silicio Elemento chimico scoperto da J.J. Berzelius nel 1810, appartenente al 6° gruppo del sistema periodico degli elementi; simbolo Si, numero atomico 14, peso atomico 28,06; ne sono noti gli isotopi stabili 2814Si (92,2%) 2914Si (4,7%) e 3014Si (3,1%); dopo l’ossigeno è l’elemento più abbondante della crosta terrestre, nella quale si trova soltanto allo stato combinato sotto forma di silicato o di ossido. Si ottiene per riduzione del quarzo con carbonio (coke ecc.) al forno elettrico, scaldando al calor rosso una miscela di quarzo e magnesio, per decomposizione di un tetraalogenuro di s. con sodio o con idrogeno ad alta temperatura.
Il s. mostra un reticolo cristallino isostrutturale con quello del diamante; si presenta in lamelle splendenti di colore grigio acciaio, fonde a 1410 °C, bolle a circa 2350 °C, ha densità 2,32 g/cm3, è più duro del vetro (durezza 7 della scala di Mohs). Oltre alla forma cristallina, esiste anche una forma microcristallina, un tempo ritenuta amorfa, che è quella ottenuta, per es., mediante la reazione tra quarzo e magnesio, e si presenta come una polvere bruna.
Il s. è un elemento debolmente elettronegativo e perciò tende a formare composti con i non metalli. Con elementi meno elettronegativi dà inoltre i siliciuri. Nei suoi composti presenta valenza 4 e, talora, 2. A differenza del carbonio, non forma legami multipli utilizzando orbitali p (se non in specie labili, rivelabili con metodi spettroscopici). Si combina rapidamente con gli alogeni a formare composti del tipo SiX4; con l’ossigeno reagisce a 800 °C circa, con lo zolfo a 600 °C e con l’azoto a 1000 °C; con il carbonio, con il titanio, con il boro, con lo zirconio si combina al forno elettrico. Si scioglie nell’alluminio allo stato solido e nell’argento, nell’oro e nello zinco fusi. Non è attaccato dagli acidi solforico, cloridrico, nitrico; l’acido fluoridrico e gli alcali lo sciolgono con sviluppo di idrogeno.
Il s. è impiegato per preparare materiali ceramici di elevata resistenza agli sbalzi di temperatura, di grande conduttività termica e di notevole resistenza chimica, per la produzione di siliciuri, di leghe (acciai speciali, leghe leggere, leghe disossidanti ecc.), come elettrodo per la titolazione elettrometrica di acidi e di basi; in elettronica, ha grandissima importanza per le sue proprietà di semiconduttore e viene usato per fabbricare raddrizzatori, transistori, microcircuiti (in queste applicazioni presenta, rispetto al germanio, il vantaggio di poter operare fino a temperature di circa 250 °C).
I sistemi di produzione del s. variano in funzione del grado di purezza che si vuole raggiungere. S. tecnicamente puro, con grado di purezza 96-98%, si ottiene per riduzione di quarzo o quarziti con carbone di legna al forno elettrico. S. puro, con grado di purezza 99,9%, si ottiene dal precedente eliminando le impurezze per trattamento con acidi (cloridrico, nitrico, fluoridrico) e sciogliendolo in metalli fusi (alluminio ecc.) nei quali le impurezze rimangono preferenzialmente sciolte. Il s. per le applicazioni elettroniche deve essere particolarmente puro (meno di una parte per milione di impurezze); poiché non è possibile ottenerlo con sufficiente grado di purezza per riduzione diretta della silice, si prepara sottoponendo il s. grezzo a successive e spinte raffinazioni con una speciale versione del metodo della fusione per zone, oppure partendo da s. abbastanza puro, che viene trasformato in cloruro o in ioduro di s. (SiCl4, SiI4), liquidi a temperatura ambiente, che per distillazione si possono ottenere a un notevole grado di purezza; riducendo questi composti con idrogeno purissimo, il s. che si forma dalla riduzione si deposita sulle pareti dei recipienti o su filamenti, per es., di tantalio o di tungsteno, tesi all’interno; si può anche operare la riduzione con zinco. Sempre per applicazioni elettroniche, si richiede spesso s. sotto forma di monocristalli, che si possono ottenere, per es., lasciando depositare lentamente su cristalli singoli s. fuso o anche allo stato di vapore (➔ semiconduttore).
La produzione di s. sotto forma di leghe (binarie e anche ternarie), largamente usate in metallurgia, si realizza riducendo con carbone, per lo più in forni, la silice in presenza dell’ossido del metallo di lega; fra le leghe più importanti sono il ferro-s., con contenuto di s. da 6 a 95%, il rame-s., con contenuto di s. fino al 60-70%, il calcio-s. (s. 60-65%), il manganese-s. (12-18% di s.); fra quelle ternarie le principali sono calcio-manganese-s., con 55-60% di s., magnesio-ferro-s., con 40% circa di silicio. Tali leghe si usano prevalentemente come disossidanti, come riducenti (per es. nella produzione di magnesio), per introdurre elementi di lega. Si preparano anche cermeti di s. metallico in polvere legato da materiali ceramici; sono dotati di elevata resistenza all’ossidazione, tanto da poter essere riscaldati, in qualsiasi atmosfera, fino a circa 2000 °C. Composti silico-organici Composti caratterizzati dalla presenza di s. legato covalentemente a residui organici R. A partire da catene idrocarburiche sature, tali residui possono essere caratterizzati da una vasta gamma di sostituenti quali, per es., idrossile (alcol), ammino, tiolo ecc.