Aree di a. Nome di alcune aree della corteccia cerebrale collegate ad aree di proiezione che, secondo P.E. Flechsig, presiederebbero alle più elevate funzioni della corteccia.
A. stellare Raggruppamento di stelle giovani, immerse in nebulosità di materia diffusa. Si hanno a. di tipo OB e a. di tipo T, a seconda che contengano più stelle di tipo spettrale da O a B2 o più stelle variabili tipo T Tauri. Ne sono note un centinaio, situate nella Via Lattea. Sono instabili come gli ammassi aperti, ma hanno maggiore estensione (diametro da 30 pc a 200 pc) e minor numero di componenti (da alcune unità a qualche centinaia).
A. vegetale (o fitocenosi) Comunità di piante con composizione floristica, fisionomia e struttura ben definite, determinata dall’interazione tra le diverse componenti biotiche e abiotiche dell’ambiente in cui si trova. Ciascuna è caratterizzata da una propria ampiezza sinecologica, cioè da un range di variazione dei singoli fattori ambientali entro cui la fitocenosi può svilupparsi, senza venire soppiantata da un’altra. Le a. vegetali più facilmente identificabili sono quelle in cui è presente una specie dominante (per es. pineta, faggeta ecc.).
Formazione di specie molecolari relativamente complesse per unione di due o più molecole semplici fra loro uguali. Fenomeni di a. si verificano in soluzione o fra gas: per es. le molecole di NO2 si associano per formare il dimero N2O4 (le due forme sono fra loro in equilibrio). L’a. è favorita dall’abbassarsi della temperatura; per es., per l’acido fluoridrico tende a dimerizzare al di sotto degli 80 °C. Si hanno fenomeni di a. nella maggior parte delle molecole contenenti gruppi −OH, quali l’acqua, gli alcoli, i fenoli ecc., in virtù della formazione di legami idrogeno. Nelle soluzioni di elettroliti l’a. porta alla formazione di coppie di ioni.
La libertà di a. è espressamente prevista e disciplinata all’art. 18 Cost. Essa rientra, insieme alla libertà di riunione (art. 17 Cost.), tra le c.d. libertà collettive, cioè tra quelle libertà che presuppongono una pluralità di soggetti, accomunati da un unico fine, il cui esercizio non si esaurisce nella difesa di una sfera di autonomia individuale, ma è volto alla realizzazione di quelle finalità.
La libertà di a. non era direttamente prevista nello Statuto albertino, ma la dottrina la deduceva dalla libertà di riunione (art. 32). Libertà di a. e libertà di riunione si distinguono tra loro perché, mentre la seconda è caratterizzata dalla materiale compresenza di più persone in un determinato luogo, la libertà di a. prescinde da questa, essendo rilevante, invece, il vincolo giuridico esistente tra gli associati. Ulteriori specificazioni costituzionali della libertà di a. sono, in particolare, la libertà di a. in confessioni religiose (artt. 7, 8 e 20 Cost.), quella di a. in sindacati (art. 39 Cost.), quella di a. in partiti politici (art. 49 e XII disp. trans. fin. Cost.; Partito politico): in questo senso, quindi, la libertà di a. costituisce uno degli aspetti fondamentali del pluralismo sociale ed è, a sua volta, una specificazione di quella tutela generale, riconosciuta all’art. 2 Cost., al singolo ed alle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
L’art. 18, co. 1, Cost. non riprende la distinzione contenuta nel codice civile tra a. riconosciute e non riconosciute e garantisce ad ogni cittadino (rectius persona) il diritto di associarsi liberamente «per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale», senza bisogno di un’autorizzazione preventiva: in sostanza, tutto ciò che è penalmente lecito al cittadino uti singulus, gli è ugualmente lecito uti socius. La libertà di a. contiene un profilo positivo (la libertà di costituire un’a. o di aderirvi) ed uno negativo (la libertà di non associarsi o di recedere da un’a.). Una deroga a questi principi è costituita dalle a. coattive, che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, sono giustificate solo quando lo esiga un interesse pubblico. La libertà di a. in generale comporta poi la libertà dell’a. di organizzarsi come meglio crede, mentre un riferimento alla struttura interna «a base democratica» e al «metodo democratico» sussiste ex artt. 39 e 49 Cost., nel caso rispettivamente dei sindacati e dei partiti politici.
