Qualsiasi perturbazione sonora che, emergendo dal silenzio (o anche da altri suoni), dia luogo a una sensazione acustica.
Per estensione, ogni disturbo che altera la trasmissione di un messaggio e ne riduce il contenuto d’informazione. I r. di fondo sono perturbazioni ineliminabili che limitano la precisione degli strumenti di misura in seguito alle fluttuazioni casuali dei loro organi meccanici, delle correnti elettriche che li percorrono ecc. indotte dall’agitazione termica.
In un sistema dinamico, r. è ogni perturbazione stocastica dovuta ad agenti esterni al sistema; in particolare, si parla di r. deterministico se le oscillazioni irregolari, all’apparenza casuali, che eventualmente si osservano in un sistema, sono generate dalla legge del moto, deterministica, del sistema stesso (➔ caos).
La considerazione dei r. ha particolare rilevanza in acustica e anche, genericamente, nella tecnica ogni qualvolta siano presenti organi di macchine capaci di entrare in vibrazione o di eccitare vibrazioni di altri organi. Ai r. si applicano le medesime definizioni e grandezze (l’intensità, che si misura in decibel, la composizione spettrale ecc.) che si danno per i suoni.
Il r. ambientale è il r. presente in un determinato ambiente, in genere con caratteristiche ben definite. Tali caratteristiche, e specialmente il livello d’intensità, determinano la maggiore o minore sopportabilità di tale r.; il livello di r. è grandezza di notevole importanza, per es., per ambienti di studio o di riposo. Spesso il r. ambientale, specie se si presenta piuttosto uniforme e continuo, è detto r. di fondo. In relazione alle caratteristiche spettrali, si parla di r. bianco per indicare un r. a largo spettro, cioè costituito da moltissimi suoni componenti con frequenze pressoché uniformemente distribuite in una larga porzione del campo acustico (ca. 16-20.000 Hz), nessuno dei quali spicca particolarmente rispetto agli altri: un r. del genere è, per es., quello ambientale in un luogo dove siano radunate molte persone in animata conversazione. I generatori di r. sono particolari generatori di segnali, capaci di produrre un r. sensibilmente bianco.
Per r. quantistico si intendono le fluttuazioni quantistiche casuali attorno al valore medio assunto da una grandezza. Mentre il r. termico è legato alla difficoltà di controllare le variabili microscopiche, quali, per es., le posizioni e le velocità di ciascun atomo di un gas, quello quantistico per la sua natura, legata al principio di indeterminazione, non può mai essere completamente soppresso. Non esiste, infatti, alcuno stato quantistico privo di fluttuazioni in tutte le sue osservabili, cioè nelle grandezze misurabili. Invece, il r. classico, quale, per es., quello termico, può essere ridotto teoricamente quanto si vuole, mediante tecniche sempre più raffinate, diminuendo la temperatura termodinamica. L’esempio più semplice è quello costituito dall’oscillatore armonico unidimensionale quantistico, il cui stato fondamentale presenta un’energia maggiore di zero. Un’energia totale nulla è infatti proibita dal principio di indeterminazione: essendo l’energia una forma quadratica e positiva nella posizione x e nella quantità di moto p dell’oscillatore, un valore nullo si ottiene soltanto se x=0 e contemporaneamente p=0, il che implicherebbe avere simultaneamente un’informazione assolutamente precisa su tali grandezze coniugate in contrasto con le relazioni di indeterminazione. La circostanza che il r. quantistico non possa essere interamente soppresso non implica, fortunatamente, che esso non possa essere evitato in qualsiasi tipo di misurazione. Il principio di indeterminazione impedisce infatti di ridurre le fluttuazioni quantistiche contemporaneamente in due variabili coniugate, dato che la relazione riguarda il prodotto delle fluttuazioni nelle due variabili, ma non impedisce che si possa ridurre a piacere il r. quantistico in una singola osservabile che si prenda in considerazione. Naturalmente, riducendo arbitrariamente la fluttuazione in un’osservabile, si aumentano necessariamente quelle nell’osservabile