tungsteno Elemento chimico, anche denominato wolframio, di simbolo W, peso atomico 183,85, numero atomico 74, appartenente al VI gruppo del sistema periodico.
Gli isotopi naturali sono il 18274W, il 18374W, (14,4%), il 18474W (30,6%), il 18674W (28,4%), il 18074W (0,1%). L’elemento fu scoperto nel 1781 da R.W. Scheele in un minerale che da lui prese il nome (scheelite) e fu preparato allo stato compatto solo nel 1909 (W.D. Coolidge); da allora è stato sfruttato sia puro, specialmente in virtù del suo alto punto di fusione (3410 °C, il più elevato fra i metalli) sia in lega con altri metalli.
Il t. è un metallo di colore argenteo; cristallizza nella forma cubica a corpo centrato, ha una densità di 19,3 g/cm3, punto di ebollizione di circa 5930 °C, e presenta, specie in forma di fili sottili, elevatissime caratteristiche meccaniche (il più alto valore conosciuto per qualsiasi materiale del carico di rottura). Il t., piroforico in forma polverulenta, è stabile all’aria allo stato compatto e a temperatura ambiente; viene ossidato al calor rosso dall’acqua e dal vapore d’acqua; con il cloro forma l’esacloruro o l’ossicloruro a seconda che si operi in assenza o in presenza d’aria. Il metallo reagisce con il fluoro a temperatura ordinaria, ma non è attaccato dall’acido fluoridrico e gli acidi cloridrico e solforico caldi lo sciolgono solo lentamente; è invece attaccato dagli idrossidi alcalini in presenza d’aria o di agenti ossidanti; zolfo e fosforo si combinano, allo stato di vapore, con il metallo, mentre si forma azoturo di t. quando l’azoto viene a contatto con un filamento incandescente di tungsteno.
Il t. è poco diffuso nella crosta terrestre (5∙10–5 % ca.), presente soprattutto, in percentuale bassa (in media sotto l’1%), nella scheelite, CaWO4, e nella wolframite, (Fe,Mn)WO4. L’arricchimento si realizza per separazione a gravità o con flottazione selettiva, fino a ottenere almeno il 60% di WO3. Partendo usualmente da wolframite, il minerale arricchito è portato a 1020-1040 °C in un forno rotativo, con carbonato e nitrato sodico, per formare tungstato sodico; esso si trasforma in acido tungstico con acido cloridrico e poi, per riscaldamento a 1000 °C, in triossido di t. in polvere; il triossido è ridotto a t. metallico, per riscaldamento in ambiente di idrogeno. Si ottiene metallo compatto per sinterizzazione della polvere (la cui finezza dipende dalle condizioni di riduzione) a circa 3000 °C.
Il metallo può divenire assai fragile per ricristallizzazione e questo fatto, se non si prendono opportune precauzioni (per es., aggiunta di ossido di torio), può limitare notevolmente la vita dei filamenti di t., usati nella fabbricazione di lampade a incandescenza. Il t. si usa anche per strumenti chirurgici, elettrodi per saldature in gas inerte, molle e meccanismi, parti di motori a razzo per missili e infine per preparare leghe ferrose e non ferrose. Per le prime, si introduce il t. nel bagno fuso come ferro-lega (ferro-t.) in modo da impartire agli acciai resistenza meccanica e durezza elevata ad alte temperature. Sono leghe non ferrose (oltre quelle con carburo di t.): leghe a base di cobalto (fino al 25% di t.), come la stellite, di grande resistenza a corrosione e usura; leghe con nichel e rame, all’80-90% di t., per schermi di sostanze radioattive o per giroscopi e altro; leghe con argento o rame per contatti elettrici e leghe con il 5-25% di renio per termocoppie capaci di misurare fino a 2400 °C.
Lo stato di ossidazione più comune in cui si presenta il t. è +6, ma in numerosi composti il metallo si comporta da bi-, tri-, tetra-, e pentavalente e in alcuni complessi esso può avere valenza ancora più bassa. Alogenuri di t. Si conoscono numerosi bi-, tri-, tetra-, penta- e esaalogenuri di t.; i principali sono l’esacloruro, WCl6, cristalli blu scuro o violetti, solubili in solfuro di carbonio, e l’esafluoruro, WF6, gas incolore, che si condensa in un liquido giallo pallido a circa 20 °C; sono impiegati nella deposizione da fase vapore di strati sottili di tungsteno. Boruri, nitruri e siliciuri di t. Sono composti interstiziali dotati di caratteristiche simili a quelle dei carburi; tra i boruri sono noti i composti W2B, WB, W2B5, tra i nitruri W2N e WN, tra i siliciuri W2Si3 e WSi2. Vengono impiegati nella preparazione di utensili per usi speciali e come materiali strutturali per componenti sottoposti a drastiche sollecitazioni termiche o meccaniche (forni per alte temperature, turbine ecc.). Carburi di t. Sono noti i due carburi WC e WC2, composti interstiziali preparati per reazione diretta tra t. e carbonio (o per riduzione dell’ossido con carbone) a temperature dell’ordine di 1500-1600 °C in atmosfera inerte; la polvere ottenuta viene poi mescolata con cobalto che funge da legante nell’operazione di sinterizzazione: le leghe così ottenute (per es., la lega widia), dotate di elevatissima durezza (quasi pari a quella del diamante) e di grande resistenza all’usura, vengono impiegate per preparare utensili per usi speciali (talora con aggiunta di carbonio di titanio) e anche per ottenere rivestimenti con elevate proprietà di resistenza sulla superficie di pezzi di acciaio comune e speciale. Ossidi di t. Sono noti gli ossidi del t. di formula WO3, W20O58, W18O49, WO2, W3O (con piccoli intervalli di variabilità dei rapporti stechiometrici). Il più importante è il triossido, WO3, polvere gialla, pesante, che diviene di colore arancione scuro per riscaldamento e riacquista il colore originale per raffreddamento; s’impiega per l’ottenimento del metallo, per la preparazione di vari tungstati, per la manifattura di tessuti resistenti alla fiamma, come catalizzatore ecc.; è insolubile in acqua e si scioglie negli alcali caustici.