Pubblicazione, registro o libro avente carattere giornaliero.
Pubblicazione a stampa, composta di un numero variabile di pagine, che fornisce notizie di politica, economia, cronaca, attualità, cultura, spettacolo e sport. Il termine fa riferimento alla frequenza quotidiana delle uscite, ma spesso è esteso anche a periodici non quotidiani, in particolare a settimanali di attualità (v. fig.).
Gli antecedenti storici del g. vengono concordemente identificati con gli acta populi o diurna, istituiti nel 59 a.C. da Giulio Cesare: si trattava di brevi avvisi che venivano affissi nei luoghi più frequentati per divulgare agli abitanti di Roma e delle province notizie di comune interesse; alla loro redazione provvedevano actuarii, notarii, subrostrani.
Nel Medioevo le notizie importanti e gli eventi memorabili erano divulgati attraverso le cronache, i diari e le lettere, redatti da cronisti e diaristi solitari che lo facevano per passione, ma anche da cronisti veri e propri, al servizio di mercanti, banchieri, governanti che traevano vantaggi politici ed economici dalle notizie ricevute. Venne così a costituirsi una sorta di trama di lettere pubbliche, o che comunque sarebbero diventate tali, che si infittì con l’intensificarsi dei traffici e dei viaggi per terra e per mare, verso cui si volgeva la curiosità di un numero sempre maggiore di persone. Da tale trama emerge la storia di alcuni secoli con le guerre, i trattati, gli accordi commerciali, i matrimoni dei vari principi, nonché l’organizzazione politica, sociale e privata.
Nel Cinquecento le notizie erano diffuse attraverso avvisi, gazzette, notizie e fogli alla mano, pagine contenenti paragrafi di poche righe, senza titolo o intestazione, con la sola indicazione di data e luogo di provenienza. I redattori, già corporazione d’interessi non priva di forza, si chiamavano menanti, gazzettanti, scarsellanti, corrieri o novellisti secondo i vari luoghi. Questi fogli continuarono ad avere diffusione anche durante il 17° sec. (in Inghilterra erano chiamati Mercury o Newes papers), nonostante l’invenzione della stampa.
L’Aviso-Relation oder Zeitung, settimanale pubblicato ad Augusta nel 1609 da Johann Carolus, è considerato il primo g. a stampa, seguito nel 1610 da un settimanale a Basilea, nel 1615 da uno a Francoforte e nel 1616 da un altro ad Anversa. Il primo g. di Londra fu The Weekly Newes che nacque nel 1622, mentre a Parigi, nel 1631, T. Renaudot, considerato il padre del giornalismo francese, fondò la Gazette, un settimanale di varietà stampato su quattro pagine (formato 22x16 cm) a una colonna. In Italia le prime gazzette apparvero a Venezia, edite per conto della Serenissima; nel 1636 se ne pubblicava una a Firenze, nel 1640 una a Roma, nel 1642 una a Genova.
Nella seconda metà del Seicento, grazie all’utilizzo ormai invalso della stampa che rendeva accessibili su carta informazioni aggiornate quotidianamente, vi fu in tutta Europa una vera fioritura di giornali. Nel 1660 nacque a Lipsia il primo quotidiano (Leipziger Zeitung). Dopo i controlli cui il giornalismo era stato sottoposto nei suoi primi decenni di vita, perché considerato dai governanti uno strumento pericoloso di conoscenza e possibile emancipazione per il popolo, nel Settecento, in uno scenario sociale e culturale che si apriva a idee più illuminate e rivoluzionarie, esso cominciò gradualmente a guadagnare consapevolezza della propria forza.
Fu in Inghilterra che i g. iniziarono ad affrontare battaglie per la libertà e l’autonomia della stampa. Il primo quotidiano fu il Daily Courant (1702). Nel 1704 D. Defoe fondò il trisettimanale The Review, nel quale apparvero i primi ‘editoriali’ politici e i primi racconti a puntate. R. Steele nel 1709 diede vita al periodico Tatler, di cui erano collaboratori J. Swift e J. Addison. I due nel 1711 fondarono The Spectator, che si proponeva di «travasare l’intelligenza dalla testa degli scrittori nella testa dei lettori». Il g. ebbe un enorme successo, se ne fece anche un’edizione francese e in Italia costituì il modello per La Gazzetta veneta (1760), la Frusta letteraria (1763) e il Caffè (1764).
Durante la prima metà del Settecento, il Parlamento e la corona britannici, preoccupati del crescente potere della stampa, tentarono di soffocarne la voce, gravando i g. di tasse e tributi, sicché i meno forti cessarono le pubblicazioni e gli altri si appoggiarono ai partiti politici dei whigs e dei tories che si alternavano al potere. Nel 1785 J. Walter I fondò il quotidiano London Daily Universal Register, di indirizzo commerciale, che nel 1788 diventò The Times, trasformandosi in un g. politico già attivo e presente durante la Rivoluzione francese con i suoi corrispondenti in Francia. Sotto la direzione di J. Walter II e dei suoi successori e con una maggiore indipendenza politica, il Times arrivò a essere il più autorevole quotidiano del mondo anche se di non grande tiratura, avvalendosi di collaboratori prestigiosi e di una tecnologia sempre all’avanguardia.
