Comune della Toscana (102,3 km2 con 358.079 al censimento 2011, divenuti 366.927 secondo rilevamenti ISTAT del 2020), città metropolitana e capoluogo della regione, situato a un’altezza media di 50 m s.l.m., all’estremità sud-orientale di un bacino intermontano, percorso dall’Arno, nel quale sorgono altre due importanti città: Prato e Pistoia. Il fiume, che divide F. in due parti disuguali (a destra la parte maggiore: quartieri di Santa Maria Novella, San Giovanni, Santa Croce; a sinistra l’Oltrarno: quartiere di Santo Spirito), nella periferia della città riceve da sinistra la Greve e da destra altri più modesti affluenti.
Il clima è di tipo submediterraneo, con notevole variabilità interannuale: la temperatura media annua è di 15 °C; quella di gennaio di 6,5 °C; quella di luglio di 25°; cadono, in media, 872 mm di pioggia all’anno. Aeroporto a Peretola, sobborgo occidentale della città.
A partire dagli anni 1970 si è venuta configurando un’area metropolitana fiorentina, parte di un’area metropolitana più vasta comprendente anche Prato e Pistoia e che è costituita da una decina di Comuni per una superficie complessiva di oltre 500 km2. La popolazione del capoluogo ha presentato nel corso degli anni 1980 un netto decremento (– 10% tra il 1981 e il 1991), proseguito a ritmo intenso nel decennio successivo (– 11,7% tra il 1991 e il 2001), per poi attestarsi in condizioni di stabilità con una lieve crescita (+ 0,6% nel 2011).
Centro manifatturiero, commerciale e finanziario tra i più importanti d’Europa tra 12° e 15° sec., F. decadde nel periodo successivo, risollevandosi solo nella seconda metà del 19° sec., quando vi fu trasferita da Torino la capitale d’Italia. Oggi F., oltre a svolgere le funzioni amministrative di città metropolitana e di capoluogo di regione, è un centro economico di prim’ordine, con fiorenti attività di servizio e industriali-artigianali e un’ampia area d’influenza: è una delle maggiori città italiane e una delle metropoli dominanti che si collocano ai vertici della gerarchia urbana nazionale. La branca di attività alla quale appartiene il maggior numero di occupati è quella dei servizi generali di amministrazione pubblica con 36.737 lavoratori e una percentuale pari al 26,1% del totale. Sommando le tre branche rappresentanti il settore terziario, ovvero quelle del commercio e trasporti, dei servizi generali di amministrazione pubblica, istruzione e sanità e delle attività professionali, si raggiunge il 74,5% degli occupati, per un totale stimato di 104.843 persone. I settori primario e secondario rappresentano una porzione decisamente inferiore sul totale degli occupati; l’agricoltura ed estrazione si ferma allo 0,8% (1.119 occupati), manifattura e costruzioni raggiunge il 10,1% (14.238 occupati) rispetto al 14,0% stimato per l’anno precedente (Rapporto Urbes 2015, Il benessere equo e sostenibile nelle città, www.istat.it/storage/urbes2015/firenze.pdf). Il settore secondario è caratterizzato da impianti di medie e piccole dimensioni appartenenti a svariati rami, tra i quali particolarmente rappresentati quelli della meccanica (Nuovo Pignone, FIAT, Officine Galileo), dell’elettrotecnica, della chimica farmaceutica, della gomma, dell’abbigliamento, della ceramica, del mobilio. L’editoria, pur avendo perduto quota rispetto a quella di altre città italiane, conserva ancora un certo peso dovuto a una lunga tradizione. Componente essenziale dell’economia fiorentina è il turismo, favorito soprattutto dalla ricchezza dei monumenti e delle raccolte d’arte, oltre che dalle bellezze naturali dei dintorni e dalle numerose manifestazioni culturali, folcloristiche e commerciali: dopo Roma e Venezia, è la terza città d'arte più visitata, con circa 2,5 milioni di arrivi all'anno. F. è una delle città, a livello nazionale, con la più alta aspettativa media di vita: nel 2013 era di 81,3 anni per gli uomini e 85,9 per le donne, 1,3 anni in più per le donne e 1,5 in più per gli uomini rispetto al resto del Paese. Inoltre la sua popolazione ha un grado di istruzione più alto della media italiana: nel 2011 la percentuale di persone di 25-64 anni con almeno il diploma superiore era pari al 72% (media italiana: 57,6%). Tale dato si riconferma nella formazione universitaria: la percentuale di persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni con un titolo universitario è pari al 39,5% contro il 23,2% dell’intero Paese. Queste caratteristiche si correlano positivamente con i dati dell'occupazione: nel 2013, nella provincia di F. il 71,1% delle persone dai 20 ai 64 anni risultava occupato e, nonostante il periodo di crisi, era rimasto stabile il livello occupazionale registrato nel 2007. Tale percentuale risulta superiore di 7 punti rispetto al Centro e di ben 11,3 rispetto alla media nazionale (Rapporto Urbes 2015, cit.).
La F. romana (forse sul luogo preesisteva un insediamento di origine etrusca) sorse sulla Via Cassia, là dove il Mugnone allora confluiva nell'Arno, per le necessità del traffico commerciale che vi si accentrava da e per Roma, Faenza, Lucca e Pisa; col nome di Florentia fu municipio, poi Cesare vi dedusse una colonia (resti del foro e delle mura che avevano un perimetro di 2000 m); la sua relativa importanza in età imperiale è documentata sia dagli ampliamenti dell'età di Adriano, sia dall'elevazione di F. a capitale della Tuscia et Umbria (287), sia infine dall'esservi attestata una sede vescovile sin dai primi decenni del sec. 4°. Il castrum fiorentino resistette, difeso da Stilicone, agli assalti degli Ostrogoti (405) e durante la guerra greco-gotica (535-553), come caposaldo dei Bizantini, all'assedio postogli da re Totila. Suddivisa in ducati la Tuscia longobarda, F. ebbe il suo proprio duca; fu anche residenza di un gastaldo, come curtis regia. Carlomagno vi celebrò il Natale del 786; F. costituì uno dei centri più cospicui della rinascita carolingia in Italia; fu creata da Lotario, con i capitula ecclesiastica dell'825, sede della scuola per la formazione culturale del clero nella regione toscana; così più tardi sotto gli Ottoni ebbe rilievo politico-amministrativo come sede di un conte, diretto rappresentante dell'autorità imperiale contro i potenti marchesi di Toscana.
