In metrologia, il c. di misura è un corpo o un dispositivo che fornisce il valore unitario per una certa grandezza fisica; si chiama invece c. di lavoro il corpo o dispositivo, di valore noto, utilizzato in laboratorio, in officina ecc., per tarare strumenti di misurazione. Nel primo caso, con particolare riferimento alle grandezze fondamentali del Sistema Internazionale SI, il c. primario deve possedere particolari caratteristiche di stabilità, riproducibilità ecc.: in tal senso è importante poter realizzare un c. naturale di una grandezza che si può costruire dovunque (come nel caso di metro, secondo, ampere, kelvin, candela), piuttosto che dover far riferimento a un c. convenzionale da cui derivano i vari campioni nazionali (come nel caso del kilogrammo, unità SI di massa). Dai c. primari derivano i c. secondari (anche multipli o sottomultipli), i quali a loro volta sono utilizzati per tarare i c. di lavoro. Per quanto riguarda le grandezze derivate, se ne possono costruire c. a partire dalla definizione: un c. di forza (peso) può essere costituito dal prodotto di una massa nota per un’accelerazione nota (per es., di gravità); un c. di pressione, dal rapporto fra una forza nota e una superficie nota ecc. Per tutti i tipi di grandezze si costruiscono poi strumenti c. che, tarati a partire da c. delle grandezze stesse, ne forniscono con continuità i valori. In alcuni casi, in particolare per la temperatura, sono gli strumenti c. (termoresistenze al Pt, termocoppie al Pt - Pt, Rh) che, tarati a partire da c. particolari (punti fissi corrispondenti a stati di equilibrio), forniscono i c. delle grandezze. C. mantenuto Denominazione del c. materiale di una grandezza, esistente nel laboratorio metrologico di una nazione e utilizzato in campo commerciale, scientifico e industriale.
Teoria dei c. Importante strumento d’indagine statistica che studia l’aspetto probabilistico delle rilevazioni parziali per ottenere informazioni riguardanti una massa (o popolazione, o universo) con l’esame di una parte di essa, detta c.; essa considera soltanto c. casuali o probabilistici, in cui cioè la scelta degli elementi della massa che vanno a formare il c. è fatta a caso, in modo che di ogni elemento sia nota la probabilità con cui entra a far parte del campione. Nella teoria dei c. si ha quindi un tipico esempio d’induzione statistica, cioè un tentativo di risalire da un numero limitato di osservazioni alla totalità dei casi da cui esse sono ottenute.
Il c. si forma con la scelta casuale di un certo numero di unità di massa (ciascuna delle quali è detta unità di campionamento) secondo uno schema di estrazione (o schema di campionamento). La casualità della scelta si realizza con operazioni meccaniche (estrazione da un’urna) o con l’aiuto di elaboratori. La caratteristica della massa su cui si vogliono ottenere informazioni viene stimata attraverso la stessa caratteristica nel c.; per es., la proporzione delle unità di massa che hanno una certa proprietà viene stimata dalla proporzione, nel c., delle unità dello stesso tipo. La grande importanza dei c. casuali sta nel fatto che con essi si ottengono delle limitazioni, sia pure di natura probabilistica, per gli errori di stima. Il procedimento usuale consiste nel fissare un livello di probabilità (per es., il 95%) e un errore ammesso δ, e nello scegliere quindi il piano di campionamento (tra l’altro il numero di unità N del c.), in modo che la differenza tra il valore della caratteristica nella massa e la sua stima sia in percentuale inferiore a δ con probabilità del 95%. Nella teoria dei c., così come si suol fare nel calcolo delle probabilità, si usa spesso la comoda schematizzazione consistente nell’assimilare la massa a un’urna contenente tante palline quante sono le unità che la compongono. Campionamento casuale In questo schema di campionamento, il più importante nello sviluppo della teoria dei c., tutti gli individui hanno la stessa probabilità di essere scelti e lo stesso vale per tutti i possibili c. di N elementi. Nella schematizzazione dell’urna il procedimento consiste nell’estrarre successivamente dall’urna N palline e può essere effettuato in due modi: rimettendo dopo ogni estrazione la pallina estratta nell’urna (con ripetizione) oppure no (senza ripetizione). La distinzione tra estrazione con o senza ripetizione perde di importanza all’aumentare della dimensione della popolazione.
Campionamento sistematico Le unità vengono elencate in una lista e successivamente, a partire da una di esse, ne viene selezionata una ogni k, essendo k il reciproco della frazione di unità da campionare. Questo metodo richiede solo un’estrazione casuale, quella della prima unità, e permette di includere unità provenienti da ogni parte della lista, che può essere ordinata secondo qualche criterio; è però vulnerabile alle periodicità presenti nella lista.
