Parte dell’ottica fisica che si occupa dello studio dei fenomeni interferenziali della luce e delle loro applicazioni a scopo sia scientifico sia tecnico-industriale. I metodi interferometrici hanno grande importanza per la misurazione molto accurata di lunghezze; in particolare, è con riferimento a una misurazione interferometrica che si è fissata a più riprese (1927, 1960, 1983) la lunghezza del metro (➔) campione e di indici di rifrazione (➔), nonché per determinazioni spettrometriche; molto importante è anche l’applicazione che di essi si fa in astronomia per la realizzazione di filtri estremamente selettivi (➔ filtro) e per la misurazione del diametro di oggetti celesti.
In fisica quantistica, metodo innovativo usato in i., in cui si studia la correlazione non tra le fluttuazioni del campo elettrico, come avviene per l’interferenza classica, ma tra le fluttuazioni d’intensità (detta pertanto anche i. d’intensità). Questa metodologia, oltre a essere impiegata correntemente in ottica quantistica, è stata esportata in campi diversi della fisica, essendo sensibile alle proprietà di simmetria o antisimmetria della funzione d’onda del sistema rispetto alla permutazione tra particelle identiche. Questo tipo di i. è così denominata perché alla fine degli anni 1950 R. Hanbury Brown e R.Q. Twiss determinarono il diametro angolare di Sirio misurando le correlazioni tra le intensità di corrente ottenute dai rivelatori fotoelettrici di due telescopi posti a una certa distanza tra loro. È da notare come l’i. di Hanbury Brown-Twiss sia altamente non convenzionale, perché si è soliti associare i fenomeni di interferenza soltanto a onde che mantengono una differenza di fase fissa tra loro. Nell’i. Hanbury Brown-Twiss, invece, si ottiene l’interferenza tra le intensità di due onde sfruttando sistemi di rivelatori sufficientemente veloci, per poter misurare le correlazioni tra le fluttuazioni di intensità delle onde.
L’interferometro è lo strumento nel quale l’osservazione di frange d’interferenza prodotte in opportune condizioni viene usata per eseguire misurazioni e determinazioni varie, come la misurazione di lunghezze, quella di indici di rifrazione ecc. Gli interferometri più importanti per le applicazioni pratiche sono basati sull’interferenza di onde luminose, ma esistono anche interferometri per onde hertziane (radiointerferometri ➔ radiointerferometria), per raggi X e per onde sonore analoghi in sostanza agli interferometri ottici.
Interferometro ottico. - Dispositivo atto a dar luogo a un sistema osservabile di frange per interferenza di onde luminose provenienti da una medesima sorgente di luce e percorrenti cammini ottici diversi; la differenza di cammino ottico, e quindi la posizione delle frange, è regolabile mediante artifici che fanno variare o i cammini geometrici o l’indice di rifrazione lungo una parte dei cammini in questione. Artifici di questo secondo tipo si adottano quando lo strumento viene usato come rifrattometro; a quelli del primo tipo si ricorre invece quando si vogliono misurare lunghezze, in base alla relazione intercorrente tra l’interfrangia, i cammini dei raggi e la lunghezza d’onda della luce (➔ interferenza).
In fig. 1 è riportato lo schema di un interferometro ottico, che fu usato dall’ideatore, il fisico statunitense A. Michelson, per la misurazione assoluta (1894) della lunghezza del metro campione. In questo interferometro la luce emessa da una sorgente puntiforme a viene convertita dalla lente b in un fascio di raggi paralleli che vengono inviati a 45° su una lamina di vetro c a facce piane e parallele, di cui una, debolmente argentata, è semiriflettente; d è una seconda lamina identica a c e parallela a essa avente funzione compensatrice, mentre e e f sono due specchi piani, uno dei quali (f) è mobile; in g è l’occhio dell’osservatore, e h è una lente oculare. I raggi uscenti da a seguono due vie per giungere in g: la prima (tratteggiata nella fig.) è quella dei raggi che si riflettono sulla faccia argentata della lamina c, si riflettono sullo specchio f, e, ritornando, attraversano c e giungono in g; la seconda (punteggiata nella fig.) è quella seguita dai raggi che attraversano le lastre c e d, si riflettono sullo specchio e e, ritornando, giungono in g attraversando nuovamente d e riflettendosi sulla faccia argentata di c. Se e non è perfettamente ortogonale ai raggi incidenti, l’osservatore vede delle frange d’interferenza. I due cammini ottici possono essere variati sia traslando lo specchio f sia interponendo lungo i cammini sostanze rifrangenti.
Interferometro di Fabry e Perot. - I numerosi altri tipi di interferometri ottici usati in fisica e nell’industria differiscono da quello di Michelson solo nelle peculiarità costruttive, di volta in volta adattate allo specifico impiego dello strumento. Particolare menzione merita l’interferometro di Fabry e Perot (detto anche étalon di Fabry e Perot) che consente di mettere in evidenza piccole differenze di lunghezza d’onda e che si usa in spettroscopia per la risoluzione delle righe spettrali più fini. È costituito (fig. 2) da due lamine b, c piane parallele e a facce semiargentate; il fascio luminoso a, proveniente dalla sorgente, subisce una serie di riflessioni multiple fra le due facce, dando luogo a un gran numero di raggi emergenti che interferiscono fra loro nel piano focale posteriore e dell’obiettivo d.
Interferometro stellare. - Interferometro che permette di misurare i diametri angolari di alcune stelle, che è impossibile misurare direttamente, essendo l’angolo sotteso dal diametro stellare dell’ordine del millesimo di secondo d’arco, quindi molto inferiore alla risoluzione angolare di qualsiasi telescopio. Lo strumento può essere realizzato convogliando al fuoco di un telescopio la luce proveniente dalla stella in esame, incidente su due specchi di rimando rigidamente fissati al telescopio, separati tra loro alcuni metri, la cui distanza può essere variata. A causa dei cammini ottici leggermente diversi percorsi dai raggi provenienti da differenti regioni del disco stellare, si crea al fuoco del telescopio un sistema di frange luminose e scure, la cui analisi in funzione della distanza tra gli specchi permette di ricavare l’angolo sotteso dal disco stellare. Un simile interferometro fu suggerito da A.-H.-L. Fizeau e applicato per la prima volta da F. G. Pease, che nel 1920 misurò all’osservatorio di Mount Wilson il diametro angolare di Betelgeuse; fu modificato e perfezionato successivamente da A. Michelson. Negli anni 1950 e 1960 Hanbury Brown realizzò un interferometro stellare basato sull’i. di ampiezza: a differenza del tipo precedente, i due fasci provenienti dalla stella vengono rivelati da due rivelatori separati (fotomoltiplicatori) e l’interferenza viene studiata moltiplicando tra loro i segnali provenienti dai due rivelatori. Essendo tali segnali proporzionali all’intensità dell’onda luminosa si realizza una i. d’intensità, mentre nell’interferometro di Michelson e Pease si realizza l’interferenza tra i campi elettrici dell’onda elettromagnetica proveniente dalla stella.
L’interferometria di intensità è possibile grazie alla doppia natura, corpuscolare e ondulatoria, dei fotoni: l’arrivo di un fotone sul primo rivelatore rende leggermente più probabile l’arrivo di un altro fotone sul secondo rivelatore, provocando così la correlazione positiva che viene misurata. Gli esperimenti di Hanbury Brown su questo argomento negli anni 1950 avviarono lo sviluppo dell’ottica quantistica.
Interferometro quantistico superconduttore. - È un magnetometro ad altissima sensibilità basato sull’effetto Josephson (➔ SQUID).