sforzo Impegno di forze fisiche e psichiche che superi per entità o durata i limiti di una normale attività.
S. riproduttivo L’energia investita da ciascun genitore nella produzione della progenie, incluse le cure parentali. Gli organismi investono la quantità limitata di energia disponibile per la riproduzione in modo da avere la massima probabilità di successo riproduttivo, in relazione ai loro condizionamenti fisiologici e ambientali. Alcune specie investono l’energia per produrre moltissimi propaguli, di cui alcuni, probabilisticamente, riusciranno a loro volta a svilupparsi e riprodursi; altre specie investono invece l’energia su pochi discendenti, che hanno tutti elevatissima probabilità di arrivare alla fase adulta e di riprodursi perché vengono seguiti e curati a lungo (➔ strategia).
Nel linguaggio tecnico il termine, con particolari specificazioni (s. di taglio, di pressione, di torsione ecc.), è usato sia per indicare il tipo di sollecitazione alla quale un organo meccanico, una struttura (o parte di essa) sono sottoposti sia con il significato più particolare di s. specifico.
Nella meccanica dei sistemi continui, è detto genericamente s., in corrispondenza al generico punto del sistema e a un certo elemento di superficie per esso, il risultante delle forze interne che si esercitano attraverso l’elemento; è detto inoltre s. specifico il rapporto tra la forza elementare suddetta e l’area dell’elemento considerato. Siano P un punto del sistema, u una semiretta orientata per P, u il suo versore, dσ un ideale elemento di superficie per P normale a u: il risultante delle forze che le particelle adiacenti alla faccia di dσ rivolta dalla parte di −u (faccia esterna) esercitano sulle contigue particelle adiacenti all’altra faccia è ciò che si chiama s. (sulla faccia esterna di dσ), il vettore Φu che si ottiene come rapporto fra lo s. suddetto e dσ è lo s. specifico (relativo all’asse u o, ciò che è lo stesso, agli elementi di superficie dσ per P aventi come normale interna u). Lo s. specifico varia in generale al variare del punto che si considera e, in un determinato punto, al variare del tempo e della semiretta u alla quale si riferisce. La dipendenza da u è precisata dal cosiddetto teorema del tetraedro (o primo teorema) di A. Cauchy, secondo il quale lo s. specifico relativo a un asse u, uscente da un punto P, è legato agli s. specifici Φ(1), Φ(2), Φ(3) relativi a tre assi mutuamente ortogonali pure uscenti da P dalla relazione
[1] formula
dove u1, u2, u3 sono i coseni direttori di u rispetto ai medesimi assi. La [1], se si indicano con Xr(u) la componente di Φu secondo l’asse coordinato xr e con Xrs la componente di Φ(s) secondo il medesimo asse, può essere sostituita dalle tre equivalenti relazioni scalari
Delle 9 componenti Xrs 6 soltanto risultano fra loro distinte: si riconosce infatti (proprietà di simmetria degli s.) che è Xrs=Xsr. Le 6 componenti distinte hanno il nome di caratteristiche degli s. (o di tensione o dello stress). Esse o, ciò che è lo stesso, i 3 vettori dai quali provengono, individuano un tensore (doppio, simmetrico) che è detto appunto stress o anche tensore degli sforzi; anzi, è precisamente da questo ente che hanno preso il nome di tensore tutte le grandezze che con il tensore degli sforzi presentano certe determinate analogie di comportamento (➔ tensore). Lo s. specifico relativo a una semiretta determinata u non ha generalmente la direzione di u: se ciò si verifica si parla di s. normale (con riferimento all’elemento dσ) e più particolarmente di s. di pressione o di trazione a seconda che il verso di Φu sia quello di u o di −u. Di solito Φu è costituito da uno s. normale e da uno s. tangenziale (rispetto a dσ). La mancanza dell’uno o dell’altro dei due componenti può essere in relazione alla particolare natura del sistema. Così, per es., nei fluidi non viscosi in ogni condizione dinamica e in tutti i fluidi