Estrazione a grappolo Le palline dell’urna sono divise in gruppi (per es., regioni, province o comuni) e l’estrazione di una pallina porta automaticamente all’estrazione di tutte le palline dello stesso gruppo. Per ottenere un buon c. ogni gruppo dovrebbe essere quanto più possibile rappresentativo dell’intera popolazione.
Campionamento stratificato Si dividano le H palline dell’urna considerata tra K urne contenenti rispettivamente H1, H2 ,..., Hk palline (ΣiHi=H). Si estragga un c. costituito da N palline, di cui Ni estratte dall’urna i-esima (i=1,2,..., K; ΣiNi=N). A tale piano di campionamento si dà il nome di schema a uno stadio stratificato e a ciascuna urna il nome di strato; il procedimento può essere ripetuto per ciascuno strato in modo da avere più stadi. Un campione di italiani potrebbe essere ottenuto, per es., selezionando inizialmente alcune regioni, da ognuna di queste alcune province, da ciascuna provincia dei comuni e da questi infine alcune persone. È comprensibile che tale schema di estrazione porterà in generale a stime migliori di quelle ottenute da un’unica urna, perchè il c. risulta più disperso; e il miglioramento ottenuto sarà tanto maggiore quanto più ciascuna urna è omogenea e le urne diverse fra loro.
Chi, nei giudizi di Dio, combatteva al posto di altri. La facoltà di farsi sostituire nel duello, ammessa dai primi editti longobardi, fu limitata da Ottone I a chiese, donne, conti e agli incapaci a combattere.
Piccola quantità di una sostanza destinata a prove o a esami di laboratorio aventi lo scopo di accertarne proprietà, pregi, difetti, o di stabilire la presenza o meno di determinati elementi, il rapporto reciproco delle parti costituenti ecc. Sul c. si effettua la prova estendendone poi i risultati a tutto il materiale: da ciò l’importanza che il campionamento corrisponda a un prelievo rappresentativo del materiale in esame. Questo è evidentemente più facile nel caso di materiali omogenei (per es., soluzioni), mentre risulta più difficile nel caso di materiali eterogenei (per es., sospensioni) per i quali le modalità del prelievo possono condizionare i risultati delle prove; mentre per le soluzioni generalmente bastano semplici accorgimenti di campionamento per ottenere risultati rappresentativi, nel caso delle sospensioni è evidente come la profondità di prelievo e anche il punto dal quale avviene possono influenzare i risultati. Pertanto nel campionamento dei materiali eterogenei occorre procedere, in via preliminare, a una omogeneizzazione (per es., mediante agitazione in condizioni controllate) e operare su un numero elevato di campioni. In tal senso bisogna raggiungere un compromesso fra esigenze di precisione ed esigenze di tempo, realizzando un numero di campionamenti e quindi di esperienze sufficientemente elevato da garantire una significatività adeguata del risultato, tenendo però sempre presenti le esigenze di funzionalità e di economia di tempo. Il livello di tale compromesso non può prescindere da una valutazione del rischio (ambientale, di salute) connesso a possibili dati errati.
Altri due aspetti del campionamento riguardano la frequenza e l’entità; la prima è correlata a materiali con caratteristiche variabili (scarichi industriali, fluidi biologici ecc.); non si possono stabilire regole precise, ma è evidente che la frequenza, costante o variabile, è dettata sempre da esigenze di attendibilità del risultato conseguito sul campione rispetto alla sua estensione a tutto il materiale: così, se è noto che in un certo scarico idrico una specie viene rilasciata in corrispondenza di certi eventi e se ne vuole controllare la concentrazione, non è ragionevole mantenere sempre la stessa frequenza di campionamento, ma conviene invece incrementarla in corrispondenza dell’evento suddetto; per quanto riguarda il secondo aspetto, si può sostanzialmente dire che la quantità prelevata per un c., premesso che è in parte condizionata dal tipo di prova alla quale il c. viene sottoposto, deve essere tanto più piccola quanto più fine è lo stato di suddivisione del materiale in esame.
Le tecniche di campionamento sono diverse a seconda dello stato di aggregazione (gassoso, liquido, solido) e di presentazione (polvere, lastre) del materiale; in alcuni casi sono disponibili attrezzature specifiche normalizzate o no rispetto a indicazioni precise fornite dalla normativa vigente; in altri casi la questione è affidata alla sensibilità e alla scrupolosità dell’operatore. Prove di controllo per campionamento sono fatte anche per manufatti sia in fase di realizzazione che di prodotti finiti.