T. di fine rapporto (TFR) La cosiddetta liquidazione che secondo la legge (art. 2120 c.c.) deve essere erogata ai lavoratori subordinati al momento della cessazione del rapporto di lavoro; il suo scopo è quello di aiutare il lavoratore a superare le difficoltà economiche connesse al venir meno della retribuzione. Tale emolumento è parte della retribuzione lorda del lavoratore, pur non essendo immediatamente a sua disposizione. Si tratta quindi, di una vera e propria retribuzione di tipo differito, del quale è proprietario il singolo lavoratore, ma che è trattenuta dal datore di lavoro. Nell’ambito della riforma del sistema previdenziale attuata con la l. 234/23 agosto 2004 è stata data la possibilità di scelta ai lavoratori dipendenti, dal 1° gennaio 2007, di gestire il proprio TFR futuro attraverso la scelta di forme pensionistiche complementari (pensione aggiuntiva, assicurazione) o di mantenerlo all’interno della struttura lavorativa; in questo caso, l’azienda con almeno 50 dipendenti deve trasferire automaticamente il TFR al Fondo della Tesoreria dello Stato presso l’INPS.
Il TFR maturato in un anno viene calcolato in base alla retribuzione annuale, comprensiva di tredicesima e quattordicesima, divisa per 13,5. Tale metodo di calcolo non può essere modificato in meglio, ma solo in peggio, in base agli accordi e alla contrattazione collettiva. L’importo gode ogni anno di una rivalutazione in relazione all’aumento dell’indice dei prezzi al consumo accertato dall’ISTAT. Dopo 8 anni consecutivi di servizio il lavoratore ha la possibilità di chiedere al datore di lavoro un anticipo sul TFR maturato, in misura massima del 70% ed esclusivamente per spese urgenti rigorosamente documentate quali: spese sanitarie per terapie e interventi straordinari, riconosciuti da strutture pubbliche; acquisto della prima casa, per sé o per i figli; spese da sostenere durante i periodi di astensione facoltativa per paternità, fruibili fino al compimento dell’ottavo anno del bambino; spese per congedi di formazione. I datori di lavoro sono obbligati a soddisfare le richieste dei dipendenti fino al 10% degli aventi titolo, o al 4% del numero totale dei dipendenti.
Anche i dipendenti pubblici sono stati assoggettati al regime di TFR, in forza del decreto emanato dalla Presidenza del consigli dei ministri nel dicembre 1999. Tale modifica ha riguardato: i dipendenti pubblici assunti con contratto a tempo determinato in servizio al 30 maggio 2000 e il personale a tempo indeterminato assunto con decorrenza dal 1° gennaio 2001. Tutti gli altri dipendenti pubblici sono assoggettati al regime del t. di fine servizio (TFS). Nel pubblico impiego, l’erogazione del t. di fine rapporto è effettuata dall’INPDAP.
Dal punto di vista fiscale, il TFR trova la propria disciplina nel sistema delle imposte dirette ( art. 17 lett. a, e art. 19 del testo unico delle imposte sui redditi). A tale proposito è prevista la possibilità per ogni contribuente di optare per una tassazione separata, vale a dire effettuata in modo autonomo rispetto alla determinazione del reddito complessivo dell’anno di percezione della somma. Questa disciplina ha una finalità incentivante, volta a evitare un’incisione particolarmente gravosa del contribuente (lavoratore dipendente) in relazione a redditi straordinari, maturati nel corso di più anni e percepiti in un’unica soluzione. Con il d. legisl. 47/2000 e il successivo decreto correttivo 168/2001, è stata introdotta una riforma del trattamento fiscale del TFR. In seguito a tale riforma, le rivalutazioni del TFR maturato dal 1° gennaio 2001 sono assoggettate a imposta sostitutiva dell’11%, prelevata annualmente dal sostituto d’imposta e versata in acconto e a saldo. Il TFR costituisce, quindi, reddito (imponibile) nell’anno di percezione soltanto per un importo che si determina riducendo il suo ammontare delle rivalutazioni già soggette a imposta sostitutiva. L’imposta dovuta sul TFR viene computata attraverso un procedimento complesso, che si articola nelle seguenti fasi: calcolo di un reddito medio annuo di riferimento, determinazione dell’imposta dovuta sul reddito di riferimento (in base all’aliquota IRPEF in vigore nell’anno in cui è sorto il diritto alla percezione), individuazione di un’aliquota media di tassazione in relazione all’imposta dovuta sul reddito di riferimento, applicazione dell’aliquota media alla base imponibile del TFR. La tassazione del TFR realizzata con tali modalità ha carattere provvisorio: l’imposta viene infatti liquidata successivamente sulla base dell’aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione.
