Processo che ha lo scopo di sottrarre in modo continuo calore a un corpo o a un mezzo il quale debba essere mantenuto a una temperatura più bassa di quella ambiente. Serve principalmente per la conservazione di merci deteriorabili o per assicurare l’abitabilità di locali soggetti a forte riscaldamento.
Secondo l’enunciato di Clausius del secondo principio della termodinamica, il trasporto di calore da un corpo a una data temperatura a un altro a temperatura maggiore non può avvenire naturalmente, come il trasporto inverso, ma solamente con intervento di cause esterne, in particolare con spesa di lavoro meccanico. Una macchina la quale effettui tale trasporto, cioè realizzi il processo di r., si dice macchina frigorifera e il corrispondente impianto si dice impianto frigorifero.
Si definisce potenzialità frigorifera la quantità di calore che nell’unità di tempo viene sottratta, alla temperatura inferiore, al corpo da raffeddare. Nel Sistema Internazionale (SI) l’unità di misura della potenzialità frigorifera è il watt; nella pratica si utilizza correntemente la frigoria per ora (fr/h), cioè si esprime in kcal la quantità di calore che in un’ora viene sottratta a bassa temperatura (1 fr/h=1,163 W).
Si definisce effetto utile refrigerante ξ il rapporto tra la potenzialità frigorifera di una macchina e la potenza (elettrica, meccanica ecc.) assorbita dalla macchina stessa. La grandezza ξ è indice delle prestazioni della macchina. Le macchine frigorifere più diffuse sono quelle a compressione di vapore e quelle ad assorbimento. In alcuni casi particolari possono essere utilizzate macchine a vapor d’acqua a eiettore, macchine ad aria, e macchine a effetto Peltier.
Cicli frigoriferi. Il massimo effetto utile refrigerante tra due temperature di funzionamento, quella T2, inferiore, relativa all’ambiente freddo cui bisogna sottrarre calore, e quella T1, superiore, si ottiene facendo subire al fluido refrigerante che evoluisce nella macchina un ciclo di Carnot inverso. In tal caso ξ=T2/(T1−T2) (dove T1 e T2 sono i valori della temperatura espressa in K). Motivi di carattere termodinamico e tecnologico inducono a utilizzare cicli diversi da quello di Carnot. Tali cicli prevedono la completa evaporazione del liquido e si può avere un ciclo senza surriscaldamento, oppure un ciclo con surriscaldamento per essere sicuri dell’assenza di fase liquida. In fig. 1, in cui sono evidenti i due tratti della curva liquido-vapore, sono rappresentati, sui diagrammi (T, S), (p, v), (p, h) (temperatura termodinamica-entropia, pressione-volume specifico, pressione-entalpia specifica), il ciclo di Carnot e i cicli termodinamici generalmente utilizzati nella pratica.
In fig. 2 è riportato un semplice schema di funzionamento, le cui apparecchiature essenziali sono: un primo scambiatore, l’evaporatore E nel quale avviene la fase utile di sottrazione del calore a temperatura T2 (5′ 1″ nel ciclo di Carnot, 5 1 nel ciclo senza surriscaldamento, 5 1″ nel ciclo con surriscaldamento in fig. 1); un compressore C′ nel quale avviene la fase di compressione del vapore (1′ 3, 1 2, 1″ 2″, a seconda del ciclo, in fig. 1); un secondo scambiatore, il condensatore C, nel quale il calore viene ceduto all’ambiente esterno a temperatura T1 (3 4, 2 4, 2″ 4, a seconda del ciclo, in fig. 1); una valvola di espansione VE in cui il liquido espandendosi si raffredda (4 5′, 4 5, a seconda del ciclo, in fig. 1). Mentre nell’evaporatore viene assorbita la quantità di calore Q2 e nel condensatore ceduta la quantità di calore Q1, il compressore e la valvola di espansione mantengono tra condensatore ed evaporatore la differenza di pressione p1−p2 relativa alla differenza di temperatura T1−T2. Per motivi di carattere tecnologico si scelgono fluidi per i quali p1 e p2, pur essendo superiori alla pressione atmosferica, non assumono valori elevati, e, per il volume specifico v2 del vapore presente, si mantengono valori contenuti. Quando è possibile, viene utilizzato un ciclo con sottoraffreddamento del liquido nel condensatore. Ciò consente di aumentare l’effetto utile refrigerante, ma è necessario che l’acqua o l’aria, utilizzate per sottrarre calore nel condensatore, siano a temperatura inferiore alla temperatura di sottoraffreddamento, più bassa di quella a cui avviene la condensazione. In casi specifici si possono avere ulteriori modifiche dei cicli sin qui esaminati.
