C. internazionale La società degli Stati e degli altri enti le cui relazioni reciproche sono rette dal diritto internazionale. Tralasciando i rapporti tra enti sovrani, esistenti fin dall’antichità, la c. internazionale si è formata, nella configurazione attuale, tra il 15° e il 17° sec., in seguito alla progressiva erosione dell’autorità temporale del Sacro Romano Impero e di quella spirituale del papato sui molteplici enti in cui era frammentato il potere politico nel sistema feudale, e parallelamente alla formazione dei moderni Stati nazionali. La dottrina prevalente ne fa risalire l’origine alla pace di Vestfalia (1648), che pose fine alla guerra dei Trent’anni tra paesi cattolici e protestanti e segnò, di fatto, la nascita di una pluralità di Stati sovrani e indipendenti (reges superiorem non recognoscentes). La c. internazionale si configura pertanto come società paritaria, di coordinazione, sprovvista, a differenza delle c. nazionali, di un potere di governo centralizzato e quindi tendenzialmente anarchica. Essa ha mantenuto sostanzialmente inalterati tali caratteri, sebbene a partire dal 20° sec. lo sviluppo dell’organizzazione internazionale abbia introdotto notevoli elementi istituzionali.
Soggetti primari della c. internazionale sono gli Stati; politicamente, al predominio dei paesi dell’Europa nel 19° sec. (cosiddetto concerto europeo) ha fatto seguito, nel 20° sec., quello degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica quali potenze mondiali contrapposte (periodo della guerra fredda, conclusosi nel 1989, con la caduta del muro di Berlino); la composizione della c. internazionale si è inoltre profondamente modificata negli anni 1960 e 1970, con la formazione degli Stati sorti dalla decolonizzazione, che ha fatto emergere una nuova contrapposizione, tuttora presente, tra stati industrializzati e paesi in via di sviluppo. Tra i membri della c. internazionale si annoverano anche enti diversi dagli Stati, come le organizzazioni intergovernative, la Santa Sede, gli insorti, ai quali il diritto internazionale riconosce personalità giuridica; tra questi non sembra possano essere compresi – nonostante isolate opinioni contrarie nella dottrina – gli individui.
C. israelitica Sulla base dell’art. 2 della l. 1159/1929 e del r.d. 1731/1930, l’ordinamento italiano ha attribuito potestà normativa tributaria alle c. israelitiche. La c. israelitica costituisce un ente ecclesiastico che cura l’esercizio del culto, l’istruzione e l’educazione religiosa, promuove la cultura ebraica provvedendo a tutelare gli interessi collettivi degli ebrei in sede locale, contribuisce (secondo la legge e la tradizione ebraica) all’assistenza degli appartenenti alle c. stesse. Sulla base dell’esercizio di tale potestà, ciascun iscritto alla c. è tenuto al versamento di un imposta sul reddito complessivo (ovunque prodotto), allo scopo di assicurare alla c. stessa lo svolgimento delle attività istituzionali. Il tributo è determinato in base ad aliquote progressive, fissate ogni anno dal Consiglio della Comunità, contestualmente all’approvazione del bilancio preventivo. La riscossione di tale tributo avviene sulla base dei ruoli.
La sentenza 239/1984 della Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’art. 4 del r.d. 1731/1930 (per contrasto con gli art. 2, 3, 18 della Costituzione) in base al quale erano soggetti all’imposta tutti coloro che erano israeliti e risiedevano nel territorio di pertinenza della c., senza la necessità che confermassero l’appartenenza alla c. (e quindi la volontà di contribuire a favore della stessa) con una espressa manifestazione di consenso. Non essendo più in vigore il suddetto articolo, sono ora tenuti alla contribuzione obbligatoria soltanto i cittadini israeliti che manifestano tale volontà. La natura volontaria della partecipazione alla c. non fa venir meno il carattere coattivo: non si dubita, quindi, sulla natura tributaria della contribuzione a favore della comunità.
C. montana Unione di Comuni montani o parzialmente montani, anche appartenenti a Province diverse, costituita con provvedimento del presidente della giunta regionale per la valorizzazione delle zone montane allo scopo di promuovere la valorizzazione delle zone, l’esercizio associato delle funzioni comunali e la fusione di tutti o di parte dei comuni associati (l. 142/8 giugno 1990; modificata da d. legisl. 267/18 agosto 2000).
Insieme di popolazioni di specie diverse che occupano una determinata area, sono tra loro interconnesse da relazioni funzionali e persistono in tale associazione nel tempo. Da un punto di vista strutturale le c. possono essere rappresentate dalla cosiddetta lista di specie, che esprime l’insieme dei costituenti della c. stessa e fornisce indicazioni qualitative sulla comunità. È possibile implementare tale lista aggiungendo, per ciascuna specie, l’entità con cui ognuna di esse è rappresentata (di solito come numero di individui per specie): in questo caso la lista dà indicazioni quantitative che permettono di identificare le specie dominanti e quelle rare, la diversità del sistema ecc. Da un punto di vista funzionale, i vari elementi del sistema, cioè le popolazioni, sono tra loro strettamente interconnessi attraverso le reti trofiche (o alimentari; ➔ rete) che permettono il trasferimento da un elemento all’altro di materia ed energia sotto forma di cibo. Di fondamentale importanza nella definizione di c. è la dimensione temporale: la persistenza nel tempo dell’associazione è una condizione necessaria all’identificazione della c., sebbene c. differenti possano avere scale temporali diversissime (per es., una foresta e una pozza temporanea).
C. scolastica Con questa espressione (l. 477/30 luglio 1973 art. 2) s’intende comunemente l’insieme dei soggetti che a vario titolo partecipano o sono comunque interessati alla vita della scuola e ai servizi che essa svolge (➔ consiglio).
C. ecclesiale di base Denominazione di piccoli gruppi di cattolici costituitisi, dopo il Concilio Vaticano II, soprattutto nell’ambito delle parrocchie, con finalità comuni (vivere una più intensa vita ecclesiale, ricercare dimensioni più umane difficilmente raggiungibili in c. troppo vaste, radunare i fedeli dove la carenza di clero non favorisce la normale vita parrocchiale). C. di questo tipo sono diffuse soprattutto in America Latina. In Europa alcune c. di base si sono contraddistinte per uno spirito critico fortemente politicizzato nei confronti della Chiesa istituzionale.
Collettività all’interno della quale i membri condividono la maggior parte o la totalità delle proprie attività, sviluppando intense relazioni interpersonali, oppure collettività che condivide una porzione di territorio per le proprie attività quotidiane. La dicotomia tra c. e società è stata introdotta da F. Tönnies: la c. rappresenterebbe una forma di convivenza fondata sul sentimento di appartenenza e su una fusione delle volontà individuali derivante dalla percezione di similarità di ciascun individuo rispetto agli altri; la società sarebbe invece caratterizzata da una maggiore divisione dei ruoli e quindi una maggiore percezione delle differenze individuali e, al suo interno, sarebbero il contratto e lo scambio a fornire coesione sociale.