coniugata. Tale aspetto rappresenta un’ulteriore differenza tra il r. classico e quello quantistico. Infatti, mentre in un sistema classico la riduzione delle fluttuazioni in una variabile è generalmente accompagnata da una riduzione del r. in tutte le altre, in un sistema quantistico ciò non accade: le fluttuazioni di variabili coniugate sono correlate tra di loro, nel senso che la diminuzione di una comporta l’aumento dell’altra. Tali considerazioni hanno condotto allo studio della riduzione del r. quantistico (squeezing) e delle misure quantistiche non distruttive (QND, quantum non-demolition). Un sistema è detto squeezed se per esso sono ridotte le fluttuazioni in una variabile a spese di quelle nella variabile coniugata. Ciò significa che per uno stato squeezed esiste una variabile le cui fluttuazioni sono inferiori a un prefissato valore di riferimento. Una misura quantistica non distruttiva è, invece, concepita in modo tale da non introdurre r. nella variabile di interesse, cosicché misurazioni successive della variabile stessa diano sempre lo stesso risultato entro l’accuratezza sperimentale. Per tale scopo è necessario che la variabile di interesse non dipenda in alcun modo dalla variabile coniugata, che invece deve raccogliere tutto il r. introdotto nel sistema quando si effettua la misurazione.
Patologie da r. In patologia medica, le caratteristiche fisiche del r. prese in considerazione ai fini sia della valutazione dello stimolo sia del danno acustico conseguente, sono, essenzialmente, l’intensità (misurata in fon o in decibel) e la frequenza (misurata in hertz). L’orecchio umano normale percepisce suoni di frequenza compresa tra 16 e 20.000 Hz e li tollera fino all’intensità di 120 dB (soglia di dolore); i suoni di frequenza superiore (ultrasuoni) possono danneggiare l’orecchio anche se non percepiti. La patologia da r. comprende effetti aspecifici (sulla psiche, sul sistema nervoso e sull’equilibrio endocrino) e specifici (sull’organo del Corti). Anatomopatologicamente sono chiaramente note solo le lesioni che provocano questi ultimi e che consistono nell’alterazione e nella scomparsa delle cellule ciliate esterne e delle cellule di sostegno di Deiters situate nella prima e seconda spira del canale cocleare.
L’effetto più dannoso del r. sull’uomo è la perdita di udito (misurata dall’innalzamento della soglia auditiva, cioè della pressione acustica minima necessaria a produrre la sensazione uditiva) reversibile o permanente. L’aumento della soglia uditiva non segue immediatamente la fine dell’esposizione, ma raggiunge il suo valore massimo (cui, convenzionalmente, ci si riferisce) entro ca. 2 minuti, per poi decrescere. Il tempo di recupero, ossia il tempo necessario perché la soglia torni al suo valore normale, è funzione crescente dell’aumento di soglia. Di regola, un aumento di soglia di 10 dB si può recuperare in 3-4 ore mentre un aumento di soglia di 30 dB può richiedere alcuni giorni. La sordità (totale o parziale) permanente è caratterizzata da un aumento della soglia di udibilità che rimane per la restante durata della vita, senza possibilità di recupero. Essa ovviamente può dipendere da molte altre cause, anche diverse dall’esposizione al r. e, per quanto riguarda quest’ultimo, può essere dovuta a un singolo episodio particolarmente intenso, con livelli superiori alla soglia del dolore (trauma acustico) o, più frequentemente, può evolvere in modo progressivo per l’effetto cumulativo di esposizioni ripetute.
Per r. si indica anche un fenomeno acustico, spesso di natura patologica, che viene percepito mediante l’auscoltazione: r. bronco-polmonari, distinti in secchi (fischi, ronchi, sibili) quando provocati dal passaggio dell’aria in bronchi ristretti, per es., dalla presenza di essudato viscoso, e in umidi (rantoli) se prodotti dal flusso dell’aria in bronchi o in cavità polmonari comunicanti con un bronco contenenti secreto fluido; r. cardiaci, quelli che si differenziano nettamente dai toni normali e che permettono di ricavare dati molto importanti sulle condizioni delle valvole cardiache.
