Nome di una zona di Roma, sulla riva destra del Tevere, corrispondente al Colle Vaticano che dai 19 m di piazza S. Pietro sale nel punto più alto a 77 m.
Territorio sul quale è riconosciuta alla Santa Sede una vera e propria sovranità, destinata a garantire la libertà e l’indipendenza di quest’organo di governo della Chiesa universale nello svolgimento delle proprie funzioni.
La popolazione dello Stato (801 ab. nel 2017) è costituita dalle persone stabilmente residenti nella Città del Vaticano, nonché da tutti i cardinali residenti in Roma anche se fuori del Vaticano. La legge interna vaticana specifica che possono avere ivi la residenza coloro che sono a essa obbligati a causa del loro ufficio o impiego e coloro che, indipendentemente da ciò, abbiano ottenuto speciale autorizzazione dal papa. Sono pure cittadini vaticani i familiari e gli stretti congiunti dei cittadini, purché con essi conviventi e autorizzati alla residenza. Il Vaticano è privo di sistema fiscale. Le fonti di reddito sono costituite dall’Istituto per le Opere di Religione (IOR), i contributi volontari di cittadini e istituzioni e i profitti sugli investimenti, gestiti dall’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede. L’accordo del 2000 ha definito l’unione monetaria con l’Italia e l’adesione all’area dell’euro.
Sorto in virtù del Trattato del Laterano dell’11 febbraio 1929 (➔ Patti Lateranensi), ha iniziato a esistere il 7 giugno dello stesso anno, allorché gli Accordi lateranensi acquistarono efficacia giuridica con lo scambio delle ratifiche tra il Regno d’Italia e la Santa Sede. Lo Stato della città del Vaticano ha natura statuale dal momento che possiede una personalità giuridica internazionale autonoma, persegue un fine generale (come ogni ordinamento statuale) e persegue altresì una finalità tipica, ossia lo scopo di assicurare la libertà e l’assoluta e visibile indipendenza della Santa Sede nel governo pastorale della Chiesa universale. In virtù di tale circostanza è qualificato come ‘Stato fine’ (religioso o comunque ideologico), nel senso che trascende i limiti degli interessi nazionali.
Nell’Ager Vaticanus, fra i Monti Vaticani e il Tevere, si stendevano nei primi anni dell’Impero i giardini dei Domizi e dei Claudi; Adriano vi innalzò il suo mausoleo. Vi erano inoltre una naumachia costruita forse da Traiano, e uno stadio detto Gaianum, fondato da Caligola. Nei giardini di Agrippa Caligola fece costruire un grande circo che Nerone abbellì con gradinate in marmo e con l’obelisco, trasportato poi nella piazza di S. Pietro. Resti di una necropoli di età imperiale sono stati portati alla luce nei pressi dell’ingresso di S. Anna; nell’area della basilica di S. Pietro vi era, ancora nel 4° sec. d.C., un santuario della Magna Mater e di Attis.
Già all’inizio del 3° sec. pare esistessero τρόπαια apostolici sul luogo del martirio di s. Pietro, sul Vaticano. Nel sottosuolo della basilica è situata una vasta necropoli, inizialmente pagana, disposta ai lati di una via in asse con l’orientamento della chiesa, con tombe a edicola riccamente decorate. Le tombe a N della via sono più antiche (2° sec. d.C.) rispetto a quelle a S (3° sec. d.C.); due di esse sono cristiane, in una a cella sono mosaici con Elio simboleggiante Cristo. Presso una delle tombe è stato letto un graffito con il nome di Pietro, che confermerebbe l’antica tradizione della presenza della tomba dell’apostolo.
