Materiale composto da due o più elementi chimici di cui quello presente in maggiore quantità deve essere un metallo. Fra i metalli, soltanto rame e piombo possono essere utilizzati non legati, tutti gli altri sono utilizzati in lega.
Una l., per essere considerata tale, deve possedere almeno alcune delle caratteristiche peculiari dello stato metallico, per es. alta conducibilità termica ed elettrica, resistenza meccanica. Una l. differisce sia da un miscuglio sia da un composto chimico: nel primo caso, i costituenti, che possono aggregarsi secondo tutte le proporzioni, non danno origine a una sostanza nuova e omogenea e possono essere nuovamente separati con semplici azioni meccaniche e con ordinari mezzi fisici; nel secondo caso i costituenti si combinano secondo quantità rigorosamente definite per formare, tramite una reazione, una sostanza del tutto nuova caratterizzata da una propria formula chimica. La l. è invece un sistema omogeneo in cui i componenti, pur non combinandosi tra loro, formano tuttavia reticoli cristallini particolari, in virtù di proprietà tipiche del legame metallico; dal punto di vista strutturale si distinguono l. di sostituzione e l. di inclusione, proprio in base alla maniera in cui si rende possibile, nel senso sopra specificato, l’aggregazione di specie atomiche diverse. Più specificamente, nelle l. di sostituzione i nuclei del metallo di base possono essere sostituiti nel reticolo da nuclei di un altro metallo; perché ciò avvenga devono verificarsi le seguenti condizioni: i due metalli cristallizzano nello stesso sistema; le due specie metalliche hanno raggi atomici dello stesso ordine di grandezza; esempio di l. di sostituzione sono le l. ferro-nichel. Nelle l. di inclusione, nella struttura reticolare del metallo di base vengono inclusi nuclei di un altro metallo, anche di caratteristiche diverse; possono essere inclusi anche nuclei di un non metallo; la condizione fondamentale perché ciò avvenga è che il raggio atomico dell’atomo incluso sia molto minore del raggio atomico del metallo di base; ne sono un esempio le l. ferro-carbonio come l’austenite. Nelle l. di sostituzione la percentuale di sostituzione può andare da 0 a 100, mentre nelle l. di inclusione c’è una limitazione, per le possibili distorsioni, alla percentuale di elemento incluso (al massimo il 5%).
A differenza di quanto si nota nei miscugli, le cui proprietà risultano per lo più dalla media ponderale delle proprietà dei costituen;ti, nelle l. accade che le loro proprietà presentino variazioni del tutto irregolari, spesso grandemente sproporzionate rispetto all’entità della variazione percentuale, nella composizione della l., anche di un solo componente. Si comprende quindi come le proprietà di ogni singola l. possano essere conosciute non sulla base di studi teorici, ma soltanto tramite indagini sperimentali, prove meccaniche e tecnologiche ecc., spesso assai complesse e delicate.
Quando i due metalli formano soluzioni solide in tutti i rapporti compositivi, la curva conducibilità-composizione assume una caratteristica forma a U, indice di una netta diminuzione di conducibilità già per piccole aggiunte di uno dei due metalli all’altro. Quando infine compaiono uno o più composti intermetallici ovvero una o più fasi intermedie o anche si verificano contemporaneamente ambedue queste possibilità, le corrispondenti curve conducibilità-composizione mostrano tipiche singolarità (composti intermetallici) o cuspidi assai nette (fasi intermedie).
Le considerazioni svolte per la conducibilità elettrica si applicano senza alcuna differenza allo studio delle curve ottenibili riportando la conducibilità termica in funzione della composizione, giacché queste curve presentano in genere lo stesso andamento delle precedenti.
La densità di una l. metallica binaria può essere espressa in molti casi come una funzione lineare della concentrazione di uno dei due componenti. In particolare, il volume specifico varia linearmente con la concentrazione nel campo di esistenza di miscele di fasi; nel caso di soluzioni solide per vasti rapporti compositivi, si nota ancora linearità, salvo qualche modesta deviazione; in sistemi più complessi si manifestano in genere discontinuità alla comparsa di nuove fasi solide.
La forza elettromotrice tra le giunzioni, a temperature diverse (una ambiente), di due campioni di l. di diversa composizione è una funzione della composizione dei prodotti posti a contatto. A differenza della conducibilità elettrica, il potere termoelettrico non risulta una funzione semplice della composizione: solo le l. che formano un eutettico senza dare soluzioni solide presentano un andamento lineare in funzione della concentrazione. Sia le soluzioni solide sia i composti intermetallici inducono notevoli deviazioni dall’andamento lineare.