I limiti della libertà di associazione. - Un limite generale alla libertà di a. è poi costituito dal divieto delle a. segrete e delle a. che, anche indirettamente, perseguano scopi politici attraverso un’organizzazione di tipo militare (art. 18, co. 2, Cost.). Con riferimento a queste ultime, è stata data pronta attuazione al testo costituzionale (d.lgs. n. 43/1948), mentre maggiori problemi sono sorti con riferimento al divieto di a. segrete, in quanto la disciplina legislativa di riferimento è stata adottata solo con la l. n. 17/1982. In particolare, la dottrina si è interrogata se tutte le a. che tendevano a non rendere pubblici gli elenchi dei loro aderenti rientrassero nel divieto ex art. 18, co. 2, Cost., ma è prevalsa una concezione restrittiva della nozione di segretezza, nel senso che si è ritenuto che rientrassero in esso solo le a. che perseguono scopi politici.
Secondo la l. n. 17/1982, le a. segrete vietate ex art. 18, co. 2, Cost. sono sciolte con d.P.C.m., previa deliberazione del Consiglio dei ministri, quando l’autorità giudiziaria ne accerti la segretezza con sentenza passata in giudicato. Un ulteriore limite alla libertà di a. è rappresentato dal divieto di ricostituzione del disciolto partito fascista, disposto alla XII disp. trans. fin. Cost. e disciplinato con la l. n. 645/1952.
In diritto civile, l’a. è un ente caratterizzato dall’organizzazione di più persone al fine di perseguire uno scopo comune non di lucro (sebbene talvolta l’a. esplichi un’attività economica per destinarne gli utili al conseguimento di uno scopo non lucrativo). L’a. agisce attraverso i suoi organi: l’assemblea degli associati, in cui si forma la volontà dell’a., e gli amministratori, che costituiscono l’organo di attuazione di tale volontà e rispondono di fronte all’assemblea. Vi sono fondamentalmente due tipi di a.: le a. riconosciute, disciplinate (unitamente alle fondazioni) dagli art. 14-35 del c.c., e le a. non riconosciute, la cui disciplina è dettata dagli art. 36-38 del codice civile.
A. riconosciute. - Si caratterizzano in quanto hanno personalità giuridica; si costituiscono attraverso atto pubblico, che deve contenere, insieme allo statuto, la denominazione, l’indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede, nonché le norme sull’ordinamento e sull’amministrazione e i diritti, gli obblighi e le condizioni dell’ammissione degli associati. La qualità di associato non è trasmissibile, salvo che la trasmissione sia consentita dall’atto costitutivo o dallo statuto. L’associato può sempre recedere dall’a., se non ha assunto l’obbligo di farne parte per un tempo determinato; in tal caso non ha diritto al rimborso delle quote versate. L’esclusione dell’associato non può essere deliberata dall’assemblea che per gravi motivi, e l’associato può ricorrere all’autorità giudiziaria entro 6 mesi dal giorno in cui gli è stata notificata la deliberazione. L’a. si estingue, oltre che per le cause previste dall’atto costitutivo e dallo statuto, quando lo scopo sia stato raggiunto o sia divenuto impossibile, ovvero quando tutti gli associati siano venuti a mancare.
A. non riconosciute. - Sono prive di personalità giuridica; il loro ordinamento e la loro amministrazione sono regolate dagli accordi tra gli associati. Non hanno un patrimonio ma un fondo comune, che comprende i contributi degli associati e i beni acquistati con questi contributi, ma delle obbligazioni assunte rispondono le persone che hanno agito in nome e per conto dell’a., per cui si dice che hanno un’autonomia patrimoniale imperfetta. Le a. non riconosciute possono essere proprietarie di beni immobili (art. 2659 c.c.). Sono a. non riconosciute i partiti politici e i sindacati.