Ma la nuova importanza di F. nella storia dipende dalle ripercussioni che vi ebbero gli eventi più significativi della rinascita europea nel 10°-11° sec.: concessione, con Ottone I, di immunità ai vescovi, fondazioni monastiche (la Badia fiorentina, l'abbazia di S. Michele in Màrturi, l'eremo di Camaldoli, testimoniano lo zelo riformatore di s. Romualdo e la liberalità di Willa e Ugo, marchesi di Toscana intorno al 1000), lotta contro il clero simoniaco e concubinario (alla metà del sec. 11° essa raggiunse in F. le vette più alte della passione religiosa con s. Giovanni Gualberto che guidò contro il vescovo simoniaco Pietro Mezzabarba l'opposizione popolare). Nella lotta delle investiture F. fu a fianco della contessa Matilde, per la difesa della libertà della Chiesa; e a Matilde di Canossa (m. 1115) la città dovette il primo riconoscimento dell'autonomia comunale. Attraverso le lotte vittoriose dei Fiorentini contro i feudatari del contado (Alberti della Val di Bisenzio, Adimari di Monte Orlando, Ubaldini del Mugello, Cadolingi di Settimo e Mangona, e altri) si affermano le magistrature comunali (i primi consoli risalgono al 1138). Durante il regime consolare predominano a F. le consorterie gentilizie (società delle Torri), sostenute dal clero e dal ceto più ricco dei mercanti (Calimala); mentre si accentua la politica di espansione territoriale, che dopo la guerra vittoriosa con Fiesole, feudo dei conti Guidi (1125), si afferma tra il 1143 e il 1153 ancora contro i Guidi (guerra detta di Montedicroce), e, dopo l'arresto provocato dalle prime discese in Italia del Barbarossa, con nuove vittorie che aprono ai Fiorentini la via di Pisa, con la conquista di Empoli (1182) e quella della Romagna, con la penetrazione nel Mugello (1184). L'importanza raggiunta da F. è rivelata dalla sua preminenza nella lega formatasi fra le città toscane a San Ginesio (1197), alla morte dell'imperatore Enrico VI, con finalità (che costituiranno d'ora innanzi la direttrice della politica estera fiorentina) antimperiali e filopapali; la città diviene in tal modo il centro del nuovo sistema politico guelfo, ormai generalizzatosi in Toscana, che le assicurerà, attraverso le guerre combattute nel sec. 13°, il conseguimento dell'egemonia sulla regione. Alla fine del sec. 12°, per effetto della immigrazione dal contado di nobili e di rurali e in forza dello sviluppo delle attività artigiane, F. si espande oltre la cinta delle mura romane; contemporaneamente, in relazione alle più complesse esigenze di politica estera e a garanzia di imparzialità nell'amministrazione, ai consoli si viene sostituendo il nuovo regime podestarile (1193), che nella concentrazione dei poteri attua, per lo sviluppo conseguito dalle assemblee cittadine, anche un effettivo allargamento della rappresentanza popolare.
Dal 1215 la vita politica è dominata a F. dalla lotta tra guelfi e ghibellini, che, se alle origini appare contrasto di consorterie nobiliari, viene progressivamente mostrando la sua più vera natura di lotta tra opposti gruppi sociali: così se la parte ghibellina costituisce lo strumento della reazione feudale ai progressi del comune, dei successi guelfi nelle guerre con Pisa (1218-22) e con Siena (1228-35) profitta economicamente il ceto mercantile, il quale via via rafforza nei consigli cittadini il proprio potere. L'intervento delle forze imperiali assicurava nel 1248 il trionfo della fazione ghibellina. Ma alla morte di Federico II le compagnie delle Arti insorsero contro i Grandi e s'impadronirono del governo (che fu detto del primo popolo), in cui affiancarono al podestà e a 12 anziani un capitano del popolo (1251); seguì un decennio di conquiste (presa di Volterra, 1254), che rafforzò la potenza economica del comune, testimoniata in quegli anni dall'immissione, sul mercato finanziario internazionale, del fiorino. Con la battaglia di Montaperti (1260) F. tornò ancora ghibellina; ma la sconfitta di Manfredi a Benevento (1266) e poi il crollo definitivo degli Svevi a Tagliacozzo (1268) restituiva ai guelfi il governo, che fu detto del secondo popolo, dapprima sotto la signoria formale (che durò dieci anni) di Carlo d'Angiò, vicario papale in Toscana. La pacificazione fra guelfi e ghibellini per iniziativa di papa Nicolò III, con la missione del card. Latino Malebranca (1278-80), apre la via alla nuova magistratura del priorato (1282), con la quale le Arti s'impadroniscono del governo; e nel 1289 la battaglia di Campaldino afferma il primato di F. su Arezzo ghibellina. Contro i tentativi di riscossa dei Grandi, il popolo riconferma le proprie libertà con gli Ordinamenti di giustizia (1295) di Giano della Bella, che pongono le premesse costituzionali della definitiva preminenza politica in F. di un'oligarchia di mercanti e di banchieri.
