Il complesso dei trattamenti che devono essere eseguiti sui minerali dopo l’estrazione dalle miniere fino alla preparazione dei metalli e delle leghe che hanno interesse nelle diverse applicazioni.
Si può distinguere fra m. ferrosa (o siderurgia) e m. non ferrosa, a seconda che riguardi il ferro e le sue leghe oppure altri metalli o leghe non ferrose (alluminio, rame, bronzo, ottone ecc.); fra m. estrattiva e m. di utilizzazione (o tecnologica), a seconda che riguardi i procedimenti di estrazione del metallo dal minerale o quelli di trasformazione del metallo (➔ acciaio). Infine, strettamente connesse con la m. sono da considerare la metallografia e l’analisi chimica strumentale.
Con riferimento agli aspetti pratici della m. estrattiva, le operazioni che hanno particolare importanza comprendono la preparazione dei minerali, ossia la macinazione e la vagliatura, unite, se occorre, alla separazione del minerale o dei minerali che interessano da altri di minor pregio o dalla ganga. Successivamente, se il minerale è un solfuro si procede a un arrostimento che ha lo scopo di trasformare i solfuri in ossidi o in solfati, i primi avendo interesse nella m. per via termica e i secondi in quella per via umida.
La m. estrattiva propriamente detta può considerarsi divisa in 3 branche fondamentali: pirometallurgia, idrometallurgia ed elettrometallurgia. Si può dire genericamente che la pirometallurgia comprende un complesso di operazioni che hanno lo scopo di ricavare il metallo dal prodotto di partenza sia per via diretta, cioè attraverso la riduzione termica, sia indirettamente, cioè attraverso una metallina che in seguito a successivi trattamenti può poi fornire il metallo che interessa. Nell’idrometallurgia il minerale, di regola previamente arrostito, e quindi in forma di ossido o di solfato, viene lisciviato con una soluzione acida che lo solubilizza: il metallo che interessa può essere separato dal liquido risultante sia per elettrolisi sia per spostamento (o cementazione) con un metallo (di minor pregio del prodotto che si vuole ottenere) che sia più elettropositivo dell’elemento, contenuto allo stato di sale solubile, nella soluzione originaria. L’elettrometallurgia propriamente detta comprende la separazione per elettrolisi di un metallo contenuto allo stato di sale solubile in adatta soluzione, in genere acida. È da rilevare che il metodo elettrolitico, abbinato a un ordinario processo per via termica, consente di ottenere metalli a elevato grado di purezza quali difficilmente sarebbe possibile ricavare per altra via, s’intende su scala industriale. Molti processi di estrazione di metalli comuni sono in via di continua evoluzione, sia perché si tende a rendere sempre più economico il processo stesso sia perché si cerca di raggiungere gradi di purezza sempre più elevati nei metalli prodotti.
Un ramo della m. che ha assunto un notevole sviluppo è quello della metalloceramica, la quale, attraverso un processo di agglomerazione di polveri metalliche con speciali leganti, si occupa della produzione di materiali resistenti a temperature molto elevate, come quelli impiegati nell’industria aerospaziale per realizzare, per es., le piastre dello scudo termico delle navette spaziali. La metalloceramica rientra nel campo della m. delle polveri o, più propriamente, sinterizzazione.
Sotto certi aspetti la m. ha attinenza anche con alcune operazioni che si svolgono in fonderia. Le lavorazioni meccaniche, nel caso di metalli e leghe da lavorazione plastica, sono connesse alla m. in quanto molte delle proprietà dello stato solido in metalli e leghe dipendono dall’andamento del processo seguito per l’estrazione del metallo, per l’affinazione ecc.; a questo proposito hanno anche particolare importanza le modalità di raffreddamento della massa liquida di un metallo o di una lega, il processo di solidificazione e soprattutto il complesso di trattamenti termici atti a modificare convenientemente le proprietà meccaniche e fisico-chimiche dei metalli e delle leghe. Tali proprietà sono studiate, almeno in parte, dalla cosiddetta m. fisica, che, muovendo da un esame approfondito dello ‘stato metallico’ della materia e attraverso l’applicazione di concetti appartenenti alla fisica teorica e applicata (termodinamica, strutturistica, cristallografia ecc.; conducibilità elettrica, magnetismo, conduttività termica ecc.), conduce a prevedere quale sarà il comportamento, nelle condizioni pratiche di applicazione, dei principali metalli e leghe.
Rispetto alla lavorazione della pietra, già in uso da quasi 2 milioni di anni, l’invenzione e l’acquisizione delle tecniche metallurgiche condussero a un nuovo rapporto tra la materia prima e l’uomo. Prima dell’invenzione delle tecniche fusorie, o contemporaneamente a una fase iniziale di m., in alcune regioni asiatiche, è documentato l’uso di metalli allo stato nativo (in particolare oro, rame, argento e ferro meteorico) che venivano lavorati a freddo, soprattutto a martellatura, per ottenere piccoli utensili o oggetti d’ornamento come ami o spilloni. Questo tipo di produzione è noto in Persia e nel Vicino Oriente fin dal 7°-6° millennio a.C.
