La religione rivelata da Gesù Cristo, che è in pari tempo fondatore del c. e oggetto di adorazione. Alcuni caratteri del c. (religione divinamente rivelata, dogmatica, missionaria, universalistica, soteriologica ed escatologica) permettono di raggrupparlo sotto l’aspetto tipologico nella classe delle religioni ‘moderne’. Da tutte le altre tuttavia si differenzia per il tratto distintivo del culto di Cristo, che è Dio fattosi uomo per salvare l’uomo, morto e risorto al terzo giorno; né Mosè né Maometto né Buddha né Zaratustra né Mani, infatti, ebbero mai culto divino.
A questo elemento differenziante del c. si aggiunge quello di essere nato storicamente in seno al giudaismo, una religione a sua volta rivelata e fondata, con un suo canone di Scritture sacre e, almeno potenzialmente, anch’essa universalistica. Perciò pure i cristiani si considerano popolo eletto, popolo di Dio, assemblea santa, Chiesa. Il diventare membro di questo popolo dipende da alcune condizioni: in primo luogo, l’iniziazione battesimale, che suppone la fede in Gesù Cristo redentore, morto e risorto; a questa fede è indissolubilmente legato, come primo precetto della legge antica e nuova, l’amore per Dio e per il prossimo; in questa fede è radicata la speranza nella beata immortalità, concessa dalla misericordiosa bontà e giustizia del Dio padre degli uomini.
Nel corso della sua storia i diversi elementi del c. sono stati variamente accentuati, interpretati e vissuti e ciò spiega il frazionamento cui è andato soggetto; d’altra parte, dal sentimento stesso della fratellanza fra gli uomini, dalla nozione della bontà e misericordia divina e dall’esempio e insegnamento del Cristo sono derivati non soltanto l’impulso missionario a diffondere la verità tra tutti gli uomini per renderli partecipi della salvezza, ma anche l’anelito alla riunione di tutti i cristiani, a sua volta espressosi in maniere diverse.
I primi contrasti emersero già in età apostolica, con l’opposizione in Palestina tra i più rigidi osservanti delle prescrizioni giudaiche e i più aperti alla cultura del mondo classico, gli ‘ellenisti’. Il dissenso si fece più aperto man mano che il c. si propagò nelle regioni vicine e fu predicato dapprima fra gli Ebrei, ma anche, in misura sempre più larga e costante, ai gentili. L’affrancamento dalle prescrizioni rituali dell’Antico Testamento, accolto da s. Pietro e dagli apostoli di Gerusalemme, fu predicato da s. Paolo nei viaggi missionari in Asia e in Europa. Il c. diventò così, già verso la fine del 1° sec. e la metà del 2°, una religione diffusa prevalentemente tra i gentili. Contribuirono a ciò le crisi del giudaismo, con la sollevazione, duramente domata da Vespasiano e da Tito, e la guerra, conclusasi con la distruzione di Gerusalemme e del suo tempio. D’altra parte, l’inserzione nel mondo della cultura ellenistica doveva a sua volta produrre una crisi: minacciato di assorbimento da parte della speculazione filosofico-religiosa, il c. reagiva alla minaccia dello ‘gnosticismo’ sia con l’intransigenza assoluta di chi a esso opponeva un reciso diniego, sia cercando di assimilare la cultura e la filosofia dei Greci. A tale compito si dedicarono gli apologisti, chiedendo a imperatori e autorità in genere che cessassero dalle persecuzioni, respingendo calunnie, mettendo in luce la perfezione morale e la razionalità della nuova religione. Di pari passo, si veniva costituendo sempre più salda l’organizzazione della Chiesa.