In elettroacustica, i r. sono segnali elettrici caotici che per varie cause insorgono in un amplificatore elettroacustico e si manifestano negli altoparlanti come ronzii, fruscii, sibili.
In elettronica, in un sistema di trasmissione o di elaborazione di segnali (circuiti di telecomunicazione, amplificatori, elaboratori, azionamenti ecc.) si chiama genericamente r. ogni segnale spurio, cioè che non sia uno di quelli riguardanti il normale funzionamento del sistema. A seconda della natura di quest’ultimo, può trattarsi di segnali meccanici (spostamenti, accelerazioni ecc.), elettrici, ottici ecc.; il caso più importante è quello del r. elettrico, costituito cioè da segnali elettrici, in quanto nella maggior parte dei sistemi anzidetti i segnali utili sono di natura elettrica. Tra i r. elettrici, particolare spicco hanno poi i r. radioelettrici (o elettromagnetici) costituiti da radioonde oppure da tensioni indotte da radioonde. La presenza di r., non facilmente del tutto eliminabile, dà luogo a una serie di inconvenienti, che nei casi più gravi si traducono nella paralisi del sistema; tra questi inconvenienti ci sono, per es., i r. acustici presenti nell’uscita fonica di dispositivi elettroacustici, la compromissione delle immagini nei sistemi televisivi, l’errato funzionamento di servomeccanismi e di telecomandi.
Una prima distinzione che può farsi tra i vari r. presenti in un sistema è quella in base alla quale si parla di r. interno, generato da sorgenti interne al sistema considerato, e r. esterno, dovuto ad accoppiamenti tra il sistema e sorgenti esterne di segnali; in rapporto alle caratteristiche di frequenza del r., si parla poi di r. regolare (o coerente) nel caso che si tratti di un segnale armonico o al più di pochi e identificabili segnali armonici, di r. irregolare (o incoerente o casuale) in ogni altro caso, in cui cioè lo spettro di frequenze comprenda componenti incorrelate e variabili; si parla in particolare di r. bianco se lo spettro di frequenze è sensibilmente continuo in un ampio intervallo di frequenze, e di r. colorato se lo spettro è a righe.
Tale parametro, anche detto SNR (signal to noise ratio), caratterizza in maniera quantitativa il r. del sistema in esame ed è definito genericamente come il quoziente r=S/N fra l’ampiezza S dei segnali utili e quella N dei segnali costituenti il rumore. Tale definizione viene opportunamente precisata nei vari casi: per es., nel caso di segnali (utili e di r.) armonici, S e N sono le ampiezze massime oppure efficaci, mentre nel caso di segnali impulsivi sono valori di picco. Nel caso, che è poi quello più frequente, in cui il r. sia casuale, il rapporto segnale-r. è il rapporto fra le ampiezze efficaci, o tra le ampiezze quadratiche medie o tra le potenze medie, dei segnali utili e del r., misurate con lo stesso strumento e, ovviamente, nel medesimo punto del sistema in esame. L’importanza di tale rapporto sta nel fatto che esso deve essere non minore di un certo valore critico se si vuole che il sistema funzioni soddisfacentemente. Posto che le caratteristiche dei segnali utili sono note e facilmente misurabili, la determinazione dell’SNR nei vari punti di un sistema si riduce essenzialmente alla determinazione delle caratteristiche del rumore. La procedura consiste generalmente nell’effettuare due misurazioni sul sistema, una con i segnali utili presenti, l’altra senza tali segnali; il quoziente delle due misure vale (S+N)/N, cioè 1+S/N, e il rapporto segnale-r. risulta quindi determinato (normalmente esso viene espresso in decibel). Per amplificatori, radioricevitori o più in generale quadripoli si parla spesso di cifra di r. (anche figura di r. o fattore di r.), come tale intendendosi il quoziente, espresso in decibel, tra il rapporto segnale-r. all’uscita e quello all’entrata, che costituisce una misura significativa e sintetica della rumorosità intrinseca dell’apparecchio in esame. Praticamente il rilevamento della figura di r. si effettua introducendo un r. noto all’ingresso del quadripolo, in genere mediante un resistore posto alla temperatura convenzionale di 290 K (17 °C) che fornisce quindi una determinata potenza di r. all’ingresso, misurando la potenza di r. all’uscita del quadripolo ed eseguendo il rapporto tra tali due potenze. Sia la potenza di r. all’ingresso sia quella all’uscita sono potenze disponibili, indicando in tal modo la potenze che si hanno in condizioni di adattamento di impedenza.