In l. fra metalli diamagnetici o paramagnetici si notano in genere caratteristiche discontinuità nella curva suscettività magnetica-composizione (atomica) per quei rapporti compositivi per i quali compare una nuova fase. Per sistemi semplici a eutettico si hanno in genere relazioni lineari, mentre per soluzioni solide si hanno curve più complesse; se poi si originano composti definiti o si ha possibilità di formazione di strutture ordinate, si osservano sempre effetti anomali per le corrispondenti composizioni, di cui non è sempre possibile dare una interpretazione. Ancora più complesso e non riducibile a relazioni semplici è il comportamento di l. ottenute da metalli ferromagnetici (per es., il sistema ferro-nichel, nel quale è compresa anche la l. permalloy, con il 78% di nichel), per le quali pertanto non è possibile trarre alcuna conclusione generale di interesse metallografico.
Nel caso limite di miscibilità in tutti i rapporti tra i metalli componenti, le curve della resistenza a trazione e della durezza presentano un massimo e pertanto se ne deduce che il processo di alligazione aumenta nettamente i valori di alcune tipiche proprietà rispetto a quelli che spettano ai metalli puri. Infine, nel caso di composti intermetallici o fasi intermedie, le curve resistenza a trazione-concentrazione e durezza-concentrazione possono presentare dei massimi ben definiti in corrispondenza al rapporto compositivo del composto o per quelle concentrazioni che sono prossime ai limiti di stabilità delle fasi intermedie. I meccanismi attraverso i quali è possibile agire, per es., sulla resistenza a trazione di una l. a diverse temperature, sono stati interpretati alla luce della teoria delle dislocazioni. Il moto di una dislocazione in un metallo risulta ostacolato dalla presenza di atomi estranei. Ciò è vero sia se gli atomi estranei sono distribuiti nel reticolo cristallino del metallo di base, che ne risulta distorto (indurimento da soluzione solida), sia se essi entrano quali costituenti di una seconda fase dispersa nella matrice (indurimento da seconda fase dispersa). Un’importante differenza fra i due casi risiede nel diverso ordine di grandezza di spostamento di una dislocazione, prima che subisca la massima interferenza al suo moto da parte dell’atomo soluto o della particella dispersa. Gli atomi estranei in soluzione solida esercitano il loro effetto indurente sulle caratteristiche resistenziali contribuendo agli sforzi di attrito interni al reticolo cristallino; agiscono principalmente sul tratto iniziale della caratteristica sforzi-deformazioni, ossia sul tratto di comportamento elastico, innalzando il limite di snervamento. Le particelle di una seconda fase dispersa esercitano il loro massimo effetto indurente, interferendo e bloccando il moto delle dislocazioni solo dopo che si sia verificato un certo scorrimento plastico; agiscono, quindi, modificando i meccanismi d’incrudimento e in definitiva innalzando la resistenza a trazione. Tali concetti sono stati applicati con successo alla interpretazione quantitativa delle caratteristiche sforzi-deformazioni di l. alluminio-rame 4% e di acciai semplici al carbonio allo stato ricotto (a struttura ferritico-perlitica). In quest’ultimo caso le particelle disperse sono le isole perlitiche e la percentuale di perlite, presente nella struttura, innalza il carico di rottura. Quando una dislocazione si muove attraverso il reticolo cristallino e incontra una particella dispersa relativamente grande, deve girarle attorno, generando così un anello di dislocazioni. Invece di aggirare la particella nel suo moto, può anche attraversarla, e in tal caso la particella si rompe. Ciò può verificarsi se la seconda fase dispersa è costituita di particelle ‘coerenti’ con la matrice, ossia se vi sono correlazioni fra i parametri reticolari della matrice e della particella alla loro interfaccia. Un effetto della ‘coerenza cristallina’ è lo stato d’elevata coazione elastica della matrice, nella zona dove il suo reticolo deve in qualche modo adattarsi a quello della particella di seconda fase. Ciò comporta un effetto indurente.