La grande basilica fondata da Costantino (320- 349) ricoprì la necropoli risparmiando solo la memoria dell’apostolo, inclusa nel transetto dell’edificio e sormontata da ricco baldacchino sorretto da colonne vitinee orientali. La basilica, a 5 navate, era preceduta da ampio quadriportico con una grande vasca (della quale restano la pigna e i pavoni, opere romane riutilizzate, conservate nel cortile della Pigna e nel Braccio nuovo); manteneva la sua funzione di basilica cimiteriale, con tombe e sarcofagi di altissimo pregio storico e stilistico, come quello di Giunio Basso (4° sec.); nei suoi pressi sorgevano anche i mausolei degli Anici e degli Onori (detto poi cappella di S. Petronilla). Ricchissimi erano la decorazione (mosaici nell’abside, sull’arco trionfale ecc.) e gli arredi. Si è supposto che alla chiesa primitiva appartenessero la statua bronzea di s. Pietro, opera in realtà successiva, da parte della critica identificata come opera di Arnolfo di Cambio, e la cosiddetta cattedra di s. Pietro, seggio ligneo decorato da formelle eburnee (alcune non pertinenti o, comunque, di diversa cronologia) donato da Carlo il Calvo a papa Giovanni VIII (875). Al 5° sec. risaliva una grandiosa decorazione pittorica (conservata fino al 16° sec.), con ritratti papali e scene bibliche. Una grande ristrutturazione di S. Pietro si ebbe con papa Gregorio I (590-604) quando fu realizzata l’elevazione della zona presbiteriale sulla tomba dell’apostolo, secondo il tipo della basilica con cripta, poi modello di numerose chiese.
Primo nucleo di una residenza pontificia vaticana furono due episcopia, del tempo di papa Simmaco (498-514). Nei pressi sorsero varie costruzioni minori, ospedali, ospizi per i pellegrini, scholae di comunità straniere (Sassoni, Longobardi, Franchi, Frisoni) con chiese e cimiteri. Durante il Medioevo la basilica si arricchì di edifici annessi e di opere d’arte (chiesa di S. Maria in turri, 8° sec., accanto all’atrio; nel portico, affreschi eseguiti per Urbano IV e mosaici di età varie, tra cui la celebre Navicella giottesca; sulla facciata, mosaico del tempo di Leone Magno). Tra i numerosi oratori, notevole quello di Giovanni VII (705-707), adorno di mosaici; il mosaico dell’abside fu rinnovato con Innocenzo III. Eugenio III (1145-53) per primo eresse una residenza pontificia, restaurando e ampliando l’episcopio di papa Simmaco; l’opera continuò fino al tempo di Niccolò III (1277-80), vero fondatore della residenza vaticana nel suo aspetto storico. Egli costruì ex novo un palazzo, sale di rappresentanza e una cappella, e ampliò gli edifici esistenti. Avanzi notevoli delle costruzioni di Niccolò III sono inglobati nei rifacimenti posteriori, con considerevoli resti di affreschi e con il monumentale partito architettonico di contrafforti collegati da arconi sui cortili Borgia e del Pappagallo.
Dopo l’esilio avignonese il Vaticano divenne definitivamente sede papale. Eugenio IV (1431-47) commissionò al Filarete la porta bronzea della basilica. Niccolò V (1447-55) intraprese un progetto di vasto respiro, volto all’affermazione dell’immagine del potere pontificio: incrementò la biblioteca, fece, tra l’altro, affrescare dall’Angelico due cappelle (resta quella dei SS. Stefano e Lorenzo) e uno studiolo. Concepì una ristrutturazione di tutto il borgo, una nuova fortificazione e la ricostruzione della basilica (A. Manetti dà una descrizione precisa del grande progetto, cui non fu estraneo L.B. Alberti). Nel 1447 era ingegnere del palazzo Antonio di Francesco da Firenze, cui succedette intorno al 1450 B. Rossellino. A parte la torre cilindrica presso il portone di S. Anna, il progetto rimase incompiuto, limitato all’ala che separa il cortile del Pappagallo da quello del Belvedere di fronte alla fabbrica di Niccolò III. La grande loggia della benedizione sulla facciata della basilica fu iniziata da Pio II di fronte all’ingresso dell’atrio del vecchio S. Pietro, e compiuta sotto Alessandro VI; sulla piazza antistante era una grande fontana costruita sotto Innocenzo VIII.