È costituito dai segnali impressi al sistema in esame da sorgenti esterne (sorgenti di r.) in virtù di accoppiamenti di varia natura (induttivi, capacitivi, resistivi); un caso speciale è quello del r. da interferenza (o diafonia), costituito da segnali dello stesso tipo di quelli utili ma appartenenti a un altro sistema indebitamente accoppiato a quello in esame; in questo caso, il r. ha marcati caratteri di regolarità. In altri casi, invece, il r. è caotico; in genere ciò accade quando le sorgenti di r. sono molte e incorrelate oppure quando, pur non essendo in gran numero, emettono segnali impulsivi non periodici ad ampio spettro: è il caso, per es., del r. elettrico e radioelettrico presente in aree urbanizzate e industrializzate, in cui agiscono una miriade di intense sorgenti di r. (macchine elettriche, impianti elettrici di autoveicoli, veicoli a trazione elettrica ecc.). Provvedimenti efficaci contro il r. esterno sono in primo luogo un’accurata schermatura delle parti del sistema più soggette ad accoppiarsi con le sorgenti di r. e, in secondo luogo, interventi diretti su queste ultime al fine di ridurne l’intensità (➔ schermo). In una situazione del tutto particolare si trovano i sistemi di radiocomunicazione, per i quali ovviamente non si può attuare la schermatura integrale, comprendente cioè le antenne riceventi; a parte i r. da interferenza e quelli da sorgenti artificiali (r. industriale), all’antenna ricevente pervengono inevitabilmente segnali provenienti da sorgenti di r. naturalmente presenti nello spazio trasmissivo: radiazioni emesse da gas atmosferici (r. atmosferico), dall’atmosfera solare (r. solare), da corpi celesti (r. cosmico), e, inoltre, segnali impulsivi associati a scariche elettriche temporalesche. Una precauzione, efficace almeno nei riguardi del r. industriale, è di installare le antenne riceventi più in alto che si può e di schermarne le linee di discesa verso i ricevitori.
Detto anche r. proprio o intrinseco, è costituito da segnali che si originano all’interno del sistema; tra i principali componenti è il r. per effetto Johnson, che si verifica nei conduttori per agitazione termica degli elettroni di conduzione ed è perciò detto anche r. termico; se sono presenti semiconduttori, oltre al r. per effetto Johnson si deve considerare anche il r. di generazione e ricombinazione, dovuto a variazioni locali di densità dei portatori di carica; altri minori componenti del r. interno sono poi segnali casuali che si producono al contatto fra conduttori diversi (r. di contatto) ovvero per vibrazioni di certi componenti (r. per effetto microfonico) o per effetti fotoelettrici (r. fotoelettrico). Nei dispositivi fotoelettrici si parla di r. di buio per indicare il segnale caotico d’uscita che si ha in assenza di ogni illuminamento, dovuto ad agitazione termica elettronica. Per i sistemi di cui fa parte un alimentatore in corrente alternata si considera anche il r. (da qualcuno peraltro classificato come r. esterno) dovuto ad accoppiamento con conduttori interni percorsi da corrente alternata alla frequenza di rete (r. di rete) oppure dovuto a ondulazione delle tensioni raddrizzate di alimentazione (r. di alimentazione) o infine quello dovuto alla emissione di onde elettromagnetiche legate alla commutazione di componenti allo stato solido.