Nel decorso dei processi d’invecchiamento per precipitazione allo stato solido si verificano modificazioni nelle caratteristiche della l. quando, al crescere delle dimensioni delle particelle disperse, si passa dallo stato ‘coerente’ a quello ‘non coerente’. Un massimo innalzamento dello snervamento si manifesta per la presenza di piccole particelle coerenti e tale innalzamento, con una uniforme distribuzione di particelle sferiche di ugual diametro, risulta inversamente proporzionale alla distanza fra due particelle. In tale condizione, allo snervamento le particelle risultano uniformemente sollecitate e deformate elasticamente, ma non sono in condizioni d’influenzare il successivo processo d’incrudimento quando, superato lo snervamento, il materiale passa a lavorare nel campo plastico. In definitiva non si riscontra un’influenza analoga sul carico di rottura. Un limite alle applicazioni di un tale meccanismo d’indurimento deriva dalla situazione di pericolosità che si determina, per la possibilità di un’instabilità meccanica della struttura non appena la sollecitazione superi il limite di snervamento, per l’incapacità intrinseca del materiale a subire un processo di deformazione plastica a sollecitazioni crescenti. Ciò non si verifica invece se il meccanismo d’indurimento della l. è provocato da particelle disperse di seconda fase, di dimensioni maggiori. Un’applicazione importantissima di questo principio si è avuta con l’ideazione e lo sviluppo degli acciai a elevato limite elastico, cosiddetti a dispersoidi; per es., lo snervamento di un acciaio da costruzione viene innalzato da una piccola aggiunta di niobio, che precipita durante il raffreddamento dopo laminazione a caldo in forma di piccole particelle di carburo.
Nello sviluppo di l. di elevata resistenza, occorre considerare anche i pericoli di comportamento fragile del materiale, in funzione delle sue condizioni metallurgiche, del sistema di sollecitazioni cui è sottoposto, dell’interazione materiale-ambiente (temperatura d’impiego, effetti di corrosione sotto sforzo, infragilimento da idrogeno ecc.). La presenza di una seconda fase indurente, dura e fragile, degrada la tenacità propria della matrice; il problema della progettazione metallurgica di una l. ideale potrebbe essere considerato quello di sviluppare una struttura fibrosa, nella quale fasi dure e fragili, allineate, sono immerse in una matrice dolce, duttile e tenace. Se il problema della rottura fragile condiziona la progettazione e l’impiego di l. per temperatura ambiente e, ancor più, per basse temperature, un’analoga metodica di ragionamento può guidare lo sviluppo di l. per impieghi a temperatura elevata, dove il materiale manifesta un decadimento nel tempo per scorrimento viscoso, accompagnato da fenomeni di perdita di duttilità. Anche in tal caso si rilevano gli effetti positivi della presenza di una seconda fase dispersa. Ma la spaziatura ottimale, ai fini della resistenza allo scorrimento viscoso ad alta temperatura, è maggiore di quella corrispondente al massimo innalzamento dello snervamento a temperature più basse; inoltre è importante contrastare un eccessivo ingrossamento delle particelle disperse durante la permanenza in servizio a temperatura elevata e conoscere i meccanismi di tale ingrossamento, per cui le particelle di dimensioni maggiori si accrescono a spese delle più piccole. Ossia è importante stabilire le variabili che innalzano la stabilità della dispersione. Esempi positivi dell’applicazione di tali concetti sono il SAP (alluminio contenente una dispersione di allumina) e il nichel T-D (nichel contenente particelle di torio); ma benché siano state tentate e realizzate molte tecniche di fabbricazione, le difficoltà pratiche all’ottenimento di particelle disperse adeguatamente piccole sono notevoli.
Numerosissime sono le l. dei metalli, sia ferrosi sia non ferrosi, che vengono richieste, nella tecnica moderna, per le applicazioni più varie e delicate: dai reattori nucleari agli ordigni spaziali, dalla tecnica delle basse temperature alle innumerevoli applicazioni in elettrotecnica e in elettronica.
Le l. metalliche vengono in genere preparate fondendo insieme i metalli componenti nei rapporti dovuti. Questo metodo è consigliabile qualora si operi con metalli a basso punto di fusione, caratterizzati inoltre da piccole differenze nei valori delle rispettive temperature di fusione. Se invece tali differenze sono notevoli e se, in più, uno dei componenti presenta, alla temperatura che occorre raggiungere per la formazione della l., una tensione di vapore particolarmente elevata, il metodo più conveniente è quello di fondere per primo il metallo a più alto punto di fusione e immettere rapidamente in questo il secondo metallo (o gli altri, se si tratta di l. complessa), operando in modo da realizzare una rapida dissoluzione nel metallo solvente e avendo cura di far ricoprire rapidamente da questo il componente o i componenti aggiunti così da impedire eccessive perdite per volatilizzazione. Quando si devono preparare l. di diversa composizione, specie se uno dei metalli presenta elevata tensione di vapore anche a temperature relativamente basse, conviene preparare una prima l. madre, sufficientemente ricca del componente più volatile, e aggiungere questa al metallo a più alto punto di fusione, preventivamente fuso. In alcuni casi può risultare conveniente realizzare la fusione dei metalli componenti sotto vuoto più o meno spinto, o in atmosfera di gas inerti, specie quando le sostanze da elaborare sono suscettibili di ossidazione.
