Il venire al mondo di un essere umano, sia con preciso riferimento all’evento fisiologico del parto, sia con significato più ampio e generico, come inizio dell’esistenza.
Le forme dell’organizzazione sociale e le idee magico-religiose determinano presso i vari popoli il modo con cui viene accolto il nascituro. In genere, predomina il concetto di preservare sia il parto in sé stesso, sia la madre, sia, e ancor più, il neonato da influenze maligne; ma anche il gruppo sociale dall’impurità del parto stesso e del sangue, mediante varie pratiche apotropaiche. Di esse fa parte l’eliminazione del cordone ombelicale (non di rado reciso dalla madre stessa) e della placenta: taluni popoli tuttavia conservano il cordone, disseccato, come amuleto, o sotterrano la placenta, per conservarla, ritenendo che esista un legame di ‘simpatia’ tra essa e il neonato. All’atto della n. seguono, presso varie popolazioni, deformazioni o mutilazioni, sia per ragioni estetiche sia per ragioni rituali (la modificazione del cranio operato da antiche popolazioni messicane; varie forme di perforazione di parti del corpo ecc.). Riti essenziali sono quelli del riconoscimento del neonato da parte del padre, per cui si ricorre a ordalie ritenute atte a stabilire se sia o no legittimo (se si incorpori in lui lo spirito di un antenato); dell’imposizione del nome, cui è collegata la sorte della persona, data la diffusa credenza nell’assoluta identità tra nome e anima, e, presso taluni popoli, della presentazione alla divinità (sole, luna, spiriti); con ciò il neonato è ammesso a far parte del gruppo. Parti prematuri, di nati morti, o comunque anormali o strani, sono per lo più considerati come conseguenza o prova di una colpa: di qui l’uccisione o l’esposizione, quando non sia determinata da ragioni economiche o d’altro ordine. I gemelli sono spesso considerati creature straordinarie.
Nell’antichità classica, riti caratteristici che seguivano la n. erano le Anfidromie e il dies lustricus (di purificazione, 8 o 9 giorni dopo la n., quando si imponeva il prenome al neonato) per i quali il fanciullo entrava a far parte della famiglia. Pratiche rituali diffuse nel folclore dei popoli occidentali erano, per es., il piantare un albero, simbolo dell’esistenza del neonato, il bagno (per es., con vino), gli usi relativi all’imposizione del nome ecc., con modificazioni dovute all’influsso del cristianesimo, per cui, per es., la creatura, ancora pagana, non poteva essere avvicinata da estranei, prima del battesimo. Assai diffuse anche le tecniche rituali e divinatorie per indovinare il sesso del nascituro o il destino della persona dalle circostanze della nascita.
Controllo delle n. In generale, le pratiche di controllo della fertilità umana (in particolare contraccezione, sterilizzazione e aborto), con riferimento sia alle singole famiglie sia alla popolazione di un paese o di un gruppo di paesi. In tal senso, il controllo delle n. viene utilizzato come strumento per l’attuazione dei programmi sociali di pianificazione familiare e di controllo demografico. Sia per le origini di questa pratica, sia per le implicazioni politiche, economiche e sociali che possiede, essa solleva una molteplicità di questioni etiche.
