Presso gli antichi Romani, ciascuno dei membri del collegio a carattere giuridico-sacerdotale presieduto da un p. massimo. Il termine pontifex (da pons «ponte» e tema di facere «fare») inizialmente forse designava colui che curava la costruzione del ponte sul Tevere. Il numero dei p. variò nel corso del tempo, ma il mutamento più significativo si verificò nel 300 a.C., allorché la lex Ogulnia lo portò da 5 a 9, aprendolo alla partecipazione dei plebei. In precedenza, la condizione patrizia era requisito indispensabile per accedere al pontificato, in base a un procedimento di cooptazione. I p., sommi garanti dell’ortodossia del rito nazionale, custodi e interpreti delle tradizioni giuridiche romane, consuetudinarie e legali, non assolvevano, al contrario di altri sacerdoti, a precise funzioni di culto: stabilivano in base a quali regole un qualsiasi rito – sacrale, processuale o negoziale che fosse – doveva essere compiuto, perché potesse considerarsi valido, e tali regole erano di volta in volta comunicate, a chi lo richiedesse, tramite responsa, che assumevano la veste di decreto collegiale, se l’interlocutore era un magistrato cittadino, di semplice consulto individuale, se invece si trattava di un privato. Per lungo tempo i pontifices, primi giuristi della storia romana (e perciò occidentale), esercitarono la loro attività giurisprudenziale in segreto, conservando così il monopolio della scienza giuridica, la cui metodologia rimaneva oscura ai più. A partire dalla fine del 4° sec. (e dopo la citata lex Ogulnia) esercitarono le loro funzioni in maniera più trasparente e aperta, tanto che intorno al 250 T. Coruncanio, primo pontefice massimo plebeo, dette responsi in pubblico. Ciò favorì la formazione di una giurisprudenza laica, in quanto lo studio del diritto divenne, logicamente, possibile anche a chi p. non era, sebbene solo nel campo del diritto civile, giacché in quello sacrale il collegio continuò ad agire in condizioni di monopolio. Augusto fece propria, nel 12 a.C., la carica di pontefice massimo, che sarebbe rimasta prerogativa di tutti i successivi imperatori, fino all’era cristiana inoltrata.
Nella Chiesa cattolica, il titolo di p. fu presto usato per indicare i vescovi, e in particolare il vescovo di Roma, che, forse per la prima volta, in Tertulliano è chiamato p. massimo; dal 5° sec. questo divenne titolo onorifico (accanto a quello di Vicarius Petri; quello di Vicarius Christi si affermò dopo la riforma gregoriana) e designazione ufficiale del papa. Oggi si usa, in questo senso, sommo p. o anche soltanto p., secondo i casi. La carica di p. romano sussume sotto di sé cinque uffici: vescovo della città di Roma, metropolita della provincia romana, primate d’Italia, patriarca d’Occidente e primo fra i patriarchi, primate della Chiesa universale. Il p. romano ha dunque potestà ordinaria, suprema, piena, immediata e universale su tutta la Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente in quanto egli è al vertice di tutta la gerarchia ecclesiastica. Ha diritto a speciali titoli onorifici, insegne speciali e segni di riverenza; in relazione al pieno potere delle potestà ecclesiastiche è supremo legislatore per tutta la Chiesa (per cui egli è sottoposto solo alla legge divina); in quanto maestro in materia di fede e di morale, gode della cosiddetta infallibilità pontificia; supremo giudice, in concorrenza con gli altri giudici, e giudice d’appello, può avocare a sé ogni vicenda, civile e penale; in quanto supremo amministratore, è inoltre titolare del nativum ius di acquistare, ritenere e amministrare i beni necessari ai bisogni della Chiesa. Riceve e invia nel mondo nunzi e ambasciatori, rappresentando tutta la Chiesa.
Il p. romano è sovrano dello Stato Vaticano, dove ha la pienezza dei poteri legislativo, giudiziario ed esecutivo. Il diritto italiano riconosce al p. romano una serie di prerogative, più ampie di quelle degli altri capi di Stato, che si avvicinano a quelle del capo dello Stato italiano (art. 8 dei Patti Lateranensi del 1929). Casa pontificia è la denominazione assunta, secondo il motuproprio Pontificalis domus di Paolo VI (1968), dalla corte pontificia, costituita della cappella e della famiglia pontificie. La cappella pontificia assiste il p. nelle cerimonie liturgiche; ne fanno parte, oltre ai membri che compongono la famiglia pontificia ecclesiastica, il collegio dei cardinali, i patriarchi, arcivescovi, vescovi ed eparchi assistenti al soglio, sia di rito latino sia dei riti orientali, il vicecamerlengo di Santa Romana Chiesa, i presidenti dei pontifici consigli (➔ curia), i segretari delle congregazioni, il segretario generale del Sinodo dei vescovi, il reggente della Penitenzieria apostolica, il segretario della Segnatura apostolica, il decano della Rota romana, i prelati superiori dei pontifici consigli e delle pontificie commissioni, l’abate di Montecassino e gli abati generali dei canonici regolari e degli ordini monastici, i superiori generali degli ordini mendicanti, gli uditori della Rota romana, i votanti della Segnatura apostolica, i membri dei capitoli delle tre basiliche patriarcali, gli avvocati concistoriali, i parroci di Roma, i chierici della cappella pontificia e i familiari del papa (cioè gli addetti alla sua persona). La famiglia pontificia costituisce il corteggio protocollare del p. nelle cerimonie, udienze e atti pubblici. È distinta in ecclesiastica e laica e ne fanno parte: tra gli ecclesiastici, i prelati che sono collaboratori immediati del p. (sostituto della Segreteria di Stato, segretario per i rapporti con gli Stati, elemosiniere, presidente della Pontificia accademia ecclesiastica, teologo della casa pontificia) oppure sono designati a servizio d’onore (protonotari apostolici, cerimonieri pontifici, prelati d’onore e cappellani di Sua Santità, predicatore della casa pontificia); tra i laici, coloro che hanno cariche rappresentative o di governo della Città del Vaticano (assistenti al soglio, delegato speciale della Pontificia commissione per lo Stato della Città del Vaticano, consigliere generale dello Stato della Città del Vaticano, comandante della guardia svizzera, consultori dello Stato della Città del Vaticano, presidente della Pontificia accademia delle scienze) o sono chiamati al servizio d’onore (gentiluomini di Sua Santità, procuratori dei palazzi apostolici, addetti di anticamera, familiari del papa).