La città ormai stabilmente guelfa si scinde ancora (1300) nelle fazioni dei Neri, che sono capitanati dai Donati, e dei Bianchi, facenti capo alla famiglia dei Cerchi: dopo un breve sopravvento della parte bianca (1300-1301), questa deve cedere di fronte a Carlo di Valois, sedicente paciere, inviato da papa Bonifacio VIII ad assicurare col trionfo dei Neri la preminenza degli interessi della Chiesa, che questa fazione, sostenuta dall'aristocrazia finanziaria e commerciale, appunto favoriva. Dopo l'inutile tentativo di Arrigo VII di piegare al riconoscimento dell'autorità imperiale i Fiorentini (1312), la crisi militare ad opera delle vicine Pisa (sconfitta di Montecatini, 1315) e Lucca (Altopascio, 1325) porta alla perdita dell'indipendenza politica, con la città in signoria a Carlo duca di Calabria (fino al 1328); ma segue la vigorosa riscossa che porterà F. ad allargarsi in stato regionale attraverso la conquista di Pistoia (1331), Cortona (1332), Arezzo (1337) e Colle di Val d'Elsa (1338). Lo sfortunato tentativo di prendere Lucca e il fallimento delle potenti case bancarie dei Bardi e dei Peruzzi determinarono la crisi politica del ceto dominante (Arti maggiori) e una breve parentesi di dispotismo signorile, con Gualtiero di Brienne, duca di Atene (1342-43). Con la riforma del 1343 le Arti minori furono associate nel governo alle maggiori. Dopo la guerra degli "Otto Santi" (1375-78) combattuta contro Gregorio XI per rompere l'accerchiamento verificatosi con la ricostituzione, in Romagna, ad opera dell'Albornoz, dell'autorità papale, si riaccende la lotta fra l'oligarchia dominante e i ceti abbienti della popolazione, fino al prorompere rivoluzionario del moto dei Ciompi (21 luglio 1378) e all'esperimento democratico di Michele di Lando, esauritosi con la restaurazione oligarchica del 1382. Nel 1390 F. è in guerra aperta con i Visconti, durata con brevi intervalli fino alla morte di Gian Galeazzo (1402), cui la oppongono le contrastanti aspirazioni su Bologna, Siena, Perugia e Pisa (conquistata nel 1406); successivamente (1409-14) deve affrontare l'offensiva che le muove Ladislao re di Napoli, attraverso il territorio pontificio; i decenni seguenti vedono la città protagonista, in alleanza con Venezia, della lotta che ebbe come obiettivo la difesa dell'indipendenza degli stati regionali contro le aspirazioni di Filippo Maria Visconti al primato politico in Italia.
Nella politica interna maturavano intanto, anche sotto l'urgenza di quegli avvenimenti, rivolgimenti decisivi: Cosimo de' Medici, tornato nel 1434 dall'esilio veneziano cui l'aveva costretto l'oligarchia cittadina, instaurava in F., nel formale rispetto degli ordinamenti costituzionali, una effettiva signoria. L'assoluta preminenza dei Medici ebbe nuova sanzione, dopo la congiura dei Pazzi (1478), con la signoria del Magnifico, che godette di un larghissimo consenso popolare; e fu garanzia, attraverso l'alleanza stretta da Lorenzo con Milano e Napoli, dell'equilibrio tra gli stati della penisola. La discesa di Carlo VIII, nel 1494, aprì una prima interruzione nel reggimento mediceo (repubblica fiorentina del 1494-1512, contrassegnata nel periodo savonaroliano da un esperimento di democrazia che ebbe nel Maggior Consiglio, comprendente tutti coloro che avessero diritti politici, il caratteristico organo costituzionale). La signoria dei Medici, ricostituita (1512) dalla Lega Santa vincitrice dei Francesi, durò finché il sacco di Roma (1527), dove pontificava Giulio de' Medici (Clemente VII), rese possibile a F. l'ultima esperienza repubblicana: l'alleanza di Clemente VII con Carlo V rendeva vana l'eroica difesa delle libertà cittadine (assedio di F., v. oltre), e portava alla restaurazione dei Medici e alla fondazione del principato (1530). Questo, sorto come ducato di F., estendendo ben presto le sue conquiste territoriali alle altre parti della Toscana (specie con la conclusione vittoriosa della guerra di Siena, 1555), segnò con il duca Cosimo I, dal 1569 granduca di Toscana, la definitiva trasformazione dello stato cittadino nello stato regionale e assoluto, la cui storia s'identifica d'ora innanzi con quella della Toscana.
Dopo il principato di Francesco I (1574-87), il granduca Ferdinando I (1587-1609) attuò una politica favorevole alla Francia che inserì il granducato nella più vasta politica europea. Cosimo II (1610-21) continuò con scarsa energia la politica paterna; altrettanto fiacco fu il governo del consiglio di reggenza (1621-28) e quello del granduca Ferdinando II (1628-70). La dinastia si estinse con Giangastone nel 1737. Dopo la guerra di successione polacca e l’assegnazione del granducato di Toscana a Francesco Stefano di Lorena furono risanate le finanze e ridotto il debito pubblico, una politica economica con indirizzo liberistico migliorò le condizioni del Paese. Sotto Pietro Leopoldo (1765-90) furono curate le bonifiche e il ripopolamento di territori malsani e venne favorita l’agricoltura con la formazione della piccola proprietà. Occupata dai Francesi per breve tempo nel marzo 1799, la Toscana fu da loro nuovamente occupata nel 1800, e per il trattato di Lunéville fu assegnata a Ludovico di Borbone con il titolo di re d’Etruria. Con il trattato di Fontainebleau del 1807 fu annessa all’Impero francese. Con la Restaurazione si tornò agli ordinamenti politici preesistenti all’occupazione francese, ma furono anche conservate molte delle innovazioni del regime napoleonico (il codice di commercio, il sistema ipotecario, la pubblicità dei giudizi, lo stato civile). Sotto Leopoldo II (1824) furono concesse la libertà di stampa, la guardia civica e lo statuto. Unita al regno di Sardegna nel 1860, fu dal 1865 al 1871 capitale d'Italia.