Risulta molto difficile classificare le l., sia per l’enorme numero di brevetti esistenti, sia per la diversità dei criteri d’impostazione di una tale classificazione; riguardo a questi ultimi, si può fare riferimento a particolari proprietà delle l. (l. magnetiche, l. leggere ecc.), oppure a particolari impieghi pratici (l. antifrizione, l. per utensili, l. per alte temperature ecc.) o, infine, più semplicemente, all’elemento base della l., cioè al componente contenuto in essa in percentuale maggiore. Conviene seguire quest’ultimo criterio di classificazione, con l’avvertenza, però, che esso non corrisponde alla designazione tecnico-commerciale delle varie l. secondo le norme UNI, riportata nelle tabelle di unificazione.
L. a base di alluminio. - Possono distinguersi in l. da fonderia (o da getto) e l. da lavorazione per deformazione plastica; sono sempre, comunque, caratterizzate da piccoli valori della densità, per cui sono note anche come l. leggere. Gli elementi che generalmente compaiono in queste l., da soli o insieme, sono: rame, magnesio, silicio, stagno, zinco. Le l. alluminio-rame contengono il 4-10% di rame, hanno carico di rottura intorno a 160 N/mm2 e sono usate per getti in conchiglia nella fabbricazione di carter, ruote, pistoni; all’aumentare della percentuale di rame (oltre l’8%) divengono molto fragili. Le l. alluminio-silicio sono l. da getto e hanno vari nomi commerciali, a seconda del contenuto di silicio (anticorodal, alpax, silumin ecc.); contengono impurezze di ferro, nichel, manganese, zinco, magnesio, litio. Hanno elevata resistenza meccanica, in particolare l’anticorodal che ha carico di rottura di 300-400 N/mm2. Le l. alluminio-rame-silicio sono adatte per getti sottili e per pressofusioni, ma non hanno notevoli proprietà meccaniche; contengono silicio (2-5%) e rame (3-7%), oltre a impurezze di magnesio, nichel, manganese. Le l. alluminio-magnesio, note commercialmente con vari nomi (alumag, magnalio, idronalio, peraluman ecc.), contengono magnesio (2-10%) e, talvolta, piccole quantità di manganese (aluman, con l’1,5%); possono raggiungere carichi di rottura di 200 N/mm2, sono ben colabili, resistenti alla corrosione e lavorabili plasticamente. Hanno vari impieghi, specialmente nell’industria automobilistica e in quella aeronautica. Le l. alluminio-stagno hanno limitato impiego come metallo antifrizione; sono più usate quelle con piccole quantità di nichel (1%) e rame (1%), oltre che di stagno (0,5%). Le l. alluminio-zinco, generalmente con il 5% di zinco, hanno carico di rottura a trazione di circa 200 N/mm2 e sono usate per particolari applicazioni nell’industria aeronautica e in quella automobilistica. Le l. alluminio-litio trovano applicazione in aeronautica per l’elevata leggerezza; sono anche usate in sostituzione di materiali compositi, per es., per articoli sportivi. Duralluminio è denominazione generica di un vasto gruppo di l. con nomi commerciali diversi, a base di alluminio (➔ duralluminio).
L. a base di argento. - In elettrotecnica sono spesso usate l. argento-nichel (0,15%)-silicio (1,5%)-rame (10%), aventi buone proprietà meccaniche ed elevata conducibilità elettrica; specialmente per brasature è usata la l. eutettica argento-rame (28%).
In odontoiatria si usa un amalgama che è una l. d’argento (33%) con mercurio, stagno, rame e zinco. Infine, appartengono a questo gruppo anche talune l. antifrizione.