in quiete si ha sistematica assenza di s. tangenziali, cioè lo s. relativo a un qualunque elemento di superficie è sempre a esso normale, anzi si tratta più precisamente di una pressione, avente in un determinato punto del fluido lo stesso valore in tutte le direzioni: tale circostanza fu accertata sperimentalmente da B. Pascal (principio di Pascal) e stabilita per via teorica da A. Cauchy (osservazione di Cauchy). In ogni caso l’andamento degli s. specifici attorno a un punto P è suscettibile di una efficace rappresentazione geometrica mediante la cosiddetta indicatrice o quadrica degli s. (relativa a P). Si tratta della superficie, simmetrica rispetto a P, luogo dei punti L ottenuti riportando su ciascuna retta u per P, da una parte e dall’altra di P, un segmento ∣PL∣=1/√‾‾‾‾∣σu∣, dove σu è la componente di Φu secondo la retta orientata u. Si riconosce, come conseguenza della [1], che tale superficie è costituita dalla parte reale di due quadriche coniugate aventi ambedue il centro in P, in modo che non può trattarsi che di un ellissoide o dell’insieme di due iperboloidi. Ogni asse di simmetria dell’indicatrice si chiama asse principale di tensione relativo a P; ogni piano individuato da due di tali assi, piano principale di tensione. Lo s. specifico relativo alla generica semiretta u ha in ogni caso la direzione della normale all’indicatrice nel punto in cui u taglia l’indicatrice medesima. In particolare quindi lo s. specifico relativo a un asse principale è necessariamente diretto secondo l’asse e conseguentemente non può essere che uno s. di pressione o di trazione. Poiché ogni quadrica a centro ha almeno una terna di assi di simmetria, esiste in ogni caso almeno una terna di assi principali di tensione (mutuamente ortogonali). Le tensioni σ1, σ2, σ3 a essi relative si dicono tensioni principali o caratteristiche principali di tensione o dello stress. Se σ1, σ2, σ3 hanno tutte e 3 lo stesso segno, l’indicatrice non può che essere un ellissoide; se due delle tensioni principali hanno segno opposto, si ha invece la coppia degli iperboloidi. L’ellissoide può in particolare ridursi a una sfera: ciò si verifica soltanto se le 3 σ risultano uguali, e in tal caso ogni retta per P è un asse principale di tensione e lo s. (come si verifica in particolare per i fluidi non viscosi) ha la stessa grandezza in tutte le direzioni. Se l’indicatrice è un ellissoide, o più in particolare una sfera, non esiste alcuna direzione in corrispondenza della quale lo s. risulti puramente tangenziale, cosa che invece si verifica nel caso di due iperboloidi, in ogni generatrice del cono asintotico (reale) che li separa.
Per quanto riguarda la durata, lo s. fisico si verifica quando il lavoro muscolare è svolto in condizioni che non consentono un sufficiente periodo di riposo restauratore ed è protratto anche dopo la comparsa della sensazione di fatica.
Il concetto di s. è talora applicato a eventi di natura meccanica quale la forzata trazione di un tendine, di un fascio muscolare, di un legamento articolare. Per estensione di questo concetto sono dette lesioni da s. quelle provocate dall’incoordinato svolgimento di un comune atto lavorativo o sportivo (distorsioni, alcune lombalgie ecc.).
Da un punto di vista puramente clinico, talvolta lo s. agisce come momento rivelatore di determinate condizioni morbose: si parla così di dispnea da s., angina da s. ecc. In diagnostica, soprattutto cardiologica, sono dette prove da s. (o più propriamente test ergometrici) le prove di carico di lavoro cui vengono sottoposti alcuni soggetti al fine di accertare l’efficienza delle funzioni cardiache e respiratorie, e l’inducibilità di ischemia coronarica. Consistono in esercizi muscolari (per es. camminare su un tapis roulant o pedalare su un cicloergometro) nel corso dei quali si rilevano le variazioni della pressione arteriosa, del respiro e del tracciato elettrocardiografico.