Sin dalla seconda metà dell'Ottocento F. aveva tracciato i suoi orientamenti di sviluppo, tra di loro legati: il turismo, aspirando a diventare la ‘Atene d'Italia’; l'arte e la cultura; l'artigianato industriale o l'industria d'arte, ossia un percorso di industrializzazione che non intendeva concorrere con le grandi industrie del Nord-Ovest italiano che stavano allora nascendo, ma recuperare la raffinata tradizione artigianale locale per svilupparla, accanto a quella di lusso, in senso più professionale e seriale (maioliche, oreficeria, mobilificio, abbigliamento, vetro ecc.). In questa prospettiva erano nate scuole di formazione professionale nei diversi campi dell'artigianato (come la Scuola professionale delle arti decorative e industriali a Santa Croce o la Scuola di disegno industriale a Sesto Fiorentino voluta da Giovanni Ginori, che dell'industria artigianale di alto livello era uno dei massimi esponenti), da cui uscivano artigiani già qualificati, che gradualmente avevano sottratto alla 'bottega' la sua funzione di laboratorio didattico. F. era inoltre un centro culturale molto vivo. Accanto alle accademie, all'Università, ai teatri, alle biblioteche, alle esposizioni e alle numerose iniziative culturali istituzionali e non, molto attivi erano il settore dell'editoria e quello della stampa periodica, sia colta sia popolare e satirica (nel 1901 esce il giornale satirico “Il Bruscolo”, fondato da Luigi Bertelli, in arte Vamba; nel 1903 sono fondati “Il Leonardo” di Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini e il settimanale “L’Avanti! Della Domenica”; nel 1904 la rivista letteraria “Hermes” di Enrico Corradini e Giuseppe Antonio Borgese; nel 1906 il “Giornalino della Domenica”, edito dalla casa editrice Bemporad & Figlio e diretto ancora da Bertelli, in cui uscirà Il giornalino di Gian Burrasca; nel 1908 “La Voce” di Prezzolini). Nonostante a F. inoltre non esistesse una classe proletaria ampia come quella delle città industrializzate del Nord-Ovest, già a partire dai primissimi anni del Novecento partecipò alle lotte sindacali, anche in forza del suo tessuto popolare tradizionalmente sovversivo: nel 1902 vi fu il primo sciopero cittadino, nel 1904 aderì allo sciopero generale indetto dalla Camera del lavoro di Milano. Durante la Prima guerra mondiale la particolare conformazione economica di F. fece sì che la città risentisse in modo particolare della crisi, poiché salvo rari casi – come quelli delle Officine Galileo e delle Fonderie Pignone – l'industria non era atta a convertirsi alla produzione bellica. Non pochi furono gli operai e gli artigiani che emigrarono al Nord per trovarvi lavoro. Nel primo dopoguerra alcune industrie entrarono in crisi (come per es. la Alinari) o chiusero e anche a F. si assistette a un periodo di forte tensione sociale e, soprattutto con l'ascesa del fascismo, di reiterati episodi di violenza (nel 1921 venne ucciso il sindacalista comunista Spartaco Lavagnini, nel 1925 furono uccisi i socialisti Gaetano Pilati e Gustavo Console e il repubblicano Giovanni Becciolini, ecc.). F. ebbe un nucleo antifascista attivo: Nello Traquandi, Nello e Carlo Rosselli, Piero Calamandrei, Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi ne furono alcuni dei principali punti di riferimento attraverso il giornale clandestino “Non mollare!”, il Circolo di cultura politica e l'associazione Italia libera. Tuttavia fu anche ampio il consenso al Regime, che soprattutto sotto il segretario federale del PNF (Partito Nazionale Fascista) fiorentino Alessandro Pavolini enfatizzò il valore culturale e artistico della città con alcune rilevanti iniziative (nel 1927 fu inaugurato l'Istituto di storia della scienza, nel 1931 la Fiera nazionale dell’artigianato, nel 1933 la prima edizione del Maggio musicale fiorentino, nel 1937 il Centro nazionale di studi sul Rinascimento ecc.) e opere urbanistiche. Nel corso della seconda guerra mondiale, F. subì gravissimi danni dai bombardamenti degli Alleati e in seguito alle distruzioni operate dai tedeschi nella loro ritirata. La città fu abbandonata dalle truppe naziste nel settembre 1944, dopo lunga lotta con le formazioni partigiane.
Il primo sindaco dell'epoca post-fascista, designato dal CTLN (Comitato Toscano di Liberazione Nazionale) fu il medico socialista Gaetano Pieraccini, dall'ottobre 1944 al novembre 1946. L'opera di ricostruzione fu avviata immediatamente, soprattutto quella dei ponti, dei quali era stato risparmiato solo Ponte Vecchio; nell'agosto 1945 rientrò a F. parte delle opere d'arte sequestrate ai tedeschi durante la fuga. Al referendum istituzionale del giugno 1946 F. espresse una vasta preferenza per l'instaurazione della Repubblica (63,4%) e, alle prime elezioni comunali del novembre, il PCI (Partito Comunista Italiano) risultò primo partito cittadino con il 33,7% dei voti, seguito dalla DC (Democrazia Cristiana) con il 23,8% e dal PSI (Partito Socialista Italiano) con il 21,8%: sindaco della città divenne il comunista Mario Fabiani, che rimase in carica fino al 1951. Tale risultato non fu però confermato nelle successive amministrative del 1951, del 1956 e del 1960, in cui la DC risultò sempre primo partito (rispettivamente con il 36,1%, il 39,2%, il 34,9%), il PCI secondo (con il 33,7%, il 26,6%, il 32,5%), il PSI terzo (con 10,2%, il 26,6% e il 13,9%). Sindaco dal 1951 al 1957, quando per l'impossibilità di costruire una maggioranza venne sostituito dal commissario prefettizio Lorenzo Salazar, e di nuovo dal 1961 al 1965 fu il democristiano della corrente dossettiana e membro della Costituente Giorgio La Pira. Questi proseguì nei lavori di ricostruzione e restauro postbellici e adottò politiche di sostegno sociale che non mancarono di suscitare polemiche in ambito cattolico e moderato: oltre ad avviare opere di edilizia popolare e la costruzione delle 'case minime' (ossia case prive di fondamenta e costruite con materiale di risulta da utilizzare in via temporanea), per tamponare l'emergenza abitativa prese la decisione coraggiosa di requisire gli alloggi privati inutilizzati per destinarli ai senzatetto; inoltre nel difficile contesto di crisi che già aveva determinato momenti di forte tensione per la minacciata chiusura della fabbrica Pignone, La Pira appoggiò apertamente la lotta operaia e ne accettò l'occupazione, ottenendo poi, anche grazie all'appoggio di Amintore Fanfani e del presidente dell'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) Enrico Mattei, il salvataggio dello stabilimento. Vertenze analoghe si ebbero anche alla Fonderia Le Cure, alla Richard Ginori, alle Officine Galileo e altrove.
