Elemento chimico, metallo di colore grigio argenteo simile a quello del piombo, di simbolo Mo, numero atomico 42, peso atomico 95,94, del quale sono noti numerosi isotopi naturali (con numero di massa 92, 94, 95, 96, 97, 98, 100); nel sistema periodico degli elementi fa parte del gruppo 6A (insieme a cromo, tungsteno).
C. Scheele fu il primo (1778) a preparare l’acido molibdico trattando la molibdenite con acido nitrico; il metallo fu isolato quattro anni più tardi da P.J. Hjelm.
Il m. è buon conduttore del calore, dell’elettricità, ha una densità di 10,2 g/cm3, fonde a circa 2610 °C, possiede proprietà meccaniche molto variabili a seconda delle condizioni di preparazione e dei trattamenti termici subiti. Dal punto di vista chimico resiste bene all’azione dell’ossigeno o dell’aria a temperatura ambiente; a caldo (al di sopra di 400-500 °C) si ossida dando triossido di m., di formula MoO3; reagisce con lo zolfo, con gli alogeni, con il carbonio. Dal punto di vista biologico è un importante elemento in traccia e partecipa a numerose reazioni chimiche di ossidoriduzione, come per es. il processo di fissazione dell’azoto.
I più importanti minerali del m. sono la molibdenite, la wulfenite (➔) e la molibdite.
La molibdenite, di colore grigio piombo con riflessi azzurrati, con lucentezza metallica, è solfuro di molibdeno, MoS2, esagonale, tenero e untuoso al tatto come la grafite. Si presenta in lamine a contorno esagonale con facile sfaldatura basale. I giacimenti sono di tipo pegmatitico-pneumatolitico.
La molibdite, triossido di molibdeno, MoO3, si forma nei giacimenti di minerali di m. come prodotto d’alterazione superficiale. Si presenta in cristalli fibrosi, con splendore da sericeo ad adamantino oppure in croste o masse compatte o terrose di color giallo paglierino (ocra di m.).
Industrialmente il m. si ricava dalla molibdenite e in minore quantità anche dalla wulfenite. Nei minerali la molibdenite è presente di solito in piccola percentuale (1% e anche meno), però attraverso ripetute flottazioni essi possono essere arricchiti fino a contenere 60-90% di MoS2. Il minerale viene poi arrostito in modo da trasformare il solfuro in ossido, MoO3; se si opera a 600-700 °C si ottiene un ossido impuro, e se si opera a circa 1000 °C, l’ossido che si forma sublima e, per condensazione, lo si può avere a un grado di purezza molto elevato.
La riduzione dell’ossido a metallo si può fare per via alluminotermica (aggiungendo all’ossido ferro-silicio polvere di alluminio e fondenti) oppure, nel caso di ossido puro, per azione dell’idrogeno o del carbonio. Nel primo caso il prodotto si ottiene sotto forma di lega Fe-Mo; nel secondo, facendo avvenire la riduzione in forni rotativi, si ottiene il m. sotto forma di polvere costituita da particelle di qualche micron; la riduzione con carbonio si effettua di solito in crogioli e il prodotto è costituito da polvere di m. impura per la presenza di carburo, Mo2C3. Il metallo in polvere viene poi compresso e sinterizzato o fuso in corrente di idrogeno o con un sistema ad arco sotto vuoto, nel quale il m. in polvere costituisce un elettrodo che si consuma via via, passando allo stato fuso e raccogliendosi in forme raffreddate.
Dalla wulfenite, il m. si ottiene fondendo il minerale (arricchito per flottazione) con soda caustica e carbone, in caldaie di ferro; lisciviando poi con acqua si asporta il molibdato di piombo, lasciando un residuo formato da piombo impuro. Il molibdato può essere depurato e usato tal quale o trasformato in ferroleghe.
Il m. si usa allo stato puro e soprattutto come lega ferro-m., come supporto di filamenti nelle lampade, nei contatti elettrici, nei filamenti dei tubi a raggi X, negli schermi e griglie per fototubi, come elemento riscaldante in forni a resistenza. Il suo coefficiente di dilatazione è assai prossimo a quello del vetro, cosicché il m. si presta a essere saldato a esso. Si usa anche sotto forma di sottili rivestimenti resistenti all’usura applicati su altri metalli, ottenuti usando bacchette che vengono introdotte in speciali pistole a spruzzo a fiamma ossiacetilenica. Rivestimenti particolarmente resistenti anche all’ossidazione e all’usura a caldo, richiesti per es. nella tecnica missilistica, si ottengono applicando strati successivi, alternati, di m. e di allumina. Strati sottili di m. si applicano anche su materiali ceramici, come strati intermedi, per facilitare la saldatura fra ceramica e metallo: si ricopre il materiale ceramico, per es. a spruzzo, con uno strato di m. o, meglio, di m. e manganese dello spessore di qualche micron; questo strato viene poi ricoperto con nichel o rame, sul quale si fissano, mediante saldatura, le parti metalliche. Allo stato colloidale trova impiego anche come additivo lubrificante.
Le leghe ferrose del m. possono essere di più tipi: a) a basso tenore, dell’ordine di 0,1-0,4%; tale aggiunta, fatta a un acciaio da sola o in unione ad altri elementi, ne aumenta notevolmente la capacità di tempra, diminuendo al tempo stesso la fragilità, conseguente a quest’ultimo trattamento termico; b) ad alto tenore, dell’ordine del 2-4%; tale aggiunta fatta a un acciaio, per es. al nichel-cromo, ne accresce notevolmente la resistenza alla corrosione e alle alte temperature.
Le leghe speciali a base di nichel e di cobalto contenenti m. hanno notevole interesse nella costruzione di apparecchiature dell’industria chimica, nella costruzione di parti di motori a reazione, di razzi ecc., per i quali si presentano particolari problemi di resistenza alla corrosione a temperature elevate. Composti del m. sono impiegati in chimica, nella tecnologia ceramica ecc.
I molibdati sono i sali dell’acido molibdico (H2MoO4), con formula Me2MoO4, dove Me è un metallo monovalente. Isomorfi con i cromati, sono incolori, poco stabili; a eccezione di quelli alcalini sono poco solubili in acqua. Per acidificazione delle soluzioni di molibdati alcalini si verifica un processo di condensazione che porta alla formazione di polimolibdati, polianioni di varia composizione ma tutti contenenti il composto di coordinazione ottaedrico MoO6. Il più noto di questi sali complessi è il polimolibdato ammonico, detto anche molibdato di ammonio, (NH4)6Mo7O24: la sua soluzione si usa come reattivo dello ione fosforico, degli arseniati, del piombo, degli alcaloidi; è utilizzato anche in fotografia. Se l’acidificazione dei molibdati avviene in presenza di altri anioni ossigenati (fosfato, arsenicato, silicato ecc.) si ha la formazione di eteropolimolibdati (fosfomolibdato, silicomolibdato ecc.) noti sotto forma sia salina sia acida.