T. dell’informazione o dei dati è in genere sinonimo di elaborazione dei dati (➔ calcolatore). In particolare, t. dei segnali, l’insieme delle operazioni che intervengono nella trasmissione di segnali: trasduzione, modulazione, codifica, conversione analogico-digitale, riduzione del rumore ecc. T. ottico delle informazioni (optical processing) È basato sul fatto che alcune proprietà dei sistemi ottici ricordano molto da vicino le proprietà generali delle reti elettriche. In condizioni facili a verificarsi in pratica, si può vantaggiosamente usare il formalismo dello sviluppo in serie di Fourier, abituale nell’analisi delle reti elettriche, nello studio dei sistemi ottici, trattando questi come filtri. Precisamente, si può definire funzione di trasmissione (o di trasferimento) di un sistema ottico (lente, diaframma ecc.) la trasformata di Fourier della risposta del sistema stesso a un segnale impulsivo: il prodotto della funzione di trasmissione del sistema ottico per la trasformata di Fourier del segnale di ingresso dà la trasformata del segnale di uscita. Tale tecnica può essere usata per la realizzazione di filtri ottici spaziali, per il riconoscimento di figure, per ‘pulire’ immagini ecc. L’elemento ottico più semplice che permette di eseguire la trasformazione di Fourier ottica è una lente. Considerando una lente sferica, priva di aberrazioni, illuminata da luce coerente, si può dimostrare che la distribuzione di intensità luminosa su un piano focale è la trasformata di Fourier della distribuzione di intensità luminosa che si ha per l’oggetto, piano, posto nell’altro piano focale. Ovviamente la lente, o, più in generale, un sistema ottico, ha un certo potere risolutivo per le frequenze spaziali; se esso ha un’apertura che è vista dal piano focale sotto un angolo 2α, la massima frequenza spaziale che il sistema può risolvere è α/λ, essendo λ la lunghezza d’onda della luce usata.
Il riconoscimento di forme e il miglioramento delle immagini mediante filtraggio spaziale sono fra le applicazioni più interessanti della tecnica delle trasformate di Fourier in ottica. Il riconoscimento delle forme, o dei caratteri (➔ anche riconoscimento) può essere ottenuto mediante un’olografia alla rovescia. L’applicazione normale dell’olografia consiste nel riprodurre un oggetto che emette un fronte d’onda assai complesso utilizzando come riferimento un fronte d’onda di forma semplice, come, per es., un’onda piana o sferica. Se si considera un ologramma di un oggetto, per es. di una lettera dell’alfabeto, ottenuto con un raggio di riferimento che converge in un punto, e si illumina l’ologramma con il fronte d’onda proveniente da una lettera uguale a quella con cui è stato fatto l’ologramma, verrà ricostruito il raggio di riferimento, cioè si avrà un punto luminoso su uno schermo. Esaminando con tale tecnica uno scritto, tutte le lettere uguali a quelle immagazzinate nell’ologramma (che funge da filtro) verranno individuate come punti luminosi situati nelle posizioni corrispondenti alle lettere. Quanto al filtraggio spaziale, un’interessante applicazione è quella del miglioramento delle immagini mediante deconvoluzione a posteriori. Il principio base di tale tecnica sta nel fatto che talvolta è possibile conoscere a priori il tipo di disturbo presente su una data immagine; si conosce allora anche lo spettro in frequenze spaziali di tale disturbo ed è possibile creare un filtro spaziale che elimini le frequenze del disturbo dall’immagine.