Nelle elezioni comunali del 1964 e alle successive del 1966 il PCI tornò a essere il primo partito (rispettivamente con il 33,7% e il 35,2%), la DC il secondo (con 27,5% e il 28,6%), confermandosi al terzo posto il PSI (con il 14,7% e il 10,9%). Il socialista Lelio Lagorio successe a La Pira per pochi mesi a capo di una giunta di centrosinistra, sostituito poi da un commissario prefettizio, e quindi da Piero Bargellini della DC, già assessore alle Belle arti e alla Pubblica istruzione con La Pira, che ormai risultava invece sempre più isolato nel suo partito per le sue aperture verso il PCI. Bargellini governò un solo anno, fino al 1967, ma si trovò ad affrontare la terribile alluvione del 4 novembre 1966. Non nuova alle inondazioni dell'Arno (memorabili quelle del 1333, del 1557 e del 1844), F. fu però particolarmente colpita da quest'ultima, che riversò nelle strade cittadine una valanga d'acqua del volume di almeno 100 milioni di m3. L’alluvione provocò alcune decine di vittime e danni ingenti agli immobili, alle attività industriali e commerciali e – nel centro di Firenze – ai monumenti, alle biblioteche, alle opere d’arte. La vasta eco che le immagini di F. e dei suoi capolavori sommersi da acqua e fango ebbe nella stampa internazionale, favorì però una mobilitazione senza precedenti: con l’approvazione e il coordinamento dell’esercito, a soli due giorni dall’alluvione gruppi di volontari, per lo più giovani, cominciarono a mettersi in marcia verso la città da ogni parte d'Italia e del mondo, dando una prova inedita di solidarietà civile, per salvare quanto possibile. I danni, tuttavia, al patrimonio artistico e a quello librario furono enormi.
Nello stesso anno entrò in crisi la giunta di Bargellini e a questi successe il democristiano Lucano Bausi, che rimase in carica fino al 1969, sostituito poi da un commissario prefettizio fino alle nuove elezioni.
Alle elezioni comunali del 1970 si ebbe una nuova vittoria del PCI, che ottenne il 35% dei voti, seguito nuovamente dalla DC con il 30%. Il PSI scese al 9,5% dopo il PSU (Partito Socialista Unitario) che ebbe il 10,6%. Sindaco fu eletto ancora Bausi, che rimase in carica questa volta fino al 1974, sostituito in quell'anno da Giancarlo Zoli e poi fino al 1975 da un commissario prefettizio. Le successive comunali del 1975 videro una forte crescita del PCI, che raggiunse il 41,5% contro la DC con il 28,9% e il PSI al 10,4%. Nel 1980 il PCI registrò il 40,5%, la DC il 29,9% e il PSI il 12,4%. Per otto anni, dal 1975 al 1983, la città fu retta dal comunista Elio Gabbuggiani, seguito poi da due repubblicani: Alessandro Bonsanti, a capo di una giunta pentapartitica, e alla morte di questi nel 1984 fino al 1985 da Lando Conti. Quest'ultimo sarà l'anno successivo ucciso in un attentato rivendicato dalle BR (Brigate Rosse), i cui responsabili però non verranno mai individuati (e l'inchiesta sarà infine archiviata nel 2009).
Anche a F. come nel resto d'Italia si era andato strutturando e organizzando in questi anni il movimento studentesco. Nel capoluogo toscano le prime contestazioni erano iniziate già nel 1965 – precocemente rispetto ad altre realtà – e si erano intensificate nel 1967, anno in cui numerose facoltà (a partire da quella di Chimica e poi quelle di Lettere e di Architettura e altre ancora) erano state occupate in risposta alla riforma universitaria e contro la guerra del Vietnam. Queste prime mobilitazioni facevano riferimento soprattutto all'UGI (Unione Goliardica Italiana), un'organizzazione laica di orientamento per lo più repubblicano e socialista. Nel corso degli anni però il movimento studentesco si era andato radicalizzando, allontanandosi sempre più dalla sinistra parlamentare e collegandosi alle coeve battaglie degli operai. Benché gli 'anni di piombo' e la cosiddetta strategia della tensione non abbiano colpito F. così drammaticamente come altre città – Genova, Milano, Roma, Torino, ecc. – anche qui vi sono stati numerosi episodi di sangue: nel 1974 furono uccisi durante una rapina Luca Mantini e Giuseppe Romeo dei Nuclei armati proletari; nel 1975 il giovane militante comunista Rodolfo Boschi viene ucciso da un poliziotto; nel 1978 durante un tentativo di fuga dal carcere un commando di Prima linea uccise un rappresentante delle forze dell'ordine. L'omicidio dell'ex sindaco Conti nel 1986 chiuse dunque tardivamente una stagione che fu anche a F. assai violenta.
Un evento che colpì ancora però profondamente la città fu la strage di matrice mafiosa di via dei Georgofili, nei pressi degli Uffizi, del 1993, che causò la morte di cinque persone (tra cui due bambine) e il ferimento di molte altre; tale strage si inseriva nel contesto fino a quel momento ritenuto estraneo e lontano dalla città di F. della strategia stragista di Cosa Nostra che aveva già condotto nel 1992 alla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e nello stesso 1993 ai due attentati di via Fauro a Roma e di via Palestro a Milano.
In seguito alle elezioni comunali del 1985, nel frattempo, in cui il PCI si era attestato al 39,9%, la DC al 26,5%, il PSI al 12,3%, era stata formata una giunta composta da comunisti, socialisti, socialdemocratici e liberali guidata dal socialista Massimo Bogianckino, sostituito poi dal collega di partito Giorgio Morales nel 1989. Questi fu poi confermato dopo le elezioni del 1990 (in cui il PCI prese il 32,5%, la DC il 26,9%, il PSI il 13,4%) a capo di una giunta pentapartito composta di democristiani, socialisti, repubblicani e socialdemocratici. Nelle elezioni comunali del 1995, le prime con l'elezione diretta del sindaco, venne eletto l'indipendente Mario Primicerio, a capo di una giunta di centrosinistra, sostituito poi dal 1999 al 2009 da Leonardo Domenici, sempre alla guida di una giunta di centrosinistra. Sotto l'amministrazione di Domenici F. ospitò nel 2002 il primo Forum sociale europeo dei movimenti della società civile che si opponeva alle politiche neoliberiste e fu realizzata la Tranvia di F. che collega il capoluogo a Scandicci, inaugurata nel 2010. Nel 2009 è diventato sindaco Matteo Renzi, e nel 2014 Dario Nardella, riconfermato nel 2019, entrambi ancora a capo di giunte di centrosinistra.
