schermo Dispositivo, di varia forma, dimensioni e natura, atto a impedire il propagarsi in una certa regione dello spazio di azioni elettriche (s. elettrico) o magnetiche (s. magnetico), di radiazioni elettromagnetiche, in particolare luminose (s. elettromagnetico, s. ottico), o di radiazioni corpuscolari. Particolare importanza hanno gli s. biologici, usati per proteggere organismi viventi dall’azione di radiazioni, elettromagnetiche o corpuscolari, che potrebbero dare luogo a danni biologici. La schermatura di dispositivi vari (strumenti di misurazione, radioricevitori ecc.) è importante in elettronica e in elettrotecnica per annullare o quanto meno ridurre l’effetto di campi elettrici o magnetici o elettromagnetici disturbanti. In genere riescono efficaci, oltre agli s. elettrici, gli s. magnetici ed elettromagnetici, costituiti da materiali conduttori e ad alta permeabilità magnetica.
Superficie atta a diffondere o riflettere luce o altre radiazioni: in particolare quella su cui vengono proiettate le immagini fornite da un proiettore cinematografico.
È detta s. acustico ogni superficie atta a impedire, per riflessione o per assorbimento, la propagazione sonora. Lo schermaggio per riflessione può ottenersi mediante un grande disadattamento dell’impedenza acustica sulla superficie (consistente, per es., in una superficie metallica in aria), mentre l’assorbimento implica l’uso di sostanze o tecniche particolari (tessuti, intercapedini ecc.). Per le onde sonore di alta frequenza risultano s. particolarmente buoni i materiali porosi (polistirolo espanso ecc.).
Per schermare una porzione dello spazio da un campo elettrostatico si usa un involucro chiuso (s. elettrostatico o elettrico), sulla cui superficie è posto del materiale conduttore, di solito collegato a terra, che può non essere continuo ed essere, per es., costituito da una rete metallica (➔ Faraday, Michael). S. di questo tipo sono anche impiegati per campi elettrici alternati di non elevata frequenza, come avviene per la schermatura delle cabine di comando nei laboratori per alte tensioni. L’effetto di s. è dovuto al fatto che, se in un mezzo conduttore si introduce una carica puntiforme Q, il potenziale elettrostatico assume la forma V(r)=Q exp(−r/lD)/4πε0r (potenziale schermato di Coulomb) dove r è la distanza dalla carica ed ε0 la costante dielettrica del vuoto; la lunghezza di s. (o di Debye) lD è data in una soluzione elettrolitica o in un plasma da lD=(ε0kT/q2n)1/2, con k costante di Boltzmann, T temperatura termodinamica, n e q rispettivamente numero di particelle cariche mobili per unità di volume e loro carica elettrica (➔ Debye, Peter Joseph); in un conduttore metallico, assimilando gli elettroni di conduzione a un gas di Fermi, nella lunghezza di s. (dell’ordine di 10–10 m) compaiono l’energia di Fermi in luogo di kT, e la carica dell’elettrone.
Per isolare una porzione di spazio da un campo magnetico si impiega un involucro (s. magnetico) di materiale ad alta permeabilità, così da costituire un circuito magnetico di bassa riluttanza nel quale si concentrano le linee di forza del campo. S. di questo tipo sono usati, per es., per proteggere dall’azione di campi magnetici esterni galvanometri a bobina mobile, tubi a raggi catodici, fotomoltiplicatori, e, in generale, dispositivi il cui funzionamento risente di azioni magnetiche esterne; particolari s. magnetici sono usati in alcune macchine elettriche e in altre apparecchiature per contenere effetti indesiderati di flussi magnetici dispersi.
Se il campo disturbante è periodico, si usano gli s. elettromagnetici, costituiti da un involucro di materiale a elevata conducibilità elettrica, normalmente rame; le correnti in esso indotte, localizzate soprattutto sulla superficie esterna per effetto pellicolare, impediscono al campo magnetico di penetrare all’interno. Più efficaci sono gli s. costituiti da strati alternati di materiale ad alta permeabilità e di materiale a elevata conducibilità.
Può essere costituito da qualsiasi superficie bianca o neutra chiara dove vengano proiettate immagini in movimento o fisse. Generalmente, tuttavia, si chiama s. di proiezione una superficie artefatta con particolari caratteristiche di riflettenza o traslucidità. La gradevolezza dell’immagine sullo s. qualifica la proiezione e tutto il suo sistema operativo. La luminanza viene misurata con un flussometro a riflessione sullo s. illuminato dal proiettore a otturatore fermo e deve essere uniforme su tutta la superficie del quadro; può essere misurata anche derivandola dal flusso in lumen del fascio di luce. Controllando invece direttamente il suo illuminamento al centro, si ottiene la luce incidente in lux. In entrambi questi due casi, per avere l’illuminamento effettivo della proiezione come appare allo spettatore, bisogna rapportare l’intensità ottenuta al guadagno luminoso dello schermo. È importante la luce inviata dal proiettore, la lampada relativa e l’ubicazione della cabina di proiezione. Gli s. per proiezione sono per lo più di un unico pezzo, senza cioè suture intermedie, di materiale sintetico bianco opaco o perlinato, ininfiammabile e antimuffa e che trasmette il suono; quest’ultima proprietà, ottenibile anche praticando sullo s. minutissimi fori (s. forato), è richiesta dai riproduttori sonori celati dietro di esso. Qualora il quadro abbia dimensioni molto ampie si cerca di curvarne leggermente il profilo in ragione del lato orizzontale. La corda dell’arco di curvatura non deve essere mai superiore alla differenza tra la distanza del punto nodale anteriore dell’obiettivo e la periferia estrema del quadro. Gli s. di proiezione devono possedere notevoli qualità di riflettenza senza diffusione eccessiva onde evitare la perdita di incisione dell’immagine. Il guadagno può variare da 1,3 a 2,0 in ragione di schermi da retroproiezione, proiezione video o cinematografica normali. Lo schermo deve risultare normale all’asse di proiezione e comunque non inclinato per valori superiori a 8°-10° sull’asse stesso, onde evitare l’effetto «prisma»; deve inoltre essere normale alla linea di visibilità dello spettatore situata tra la base dello schermo e gli occhi di chi guarda.
In radiologia la schermografia è una tecnica di assunzione delle immagini radiografiche consistente nel fotografare l’immagine che si forma sullo schermo fluorescente di un apparecchio radiologico.