stagno Elemento chimico appartenente al 5° gruppo del sistema periodico; simbolo Sn, numero atomico 50, peso atomico 118,7. Sono noti 10 isotopi stabili dello s., di cui i più abbondanti in natura sono quelli di numero di massa 120 (32,8%), 118 (23,8%), 116 (14,3%).
Lo s. esiste in più forme allotropiche: lo s. grigio α (densità 5,77 g/cm3) lo s. bianco β (densità 7,29 g/cm3), lo s. γ (densità 6,54 g/cm3). La forma α cristallizza nel sistema cubico, quella β nel sistema tetragonale a corpo centrato, quella γ nel sistema rombico. Normalmente lo s. usato in commercio si trova nella forma β, che è quella stabile a temperatura ordinaria. La forma α è stabile termodinamicamente a temperature inferiori a 13,2 °C; tuttavia, perché si abbia la formazione dei primi cristalli di s. α occorre portare lo s. β a temperature inferiori a 0 °C; la velocità della trasformazione è inoltre influenzata dalla presenza di impurezze nel metallo. La transizione β→α~ avviene con notevole aumento di volume (~25%), per cui produce una granulazione e disgregazione del metallo (peste dello s.). Lo s. γ è stabile sopra i 167 °C. Lo s. fonde a 231,9 °C e bolle a 2270 °C; non è tossico, è molle, malleabile, facilmente lavorabile a freddo. La struttura cristallina dello s. si rileva quando si piega una barretta del metallo: per sfregamento reciproco dei cristalli si avverte un rumore detto grido (o pianto) dello stagno.
Dal punto di vista chimico, lo s. mostra comportamento anfotero, e può presentarsi con valenza 2 o 4: nel primo caso si hanno i composti stannosi e gli stanniti; nel secondo i composti stannici e gli stannati. All’aria si ricopre di uno strato di ossido che lo protegge dall’ulteriore attacco; a temperatura elevata brucia con luce intensa formando il biossido. L’acido solforico lo scioglie a caldo, specialmente in presenza di ossidanti; l’acido nitrico diluito a freddo lo trasforma in nitrato, mentre se è concentrato, e specie a caldo, lo ossida ad acido metastannico; gli idrossidi alcalini a caldo lo trasformano in stannato; è attaccato dagli alogeni; resiste bene in genere agli acidi organici.
Il cloruro stannoso è un sale dell’acido cloridrico, di formula SnCl2, noto allo stato anidro e come biidrato; solido cristallino, solubile in acqua e in alcol, si ottiene per reazione dell’acido cloridrico con lo s. o per riduzione del cloruro stannico. È dotato di energiche proprietà riducenti: riduce i cromati a sali di cromo trivalenti, i nitroderivati ad ammine, il cloruro mercurico a cloruro mercuroso e quindi a mercurio metallico ecc. È impiegato per la preparazione dei bagni di stagnatura, come stabilizzante di profumi in saponeria, come attivatore nell’elettrodeposizione di sostanze plastiche, nell’argentatura degli specchi ecc. In chimica analitica e in chimica organica è usato per le sue proprietà riducenti. L’idrossido stannoso ha formula Sn(OH)2; è un solido bianco gelatinoso, solubile negli alcali caustici con formazione di stanniti e negli acidi; si ottiene trattando la soluzione di un sale stannoso con alcali o con un carbonato alcalino. L’ossido stannoso ha formula SnO; si ottiene riscaldando l’idrossido in corrente di anidride carbonica o facendolo bollire in soluzione leggermente alcalina; è una polvere cristallina, nero-bruna con tonalità variabili dal rosso al verde oliva e al violetto, a seconda del metodo di preparazione. Si scioglie facilmente negli acidi con formazione di sali stannosi, è insolubile negli alcali caustici; per riscaldamento all’aria forma rapidamente ossido stannico. È impiegato come intermedio nella preparazione di sali di s., nell’industria del vetro per la fabbricazione di vetri colorati ecc.