Le strade del centro conservano l’orientamento di quelle della Florentia romana, il cui foro è l’odierna piazza della Repubblica e le cui mura (prima cerchia) sono segnate a grandi linee dalle odierne vie Tornabuoni, Cerretani e del Proconsolo. Della F. antica restano testimonianze in vari siti: edifici termali (uno dei quali sotto la torre Pagliazza), tratti del cardine e delle mura, resti di impianti artigianali in via del Proconsolo e soprattutto il complesso recuperato nello scavo di piazza della Signoria (1974-87), nell’ambito del quale sono da ricordare un grande complesso termale e una fullonica (tintoria), su cui si impiantarono case medievali.
La pianta della città romana rimase inalterata per tutto l’Alto Medioevo Nel 1172 nuove mura delimitarono una superficie più che doppia rispetto a quella antica, spingendosi anche sulla riva sinistra dell’Arno: a Ponte Vecchio (ricordato fin dal 996) si aggiunsero Ponte Nuovo, poi detto alla Carraia (1220), Ponte Rubaconte, poi detto alle Grazie (1237), e Ponte a Santa Trìnita (1252). Tra il 1284 e il 1333 fu costruito un più ampio giro di mura. I secoli 14°-19° videro una radicale trasformazione edilizia della città, che specie nel Rinascimento si arricchì di splendidi edifici sacri e profani. Sono di quei secoli i più bei giardini di F., come quelli di Boboli (16° sec.) e delle Cascine (18° sec.). Al rinnovamento del 19° sec. diede massimo impulso la provvisoria scelta di F. come capitale d’Italia (1865-71): abbattimento delle mura (eccettuate le porte) alla destra dell’Arno; apertura al loro posto dei viali di circonvallazione e, oltre l’Arno, del viale dei Colli; sistemazione di nuovi quartieri e ampliamento delle strade entro le vecchie mura; sviluppo della città all’esterno di queste. Tali interventi si devono al piano, non compiutamente attuato, dell’architetto G. Poggi. Nel 20° sec. si è andato progressivamente estendendo il settore nord-occidentale. La città subì gravi danni in seguito alla Seconda guerra mondiale; l’opera di ricostruzione è stata ultimata nel 1958 e sull’Arno è stato costruito un settimo ponte, che congiunge Borgo Ognissanti con S. Frediano.
Tra 13° e 16° sec. F. riveste un ruolo di avanguardia e di primo piano nel rinnovamento di ogni forma di cultura e di ogni genere di espressione letteraria e artistica. La piazza del Duomo, che costituisce il centro geometrico e insieme culturale della città, riunisce tre dei più significativi monumenti di F., duomo, campanile e battistero. Il battistero ottagonale, variamente datato dal 5° all’11° sec., ha tre magnifiche porte di bronzo dorato, la prima di Andrea Pisano (1330), la seconda (1403-24) e la terza (1425-52), detta del Paradiso, di L. Ghiberti. All’interno, nella cupola sono mosaici del 12°-14° secolo. Il duomo (S. Maria del Fiore, fino al 1412 S. Reparata), iniziato nel 1296 da Arnolfo di Cambio, fu consacrato nel 1436. All’esterno, compiuto nella seconda metà del 14° sec., è sensibile il distacco fra corpo delle navate e parte terminale, ottagonale, amplificata dalla grandiosa struttura della cupola (compiuta nel 1436 da F. Brunelleschi). La facciata attuale è del 1887; di quella di Arnolfo, demolita nel 16° sec., restano frammenti di sculture nel museo dell’Opera del duomo. L’interno, a croce latina a tre navate, di linee gotiche ma ampie e maestose, è ricco di importanti opere d’arte. Il campanile, isolato a fianco della chiesa, fu progettato da Giotto (1334-37) proseguito da Andrea Pisano, poi da F. Talenti, e ornato di rilievi e sculture. Nell’oratorio di Orsammichele (1337-1404), in origine loggia del grano, è un tabernacolo marmoreo di A. Orcagna; all’esterno, ornato di trifore di S. Talenti, sono, entro nicchie a edicola, tardogotiche e rinascimentali, 14 statue dei patroni delle arti (eseguite da Ghiberti, Nanni di Banco, Donatello, A. Verrocchio e altri). Su piazza della Signoria sorgono Palazzo Vecchio (o della Signoria; già dei Priori), potente mole d’aspetto severo, con alta torre (l’interno, rifatto nel 16° sec., ha sale e appartamenti ricchi di opere d’arte), e la Loggia della Signoria (1376-81), con ampie arcate a tutto sesto. Questo significativo spazio urbano fu connotato da sculture e opere d’arte, emblematiche delle virtù cittadine (dalla Giuditta di Donatello al David di Michelangelo). All’esterno è la fontana del Nettuno (B. Ammannati, 1563-77). Fra Palazzo Vecchio e Loggia è il bellissimo portico del severo palazzo degli Uffizi, iniziato da G. Vasari nel 1560 e compiuto da A. Parigi.
Tra le grandi chiese degli ordini monastici della seconda metà del 13° sec., la domenicana S. Maria Novella fu iniziata verso il 1278 e completata nel 1360 circa da J. Talenti; la facciata fu compiuta da L.B. Alberti. Nel grandioso interno, a tre navate divise da pilastri polistili, fra le moltissime opere d’arte si ricordano la Trinità, affresco di Masaccio (1428 circa); ciclo di affreschi di D. Ghirlandaio e aiuti, nella cappella maggiore. La francescana S. Croce, ampliata nella seconda metà del 13° sec., nel 14°, e compiuta nel 1437, conserva tombe di uomini illustri, da G. Galilei a V. Alfieri, e preziosissime opere d’arte (affreschi di Giotto, Maso, T. Gaddi, A. Gaddi, Giovanni da Milano ecc.; monumenti di Tino di Camaino, B. Rossellino, Desiderio da Settignano; Annunciazione di Donatello ecc.); adiacente alla chiesa è la cappella dei Pazzi, di Brunelleschi. Tra le moltissime altre chiese, vanno ricordate S. Miniato al Monte, romanica (11°-12° sec.); S. Trìnita, esempio di architettura gotica (13°-14° sec.), Ss. Annunziata, ricostruita da Michelozzo, poi rimaneggiata; la chiesa di Badia (13°-17° sec.) ecc.