Evaporatore. Dal punto di vista del funzionamento si distinguono evaporatori allagati ed evaporatori a espansione secca. Nel primo caso il liquido refrigerante bagna tutta la superficie di scambio termico; nel secondo caso parte della superficie di scambio è utilizzata per il surriscaldamento. Per quanto attiene all’impiego si hanno evaporatori per il raffreddamento di gas, in particolare di aria, evaporatori per il raffreddamento di liquido (acqua o salamoia); il liquido può essere fluente o in vasca, ed eventualmente si può avere formazione di ghiaccio. Gli evaporatori per il raffreddamento di gas sono costituiti da batterie di tubi alettati, all’interno dei quali fluisce il fluido frigorifero e all’esterno il gas da raffreddare. Quando si tratta di aria, se la temperatura superficiale scende al di sotto di 0°C, si ha formazione di brina tra le alette, con conseguente notevole riduzione dell’efficienza dello scambiatore. In tal caso è necessario prevedere la possibilità di sbrinamento dell’evaporatore. Per il raffreddamento di un liquido l’evaporatore è costituito da uno scambiatore a fascio tubiero. Negli evaporatori allagati il fluido frigorifero circola dal lato mantello, mentre il liquido da raffreddare circola entro i tubi. Viceversa negli evaporatori secchi è il liquido da raffreddare che circola dal lato mantello, mentre il fluido frigorifero fluisce entro i tubi.
Compressore. Nelle piccole unità, fino a qualche centinaia di fr/h (frigoriferi per uso domestico), si utilizzano compressori rotativi. Per potenzialità superiori, da qualche centinaio di fr/h a centinaia di migliaia di fr/h, si utilizzano compressori alternativi con un numero di cilindri che può arrivare fino a sedici. Per potenzialità frigorifere superiori a 5∙105 fr/h si adottano compressori generalmente centrifughi a uno o due stadi. In quest’ultimo caso si può realizzare una macchina con serbatoio intermedio, e l’evaporatore e il secondo stadio del compressore risultano più compatti.
Condensatore. I fluidi ai quali il calore sottratto nell’unità di tempo a bassa temperatura, aumentato della potenza meccanica assorbita dal compressore, può essere ceduto sono l’aria e l’acqua. Nel caso venga impiegata acqua questa può riscaldarsi e/o evaporare. Il condensatore ad acqua più diffuso, l’unico utilizzato per le macchine di grande potenza, è lo scambiatore a fascio tubiero, nel quale l’acqua circola entro i tubi e il fluido frigorifero da condensare dal lato mantello. Se l’acqua, dopo essersi riscaldata nel condensatore, viene eliminata, il condensatore si dice ad acqua fluente. Il condensatore ad aria è costituito da una batteria di tubi alettati, entro i quali circola il fluido da condensare, esposta direttamente all’aria, in circolazione naturale (frigoriferi domestici) o in circolazione forzata.
Valvola di espansione. È costituita da una resistenza passiva che ha il compito di mantenere, tra condensatore ed evaporatore, la differenza di pressione p1−p2, lasciando passare una idonea portata di fluido frigorifero, la quale, in condizioni stazionarie, deve essere uguale alla portata aspirata dal compressore. Gli organi di espansione possono essere di tipo non regolabile, come un tratto di tubo, oppure di tipo regolabile, come una valvola il cui otturatore può assumere varie posizioni. Molto usati sono: il tubo capillare (non regolabile), la valvola termostatica, la valvola regolatrice di livello, la valvola barostatica.