Nei palazzi, imponente fu l’attività costruttiva di Sisto IV (1471-84). Al pianterreno dell’ala di Niccolò V (nord), egli fece sistemare la biblioteca, su progetto del Platina, divisa in 4 sezioni (latina, greca, segreta, dei papi), con uffici e alloggio per il bibliotecario. Le sale furono affrescate da David e Domenico del Ghirlandaio e da Melozzo da Forlì. Dell’arredamento della biblioteca restano alcuni banchi, opera di Giovannino de’ Dolci; a lui e a B. Pontelli è stata inoltre attribuita la Cappella Sistina. Questa fu eretta in sostituzione della cappella di Niccolò III, fra il 1475 circa e il 1478 e consacrata nel 1484. La cappella ha all’esterno aspetto di fortilizio, e doveva probabilmente concorrere al sistema di difesa. L’interno fu affrescato dai maggiori artisti dell’epoca (Ghirlandaio, C. Rosselli, S. Botticelli, L. Signorelli, Perugino, Pinturicchio). Completate le costruzioni in prossimità di S. Pietro (Alessandro VI vi aggiungerà la torre Borgia), Innocenzo VIII eresse molto più a N il Casino del Belvedere, realizzato probabilmente da Giacomo da Pietrasanta e decorato da Pinturicchio e A. Mantegna (affreschi distrutti nel 1778). Nella seconda metà del 16° sec. furono compiuti i grandi cicli pittorici che fanno del Vaticano un grande monumento dell’arte italiana del periodo (appartamento Borgia, Pinturicchio e scuola, 1492-95, e più tardi Perin del Vaga e Giovanni da Udine; Stanze di Raffaello, 1508-17 ca.; volta della Cappella Sistina, 1508-12, e Giudizio Universale, 1536-42, Michelangelo; Logge di Raffaello e scuola, 1515-20 ca.).
Giulio II concepì, con Bramante, un piano grandioso di ristrutturazione di tutto il complesso vaticano: demolire e ricostruire la basilica, collegare il Belvedere al palazzo attraverso un grande cortile ispirato ai grandiosi impianti architettonici dell’antichità, creare un nuovo prospetto del palazzo verso est. L’immenso spazio del Belvedere fu chiuso tra due lunghe ali a ordini sovrapposti, e diviso in 3 corti (cortili della Pigna, della biblioteca, del Belvedere) a quote diverse e raccordate da scaloni monumentali. Il prospetto nord era chiuso da un’esedra, trasformata da Michelangelo nel 1550 con la sostituzione dell’originaria scala semicircolare con una a due rampe, e da P. Ligorio nel 1562-63, con l’elevazione del cosiddetto nicchione e la sopraelevazione delle ali laterali. La palazzina del Belvedere era destinata ad accogliere la collezione di antichità, della quale già facevano parte l’Apollo, il Laocoonte e altri pezzi famosi. Delle varianti introdotte da Bramante alla palazzina sussiste la magnifica scala elicoidale.
Giulio II commissionò a Bramante il progetto per il nuovo S. Pietro, iniziato nel 1506; dopo la morte di Bramante, gli subentrarono Raffaello, quindi Antonio da Sangallo il Giovane e infine Michelangelo, che eseguì un nuovo disegno, sempre a pianta centrale. Il problema del prospetto del palazzo pontificio verso E, cioè verso la città, fu risolto da Bramante con il progetto, proseguito poi da Raffaello, di logge sovrapposte aperte sul cortile di S. Damaso. Paolo III arricchì il palazzo della Sala Regia (Antonio da Sangallo il Giovane) e di affreschi di Michelangelo (Giudizio Universale della Cappella Paolina, 1545-50).
Sotto Pio IV, P. Ligorio compì il cortile del Belvedere e costruì il casino del papa; furono eseguite vaste decorazioni (corridoio delle Carte geografiche, Sala Regia). Con Gregorio XIII fu compiuto il secondo braccio delle logge di S. Damaso; Sisto V eresse l’obelisco nella piazza, proseguì il palazzo e iniziò la biblioteca, compiuta da Paolo V.