Grandi affermazioni del primo Rinascimento sono gli affreschi di Masaccio nella cappella Brancacci a S. Maria del Carmine (ciclo iniziato nel 1424 da Masolino e compiuto da Filippo Lippi circa il 1485) e altre due creazioni di Brunelleschi, S. Spirito e S. Lorenzo. In S. Lorenzo, al purissimo ambiente brunelleschiano della Sagrestia Vecchia fanno riscontro le potenti membrature architettoniche della Sagrestia Nuova, costruita come cappella sepolcrale dei primi Medici da Michelangelo (1520), che progettò anche una facciata, non eseguita, per la chiesa stessa, e l’adiacente Biblioteca Laurenziana. La cappella dei Principi, complesso a sé dietro il coro della chiesa, è una fastosa costruzione barocca iniziata da M. Nigetti nel 1604.
Fra le costruzioni civili sono, dopo il Palazzo del Capitano del popolo, poi del Bargello (iniziato nel 13° sec., cortile della seconda metà del 14°), i palazzi Ferroni (1289) e Davanzati (14° sec.); per il 15° sec., notevoli l’Ospedale degli Innocenti (Brunelleschi, dal 1419), con ricercata modularità nel loggiato; Palazzo Medici poi Riccardi, costruito da Michelozzo per Cosimo il Vecchio (1440-60); Palazzo Strozzi, iniziato da Benedetto da Maiano per Filippo Strozzi (1489); Palazzo Rucellai, costruito (1447-51) su progetto di L. B. Alberti, autore anche della facciata della chiesa di S. Pancrazio (1467), con l’adiacente cappella Rucellai (tempietto del S. Sepolcro, pure di Alberti). Oltrarno Palazzo Pitti (impianto attribuito a Brunelleschi), ampliato (1570) da B. Ammannati, il cui capolavoro, nel quadro della fisionomia della città, è il rinnovato Ponte a S. Trìnita (distrutto nel 1944, ricostruito). Dietro il grandioso prospetto di Palazzo Pitti, a severo bugnato, si apre il parco di Boboli, uno dei primi e più famosi giardini all’italiana.
In epoca barocca l’attività edilizia a F. fu scarsa: notevoli sono Palazzo Corsini sul Lungarno (P.F. Silvani, 1656), S. Gaetano (M. Nigetti e P. F. Silvani, 1604-48), S. Firenze ecc. Rimarchevole opera del 19° sec. è il viale dei Colli (G. Poggi, 1865-70). Il 20° sec. conta alcune delle più interessanti realizzazioni dell’architettura italiana: stadio, di P.L. Nervi (1932), stazione centrale, di G. Michelucci (in collab., 1935), i ponti Vespucci, di R. Morandi (1957) e da Verrazzano, di L. Savioli (in collab., 1969), chiesa dell’autostrada, di G. Michelucci (1963), nuove sedi dell’Archivio di Stato, di I. Gamberini (1986) e del Teatro regionale toscano, di A. Natalini (1987). Il nuovo accesso della stazione centrale è del 1990 (G. Aulenti e B. Ballestrero). Nel 1994 sono iniziati i lavori di recupero dell'area del Monastero delle Murate, su linee guida di R. Piano, per trasformarla in un complesso di case popolari; la prima parte è stata inaugurata nel 2004, le altre negli anni successivi. Nel 2004 è stata sottoposta a un intervento di riqualificazione l'ex area industriale di Longinotti su progetto di A. Natalini. Nel 2005 è stata inaugurata la Casa dello studente in piazza Dallapiccola. Nel 2012 è stata ultimata la costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia degli architetti L. Ricci e G. Michelucci. È infine in progettazione la stazione ad alta velocità di Firenze-Belfiore.
F. ha raccolte d’arte tra le principali in Europa: Galleria degli Uffizi (annesso Gabinetto disegni e stampe); Galleria Palatina, in Palazzo Pitti, che conserva il carattere di grandiosa raccolta principesca (ospita Museo degli Argenti e Galleria d’arte moderna); Galleria dell’Accademia (vi sono, tra l’altro, David e Prigioni di Michelangelo); Museo nazionale del Bargello; Museo di S. Marco, con una serie di opere di Beato Angelico nell’ex convento. Tra le altre raccolte, sono i Musei Horne e Bardini, casa Buonarroti, Museo di storia della scienza, i due Musei dell’Opera del duomo e di S. Croce, Museo Stibbert, Galleria Corsini, Museo di Marino Marini (ex-chiesa di S. Pancrazio), Museo-Centro di arte contemporanea a Rifredi, Casa-Museo di R. Siviero. Nel 2014 è stato inaugurato il Museo del Novecento. Sede di mostre sono il forte di Belvedere (B. Buontalenti, 1590-95) e Palazzo Strozzi. Nell’ambito della conservazione e del restauro l’Opificio delle pietre dure è tra i più prestigiosi istituti a livello internazionale.
Particolare ricchezza della città è quella costituita dalle pubbliche biblioteche, a cominciare dalla Biblioteca nazionale centrale, nata con il nome di Magliabechiana, essendo costituita in origine dalla raccolta di più di 30.000 tra manoscritti e stampati che A. Magliabechi morendo nel 1714 aveva lasciato alla città di F., e aperta al pubblico nel 1747; sino all’inondazione del 4 novembre 1966 possedeva 24.000 manoscritti, 715.000 lettere e autografi, 4000 incunaboli e in tutto più di tre milioni di stampati; dal 1870 gode del diritto di ricevere un esemplare di tutta la produzione libraria italiana. La Biblioteca Laurenziana (o medicea laurenziana), iniziata da Cosimo il Vecchio, arricchita da Lorenzo il Magnifico e aperta al pubblico nel 1574, ha una monumentale sede disegnata da Michelangelo nei chiostri superiori della basilica di S. Lorenzo. La Biblioteca Marucelliana, fondata per lascito di F. Marucelli nel 1702 e aperta al pubblico nel 1752, conserva importanti incunaboli e manoscritti. La Biblioteca Riccardiana, notevole soprattutto per i 4000 manoscritti, alcuni dei quali splendidamente miniati, la Biblioteca Moreniana, e il Gabinetto scientifico-letterario G.P. Vieusseux, traggono origine rispettivamente da R.R. Riccardi (16°sec.), da D. Moreni (19° sec.), da G.P. Vieusseux (19° sec.). Anche il Deutsches Institut für Kunstgeschichte, come lo Harvard University Center for Italian Renaissance Studies di Fiesole (Villa I Tatti, con la collezione Berenson), ha ricchissime biblioteche specializzate nella storia dell’arte.