Fino a quando il tasso di natalità ha avuto solo un modesto margine di vantaggio su quello di mortalità, la popolazione mondiale è cresciuta lentamente. Con la rivoluzione industriale e il progresso scientifico e tecnologico, il tasso di mortalità è andato declinando, mentre è iniziata una crescita della popolazione come mai si era verificata. Tale crescita, tuttavia, nelle zone del mondo occidentale è stata equilibrata da un abbassamento del tasso di natalità. Il diffondersi dei successi della medicina dei paesi industrialmente sviluppati ha consentito di ottenere, sia sul piano preventivo sia su quello curativo, risultati di rilievo anche nei paesi in via di sviluppo. La curva di crescita della popolazione mondiale ha pertanto assunto un andamento di tipo esponenziale, legato soprattutto alla situazione demografica dei paesi in via di sviluppo. Si calcola che la popolazione mondiale ammontasse all’inizio dell’era cristiana a 200-300 milioni di persone; giunta verso il 1650 a 500 milioni, ha toccato il miliardo nel 1825, i due miliardi nel 1930 e i 3 miliardi e 500 milioni nel 1970. Nel 2008 la popolazione del nostro pianeta ha raggiunto i 6 miliardi e 720 milioni. Secondo le stime dell’ONU (World population prospects: the 2006 revision) arriverà a 9,2 miliardi nel 2050.
Sebbene il controllo delle n. fosse già ampiamente praticato tramite l’infanticidio e l’aborto fin dai tempi di Platone e Aristotele, nella modernità la sua teorizzazione è divenuta centrale nell’ambito di specifiche teorie politico-economiche, legate all’elaborazione delle tesi proposte dal pastore anglicano T.R. Malthus, sul finire del 18° secolo. Secondo Malthus, che contrastava l’idea che il numero fosse sintomo di progresso, la popolazione tende a crescere in proporzione geometrica, mentre le risorse naturali aumentano solo in progressione aritmetica. Malthus proponeva pertanto un ‘freno preventivo’, consistente nella limitazione delle n. per i non abbienti, pur dichiarandosi pessimista sulla sua efficacia. Inizialmente sperimentate in diverse regioni dell’Impero britannico (India), nei primi decenni del Novecento sotto l’influenza delle teorie di H.S. Chamberlain, le pratiche di controllo delle n. vennero poste dal nazionalsocialismo tedesco a fondamento delle politiche eugenetiche con la sterilizzazione forzata. Nella seconda metà del 20° sec., l’incremento demografico e il conseguente timore di un’esplosione demografica planetaria, sostenuto dai movimenti maltusiani (➔ neomaltusianismo) hanno indotto fondazioni e società private (Rockefeller Foundation, Società per l’eugenetica britannica), istituzioni, organismi governativi (National institute of health), non governativi (International planned parenthood federation) e internazionali (Population Council, Banca Mondiale), anche facenti capo all’ONU (UNICEF, UNESCO, OMS) a sostenere finanziariamente e ideologicamente i programmi di controllo delle n., soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Tra le argomentazioni avanzate a sostegno di queste politiche: a) la presunta sovrappopolazione di tali paesi; b) la necessità nei paesi sviluppati di politiche eugenetiche tese a ridurre l’incidenza alla n. di soggetti malati e la selezione sessuale; c) la liberazione della donna e la tutela dei suoi ‘diritti riproduttivi’. Un caso esemplare di politica di controllo delle n. è quello della Cina, dove a partire dal 1980 è stata attivata una decisa campagna antinatalista («un figlio solo per ogni coppia») tesa a raggiungere l’obiettivo della crescita zero della popolazione.
Fortissime sono state le reazioni a questa impostazione. Tra gli antimaltusiani moderni, alcuni negano la validità dell’ipotesi di divergenza delle tendenze di espansione demografica e dei mezzi di sussistenza, partendo dalla convinzione che esista una fondamentale sottovalutazione, da parte dei propugnatori delle ipotesi neomaltusiane, delle risorse disponibili per l’uomo e delle sue capacità inventive, mentre altri, pur accettando l’ipotesi della divergenza delle tendenze d’espansione, ne attribuiscono la responsabilità al sistema di produzione e distribuzione dei mezzi di sussistenza vigente nella maggior parte dei paesi.