Dal 17° sec. all’annessione di Roma allo Stato italiano (1870) i papi fissarono la loro residenza nel palazzo del Quirinale e in Vaticano si lavorò soltanto al compimento della basilica della quale Paolo V fece prolungare la navata ed edificare la facciata da C. Maderno. Bernini iniziò la trasformazione barocca della basilica con Urbano VIII (baldacchino), Innocenzo X e Alessandro VII (cattedra), sotto il quale edificò inoltre la scala regia e la grande piazza porticata. La basilica si arricchì di grandiose decorazioni e arredi. Nel 18° sec. C. Marchionni costruì la sacrestia, come corpo isolato. Nei palazzi, fra 18° e 19° sec., furono sistemati anche i locali dei musei, in genere nel gusto neoclassico.
Il nuovo edificio della Pinacoteca, la stazione ferroviaria, il palazzo del governatorato e altri edifici pubblici furono eretti dopo i Patti Lateranensi; nel 1975 P.L. Nervi costruì la grande sala delle udienze (Aula Paolo VI) demolendo il Museo Petriano (1925-66). Nel secondo dopoguerra sono state realizzate, per la basilica, oltre alla porta Santa (1949, V. Consorti), quelle della Morte (1964, G. Manzù), dei Sacramenti (1965, V. Crocetti), del Bene e del Male (1977, L. Minguzzi).
È da ricordare il sistema di bastioni fortificati che cinge il Vaticano: eretta da Leone IV, la cinta fu poi proseguita e ampliata da Niccolò III (cui si deve anche la trasformazione delle mura di Borgo nel cosiddetto corridore, fra il Vaticano e Castel S. Angelo, concluso da Pio IV), Paolo III, Pio IV.
Le prime statue antiche rinvenute negli scavi di Roma furono raccolte all’inizio del 16° sec. sotto Giulio II nel cortile del Belvedere (Hermes di Prassitele; Apollo; Laocoonte ecc.); alcuni pezzi ornarono poi il casino di Pio IV. Nel 18° sec. furono intrapresi i primi ordinamenti delle collezioni. Nel 1756 Benedetto XIV organizzò una sala della biblioteca in Museo sacro; con Clemente XIV e Pio VI sorsero il Museo Pio-Clementino, che conserva nell’ordinamento settecentesco (progetto di M. Simonetti) la statuaria greca e romana, il Museo profano (arte etrusca e romana) e fu iniziata la raccolta epigrafica. Il Museo Chiaramonti con la galleria lapidaria fu fondato da Pio VII, chiudendo un lato del cortile della biblioteca con il Braccio nuovo (di R. Stern). Gregorio XVI istituì il Museo Egizio e quello Etrusco (ampliato ne 1996). La Pinacoteca, il cui nucleo iniziale era costituito da parte delle opere asportate dalle truppe napoleoniche e recuperate da A. Canova (1816) e arricchita da Pio X, fu sistemata da Pio XI in un edificio appositamente costruito (1932, di L. Beltrami). Dopo il Concordato del 1929 fu aperto (1930-40) un nuovo ingresso dal viale Vaticano; con Paolo VI è stato inaugurato il complesso dei Musei Paolini (1970; studio Passarelli), che ospitano le collezioni degli antichi Musei lateranensi (Profano, fondato da Gregorio XVI, 1844; Cristiano, fondato da Pio IX, 1854; Etnografico missionario, istituito da Pio XI) oltre a una sezione (dedicata ai mezzi di trasporto pontifici) del Museo storico allestito nell’appartamento papale del Palazzo Laterano (1985). Con Paolo VI la Collezione di arte religiosa moderna è stata sistemata nell’Appartamento Borgia (1973) ed è stato riordinato (1976) il Tesoro di S. Pietro (F. Minissi). Il Museo postale-filatelico e numismatico è stato inaugurato nel 1987. Dagli anni 1980, il braccio berniniano di Carlo Magno è destinato a sede espositiva. Un nuovo ingresso monumentale è stato aperto nel 2000, quando si è proceduto anche alla riorganizzazione e alla creazione di nuove sezioni museali (ceramica medievale e rinascimentale e mosaici minuti, 1997) e percorsi archeologici (necropoli della via Triumphalis, dal 2006). Annessi ai musei sono i laboratori di restauro e il gabinetto di ricerca scientifica.