Il r. termico è dovuto al variabile addensarsi, per agitazione termica, di elettroni di conduzione in un conduttore, anche non percorso da corrente; tali addensamenti possono essere descritti pensando alla presenza di convenienti campi elettromotori e quindi in termini di forze elettromotrici casuali; il r. nel suo complesso è descrivibile come una forza elettromotrice fluttuante, caotica, il cui valore quadratrico medio vale
essendo k la costante di Boltzmann, T la temperatura termodinamica, R la resistenza del conduttore considerato, h la costante di Planck, f la frequenza, B la larghezza della banda di frequenze in cui si immagina che il r. venga rilevato. Per hf<<kT, cioè per frequenze non molto alte, e precisamente molto minori (a temperatura dell’ordine di 15 °C) di 60 GHz, si ha v2 −−≅4kTRB, relazione nota come formula di Nyquist: così, per frequenze sino a qualche gigahertz, lo spettro del r. termico è continuo e indipendente dalla frequenza. Quando è applicabile la formula di Nyquist, il r. termico è dunque un r. bianco e la tensione di r. (cioè il valore efficace della forza elettromotrice di r.) specifica (cioè per B=1 Hz) vale 2(kTR)1/2. La potenza disponibile di r., cioè quella che il resistore può erogare a un resistore di pari valore, vale kTB e il suo valore specifico è kT (a 15 °C, ca. 4∙10–21 W/Hz); in base a questa relazione, si chiama temperatura di r. di una sorgente di r. termico avente una potenza specifica WB, la quantità WB/k. Questo, nel caso di un solo conduttore; nel caso generale di una rete eventualmente non omoterma, le precedenti relazioni vanno opportunamente modificate. Com’è evidente, il r. termico è per sua natura insopprimibile; può essere ridotto diminuendo, se possibile, la larghezza di banda del sistema e, soprattutto, diminuendo la resistenza e la temperatura dei resistori percorsi da correnti utili a tensione confrontabile con quella del r. (per es., i resistori dello stadio d’ingresso di un amplificatore per segnali molto deboli).
Nei dispositivi elettronici complessi il r. elettrico interno dipende da innumerevoli fattori, quali i componenti utilizzati (transistori, resistori ecc.), lo schema elettrico, le tensioni di polarizzazione, la temperatura. Pertanto, per caratterizzare globalmente l’effetto di tali fattori sul comportamento del circuito, si determina l’andamento in funzione della frequenza della cifra di r. del dispositivo stesso. Per gli schemi tipici di maggiore uso la cifra di r. è fornita dal costruttore e presenta generalmente al crescere della frequenza f un andamento dapprima decrescente, del tipo 1/f (flicker noise), poi gradualmente crescente (shot noise). Vi è pertanto una banda di frequenza in cui il r. è minimo. Eccetto per le applicazioni molto particolari, è solo lo shot noise che interessa nei circuiti d’uso comune. Quando più dispositivi elettronici sono posti in cascata, la cifra di r. globale dipende non solo dalle cifre di r. dei singoli dispositivi, ma anche dall’ordine con cui sono posti in cascata. Precisamente, nel caso di una cascata di amplificatori, sono i primi stadi di amplificazione che influenzano maggiormente il r. elettrico interno globale del dispositivo e pertanto tali stadi devono essere realizzati in modo da minimizzare il più possibile la relativa cifra di rumore. In casi estremi (per es., preamplificatori di antenna per ricezione da satellite), gli stadi sono opportunamente raffreddati per migliorarne le prestazioni nei confronti del r. intrinseco.
Il r. di generazione e ricombinazione ha origine nei dispositivi a semiconduttori e si presenta sempre assieme al r. termico. In un semiconduttore quasi intrinseco, gli elettroni e le buche appaiono e scompaiono casualmente attraverso processi di generazione e ricombinazione. Come conseguenza, fluttua il valore della resistenza e ciò determina fluttuazioni casuali nella corrente e nella tensione. Anche questo r., per frequenze non troppo elevate, è un r. bianco.