Causa di giustificazione prevista dall’art. 50 c.p., in base alla quale non è punibile chi lede o mette in pericolo un diritto con il c. della persona offesa. Posta la rilevanza dell’autonomia privata anche in campo penale, l’efficacia del c. non è illimitata. L’illecito compiuto è infatti scriminato dal c. del soggetto passivo solo se questi esercita tale facoltà in riferimento ai cosiddetti diritti disponibili. Sono generalmente considerati tali i diritti patrimoniali e gli attributi della personalità, quali l’onore, la libertà morale e personale, la libertà sessuale e quella di domicilio. Rispetto al bene dell’integrità personale, l’art. 5 c.c. pone un duplice ordine di limiti: il c. è irrilevante e privo di efficacia rispetto a lesioni produttive di una diminuzione permanente dell’integrità fisica o contrarie alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. Sono generalmente considerati indisponibili i diritti che si riferiscono allo Stato, agli enti pubblici, alla famiglia.
Per escludere l’illiceità penale, il c. deve essere valido. È tale se prestato dal soggetto passivo del reato, titolare del diritto disponibile e dotato di capacità d’agire; deve essere altresì immune da dolo, violenza o errore, e deve sussistere al momento del fatto: non scrimina infatti il c. successivo o la ratifica. Il c. è putativo quando il soggetto agisce nell’erronea convinzione della sua esistenza; tacito se desunto dal comportamento univoco dell’avente diritto.
C. informato Adesione consapevole del paziente alle decisioni sul trattamento terapeutico da seguire, realizzata attraverso un’informazione esaustiva sulle sue condizioni di salute e, soprattutto, sui rischi connessi alla terapia.
Fondamento giuridico del c. informato è la salute, bene riconosciuto dalla Costituzione italiana (art. 32), che, visti anche gli art. 2 e 13 sui diritti fondamentali e la libertà personale, rende lecito l’atto medico solo in presenza di un c. pieno, libero, consapevole e volontario da parte del soggetto. A tal fine, è necessario che il c. non rappresenti una mera formalità, frutto di una sterile e fredda comunicazione tra medico e paziente, ma costituisca il fondamento per un’autentica alleanza terapeutica, centrata sulla dignità, il rispetto e l’autodeterminazione. In termini etico-psicologici, ciò implica la capacità da parte del medico di mostrare empatia, attraverso una comunicazione che lasci trasparire, sul piano verbale e gestuale, il suo interesse umano per il paziente. Il contenuto etico del c. riguarda il tipo di informazione da dare, e quindi la verità sulle reali condizioni di salute del paziente, le modalità con cui tale verità può essere comunicata e la scelta dei mezzi diagnostico-terapeutici.
Nel 1992 il Comitato nazionale per la bioetica ha esplicitato tali aspetti nel documento C. informato all’atto medico, che nel delineare il comportamento medico ai fini del c. ne stabilisce i requisiti fondamentali: capacità di comprensione della personalità e della cultura del paziente, per favorire il formarsi di una volontà effettiva; trasmissione delle informazioni più gravi e complesse con circospezione, prudenza, e semplicità, nel rispetto della verità e della completezza, affinché il paziente possa affrontare responsabilmente la realtà. La documentata volontà della persona di non essere informata o di delegare a terzi l’informazione va sempre rispettata (diritto a non sapere). Il c. deve essere scritto ogniqualvolta si renda necessaria una manifestazione inequivocabile e documentata della volontà del paziente, o di chi ne abbia la tutela. Innanzi all’ipotesi di rifiuto del c. (dissenso informato), il fondamentale principio di indisponibilità della vita costituisce un limite alla possibilità di dare priorità assoluta al principio di autodeterminazione del soggetto. In particolare, lo stato di necessità (art. 54 c.p.) in vista della salvaguardia della vita del paziente può giustificare in casi estremi il dovere di intervento anche in mancanza della manifestazione della volontà (per incoscienza o incapacità).
Per approfondire Consenso informato di Christian Hick (Enciclopedia della Scienza e della Tecnica)
Metodo del consenso Processo decisionale all’interno di una collettività che prevede il raggiungimento di una posizione condivisa da tutti i partecipanti attraverso il confronto e la mediazione. Il metodo del c. si distingue in tal senso tanto dai metodi basati sul principio della maggioranza quanto da quelli basati sul principio di autorità.