentrazioni di molti inquinanti atmosfe;rici (per es., SO2, NO, H2S, NH3). Sfruttando l’elevata coerenza spaziale di una sorgente l. è possibile anche realizzare telemetri di altissima precisione.
In campo metrologico i l. vengono utilizzati per realizzare campioni di lunghezza di elevatissima precisione. Di grandissimo rilievo sono le applicazioni alla memorizzazione dei dati (lettura/scrittura di CD e DVD), alla lettura rapida di informazioni codificate su supporto cartaceo (lettori ottici).
Si chiama lasertron l’oscillatore di alta potenza nel campo delle microonde, nel quale un fascio l. pulsato provoca su un fotocatodo l’emissione di pacchetti di elettroni che iniettati in una cavità eccitano oscillazioni elettromagnetiche.
L’azione terapeutica del l. in campo medico si basa su 3 processi principali: fototermico, fotochimico e fotomeccanico. Nel processo fototermico l’energia assorbita dal bersaglio è trasformata in energia termica con riscaldamento del volume del bersaglio e diffusione termica nelle zone adiacenti. Nel processo fotochimico l’energia l. innesca una reazione che è seguita da una cascata di effetti biologici terapeuticamente utili. Nel processo fotomeccanico l’energia produce un’onda d’urto intensa (a seguito di formazione di plasma o di vaporizzazione rapida dell’acqua), utilizzabile per la distruzione di strutture biologiche. I l. a gas e quelli chimici sono i più comunemente usati.
Le proprietà fototermiche del l. ne consentono un ampio uso in campo chirurgico: l’alta temperatura del raggio l. è in grado di causare la necrosi coagulativa dei tessuti su cui viene puntato, consentendo un’efficace e rapida coagulazione dei vasi sanguigni. Inoltre, quando la zona di volatilizzazione è ridotta, si ottiene l’‘effetto taglio’, che consente di tagliare e contemporaneamente coagulare il tessuto trattato. Tali proprietà vengono sfruttate nella chirurgia di organi provvisti di una ricca rete capillare (fegato, rene, polmone) nonché nel trattamento di lesioni neoplastiche della cervice uterina, negli interventi sul setto nasale e orecchio interno, e in neurochirurgia, per la precisione di taglio e l’assenza di azione meccanica sui tessuti cerebrali che il l. consente di ottenere. Il l. ad argon viene adoperato in oftalmologia per la fototerapia retinica, quello a eccimeri per la chirurgia corneale (trattamento chirurgico della miopia). Il l. a olmio YAG e altri tipi di l. vengono invece usati per la rimozione dei calcoli renali e trovano applicazione in diverse procedure odontoiatriche. Il l. al crisoberillio si usa in dermatologia per la rimozione di piccole lesioni vascolari cutanee. Altre applicazioni del l. comprendono campi non strettamente clinici, come la microscopia ad alta risoluzione e la spettroscopia.
La più importante applicazione della terapia fotochimica è la terapia fotodinamica (PDT, photodynamic therapy), basata sugli effetti citotossici determinati da una reazione chimica indotta dal l. su cellule patologiche che abbiano precedentemente accumulato, a differenza di quelle sane, un farmaco fotosensibilizzatore. Si utilizzano i l. per la loro elevata intensità, che minimizza i tempi d’esposizione, possibilità di trasmissione in fibra ottica e selezione spettrale. La PDT viene utilizzata specialmente per lesioni patologiche non particolarmente profonde, sia esterne sia relative ad aree d’organi interni e/o di cavità (per es., polmoni, esofago ecc.), e in combinazione con il trattamento chirurgico, dopo la resezione della massa tumorale.
La terapia fotomeccanica è utilizzata in oftalmologia, dove la possibilità di eseguire la ‘rottura’ meccanica del tessuto biologico a seguito del focheggiamento di un potente impulso l. è utilizzata per la resezione o la perforazione dei tessuti bersaglio, salvaguardando l’integrità di tessuti più lontani dalla zona d’interazione. In urologia l’effetto fotoacustico prodotto dalla formazione di plasma tra l’uscita della fibra ottica e il calcolo da un impulso l. d’alta potenza è alla base della litotrissia l. (lasertrissia) della calcolosi urinaria.
Osservazioni mediante il telescopio spaziale Hubble della stella Eta Carinae hanno rivelato l’emissione di radiazione l. ultravioletta da parte di una nube gassosa prossima a questa stella. Tale emissione è rilevabile soltanto da osservatori extraterrestri, risultando l’atmosfera opaca alle lunghezze d’onda alle quali è stato osservato il fenomeno (250,6 e 250,8 nm attribuibili a transizioni del ferro ionico). Emissione coerente è stata anche osservata, mediante un laboratorio aviotrasportato della NASA, alla lunghezza d’onda di 169 μm da parte del disco di gas e polvere circostante alla stella radio MWC 349. Tale radiazione potrebbe attribuirsi all’emissione da parte dell’idrogeno presente su cui la luce ultravioletta, generata dalla stella, agisce come eccitazione. La possibilità dell’esistenza di l. stellari era stata in effetti predetta nel corso degli anni 1970 dall’astrofisico D.H. Menzel.