La nuova politica ecclesiastica, inaugurata da Costantino con l'editto di Milano del 313, non si contentava di non perseguitare né ambiva ad attrarre il c. nell’ambito di un vasto e lealistico sincretismo, bensì a rendere cristiano l’impero e imperiale il c.; e a tale scopo sembrò, a Costantino e più ancora al successore Costanzo II, più adatto l’arianesimo, condannato però nel Concilio di Nicea (325). Di qui il protrarsi delle dispute trinitarie, nel corso delle quali la Chiesa rivendicò, con la purezza della dottrina, anche la propria autonomia. Le discussioni intorno alla persona di Gesù Cristo sfociarono nel distacco dall’unità della Chiesa di nestoriani e monofisiti, che iniziarono così una loro storia, tutta orientale. Agli eminenti teologi orientali e di lingua greca, ortodossi o meno (s. Atanasio, s. Basilio, s. Gregorio di Nissa, s. Giovanni Crisostomo, Apollinare di Laodicea, Teodoro di Mopsuestia, Diodoro di Tarso e Nestorio, s. Cirillo di Alessandria, Eutiche), si contrapposero, con la lotta contro l’origenismo e con il Concilio di Calcedonia (451), i teologi dell’Occidente (s. Agostino, s. Girolamo e s. Leone Magno), prevalendo sul terreno della cultura (fig. 1). Da quell’epoca, la Chiesa in Occidente fu assorbita dal compito di eliminare le ultime tracce del paganesimo, di attrarre alla fede cristiana i Barbari e di resistere alla pressione dell’Impero bizantino, dove gli imperatori pretendevano di dettare legge anche per quanto riguardava la fede.
Anche a causa delle vicende politiche, nel Medioevo il vescovo della Chiesa di Roma acquistò maggior forza in Italia e nell’Europa (fig. 2). La marea islamica, che sommerse terre orientali e africane, fu limitata alla Spagna dai Franchi cattolici. Maturarono così i tempi per il ristabilimento di un Impero romano e cristiano in Occidente, mentre il sistema feudale si imponeva anche alla Chiesa. Ne derivò una decadenza dei costumi, alla quale reagirono le correnti riformatrici, interne ed esterne, ecclesiastiche e laiche, determinando da un lato il rivitalizzarsi della vita religiosa (benedettini e creazione di nuovi ordini monastici), l’insistenza sul celibato ecclesiastico e la drammatica lotta per le investiture e la libertà dell’elezione dello stesso romano pontefice, affidata infine al collegio dei cardinali, dall’altro il pullulare di sette ereticali, più o meno intinte di dualismo, e anelanti a un ritorno alla purezza e povertà degli apostoli. Tra questi fermenti, maturò una nuova e più grave frattura: con lo scisma d’Oriente (1054) Greci e Latini si separarono definitivamente e Chiesa ortodossa e Oriente europeo iniziarono una loro propria storia. Carattere di rivalità con i Greci assunsero le stesse Crociate, pur nate nell’ambito della lotta contro i musulmani. Il papato, di fronte all’Impero, si pose sempre più nettamente come potere autonomo e supremo, fonte del proprio diritto canonico. Con l’affermarsi delle nazionalità e degli ordini mendicanti, cominciò a scuotersi l’impalcatura del mondo medievale: lo scisma d’Occidente (1378-1417) rivelò questa frattura cui si cercò di rimediare con l’azione dei grandi concili e con tentativi di dare alla Chiesa una costituzione nuova, quasi di federazione di chiese nazionali o di vescovi. Tale tendenza, come quella affine che aspirava a limitare l’autorità pontificia di fronte a quella regia, trovò sostenitori tra seguaci e propugnatori dell’occamismo, nuova corrente filosofico-teologica erede dello scotismo dei francescani, contrapposto al tomismo dei domenicani.