A. in partecipazione Contratto con il quale una parte (associante) attribuisce all’altra (associato) una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, verso il corrispettivo di un determinato apporto, consistente generalmente in una somma di danaro o in una prestazione d’opera (art. 2549-2554 c.c.). Con l’a. in partecipazione non si dà vita a un patrimonio comune, né a un’attività economica giuridicamente comune, ma semplicemente a rapporti interni tra le parti. La gestione dell’impresa o l’esecuzione dell’affare restano, infatti, imputabili al solo associante, cui spettano inoltre i relativi diritti e obblighi verso i terzi. Se non diversamente pattuito, l’associato ha diritto a percepire utili in proporzione al valore dell’apporto, da corrispondersi con cadenza annuale per il caso di gestione superiore a un anno. Salvo diversa previsione, l’associato partecipa inoltre alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, e per un valore massimo pari a quello dell’apporto. Tra i diritti spettanti all’associato vi è quello, previsto dalla legge e al quale altri possono aggiungersi da contratto, di ricevere il rendiconto dell’affare compiuto o una rendicontazione annuale in caso di gestione pluriennale.
A. temporanea di imprese Forma di cooperazione occasionale fra imprese, posta in essere al fine di eseguire congiuntamente un’opera o una fornitura, altrimenti irrealizzabile da parte di ciascuna impresa singolarmente considerata. Perché si possa costituire un’a. temporanea di imprese, le imprese partecipanti debbono conferire un mandato collettivo con rappresentanza a una di loro, detta capogruppo. Unica legittimata a formulare un’offerta nei confronti dell’ente appaltante l’opera in nome e per conto di tutte le imprese è la capogruppo, che curerà inoltre tutti i rapporti con il committente. Caratteristica ulteriore delle a. temporanee di imprese è la conservazione, da parte delle imprese partecipanti, della propria autonomia giuridica, economica e operativa. Se l’opera da eseguire è scorporabile in parti distinte, responsabile per l’intera opera è normalmente solo la capogruppo, che risponderà inoltre solidalmente con le singole imprese per le parti da queste realizzate; diversamente, per l’intera opera risponderanno solidalmente tutte le imprese dell’a., e il committente potrà chiedere il risarcimento dei danni, per l’intero, a una qualsiasi di loro.
A. per delinquere Organismo plurisoggettivo composto da tre o più persone, capace di porre in essere una condotta collettiva al fine di realizzare un programma criminoso. Si caratterizza per un vincolo associativo tendenzialmente permanente, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti programmati, per l’indeterminatezza del programma criminoso e per una struttura organizzativa idonea a realizzare gli obiettivi delittuosi prefissati. Sotto quest’ultimo profilo non è necessaria un’organizzazione formale, con gerarchie interne e precisa distribuzione di cariche, né risulta rilevante l’esistenza di una complessa predisposizione di mezzi, essendo sufficiente la consapevolezza da parte di ciascun associato di far parte del sodalizio e di partecipare, con contributo causale, alla realizzazione del programma criminale. Essendo un reato di pericolo, è sufficiente la costituzione dell’a. ai fini della punibilità del delitto. L’elemento soggettivo è il dolo specifico. L’art. 416 del c.p. distingue la promozione, la costituzione e l’organizzazione dalla semplice partecipazione all'a. prevedendo la reclusione da tre a sette anni nei primi 3 casi e la reclusione da uno a cinque anni nell’ultimo.
A. per delinquere di tipo mafioso L’art. 416 bis del c.p., introdotto dalla l. 646/1982, stabilisce che l’a. è di tipo mafioso quando i suoi membri si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo, e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, od ostacolare il libero esercizio del voto o procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali. Essendo la capacità di sopraffazione l’elemento peculiare del metodo mafioso, carattere fondamentale di questo tipo di a. è la forza intimidatrice, intesa come possibilità di avvalersi della pressione derivante dal vincolo associativo, a prescindere dal compimento di specifici atti intimidativi.
