È il fondatore della tradizione religiosa che da lui prese nome, lo zaratustrismo o zoroastrismo. Z. è considerato l'autore di un piccolo gruppo di testi, Gāthā "Canti", contenuti all'interno dello Yasna (dalla radice yaz- "venerare, sacrificare"), una delle sezioni dell'Avesta, scritti in una lingua più arcaica di quella delle restanti parti dell'Avesta, una lingua che, per l'impossibilità di ricostruire con certezza l'ambiente storico-geografico delle origini zoroastriane, va appunto sotto il nome di "avestico-gathico".
Propriamente la forma originaria del nome, tramandato dall'Avesta, è Zarathushtra, d'etimologia incerta, che diede luogo, attraverso una forma antico-persiana, Zaraushtra, allo Zōroastrēs della tradizione classica e umanistica. Per la forma del nome, sullo Zarathustra di F. Nietzsche s'era quindi già esercitato l'influsso della filologia occidentale. La storicità di Z. è stata messa in dubbio o trattata problematicamente già a partire dalla fine del sec. 19°. L'opinione di gran lunga più diffusa fra gli storici delle religioni e fra gli iranisti è tuttavia a favore della storicità di questa figura centrale del mondo religioso iranico preislamico. In realtà non esistono motivi sufficienti per negare la storicità di Z., anche se sono molto scarsi gli elementi sicuri, utili per ricostruirne una sia pur frammentaria biografia. La natura stessa delle fonti, la loro estrema eterogeneità, la loro diversissima cronologia, la varietà della loro ispirazione sono tutti fattori che sconsigliano ogni tentativo del genere. L'ambiente storico e geografico in cui Z. diffuse il suo messaggio è quello orientale, del grande altopiano iranico, verosimilmente le regioni sud-orientali (G. Gnoli), anziché, come da più parti è stato sostenuto, l'antica Corasmia, forse più estesa dell'attuale Khwārizm (J. Markwart, E. Benveniste, W. B. Henning). Tutta una corrente di studi indica una cronologia relativamente alta: verso la fine del 2° millennio a. C. Le datazioni proposte intorno ai secc. 7° e 6° a. C., convergenti con quelle della tradizione religiosa zoroastriana, non si fondano in realtà su alcun solido elemento. L'arcaicità delle Gāthā rispetto alle restanti parti dell'Avesta e molti altri indizi relativi alla struttura politica e socio-economica della società riflessa nelle Gāthā sono gli elementi a favore di una cronologia alta. La società delle Gāthā è una società di pastori e allevatori di bovini. Non si hanno tracce di un potere politico accentrato e si possono cogliere i tratti caratteristici di un ordinamento essenzialmente tribale in cui emergevano clan particolarmente potenti e ricchi. La situazione etnica appare variamente composita: accanto alle tribù iraniche occupanti i territori orientali dell'altopiano dovevano trovarsi gruppi etnici anari che avevano dato vita a precedenti culture analoghe a quelle fiorite nella Valle dell'Indo e con queste, come con quelle mesopotamiche, in stretti rapporti commerciali. È verosimile pensare, come è stato sostenuto (T. Burrow), che gli Iranici venissero a stanziarsi sui territori dove si erano già estese precedenti ondate indoeuropee, "protoindoarie", che si erano spinte nel corso del 2° millennio a. C. da una parte verso il Vicino Oriente e dall'altra verso l'India. All'egemonia delle "società d'uomini" (S. Wikander), dedite alla guerra e alla razzia, praticanti culti e sacrifici cruenti, veneranti divinità bellicose e terrifiche, ai loro riti feroci e orgiastici, alle loro devastazioni, Z. si oppone con forza, predicando la fede in un essere supremo, Ahura Mazdā, di cui Z. è il profeta, mentre le Gāthā sono il documento del profondo legame fra il dio supremo e il portatore del suo verbo. In esse Z. rivolge domande al suo dio sui misteri del creato per farlo conoscere, in quanto Buon Pensiero, quale creatore di tutte le cose (Yasna 44, 3-7). Caratteristica della concezione zoroastriana è la dottrina dei sei Amesha Spenta, cioè dei "Santi Immortali" che, per G. Dumézil e per i sostenitori dell'ideologia tripartita indoeuropea, sono i sostituti zoroastriani delle antiche divinità indoiraniche, riflettenti la tripartizione delle funzioni sociali nelle tre classi: dei sacerdoti, dei guerrieri e degli allevatori. Tale interpretazione ha avuto fortuna fra gli studiosi della religione iranica. Cardini della dottrina di Z. sono una concezione dualistica del mondo e della vita, che è lo sfondo della sua natura profondamente etica, e la concezione di una palingenesi finale, di un Rinnovamento dell'esistenza, in cui la potenza della Menzogna (Drug) e dello Spirito Distruttore (Angra Mainyu) sarà per sempre abbattuta. Impegno etico e attesa escatologica, quest'ultima inverantesi nel culto reso ad Ahura Mazdà davanti all'epifania divina del fuoco sacro, sono tratti caratteristici dello zoroastrismo in tutta la sua storia. È una visione grandiosa della lotta fra il Bene e il Male il nucleo essenziale del messaggio di Z.: le potenze malefiche, Angra Mainyu, la Drug, i demoni o daēva, probabili residui di divinità proto-indoarie (T. Burrow), vanno combattuti e il loro culto va bandito poiché, anziché placarli, li rafforza e li alimenta.