È una delle più importanti del mondo, per la raccolta di codici (70.000 circa), il fondo degli stampati (circa 7000 incunaboli e 1 milione di stampati relativi soprattutto al 16°-18° sec.), i fondi delle incisioni, carte geografiche, le pergamene e filze archivistiche. La biblioteca risale a Niccolò V (15° sec.) che per primo intese costituire una biblioteca pubblica: le raccolte delle precedenti biblioteche papali (per i bisogni della Curia) avevano subito distruzioni e ricomposizioni, e poco ne era tornato da Avignone. L’atto di fondazione della biblioteca rinvia a Sisto IV, che con la bolla Ad decorem militantis ecclesiae (15 giugno 1475) la dotò di una sede e rendite. Sisto V le diede l’odierna sistemazione, valendosi dell’opera di D. Fontana (1587-89). Con Pio IX e Leone XIII si ebbero importanti acquisizioni (biblioteca Mai, fondo Borghesiano, fondo Borgiano, biblioteca Barberiniana), e ancora con Pio XI (biblioteca di G.B. De Rossi, biblioteca Chigiana, biblioteca Ferraioli, archivio Rospigliosi, archivio Caetani, codici yemenitici e manoscritti). Sotto Paolo VI e Giovanni Paolo II si è provveduto a migliorare la ricettività della biblioteca con nuovi depositi per gli stampati e i manoscritti.
Al fondo Vaticano, quello originario, appartengono tutti i manoscritti entrati prima del 1622 e quelli che, pervenuti in seguito, non formarono fondi distinti: comprende i codici Vaticani latini (circa 15.300) e greci (oltre 2650), oltre 4600 codici in lingue orientali, circa 650 codici Vaticani musicali. Il fondo Palatino, il più antico dei nuovi fondi, comprende 2028 manoscritti latini e 432 greci; è l’antica Biblioteca Palatina fondata a Heidelberg (1482) da Filippo elettore palatino, e offerta da Massimiliano di Baviera a Gregorio XV (1622). Il fondo Urbinate (1779 codici latini, 165 greci e 59 ebraici) consiste nella biblioteca fondata da Federico di Montefeltro, espropriata alla città da papa Alessandro VII (1657). Il fondo Reginense (già Alessandrino) è costituito dal nucleo originale e dalla raccolta di 2000 manoscritti greci e latini, portati da Cristina di Svezia a Roma e poi venduti ad Alessandro VIII; comprende 245 manoscritti greci e 2122 latini. Il fondo Capponiano fu legato dal marchese Alessandro Capponi nel 18° sec., con 317 manoscritti. Il fondo Ottoboniano, che risale per le origini a papa Marcello II (Cervini), passato alla famiglia Altemps, comperato da Alessandro VIII per la sua famiglia (Ottoboni), fu acquistato poi nel 1748 da Benedetto XIV dal cardinle Pietro Ottoboni; comprende 3396 manoscritti latini e 473 greci. Il fondo Borghesiano è costituito da 390 manoscritti dell’antica biblioteca papale di Avignone, passati poi ai Borghese e acquisiti alla biblioteca da Leone XIII, insieme al fondo Borgiano, costituito dal cardinale Stefano Borgia (1731-1804) a Velletri e ricco di codici orientali, e al fondo Barberiniano rappresentato dai manoscritti della ex Biblioteca barberiniana. Il fondo Chigiano è costituito dai manoscritti della ex Biblioteca chigiana. Il fondo De Rossi comprende 1196 manoscritti; il fondo Patetta, pervenuto nel 1945, è notevole per i carteggi e i documenti relativi al Risorgimento italiano.
Alle sezioni tradizionali dei manoscritti e degli stampati si è aggiunta quella degli Archivi, in cui sono confluiti gli archivi di antiche famiglie romane, come Chigi e Barberini, e di molte chiese di Roma. La biblioteca ospita, dal 1738, il medagliere, raccolta di circa 300.000 pezzi, tra monete e medaglie, divisi in due serie, romana e pontificia. Alla biblioteca sono annesse le collezioni del Museo sacro e del Museo profano.