L'a. si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento delle attività dell'a., di armi o materie esplodenti, anche se occultate e tenute in un luogo di deposito.
Le disposizioni di questa norma si applicano inoltre alla camorra e alle altre a. che perseguono scopi corrispondenti a quelli delle a. di tipo mafioso.
In ambito tributario le a. sono considerate fra i soggetti passivi dell’Imposta sul Reddito delle Società (IRES) e dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA). Il Testo Unico sulle Imposte sui Redditi (TUIR) fa riferimento alle a. nell’art. 73, lettere b, c, d. Nella lettera b rientrano sia le a. riconosciute come persone giuridiche sia quelle non riconosciute come persone giuridiche; la norma ipotizza che l’a. possa esercitare in via esclusiva o principale attività commerciale. Poiché, tuttavia, le a. hanno in genere carattere diverso, si ritiene, piuttosto, che ricadano nell’ipotesi di cui alla lettera c dello stesso articolo, che considera rientranti nell’ambito di applicazione del tributo gli stessi soggetti indicati nella precedente lettera b non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale. Sono, inoltre, considerate soggetti passivi d’imposta, alla lettera d, le a. che non hanno nel territorio dello Stato la sede legale o amministrativa né l’oggetto principale.
Una disciplina particolare è prevista dall’art. 148 del TUIR per la determinazione del reddito degli enti non commerciali a struttura associativa, al fine di tener conto della possibilità di esercitare attività (non principali) rivolte ai propri associati. Tale disciplina prevede, in via generale, che non siano considerate commerciali le attività svolte in conformità alle finalità istituzionali nei confronti degli associati o partecipanti delle a. e che non concorrano a formare il reddito complessivo di tali enti le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o di contributi associativi: tale regola sancisce l’irrilevanza reddituale di queste componenti in ragione della loro natura essenzialmente patrimoniale, assimilabile concettualmente ai conferimenti societari. Sono invece considerate commerciali le attività consistenti nella cessione di beni o nella prestazione di servizi ad associati o terzi verso corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinate in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Per le a. che si conformino nell’atto costitutivo o nello statuto a determinate clausole previste dal co. 8, art. 148 (quali, per es., il divieto di distribuzione di utili o avanzi di gestione; l’intrasmissibilità della quota o del contributo associativo a eccezione dei trasferimenti a causa di morte) è inoltre prevista l’applicazione delle disposizioni recate nei co. 3, 5, 6 e 7 dell’art. 148. Sono clausole che attestano l’effettività, la stabilità e la non lucratività del rapporto associativo e la cui ricezione determina l’applicazione di una disciplina agevolativa, tendente a promuovere le aggregazioni associative che perseguono finalità giudicate meritevoli di protezione sociale. Anche ai fini dell’IVA le a., in base al combinato disposto degli art. 1 e 4 del d.p.r. 633/26 ottobre 1972, possono avere per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale oppure possono svolgere solo marginalmente tale attività. Nel caso più frequente di a. che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, vengono considerate imponibili, oltre alle attività di natura commerciale esercitate, anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici o di contributi supplementari, determinati in funzione di maggiori o diverse prestazioni alle quali hanno diritto.
