Atteggiamento spirituale, e conseguente pratica di vita, che tende all'unione con l'assoluto mediante il superamento dei limiti dell'esperienza sensibile o l'annullamento della personalità individuale. In senso storico-religioso si chiama m. un tipo di comportamento religioso teso a un continuo contatto con il mondo del sacro, riducendo progressivamente lo spazio di vita 'profano'.
Nel m. indiano si afferma che la realtà è nell'Uno, definibile solo in forma negativa; l'anima umana anela a ricongiungersi con la divinità di cui è parte, in un'unione paragonata a quella erotica. Nel buddismo, che non crede in una divinità personale, il m. si esprime nell'aspirazione alla libertà dalle apparenze del mondo.
Il m. del mondo classico appare fortemente influenzato dalle religioni misteriche. Platone descrive l'ascesa dal mutevole all'Uno come un'iniziazione misterica. Fuggendo dalla natura mortale e dal mondo sensibile, l'uomo si rende simile alla divinità. La filosofia come mezzo d'assimilazione al divino avrà grande importanza in Filone Alessandrino e nel neoplatonismo di Plotino. Un'influenza platonica è presente anche nel sufismo islamico.
La forma più antica di m. ebraico a noi nota, accanto a Filone, è quella praticata dagli esseni di Qumran, che credevano nella possibilità di unirsi al culto celeste di Dio praticato dagli angeli. La corrente più nota del m. ebraico è la qabbalah ("tradizione"): nasce nel 13° sec. ma è preceduta dalla letteratura mistica detta merkabah ("carro", quello con cui Elia ascese al cielo).
Il m. cristiano, che risente dell'eredità del platonismo e delle religioni misteriche, è però inseparabile dall'esistenza di fede, che è unione con Dio in Cristo, possibile a tutti i fedeli. Tuttavia già in Paolo compare anche l'idea di una conoscenza riservata ai fedeli più maturi. Agostino sottolinea come questa possibilità sia un dono della grazia di Dio. Per lo pseudo-Dionigi l'Aeropagita, che elabora la prima teoria del m. cristiano nella Teologia mistica, esiste una forma di conoscenza superiore e immediata delle realtà celesti. Tommaso d'Aquino parla di conoscenza mistica come dono dello Spirito Santo che rende "connaturali" a Dio. S. Bonaventura definisce la mistica "conoscenza sperimentale di Dio". Questa definizione unisce sia il m. di tipo speculativo (come quello di Eckhart) sia quello affettivo e sponsale, proprio per es. di s. Bernardo, di Ildegarda di Bingen, di Caterina da Siena e, in Età moderna, di Teresa d'Avila e Giovanni della Croce. Nel 20° sec. si assiste a una rinascita degli studi sul m., sia in chiave teologica sia storico-religiosa.