Queste macchine, impiegate in piccole unità, oppure in unità di notevole potenza, per grandi impianti di condizionamento o di refrigerazione industriale, utilizzano per il loro funzionamento una miscela di due fluidi, per es. acqua e soluzione acquosa di bromuro di litio (LiBr) oppure ammoniaca e soluzione di acqua in ammoniaca, con concentrazioni differenti nelle diverse apparecchiature della macchina frigorifera. La macchina, nella quale essenzialmente si possono riconoscere 4 scambiatori di calore, l’evaporatore, l’assorbitore, il generatore e il condensatore, può considerarsi divisa in due zone a diversa pressione. Un semplice schema di funzionamento è riportato in fig. 3.
Si faccia riferimento al caso di acqua e soluzione acquosa di LiBr. Nell’evaporatore E, l’acqua a bassa temperatura T2 e a pressione p2 evapora sottraendo il calore Q2 all’ambiente da raffreddare. Nell’assorbitore A il vapore d’acqua incontra un ambiente alla stessa pressione ma a temperatura maggiore per la presenza della soluzione: infatti, a parità di pressione, la temperatura del vapore è tanto maggiore quanto maggiore è la percentuale di soluto (per es., a 9 mbar la temperatura del vapore d’acqua, in assenza di soluzione, è di circa 6 °C, mentre in presenza di soluzione di LiBr al 60% è di circa 38 °C). Nell’assorbitore il vapore cede il calore Q1 all’ambiente esterno, e viene assorbito; occorre allora ripristinare (o meglio mantenere) la concentrazione originaria della soluzione; quest’ultima viene pertanto inviata tramite una pompa P al generatore G, dove la soluzione riceve il calore Q3 da una sorgente a temperatura elevata; l’acqua evapora nuovamente e la soluzione concentrata torna all’assorbitore. Il vapore d’acqua passa al condensatore C ove si hanno la pressione ‘elevata’ (ca. 30 mbar a 38 °C) e la corrispondente temperatura T1: qui il vapore, cedendo il calore Q′2, condensa e attraverso la valvola d’espansione VE torna all’evaporatore raffreddandosi. L’evaporatore e il condensatore svolgono le stesse funzioni di evaporatore e condensatore nelle macchine frigorifere a compressione di vapore, e in tali scambiatori circola il fluido frigorifero; nell’assorbitore e nel generatore (che svolge le funzioni di concentratore) circola la miscela con concentrazioni diverse. Queste macchine presentano il vantaggio di non avere, a parte la pompa di circolazione della miscela, organi in movimento. Tuttavia, l’effetto utile refrigerante è molto minore di quello delle macchine a compressione di vapore saturo.
Anche questa macchina utilizza energia termica; lo schema di funzionamento è riportato in fig. 4. L’ambiente freddo che deve essere mantenuto a bassa temperatura cede calore Q2 nell’evaporatore E all’acqua che evapora. Il vapore formatosi a bassa pressione viene trascinato nell’eiettore E′ da vapore ad alta pressione (e alta temperatura). Nel divergente D il vapore trascinato e quello motore vengono portati alla pressione necessaria perché nel condensatore C possa avvenire la condensazione alla temperatura alla quale è disponibile il fluido esterno che asporta il calore Q1. L’acqua condensata viene rinviata in parte nell’evaporatore, per mezzo di una valvola di espansione VE, e in parte in caldaia per mezzo di una pompa.
L’effetto Peltier si manifesta quando in un circuito elettrico, costituito (fig. 5) da due materiali conduttori diversi A e B, circola una corrente I. Si osserva in tal caso una diversa distribuzione di temperature rispetto a quella che vi sarebbe se nei conduttori si sviluppasse calore solo per effetto Joule: uno dei giunti tra i due materiali tende infatti ad abbassare la sua temperatura e l’altro ad innalzarla. Il calore q2 che nell’unità di tempo per effetto Peltier viene ceduto dall’ambiente freddo al giunto a temperatura inferiore T2, e il calore q1 assorbito dal mezzo esterno al giunto a temperatura superiore T1, dipendono dalla corrente elettrica I e dai materiali A e B del circuito. L’effetto utile refrigerante di queste macchine è molto basso se paragonato con quello delle macchine a compressione di vapore; esse presentano però il vantaggio di non avere parti meccaniche o fluidi in movimento. Trovano qualche applicazione in campo spaziale e in laboratorio.