Tra gli stannati, di formula generale Me2Sn(OH)6, o Me2SnO3•3H2O, con Me metallo monovalente, sono importanti lo stannato di sodio e lo stannato di potassio, che si preparano per fusione dell’ossido stannico con soda caustica; cristalli incolori, solubili in acqua fredda; si usano come mordenti in tintoria e nei bagni di stagnatura. Notevole interesse pratico hanno anche gli stannati di diversi metalli pesanti e quelli alcalino-terrosi, impiegati come materiali ceramici e dielettrici. L’acido stannico, spesso anche indicato con il nome di idrossido stannico, esiste in due modificazioni che si differenziano per le proprietà fisiche e chimiche e sono indicate come forma α o acido ortostannico e forma β o acido metastannico. L’idrossido α precipita sotto forma di precipitato bianco per aggiunta di alcali alla soluzione di cloruro s. o trattando con acidi la soluzione di uno stannato alcalino; quando queste reazioni avvengono alla temperatura ambiente, il precipitato ha una composizione all’incirca corrispondente alla formula Sn(OH)4; possiede proprietà anfotere: si scioglie infatti facilmente negli alcali con formazione di stannati e negli acidi concentrati, dando soluzioni contenenti lo ione Sn4+. Per riscaldamento o per semplice invecchiamento si trasforma nella forma β, la cui composizione è all’incirca SnO(OH)2, che si prepara comunemente trattando lo s. con acido nitrico concentrato. L’idrossido β dà luogo in soluzione a formazioni colloidali che possono essere disperse in ambiente acido.
Sono noti molti composti organometallici dello s. tetravalente, nei quali il metallo è legato a uno o più radicali o anioni organici. Particolarmente importanti sono i composti aventi formula generale R2SnCl2 e R3SnCl, che vengono preparati per reazione con cloruro stannico dei corrispondenti composti tetrasostituiti (R4Sn), ottenibili a loro volta dalla reazione del cloruro stannico con reattivi di Grignard.
Lo s. è usato principalmente per rivestire, a scopo protettivo, acciaio, rame e altri metalli e per la preparazione di leghe. L’operazione più frequente di stagnatura è quella effettuata nel ferro dolce per ottenere la latta; la più antica è quella del rame, che risale perlomeno alla civiltà etrusca. L’apparecchio usato per il procedimento tecnico di stagnatura si chiama stagnatrice, che, in particolare, è la macchina per stagnare i conduttori elettrici di rame, prima di rivestirli di gomma, con un unico passaggio in un bagno di stagno.
Per quanto riguarda le leghe, lo s. ne forma diverse d’interesse tecnologico: leghe antifrizione, bronzi, leghe per saldatura, per rivestimenti superficiali, per caratteri di stampa, peltri ecc. Le leghe per saldatura possono essere binarie (formate da s. con piombo o con bismuto o con antimonio o con zinco o con argento) e sono caratterizzate da bassa temperatura di fusione e da ottima aderenza ai metalli da saldare; tali leghe hanno anche in campo elettronico un ruolo predominante nelle tecniche di saldatura dei circuiti e dei componenti elettronici. Le leghe per rivestimenti superficiali si usano quando occorrano rivestimenti protettivi più resistenti alla corrosione o più brillanti dello s. stesso; sono costituite da leghe s.-piombo (con il 10-60% di s.), s.-cadmio (particolarmente resistenti all’atmosfera marina), s.-nichel (di aspetto brillante).
Lo s. viene impiegato in metallurgia anche per la sinterizzazione delle polveri di ferro e per migliorare la struttura molecolare delle ghise in particolari applicazioni (per es., nella costruzione dei monoblocchi dei motori automobilistici).
La stagnola è una lamina di s. avente spessore da 0,01 mm a 0,1 mm, impiegata per avvolgimento protettivo di sostanze alimentari e deperibili (cioccolato, formaggini ecc.), non essendo attaccata né dagli acidi organici né dagli agenti atmosferici; a volte è fatta aderire, sotto pressione, con collanti, a carta comune. Per le medesime proprietà trova anche qualche applicazione tecnica.
Nel 2007 la produzione di s. è stata di 300.000 t, con un incremento del 50% circa rispetto agli ultimi anni del 20° secolo. La Cina (130.000 t) è il principale produttore ed esportatore mondiale; il secondo posto spetta all’Indonesia (85.000 t) e il terzo al Perù (38.000 t). Seguono Bolivia (18.000 t), Brasile (12.000 t) e, notevolmente distanziata, la Russia (4000 t). Negli ultimi dieci anni la Cina ha aumentato la produzione del 100% e l’Indonesia del 70%; incrementi assai più modesti ha avuto la produzione di Perù e Bolivia, mentre quella del Brasile è rimasta stazionaria. Particolarmente sensibile è la divaricazione tra le aree di produzione e quelle di consumo e sono pertanto molto sostenuti gli scambi internazionali.
Sono piuttosto rare: dovute allo s. puro o ai suoi sali minerali, danno luogo a manifestazioni cutanee, coliche addominali, cefalea, astenia; la cura consiste nella lavanda gastrica, in caso di ingestione, e nella somministrazione di diuretici. Le intossicazioni da derivati organici sono ancora più rare. La stannosi è una pneumoconiosi riscontrabile nei soggetti esposti a polvere di stagno.