Specola vaticana è la denominazione ufficiale dell’Osservatorio astronomico pontificio, uno degli istituti scientifici più antichi d’Europa, a partire dal 1891. L’origine dell’istituto pare risalga al pontificato di Gregorio XIII. Infatti la Torre dei Venti, edificio ancora esistente e che costituì forse il primo nucleo, sorse nel 1579 per ospitare strumenti meteorologici e una grande meridiana solare. Con tale strumento forse si dimostrò a Gregorio XIII che il Sole raggiungeva l’equinozio primaverile già 10 giorni prima del 21 marzo, donde la necessità di una riforma del calendario. Nei due secoli seguenti l’attività astronomica si svolse fuori delle mura vaticane, presso il Collegio Romano, fondato anch’esso da Gregorio XIII, dove lavorarono C. Clavio, C. Scheiner ecc., tutti gesuiti. Nel 1773, soppressa la Compagnia di Gesù, gli studi e la direzione dell’Osservatorio furono affidati al clero secolare. Tornati i gesuiti dal 1824, furono direttori D. Dumonchel, fino al 1839, F. De Vico (1839-48) e A. Secchi (1850-78). Sotto di essi le ricerche dell’Osservatorio si indirizzarono alla fisica del Sole e delle stelle. Un nuovo Osservatorio pontificio veniva fondato nel 1827 sul Campidoglio da Leone XII, e diretto da F. Scarpellini, poi da I. Calandrelli e L. Respighi.
Dopo il 1870, i due osservatori furono espropriati dal governo italiano; quello del Campidoglio prese il nome di Reale osservatorio astronomico di Roma; l’attrezzatura dei due osservatori venne qui riunita nel 1923 e nel 1937 trasportata nella nuova sede dell’osservatorio di Roma sulla collina di Monte Mario. La riorganizzazione entro le mura vaticane del nuovo Osservatorio pontificio (Specola vaticana), è opera di F. Denza, padre barnabita che si impegnò in collaborazioni internazionali come la preparazione del Catalogo astrografico e della Carta fotografica del cielo. La direzione della Specola tornò ai gesuiti nel 1906 con J.G. Hagen e J. Stein, il quale trasferì (1939) tutta l’attività astronomica a Castel Gandolfo: sul palazzo pontificio furono erette due cupole per due nuove strumentazioni costruite dalla Zeiss: un telescopio visuale per l’osservazione diretta degli astri e un astrografo doppio per la fotografia. Accanto all’osservatorio fu fondato un laboratorio di spettrochimica per l’analisi delle meteoriti nel quale si trasportò l’astrografo della carta del cielo (1942) e si installò un astrografo a grande campo di tipo Schmidt (1957). Dagli anni 1980, per l’eccessiva luminosità del cielo notturno a Castelgandolfo, la Specola aprì una sua dipendenza a Tucson (Arizona), che dal 1995 dispone di un telescopio con specchio di 1,83 m di diametro, installato sul Monte Graham a circa 3200 m di altezza. A Castel Gandolfo restano la direzione, la biblioteca, gli elaboratori elettronici e il museo. La gestione della Specola, che costituisce una direzione del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, è tuttora affidata alla Compagnia di Gesù.
Prevista dagli accordi lateranensi e realizzata da G. Marconi, la Radio vaticana ebbe i suoi primi impianti nei Giardini Vaticani e fu inaugurata da Pio XI il 12 febbraio 1931. Per la massima parte il centro trasmittente fu trasferito nel 1957 a Santa Maria di Galeria, 18 km a NO di Roma, mentre gli studi dal palazzetto nei giardini vaticani (dove restano alcuni servizi tecnici) passarono nel 1970 nel palazzo Pio, presso Castel Sant’Angelo. La Radio vaticana trasmette in una quarantina di lingue ed è stata diretta dai gesuiti fino al 2016: G. Gianfranceschi (1930-34), F. Soccorsi (1934-53), A. Stefanizzi (1953-67), G. Martegani (1967-73), R. Tucci (1973-85), P. Borgomeo (1985-2005), F. Lombardi (2005-16), G. Ghisani (dal 2016).