T. dei testi (text-processing) L’insieme di procedure e tecniche per l’elaborazione e la manipolazione complessa di testi, che prevede, accanto alla visualizzazione, correzione e spostamento di singole parti del testo, procedimenti di ordinamento, fusione, impaginazione, correzione ortografica ecc. T. delle immagini L’elaborazione grafica computerizzata di immagini realizzate interamente all’elaboratore o registrate con tecniche convenzionali e digitalizzate con uno scanner.
T. termico È il complesso di operazioni su leghe metalliche, consistente in un riscaldamento fino a una data temperatura (inferiore a quella di fusione), in una permanenza a tale temperatura per un tempo definito e in un raffreddamento controllato, volte a conferire loro caratteristiche meccaniche o tecnologiche grazie alle modificazioni indotte nella struttura cristallina della lega. Caratteristiche del t. termico sono la temperatura massima nel riscaldamento e la velocità del raffreddamento; il tempo di permanenza alla temperatura di regime dipende dalle dimensioni del pezzo.
I principali t. termici degli acciai sono ricottura, tempra, rinvenimento, bonifica, normalizzazione e, tra i t. da considerarsi superficiali, cementazione e nitrurazione. La sensibilità ai t. termici degli acciai dipende in prevalenza dal tenore di carbonio presente nella lega. Il significato delle trasformazioni di fase, alla base dei t. termici degli acciai, si comprende considerando il diagramma di stato Fe-C (➔ ferro; acciaio): al variare della temperatura il ferro subisce trasformazioni allotropiche. Nel caso più semplice di ferro quasi puro (% C<0,008), esso presenta una forma allotropica, stabile fino a 911 °C, detta fase α (o ferro α o ferrite) e caratterizzata da reticolo cristallino cubico a corpo centrato. Tra 911°C e 1392°C la forma allotropica stabile è quella, detta fase γ (oppure ferro γ), caratterizzata da reticolo cristallino cubico a facce centrate. La temperatura di transizione tra le due fasi è individuata dal punto critico indicato con A3 (Ac3 durante il riscaldamento e Ar3 durante il raffreddamento). Nel caso sia presente una certa percentuale di C nel Fe, quest’ultimo assume ancora le strutture cristalline corrispondenti alle temperature in atto. Se la struttura è γ, l’atomo di C occupa il centro del reticolo cubico a facce centrate del ferro, mentre se la struttura è α il centro è occupato da un atomo di Fe. In altri termini, il ferro accoglie o espelle atomi di C a seconda della conformazione reticolare. Il ferro γ contenente C in soluzione solida è detto austenite e tale soluzione è satura quando C raggiunge una concentrazione del 2,06% a 1147 °C (punto E del diagramma Fe-C). La presenza di C disciolto nella fase γ abbassa il punto critico A3 nel diagramma Fe-C, secondo la linea GS per acciai con C<0,8% (acciai ipoeutettoidi), secondo la linea ES per acciai con C>0,8% (acciai ipereutettoidi). Si consideri per es. una austenite con tenore di C<0,8% durante la fase di raffreddamento; raggiunta la linea GS, inizia la trasformazione da γ a α per cui si separa ferrite e aumenta la percentuale di C nell’austenite rimanente. Raggiunta la temperatura del punto S (punto eutettoide), il carbonio si combina col ferro e dà luogo a un composto costituito da carburo di ferro (Fe3C) di elevata durezza, la cementite. Cementite e ferrite si separano a strati alterni, secondo una configurazione lamellare denominata perlite. Se invece si considera un acciaio ipereutettoide, la struttura finale della lega risulta composta da cementite e perlite. Quanto ricordato vale se il raffreddamento dell’austenite è abbastanza lento (poche decine di gradi all’ora, come nel caso di ricottura). Se è più veloce (alcune decine di gradi al minuto), alla struttura perlitica si sostituiscono strutture via via più fini, generalmente indicate come bainiti. Se il raffreddamento è assai rapido (alcune centinaia di gradi al secondo) avviene ancora la trasformazione da γ a α, ma gli atomi di carbonio, contenuti nel reticolo cubico a facce centrate del ferro γ, restano imprigionati nel reticolo quando questo si trasforma in cubico a corpo centrato del ferro α; gli atomi immobilizzati determinano tensioni e distorsioni reticolari e perciò un aumento di resistenza allo scorrimento e al distacco delle particelle, con risultante aumento di durezza. Il costituente generato in queste condizioni (detto martensite), che si presenta in elementi aghiformi ed è una vera e propria soluzione solida soprassatura di C in ferro, si ottiene mediante la tempra.