La m. del rame e del bronzo. - La m. più antica è probabilmente quella del rame, attestata dalla metà del 9° millennio a.C. nella regione fra Anatolia e Afghanistan. La lega di rame e stagno (nella proporzione approssimativa di 90 a 10), cioè il bronzo, che offre numerosi vantaggi per quanto riguarda sia la lavorazione sia le qualità del prodotto finito, non sembra essere stata usata nelle fasi più antiche. Tuttavia è stato osservato che anche agli inizi si adoperava di preferenza rame contenente un’alta percentuale di arsenico come impurità naturale, più facile da lavorare e più resistente.
I più antichi processi di riduzione del rame erano assai semplici, e si praticavano in rudimentali forni fusori a carbone di legna, con ventilazione fornita da un mantice; il metallo ottenuto conteneva in larga misura impurità naturali. Per quanto riguarda le tecniche adottate per modellare il metallo, sembra che, in linea generale, le più antiche forme di fusione fossero aperte; più tardi, soprattutto con l’uso generalizzato della lega di rame e stagno, le matrici bivalvi divennero la regola. Comunque, alcuni casi di adozione della tecnica della ‘cera persa’, che utilizza una forma di fusione chiusa, sono documentati già in epoca molto arcaica, per es. nelle figurine di animali di rame, oro e argento trovate nelle tombe reali di Alaça Hüyük, in Turchia, che si datano verso la fine del 3° millennio a.C.
Perfezionata probabilmente in seno alle culture mesopotamiche durante il 5° millennio, la m. fu presto assimilata dalle culture egiziane (in Egitto era già largamente praticata alla fine del 4° millennio) ed egee. In Grecia, nella fase iniziale dell’Elladico Antico (3300-2900 a.C.), esistono testimonianze (da Lerna nel Peloponneso) di un’industria metallurgica già fiorente. Anche le diverse tecniche accessorie per la lavorazione dei metalli, soprattutto quelli preziosi (laminazione, sbalzo ecc.), erano note in Oriente e in Egitto fin dal 3° millennio, e furono verosimilmente introdotte in Grecia e in Europa nel corso del 2° millennio.
Sul continente europeo, durante il 3° millennio, i centri più importanti della lavorazione del metallo si collocano in regioni particolarmente ricche di giacimenti minerari, come per es. la Transilvania e la Penisola Iberica. Alcuni ritengono che l’introduzione della m. in Europa e l’inizio dello sfruttamento delle risorse minerarie locali siano il riflesso di complessi processi culturali e di conseguenti impulsi provenienti dalle avanzate culture del Vicino Oriente e dell’Egeo.
La m. del ferro. - L’adozione su larga scala della m. del ferro sembra essersi verificata in un periodo molto meno antico, anche se questo metallo era già noto da tempo. Con ogni probabilità, il bronzo fu così a lungo preferito perché la lavorazione del ferro è molto più complicata: non potendo modellarlo per mezzo di forme di fusione (a causa del suo più elevato punto di fusione rispetto al rame e alle sue leghe) gli artigiani dovevano forgiarlo e temprarlo per ottenere quel grado di resistenza che rende armi e strumenti di ferro molto più efficienti di quelli di bronzo (l’uso della tempra sembra risalire al 12° sec. a.C.).
Verso la metà del 2° millennio la m. del ferro era praticata dagli Ittiti. Nell’11° sec. a.C. comincia l’età del Ferro della Grecia, e armi e strumenti di questo metallo sostituiscono quasi del tutto quelli di bronzo. In Italia il ferro non conosce una vera e propria diffusione prima dell’8°-7° secolo. Dal 7° sec. in poi la nuova tecnica metallurgica conquista le varie regioni europee.
La m. nelle Americhe e in Oceania. - La m. era ignota in Australia e Oceania prima della loro scoperta, mentre in alcuni luoghi dell’America Settentrionale e Centrale si lavoravano a freddo ferro e rame. I più antichi manufatti americani in oro, argento, rame e bronzo provengono dal Perù e dalla Colombia, da dove la lavorazione dei metalli si diffuse nel Panama, nella Costa Rica e in Messico. In genere si ritiene che la m. americana sia stata una ‘scoperta’ piuttosto tarda rispetto al Vecchio Mondo e, secondo alcuni, di provenienza asiatica.
L’impatto sulla società. - Il sorgere della m. rappresenta un indubbio elemento di trasformazione e sviluppo delle comunità preistoriche verso forme più complesse di associazione e di rapporti. Infatti, a parte le conseguenze immediate che certo derivarono dal contatto fra gruppi in possesso di armi e strumenti metallici e altri che ignoravano la nuova tecnologia, profondi cambiamenti si verificarono nelle strutture sociali con la comparsa di una categoria di artigiani specializzati, e cioè di una forma, sia pure embrionale, di divisione del lavoro; mentre la necessità di attingere alle fonti delle materie prime anche per i gruppi sprovvisti di risorse locali costituì uno stimolo essenziale a contatti e scambi.
In generale si può dire che, tra le popolazioni d’interesse etnologico, la m. rimane sempre a uno stadio preindustriale; la formazione di grandi Stati, come quelli dell’Africa occidentale e del Perù incaico, ne favorì la diffusione e fece sì che le tecniche metallurgiche assurgessero a livello artistico; dove invece l’economia rimase di tipo tribale, molti elementi (segretezza, specializzazione artigiana ereditaria, assenza del materiale adatto) contribuirono a impedire la diffusione delle tecniche metallurgiche, dando luogo ad ampie lacune territoriali, fonte di notevoli problemi per gli studiosi di etnologia.