La preoccupazione demografica è stata alla base della Prima conferenza mondiale sulla popolazione, nel 1974; in quella sede furono esercitate rilevanti pressioni da parte dei paesi più industrializzati contro un’eccessiva natalità dei paesi in via di sviluppo. La Seconda conferenza mondiale sulla popolazione, svoltasi a Città di Messico nel 1984, sottolineò come la natalità, paventata quale principale fattore di dissesto demografico, fosse in fase di ridimensionamento, tanto che gli obiettivi fissati nel corso della Prima conferenza erano stati in diversi casi raggiunti e superati. Rimanevano invece preoccupanti i forti squilibri di carattere economico, malgrado fossero in atto notevoli progressi in diverse nazioni a recente industrializzazione. La pianificazione familiare rimaneva ancora un obiettivo primario, come fu ribadito nel corso della Terza conferenza mondiale sulla popolazione del Cairo del 1994, e ciò malgrado i notevoli investimenti effettuati dalle Nazioni Unite (tramite la sua agenzia United nation fund for population activities).
Particolare interesse ha sempre suscitato la posizione assunta dalla Chiesa cattolica sui problemi del controllo delle nascite. Altre Chiese infatti, largamente permissive, non hanno elaborato, per lo più, una specifica dottrina morale capace d’incidere sul comportamento individuale in questo campo. Il più noto dei documenti pontifici sul problema del controllo delle n., l’enciclica Humanae vitae (1968) di papa Paolo VI, è permeata da una prospettiva di fede religiosa e da una forte tensione umana e sociale, e la sua dottrina è stata ribadita dalla Chiesa nel 25° anniversario dello stesso documento. Nel documento si parla di ‘paternità responsabile’ e si riconoscono come legittimi quei mezzi contraccettivi che usufruiscono di una disposizione naturale (continenza periodica, metodo Ogino-Knaus). Questi metodi, tuttavia, non raggiungono, a parere di molti, livelli di sicurezza che li rendano accettabili su un piano statistico.
Per gli aspetti medici del controllo delle n. ➔ contraccezione.
La n. è il distacco del nuovo essere dal corpo della madre, anche se avvenga anteriormente al termine della normale gestazione e per cause o mezzi artificiali. La n. segna il momento in cui l'uomo acquista la capacità giuridica, purché il nato sia vivo, cioè tale che, separato dall'alvo materno, presenti le modificazioni a livello polmonare indotte dai primi atti respiratorî: non si richiede più la vitalità. Il nato morto non acquista mai la personalità giuridica, sebbene debba comunque essere registrato in apposito atto. La dichiarazione di n. deve essere fatta all'ufficiale di stato civile nei dieci giorni dall'evento; se fatta successivamente, l'atto viene formato, ma la sua efficacia è subordinata a una sentenza del tribunale, emessa a seguito di un giudizio che si svolge con le forme del procedimento di rettificazione degli atti di stato civile. Anche nel caso in cui la dichiarazione di n. sia stata del tutto omessa, l'atto di n. può essere formato solo in base a sentenza del tribunale. L'atto di n. costituisce prova della filiazione legittima (art. 236 cod. civ.): nessuno può reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono l'atto di n. di figlio legittimo e il possesso di stato conforme all'atto stesso. Parimenti non si può contestare la legittimità di colui il quale ha un possesso di stato conforme all'atto di nascita. Nel caso, però, di supposizione di parto o sostituzione di neonato, il figlio, ancorché vi sia un atto di n. conforme al possesso di stato, può reclamare uno stato diverso dando la prova della filiazione, anche per mezzo di testimonî quando vi è un principio di prova per iscritto o quando le presunzioni e gli indizî siano abbastanza gravi da determinare l'ammissione della prova.
In ambito psicanalitico, il fenomeno della n. costituirebbe un’esperienza destinata a lasciare tracce profonde nella vita psichica. O. Rank ha costruito sul trauma della n. un’intera dottrina della vita psichica inconscia, sostenendo che ogni mutamento di stato nella vita individuale ripete, più o meno larvatamente, tale trauma d’inizio, e che la nevrosi manifesta sempre un non avvenuto superamento del trauma stesso.