L. a base di cobalto. - Queste l., chiamate anche l. rapide, hanno denominazioni commerciali diverse a seconda della composizione, ma possono ricondursi al tipo principale che è la stellite: cobalto (50%), cromo (20%), tungsteno (20%), carbonio (4%), silicio (3%), molibdeno, vanadio. Lavorabili soltanto per fusione, queste l. sono caratterizzate da grande durezza, che mantengono anche a temperature elevate; per tale proprietà vengono saldate, sotto forma di placchette di dimensioni unificate, all’estremità di opportuni supporti d’acciaio, così da ottenere utensili con la parte terminale ‘attiva’ capace di sopportare velocità di taglio particolarmente elevate. Tali l. differiscono dagli acciai rapidi per il fatto che il metallo-base non è il ferro.
L. a base di ferro. - Importanti alcune l. ferro-nichel, caratterizzate da piccolissimi coefficienti di dilatazione termica: invar (36% di Ni), platinite (46% di Ni), la quale prende il nome di redite se è sottoposta a ramatura.
L. a base di magnesio. - Sono dette anche l. ultraleggere per la loro bassissima densità: la riduzione di peso, rispetto a l. di alluminio di analoghe caratteristiche meccaniche, può giungere sino al 30%. Le l. magnesio-alluminio, contenenti dal 4 all’8% di quest’ultimo, hanno la denominazione di elektron e sono usate per costruzioni meccaniche. Talvolta queste l. contengono anche zinco (0,5%), il quale migliora la resistenza meccanica e favorisce l’invecchiamento; tale miglioramento viene esaltato con l’aggiunta di cadmio (8%) e d’argento (4%), sino a raggiungere un carico di rottura a trazione di 500 N/mm2, dopo ricottura. In siderurgia, nei processi di disossidazione e di desolforazione dell’acciaio, si usa con buoni risultati la l. magnesio-alluminio al 50% di ciascuno dei due metalli. Le l. magnesio-rame, contenenti dal 4 al 12% di quest’ultimo, hanno caratteristiche e impieghi analoghi a quelli del silumin, cioè sono usate per getti, in particolare di pistoni per motori alternativi; possono contenere anche alluminio (2%) oppure stagno (5%), i quali le rendono fucinabili. Le l. magnesio-cerio (5%) hanno buona resistenza allo scorrimento viscoso, a caldo; tale proprietà è più marcata nelle l. magnesio-zirconio (0,5-0,8%), ottime anche dal punto di vista della resistenza meccanica. Le l. magnesio-silicio (6%) sono invece caratterizzate da un piccolo coefficiente di dilatazione termica e sono usate, come anche le precedenti, essenzialmente per pistoni.
L. a base di nichel. - La l. nichel-ferro (22%), denominata permalloy per l’elevato valore della permeabilità magnetica, trova importanti applicazioni nelle macchine elettriche. Le l. nichel-cromo (22%), ben resistenti all’ossidazione a caldo, sono usate per fili, nastri e resistenze elettriche; con l’aggiunta di ferro (15-25%), si usano per ottenere getti inossidabili.
Particolarmente importanti per turbine e per apparecchiature refrattarie sono le l., note anche come superleghe, denominate: nimonic, con cromo (16-20%), alluminio (1-2%), titanio (1-2%); inconel, con cromo (14-15%), ferro (6-7%), titanio (2,5%), niobio (1%), alluminio (1%); refractalloy, con cobalto (29%), cromo (18%), molibdeno (3%), titanio (3%), ferro (10%).
Per resistere, a caldo, all’attacco di agenti aggressivi, si prestano bene l. del tipo hastelloy, con molibdeno (17-30%), ferro (5-20%) ed eventualmente cromo (15%) e tungsteno (5%), oppure con silicio (10%) e rame (3%).
L. a base di piombo. - Le l. piombo-antimonio sono usate per rivestimento di cavi (1% di Sb), per tubi e lastre (4-8% di Sb), per griglie di accumulatori (9% di Sb). Le l. piombo-stagno, di varia composizione, sono usate per saldature; talvolta si aggiunge arsenico (0,1%) per migliorare l’aspetto della saldatura. Con il 12-18% di stagno si hanno l. usate come antifrizione. Le l. piombo-stagno-antimonio, con percentuale prevalente di piombo, sono usate come antifrizione o come l. tipografiche, per caratteri, e in questo caso hanno le seguenti denominazioni e composizioni: electrotype (93% di Pb, 3% di Sn, 4% di Sb); linotype (85% di Pb, 3% di Sn, 12% di Sb); stereotype (70% di Pb, 10% di Sn, 20% di Sb). Le l. piombo-antimonio-rame, eventualmente con aggiunta di stagno, sono usate esclusivamente come antifrizione. La l. piombo-calcio (0,03%), vale a dire, praticamente, piombo indurito, è usata per tubazioni sollecitate o per rivestimenti di cavi.