Un quadro sintetico ed esauriente dei t. termici di materiali ferrosi si ottiene tracciando le curve di Bain, o curve tempo-temperatura-trasformazione (dette anche curve TTT) che indicano i tempi per la trasformazione dell’austenite a temperatura costante (v. fig.): si riscaldano dei provini d’acciaio fino a provocare la trasformazione in austenite della struttura originaria, li si raffredda bruscamente fino alla temperatura (inferiore a 721 °C) per cui si vuole analizzare la trasformazione isotermica e li si lascia per tempi opportuni a tale temperatura; infine i provini sono temprati drasticamente fino a temperatura ambiente. La sosta a temperature inferiori a 721 °C provoca la trasformazione parziale o totale dell’austenite in una data struttura cristallina (perlite, sorbite, troostite, bainite, martensite), fissata nella successiva tempra fino a temperatura ambiente. Si può in tal modo, per ogni valore di temperatura prescelto nella prima fase del t., definire i relativi valori del tempo di permanenza alla temperatura medesima necessari per iniziare e completare la trasformazione dell’austenite. La velocità di raffreddamento in un t. termico dipende da modalità e mezzo di refrigerazione. Una rappresentazione grafica del fenomeno si ha riportando l’andamento della temperatura in funzione del tempo, ottenendo così le cosiddette curve di raffreddamento, tanto più ripide quanto esso è più drastico. Sovrapponendo al diagramma TTT alcune curve di raffreddamento, si può conoscere a priori, per una data velocità di raffreddamento, la struttura caratteristica del campione a seguito del t. termico. La presenza nell’acciaio di altri elementi di lega oltre al C (come per es. Ni, Co, Mn, Mo, V ecc.) può modificare notevolmente la forma delle curve di Bain.
I t. termici si eseguono a volte a scopi specifici: per es., dopo una deformazione plastica effettuata a freddo su materiali metallici, si esegue di norma un rinvenimento (o nel caso una ricottura) non per ottenere date modificazioni strutturali, ma solo per attenuare le conseguenze dell’incrudimento (➔); su varie leghe ferrose o non ferrose si eseguono spesso t. di ricottura con lo scopo di omogeneizzare il materiale e ottenere definite dimensioni dei grani cristallini; nel caso di alcune leghe non ferrose, un rinvenimento a opportuna temperatura dopo una tempra di soluzione provoca la precipitazione di un costituente disciolto in condizioni di soprasaturazione e perciò impartisce alla lega proprietà meccaniche particolari. Infine, per alcuni materiali ferrosi per usi speciali, sono da tempo diffusi t. termici a basse temperature (anche notevolmente inferiori a 0 °C) allo scopo di conservare, tra l’altro, in condizione di metastabilità, una struttura di tempra impossibile da conservare per tempi lunghi a temperatura ambiente.
T. termici si effettuano anche per leghe metalliche prive di ferro, con modalità simili o meno a quelle adottate per gli acciai a seconda che la lega contenga o no qualche componente capace di presentare trasformazioni allotropiche. Per le leghe non ferrose, i t. termici più usuali sono la ricottura e la tempra. La ricottura assume caratteristiche diverse di omogeneizzazione (se va conseguito l’equilibrio chimico-strutturale), di ricristallizzazione (se va cancellato l’effetto di un incrudimento), di distensione (se vanno eliminati stati interni di coazione di tipo elastico). La tempra, sempre tempra di soluzione nel caso di leghe leggere, si effettua con modalità simili a quella degli acciai.