Movimento conciliare e cultura umanistica coincidevano nell’aspirazione a una riforma della Chiesa ‘nel capo e nelle membra’. Di fronte alla ‘riforma cattolica’ si mantennero nondimeno assai forti le tendenze alla scissione; alle affermazioni di autonomia della Chiesa gallicana si aggiunse la riforma protestante di M. Lutero e G. Calvino, le cui idee penetrarono, pur fieramente contrastate, nell’Inghilterra che Enrico VIII aveva staccato da Roma. Il cattolicesimo corse ai ripari e la riforma cattolica dopo il Concilio di Trento si attuò come ‘controriforma’. Alle misure interne si associò il ricupero di territori in Europa, l’espansione in America, scoperta da potenze cattoliche, e una straordinaria ripresa di vitalità. Il cattolicesimo si estese, anche con l’azione degli ordini religiosi antichi e nuovi (specialmente i gesuiti), all’India, alla Cina, al Giappone; tentò ancora di richiamare a sé la Chiesa ortodossa di Russia (la Polonia, dopo un’effervescenza di moti riformati, rimase fedele alla Chiesa di Roma, che si affermò nei territori tedeschi dipendenti dall’Austria e in Baviera); poi realizzò, in Asia, qualche unione con Chiese di antica dissidenza. Ma la rottura dell’unità cristiana in Europa era ormai un fatto compiuto: tra le grandi confessioni riformate altre correnti (quali l’anabattismo o i valdesi) cercavano di aprirsi un cammino, e contrasti interni turbavano la Chiesa cattolica (giansenismo e movimenti affini). Lentamente si fece strada la cultura della tolleranza e, in un mondo che si preparava ad affermare il primato della pura ragione, andò prendendo piede l’idea che, in fondo, il c. vero era quello spoglio di aggiunte e cavilli teologici, mentre la religione positiva, con dogmi, riti, precetti e sacerdozio organizzato era soprattutto valida per tenere a freno i bassi istinti del popolo ignorante e incapace di assurgere a più elevate concezioni, e per fornire ai sovrani un utile strumento di governo.
La Rivoluzione francese, dopo un tentativo di riforma del cattolicesimo in senso antipapale e regalistico – la costituzione civile del clero – sboccò poi nel concordato napoleonico, fierissimo colpo al gallicanismo e prodromo alla costituzione dell’Impero, che subito riaccese il conflitto con il papato. Il contrasto con lo Stato perdurò per tutto il 19° sec., nel corso del quale il pontefice romano affermò sempre più nettamente la sua autorità, con la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, con il Sillabo, con il Concilio Vaticano I; ma accettò anche concordati non sempre vantaggiosi e subì, oltre alle leggi che sopprimevano privilegi ecclesiastici, la perdita del potere temporale. Per contro, mentre la Chiesa orientale alimentava la riscossa nazionale dei popoli balcanici e il panslavismo che vedeva in Mosca la ‘Terza Roma’, le correnti della Riforma si mostravano anch’esse inclini a conformarsi allo spirito dei tempi, cercando di adattare la loro teologia ai nuovi indirizzi della filosofia e della scienza.
Nella seconda metà del 19° sec., destava più precise preoccupazioni la questione sociale: da ciò sarebbe derivato, di fronte ai movimenti socialisti, il sorgere, un po’ dappertutto, dei nuovi movimenti di ‘c. sociale’ e di ‘democrazia cristiana’, nonché di partiti ‘cristiani’ o addirittura ‘cattolici’, destinati a un crescente successo nel 20° sec. in alcuni paesi (Belgio, Germania, Austria, Italia).
Ai non pochi germi e stimoli per un rinnovamento del c., presenti all’inizio del 20° sec. nel modernismo, corrispose nella seconda parte del secolo l’accentuazione di motivi teologici particolari, gravitanti intorno ai concetti di Chiesa e di ‘ecumenismo’, mentre in una visione sempre più transconfessionale si venivano rinnovando i moduli stessi dell’esegesi biblica e della riflessione teologica. Intanto, le Chiese cristiane erano state messe a gravi prove dalle due guerre, dagli ultimi momenti del colonialismo e dalla persecuzione da parte dell’ateismo marxista. Gli stimoli provenienti da una sempre più diffusa secolarizzazione provocavano, in seno al c., una sempre maggiore accentuazione della missione etica e religiosa delle Chiese rispetto al precedente impegno mondano, come è avvenuto per la Chiesa cattolica con il Concilio Vaticano II.