Già nel 14° sec. F. fu attiva come centro musicale, con il movimento dell’Ars nova, che ebbe esponenti quali Gherardello, Paolo da F. e soprattutto F. Landino detto il Cieco degli organi; le loro musiche ci sono giunte grazie al Codice Squarcialupi, redatto da un celebre organista del 15° secolo. Di altre manifestazioni musicali a carattere più popolare come le laude religiose, i canti carnascialeschi, le mascherate, i trionfi ecc., ci è giunto poco; forse qualcosa del loro stile si trasfuse nelle laude di G. Animuccia, di origine fiorentina e poi collaboratore musicale di s. Filippo Neri a Roma. Il 16° sec. si concluse con l’attività della Camerata de’ Bardi, detta Camerata fiorentina, che contro le secolari glorie dello stile polifonico favorì la monodia accompagnata e l’opera in musica. Il 17° sec. vide nascere a F., tra gli altri musicisti, G.B. Lulli, fondatore del teatro musicale francese, e svilupparsi l’arte violinistica, che verso il 18° sec. giunse a notevoli livelli con G.B. Giacomelli e con F.M. Veracini. Di origini fiorentine fu anche L. Cherubini, attivo tra il 18° e il 19° sec. in Italia e in Francia. La fioritura di concerti, specialmente di musica da camera, che si ebbe a F. nell’Ottocento, diede origine a istituzioni di cultura musicale, che ancora oggi organizzano concerti e concorsi. Nel 2011 è stata inaugurata la struttura polifunzionale Opera di Firenze - Maggio Musicale Fiorentino.
Il 17° concilio ecumenico, aperto a Ferrara nel 1438, in contrapposizione al concilio di Basilea; l’anno dopo fu trasferito a F., dove si protrasse fino al 1442, e continuò poi con le sessioni di Roma (1443-45). Proclamò l’unione della Chiesa latina con la greca e altre Chiese orientali (armena, copta, giacobita di Siria e Mesopotamia, caldea nestoriana e maronita di Cipro). Le principali questioni in esame furono la dottrina della processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, l’uso degli azzimi nell’Eucaristia, la dottrina del Purgatorio, la dottrina del primato romano. Il concilio ebbe importanti conseguenze nel campo culturale, perché il contatto con i Greci diede notevole impulso all’Umanesimo, e in quello teologico (anche se le unioni durarono poco), perché i decreti dogmatici fornirono il modello delle unioni future e influirono anche, in parte, sulle definizioni del concilio di Trento.
Istituita da Cosimo I nel 1546, fu diretta dapprima dai fiamminghi G. Rost e N. Carcher; dal 1565 circa andò progressivamente decadendo fino alla soppressione nel 1737, seguita da una breve ripresa (1740-44). Marca dell’arazzeria fiorentina fu generalmente un giglio coronato tra due «F».
Trattato di pace (1801) tra Napoleone primo console e il re di Napoli Ferdinando IV: a quest’ultimo rimase il Regno di Napoli in cambio dell’evacuazione dello Stato romano da parte delle truppe napoletane, della rinuncia ai domini in Toscana (Elba e Piombino), della chiusura dei porti alle navi inglesi, dell’indulto per i condannati politici e del mantenimento, a spese del Regno, di un corpo d’occupazione francese in Abruzzo e nel Leccese. Il Regno di Napoli cadde così in una sorta di vassallaggio francese, fino al totale assoggettamento del 1805.
3.514 km2 con 973.145 ab. nel 2011, divenuti 995.517 secondo rilevamenti ISTAT del 2020, ripartiti in 41 comuni. Nel 2014, con la legge 7 aprile n. 56, entrata in vigore il 1°gennaio 2015, la città metropolitana di F. è subentrata all'omonima provincia, mantenendo la medesima estensione geografica. Nel 1999 erano stati disaggregati 7 comuni (344 km2 e 212.000 ab.), attribuiti alla nuova provincia di Prato. Il territorio comprende la media valle dell’Arno da Figline a Fucecchio, coi bacini degli affluenti che l’Arno riceve in quel tratto, tra cui Sieve e in parte Ombrone a destra, Greve, Pesa e in parte Elsa a sinistra; inoltre, di là dello spartiacque dell’Appennino, le alte valli romagnole del Lamone e del Santerno. Il dato demografico provinciale ha presentato, negli anni 1980 e nella prima metà degli anni 1990, una forte tendenza negativa, in seguito attenuatasi fino ad arrestarsi. La provincia ha un reddito pro capite fra i più alti in Italia, nettamente superiore a quello medio europeo. Nel 2012, il reddito disponibile pro capite delle famiglie consumatrici nella provincia di F. era pari a 21.731 euro, valore decisamente superiore a quello regionale (18.604 euro), del centro Italia (18.707 euro) e nazionale (17.307). L’economia locale ha assunto una configurazione sempre più orientata verso il comparto dei servizi, che assorbe circa il 65% della popolazione attiva: la crescente terziarizzazione è dovuta soprattutto allo sviluppo dei settori avanzati, come quelli dei servizi per le imprese, del commercio specializzato e del turismo, quest’ultimo favorito anche dall’adozione di particolari misure urbanistiche (chiusura dei principali centri storici alla motorizzazione privata). L’industria, articolata su un’estesa gamma di settori (metalmeccanico, elettrotecnico, della meccanica di precisione, chimico-farmaceutico, dell’abbigliamento e della pelletteria), mediante diversificate tipologie dimensionali, conserva un ruolo decisivo nell’apparato economico locale, soprattutto in virtù di una crescente integrazione con le strutture terziarie. Nell’ambito del secondario si sono andate accentuando diverse dinamiche di internazionalizzazione produttiva, mediante operazioni di acquisizione di imprese e investimenti di capitale da e verso l’estero, rilocalizzazione di unità e cicli di produzione in aree a minor costo del lavoro e ampio impiego di manodopera immigrata. A livello territoriale si sono accentuati i processi di diffusione delle funzioni, soprattutto di servizio, dal capoluogo verso i comuni minori dell’area metropolitana fiorentino-pratese. Una discreta consistenza mantengono le attività agricole e l’allevamento specializzato, settori tuttavia scarsamente significativi in termini di addetti.