A. e società sportive Strutture plurisoggettive per l’esercizio di attività sportiva. Previste per la prima volta dalla legge istitutiva del CONI (l. 426/16 febbraio 1942) furono disciplinate dal relativo regolamento di attuazione (d.p.r. 4530/2 agosto 1974) che assegnava loro la funzione di inquadramento degli atleti professionisti o dilettanti e ne prevedeva il riconoscimento da parte del CONI e l’affiliazione a una Federazione Nazionale, imponendo altresì l’esclusione di qualsiasi scopo lucrativo. Con ciò veniva generalizzata la deviazione dallo schema civilistico del contratto di società, già prevista dal regolamento varato dalla FIGC per le società calcistiche, alle quali era stato imposto di assumere la forma di S.p.A. o S.r.l., ma senza possibilità di distribuire ai soci utili o residui attivi di liquidazione. La l. 91/23 marzo 1981, contenente norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, confermò tale impostazione, imponendo che negli statuti fosse previsto il totale reimpiego di eventuali utili per lo svolgimento di attività sportive. La società sportiva rappresentava, quindi, una delle ipotesi più rilevanti di società senza scopo di lucro, situazione questa che determinò numerosi dissensi in dottrina e, per altro verso, non impedì alla giurisprudenza di accertare in dette società il carattere di imprese commerciali (di spettacoli sportivi), come tali assoggettabili al fallimento. La stessa legge, inoltre, prevedeva una complessa disciplina in materia di costituzione e affiliazione delle società sportive e di controlli da parte delle Federazioni competenti sulla gestione e sulle singole deliberazioni concernenti atti di straordinaria amministrazione, controlli che culminavano nel potere di provocare la messa in liquidazione della società in caso di gravi irregolarità. Questa disciplina ha fatto della società sportiva una fattispecie di diritto speciale, almeno fino alla entrata in vigore della l. 586/18 novembre 1996 che ha introdotto modifiche sostanziali alla legislazione precedente, reintroducendo la possibilità per le società sportive di distribuire utili ai soci e riducendo i penetranti poteri di controllo delle Federazioni alla semplice funzione di garantire la regolarità dei campionati sportivi e al potere di proporre l’azione per attivare il controllo giudiziario (ex art. 2409 c.c.). Si è così aperta la via per il tendenziale ritorno delle società sportive nell’alveo del diritto comune, con una sostanziale equiparazione delle stesse alle altre società, anche di capitali e persino quotate in Borsa.
In materia tributaria, l’esercizio delle attività sportive in forma associata assume particolari caratteri. In via generale, è possibile distinguere, sul piano soggettivo, le società e le a. sportive. Per quel che concerne le società sportive, con l’emanazione della l. 91/23 marzo 1981 (normativa ad hoc sullo svolgimento dell’attività sportiva in ambito professionistico), si è previsto che possano stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella forma di società per azioni o società a responsabilità limitata. Coerentemente alla loro natura di enti commerciali, si inquadrano tali soggetti nell’ambito di quelli rilevanti ai fini dell’Imposta sul Reddito delle Società (IRES) ai sensi dell’art. 73, co. 1, lett. a del TUIR e si qualifica il reddito prodotto quale reddito d’impresa da determinare secondo le regole ordinarie. Le società in esame, ai sensi delle disposizioni previste dal d.p.r. 600/1973, sono obbligate alla tenuta delle scritture contabili, agli adempimenti derivanti dallo status di sostituto d’imposta nonché, in qualità di soggetti passivi, alla presentazione della dichiarazione dei redditi. Le a., invece, costituiscono una categoria di soggetti caratterizzati da una propria autonomia e da una capacità sostanziale e processuale, quindi, in aderenza a quanto disposto dal TUIR, anch’esse sono annoverate tra i soggetti passivi IRES. In caso l’a. sportiva, in virtù dell’atto costitutivo e dell’attività effettivamente esercitata, sia inquadrata nel comparto degli enti commerciali, per la determinazione del reddito complessivo fiscalmente rilevante si applicheranno le norme previste al capo II del TUIR, analogamente a quanto previsto in generale per le società sportive. Salvo regimi particolari, nel caso l’a. sportiva assuma la veste di ente non commerciale, la regola generale per la determinazione del reddito è contenuta nel co. 1 dell’art. 143 del TUIR. La disciplina, ai fini IVA, risulta omogenea ai principi generali dell’imposta.
Unione di organismi di una specie in coppie o branchi, stormi, società (➔). Il suo vantaggio, consiste nelle maggiori probabilità di sopravvivenza (derivanti dall’efficienza nella difesa, nella ricerca del cibo, nella cura della prole ecc.) e di riproduzione.
Per a. si intende anche una comunità di esseri viventi di specie diverse, più o meno dipendenti gli uni dagli altri, che si riproducono e si conservano in modo permanente in un ambiente limitato o in una data stazione (biocenosi).