Secondo le stime è di religione cristiana il 33,03% della popolazione mondiale (17,33% cattolici, 5,8% protestanti, 3,42% ortodossi, 1,23% anglicani, 5,25% altri). I cristiani sono prevalenti nella maggior parte dei paesi europei, con una significativa differenza tra l’Europa del Nord dove, pur essendo presenti alcune nazioni cattoliche (Repubblica di Irlanda 91,5%; Belgio 85%; Paesi Bassi 73%; Lituania 79%), si registra una maggioranza di protestanti (in Danimarca gli evangelici luterani rappresentano il 95% della popolazione; nei paesi scandinavi i protestanti di varie confessioni sono fra l’86 e l’89%; in Gran Bretagna gli anglicani costituiscono il 43,5%), e l’Europa del Sud, a prevalenza cattolica (in particolare in Italia e Portogallo i battezzati sono il 92%), salvo nei paesi dove gli ortodossi sono la maggioranza (Grecia 92%; Serbia-Montenegro 63%; Romania 87%). In Europa dell’Est una notevole percentuale della popolazione si dichiara atea. Sono a maggioranza cristiana anche l’Oceania (in Australia i cristiani sono il 67,4% della popolazione e in Nuova Zelanda il 41%) e l’America. In Canada i cattolici sono la confessione più forte (42,6%), seguiti da protestanti (23,3%) e altri cristiani (4,4); negli Stati Uniti i protestanti sono il 52% e i cattolici il 24,6%, ma una parte della popolazione segue sette cristiane indipendenti (come quella dei mormoni, che rappresentano il 2%). In America Centrale e Meridionale tutti i paesi sono a maggioranza cristiana cattolica, in particolare Venezuela (96%), Bolivia ed Ecuador (95%), Argentina (92%) e Messico (89%). Mentre in Africa del Nord si registra la presenza quasi totalitaria di musulmani, nell’Africa centrale e meridionale i cristiani rappresentano la religione maggioritaria in diverse nazioni (Angola 38%; Botswana 73%; Burundi 67%; Repubblica Democratica del Congo 70%; Gabon 55%; Kenya 78%; Lesotho 80%; Mozambico 40%; Namibia 80-90%; Ruanda 82%; Repubblica Sudafricana 79,8%; Uganda 66%), anche se è forte la componente musulmana e sono molto diffuse religioni animiste. In Asia i cristiani sono una minoranza, a eccezione delle Filippine, dove prevalgono i cattolici. (v. tab.).
Secondo gli Atti degli Apostoli il nome cristiani fu usato per la prima volta ad Antiochia. Nel Nuovo Testamento i seguaci di Cristo si chiamano «fedeli, eletti, santi», e anche nei testi patristici più antichi il termine cristiani ricorre raramente.
Fu fondata nei Paesi Bassi nel 1843 da H. de Cock, cui si unì tra gli altri A.C. van Raalte. Emigrati con alcuni seguaci negli Stati Uniti, nel 1847 aderirono alla Chiesa riformata d’America, dalla quale però, per la loro stretta adesione alle dottrine del più rigido calvinismo si separarono nel 1857.
Movimento religioso (ted. Christengemeinschaft) fondato da F. Rittelmeyer nel 1922: mescolanza di c., misticismo orientale e altri elementi, sulla base dell’antroposofia di R. Steiner. Soppressa dal nazismo (1941), risorse nel 1945.
Associazione (ted. Christenbund) fondata a Berlino nel 1925, dapprima presieduta dall’ex-cancelliere del Reich G. Michaelis, affine, in ambiente luterano, all’Azione cattolica.