L. a base di rame. - Il rame è componente di moltissime l., poiché alle sue buone caratteristiche meccaniche unisce elevati valori della conducibilità elettrica. Le l. rame-cadmio (0,5-1%), con aggiunta di stagno (0,5%), sono usate come conduttori nelle linee telegrafiche e telefoniche e in veicoli a trazione elettrica. Le l. rame-cromo (0,5%), denominate anche mallory, sono usate per fabbricare parti di contatti intermittenti e rotanti, poiché resistono bene all’usura e a surriscaldamenti anche elevati. Le l. rame-nichel, chiamate genericamente cupronichel, hanno molte applicazioni: caldaie, condensatori, utensili vari, monete, costruzioni navali ecc. Tali l. hanno varia composizione e contengono, talvolta, anche altri elementi, quali alluminio, ferro, silicio. Le l. rame-piombo (20-40%), sono usate come antifrizione; con minori quantità di piombo si hanno l. usate per i contatti aerei delle filovie, in quanto limitano l’usura dei cavi conduttori.
L. a base di stagno.- La l. stagno-antimonio (5%), chiamata stagno antimoniale, si usa per saldature; con maggior quantità d’antimonio (18%), è usata per getti decorativi. L. stagno-antimonio-rame Di varia composizione, ma sempre ad altissima percentuale di stagno, sono usate come antifrizione e anche per getti artistici e vasellame. L. stagno-zinco (30-50%). Talvolta con piccole aggiunte di piombo e di cadmio, sono usate come metallo di apporto per brasature su alluminio.
L. a base di titanio.- Le l. titanio-alluminio (non oltre il 7%), contenenti titanio α, sono caratterizzate da notevoli proprietà meccaniche: carico di rottura a trazione di circa 700 N/mm2, allungamento del 20%; l’aggiunta di stagno (non oltre il 5%) migliora le caratteristiche della lega.
Ancora più rilevanti poi sono le proprietà meccaniche delle l. contenenti il titanio β: titanio-vanadio (20%) e titanio-molibdeno (10%), le quali hanno una resistenza a trazione di circa 900 N/mm2.
Le l. bifasiche, cioè contenenti sia il titanio α sia il titanio β, sono quelle usualmente in commercio; gli altri componenti possono essere elementi di transizione (cromo, ferro, manganese, molibdeno, vanadio) in piccole percentuali, oppure gli stessi e alluminio (non oltre il 5%). Queste l., di costo elevato, sono usate per strutture e rivestimenti di missili, aerei supersonici, proiettili, ordigni spaziali ecc., e dopo opportuni trattamenti il loro carico di rottura può raggiungere valori di 1200-1400 N/mm2.
L. a base di zinco. - Con la denominazione di l. zama sono note l. zinco-alluminio (4-5%) contenenti anche magnesio (0,04%) o rame (1-3%) e tracce di cadmio, piombo e stagno; sono usate per pompe, carburatori, radiatori, carter, carcasse di apparecchiature elettriche ecc., purché non soggette a sforzi consistenti, dato che hanno buone proprietà meccaniche ma scarsa resistenza a rottura. Le l. zinco-rame (1%), chiamata anche zinco indurito o, commercialmente, zilloy, è adatta per lavorazioni al laminatoio. La l. zinco-alluminio (20-40%)-rame (non oltre il 5%) ha buone proprietà meccaniche dopo invecchiamento. Le l. zinco-cadmio (17-35%) sono usate, per la bassa temperatura di fusione, nelle brasature di vari metalli.
L. a memoria di forma. - Usate in chirurgia, in particolare in ortopedia, sono formate generalmente da nichel, titanio e altri metalli (cromo, tantalio, cobalto, molibdeno); in fili vengono riscaldate fino a temperatura opportuna (qualche centinaio di gradi), modellate (per es., a W), poi raffreddate fino a circa 10 °C e ridistese; impiantate nella frattura da comporre, per azione del calore ricevuto dal corpo umano riassumono lentamente la forma alla quale sono state modellate svolgendo così un’azione particolarmente efficace. L. a memo;ria di forma sono usate anche in odontotecnica.
Applicazioni delle l. a memoria di forma, diverse da quelle mediche, si hanno nella realizzazione di molle per apertura e chiusura di finestre (per es. di serre) con la temperatura, in apparecchiature di modesto ingombro in fase di trasporto, che si aprono ‘in opera’.