Fenomeno per cui uno stimolo richiama alla coscienza del soggetto uno o più eventi. Le principali variabili connesse ai fenomeni associativi sono la frequenza con cui compaiono determinate a., il tipo di relazione esistente fra stimolo ed evento associato e il tempo impiegato dal soggetto a completare il processo associativo.
L’esperimento tipico per lo studio delle a. è quello in cui lo sperimentatore pronuncia una parola-stimolo e il soggetto deve rispondere con la prima parola-reazione che gli viene in mente. Si è visto che alcune a. tendono a presentarsi con una frequenza nettamente più alta delle altre, tanto che in alcuni casi le a. individuali, non usuali, arrivano ad avere un’incidenza inferiore all’1‰. Poiché queste incidenze presentano una notevole costanza, almeno nella stessa popolazione, sono state compilate tabelle che permettono di misurare, attraverso le a. compiute dal soggetto, il suo grado di ‘conformità’. Per quanto riguarda il tipo di relazione esistente tra parola-stimolo e parola-reazione, gli studi compiuti in questo senso mostrano che le a. più banali sono quelle basate sulle caratteristiche formali dello stimolo (a. per rima, assonanza ecc.), mentre quelle contenutistiche, basate sul significato della parola-stimolo, sono in genere più complesse e ricche di implicazioni personali di vario tipo. Già Aristotele aveva stabilito che le a. rispondono a tre tipi essenziali di relazione: la somiglianza, il contrasto e la contiguità temporale e spaziale (‘leggi associative’); queste categorie sono state ampiamente confermate dalla sperimentazione moderna. Gli studi sui tempi di reazione, realizzati con precisione solo dall’inizio del Novecento, hanno permesso di evidenziare nuove costanti. Si è visto, per es., che il tempo di reazione è inversamente proporzionale al grado di conformità delle risposte. Il tempo di reazione presenta, inoltre, andamenti caratteristici negli esperimenti sulle a. controllate, là dove la possibilità di scelta del soggetto è limitata dall’istruzione di mantenersi entro certi settori (per es., nomi di animali, nomi di città ecc.). In genere le a. controllate compaiono in tempi più brevi di quelle non delimitate, e negli esperimenti in cui si chiede ai soggetti di produrre fino a esaurimento questo tipo di a. («svuotamento» della riserva associativa) risulta che tanto maggiore è l’ampiezza del campo di scelta del soggetto, tanto maggiore è il ritardo delle sue risposte (W.A. Bousfield, 1944-1950).
Si dicono a. religiose i gruppi nei quali il vincolo che unisce i singoli membri ha carattere sacrale, cioè né politico né di altra natura; ciò non impedisce che a. religiose intervengano largamente nella vita politica della comunità entro la quale si costituiscono. Le a. religiose si trovano tanto tra popolazioni primitive quanto tra quelle in cui si è sviluppata una religione nazionale, dove cioè la società religiosa è intimamente legata con la vita della società politica e coestesa con essa. Nel primo tipo rientrano le numerose società segrete primitive, nel secondo tanto le ‘società’ o ‘scuole’ di profeti (nĕbi’īm ecc.) del mondo semitico, quanto le a. a scopo di culto (tìaso, éranos) in Grecia e soprattutto, nella Grecia stessa, in Frigia, in Egitto, nel mondo semitico e iranico, i misteri, non entrati a far parte della religione nazionale.
Diverse da queste sono quelle società religiose, che, in quanto autonome e perseguenti fini essenzialmente religiosi e con tendenze supernazionali e universalistiche, presentano affinità con il cristianesimo e perciò, e per influsso di esso, sono spesso designate con il nome di Chiese. Nel loro ambito è frequente, specialmente nel cristianesimo, il fenomeno del distacco di gruppi di insoddisfatti e ribelli, scismatici ed eretici, che a loro volta costituiscono nuove società religiose, le quali, rivendicando per sé il possesso della verità e svolgendo un’azione di proselitismo in senso universalistico, si pongono a loro volta come Chiese. A. religiose private possono trovarsi anche accanto a una Chiesa o nell’interno di essa; in tal caso vanno distinte quelle che, sia per essere composte esclusivamente da appartenenti alla Chiesa sia per altri caratteri, possono chiamarsi religiose ma hanno scopi più largamente umanitari, di beneficenza, mutuo soccorso ecc.; e quelle che mirano invece a uno scopo essenzialmente religioso.
Nella Chiesa cattolica, ove il diritto di a. è riconosciuto come diritto fondamentale di ogni fedele, laico, religioso o chierico che sia (Cod. iur. can., can. 215), si distinguono le a. pubbliche, quelle cioè erette dall’autorità competente (S. Sede, conferenza episcopale, vescovo diocesano), che sono costituite in persona giuridica e ricevono una specifica missione per i fini che intendono conseguire in nome della Chiesa (can. 312-320), e le a. private, dirette e presiedute dai singoli fedeli, secondo le disposizioni degli statuti (can. 321-326). Le prime sono più strettamente congiunte con l’autorità gerarchica della Chiesa e agiscono in nome e per mandato della Chiesa; le seconde sono più libere, agiscono in nome degli stessi fedeli che le compongono, pur essendo comunque soggette alla vigilanza dell’autorità ecclesiastica, e possono acquistare personalità giuridica per decreto formale della medesima autorità, senza cambiare la natura privata dell’associazione. Le a. dei fedeli, in base all’accordo di revisione del Concordato del 1929 tra l’Italia e la S. Sede, possono essere riconosciute agli effetti civili, secondo le disposizioni stabilite nelle norme applicative. Esistono poi diversi movimenti, gruppi, a. di carattere apostolico, che si dicono ecclesiali secondo precisi criteri di valutazione, come le a. di azione cattolica.
A. cultuali ( associations cultuelles) Enti creati in Francia dalla l. 9 dicembre 1905 in sostituzione degli antichi enti ecclesiastici, cui veniva tolta la capacità giuridica. Furono condannate da Pio X (1906), mentre furono riconosciute conformi così al diritto canonico come alla legge francese le a. diocesane, approvate da Pio XI (1924): presiedute dal vescovo, non hanno ingerenza alcuna nel governo spirituale della diocesi, mentre provvedono alle spese e al mantenimento del culto.
Gruppo provvisto di una organizzazione specifica, finalizzata al conseguimento di uno scopo o comunque funzionale agli interessi dei singoli membri del gruppo. L’a. si distingue quindi dall’istituzione in quanto della prima si fa parte, alla seconda si è sottoposti. Nella ‘sociologia formale’ (G. Simmel, L. von Wiese), il termine è usato per indicare l’unità elementare dell’agire sociale (prescindendo dalle dimensioni dell’a.), le cui forme sono considerate cruciali per lo studio sistematico della società. Talvolta è usato nel senso attribuito da F. Tönnies a Gesellschaft, in contrapposizione a Gemeinschaft (comunità), cioè nel senso di una organizzazione sociale dipendente da obblighi contrattuali, emergente con l’avvento della società industriale, di contro alla solidarietà connessa ai vincoli di sangue e di vicinato, tipica della società contadino-artigianale. Tönnies chiarisce che ogni tipo di a. può contenere elementi societari ed elementi comunitari, con ciò prefigurando l’analisi delle interrelazioni fra rapporti formali, secondari, e rapporti informali, primari, all’interno delle organizzazioni, più tardi sviluppata dai sociologi industriali e dell’organizzazione.
L’a., in sostanza, costituisce una struttura che si colloca a metà strada fra il gruppo spontaneo e l’istituzione. In base a tale considerazione, alcuni sociologi di orientamento liberale (E. Shils, D. Bell) hanno ritenuto di individuare nello sviluppo dell’associazionismo, specie volontario, lo strumento fondamentale di preservazione dell’ordine sociale democratico, pluralisticamente strutturato in modo tale da soddisfare l’istanza di partecipazione che la società di massa può favorire.