La stampa francese ebbe nell’ultimo scorcio del Settecento uno sviluppo straordinario. Se il primo quotidiano, il Journal de Paris, vide la luce solo nel 1777 e prima della Rivoluzione esistevano 14 g. politici, dal luglio 1789 all’agosto del 1792 ne nacquero 1400. Durante l’età napoleonica la stampa fu costretta a muoversi in un clima di censura che ne limitò le libertà e lo sviluppo. La situazione non migliorò, caduto Napoleone, con la Restaurazione. Fino al 1848 in Francia, come peraltro in tutta l’Europa continentale, non vi fu una vera stampa politica, anche se nacquero importanti g. e vi furono innovazioni tecnologiche di rilievo. Vanno ricordati il Conservateur di F.-R. Chateaubriand (1818), Le Globe su cui scrivevano F. Guizot e C.-A. Sainte-Beuve, il Constitutionnel (1826), il primo Figaro e La Presse (1836), fondata e diretta da É. de Girardin, promotore del moderno giornalismo francese. La Presse fu il primo a pubblicare i feuilletons, che costituirono in Francia e fuori uno dei maggiori elementi di diffusione dei g. nell’Ottocento. Il g. tedesco più importante del Settecento fu l’Hamburgischer Correspondent (1774). Nel 1798, a Lipsia, iniziò la pubblicazione il quotidiano Neueste Weltkunde, divenuto poi l’Allgemeine Zeitung.
Il primo g. italiano risale al 1664: fu la Gazzetta di Mantova, divenuta più tardi quotidiano e tuttora edita. A Venezia, nel 1710, apparve il Giornale de’ letterati d’Italia, che si fregiava di firme illustri come quelle di A. Zeno, S. Maffei, L. Muratori; a Parma, nel 1735, uscì La Gazzetta di Parma, che da settimanale si trasformò in trisettimanale e poi in quotidiano. Il primo quotidiano italiano, il Diario Veneto, apparve nel 1765 a Venezia, dove successivamente furono pubblicati anche il Giornale Veneto, che ebbe vita molto breve, e il Novellista Veneto, che invece durò per due anni. La Gazzetta di Venezia, nata nel 1787 e divenuta quotidiana nel 1789, continuò le pubblicazioni fino agli anni della Seconda guerra mondiale. Nel gennaio 1797, lo stampatore O. De Rossi fece uscire a Torino il primo numero della Gazzetta Piemontese, settimanale di otto pagine in piccolo formato, che si trasformò poi in quotidiano e, nel corso dell’Ottocento, attraverso varie vicende, divenne La Stampa.
Negli altri paesi i primi quotidiani furono: in Austria il Wienerisches Diarium (da cui provenne la Wiener Zeitung, durata fino a tempi recenti), nel 1703; in Svizzera la Feuille d’avis de Neuchâtel, nel 1728; in Danimarca il Berlingske Tidende, nel 1749; in Norvegia il Trondjems Adresseavis, nel 1767; in Svezia il Nya Dagligt Allehanda, nel 1769; in Polonia la Gazeta Warszawska, nel 1774. Negli Stati Uniti il primo g. fu The Boston News-Letter, del 1704, mentre il primo a diventare quotidiano fu The Pennsylvania Packet and General Advertiser di Filadelfia (1784).
Nell’Ottocento due scoperte agevolarono il progresso tecnico del g.: il telegrafo elettrico di Morse (1844) e la prima rotativa (1846), cui va aggiunto il procedimento per la fabbricazione della carta dalla pasta di legno a opera del tedesco F. Keller (1845). Altra tappa fondamentale del giornalismo moderno fu la nascita delle prime agenzie di notizie: la parigina Garnier, fondata nel 1811, continuata poi dall’Havas; la Harbor News Association (1848), negli Stati Uniti, divenuta, per successive trasformazioni, la New York Associated Press (oggi universalmente nota con la sigla AP); il Wollfs Telegraphisches Büro (WTB) in Germania, nel 1849; la Reuter’s Telegram Company a Londra, nel 1852; la Stefani, fondata a Torino nel 1853, e poi trasferita a Roma capitale (e durata fino alla fine della Seconda guerra mondiale).
In Italia, prima del 1847, i g. ufficiali erano rigidamente conservatori, mentre quelli cosiddetti rivoluzionari, mazziniani, liberali, erano clandestini e per lo più, dal 1832 (anno in cui uscì a Marsiglia la Giovine Italia di G. Mazzini) al 1847, scritti e stampati in paesi stranieri da esuli e patrioti. Tra il 1847 e il 1848, grazie all’editto di Pio IX del 15 marzo, alla legge toscana del 6 maggio, all’editto piemontese del 30 ottobre e al decreto di Ferdinando II del 29 gennaio 1848, che limitavano la censura preventiva, il giornalismo italiano cominciò ad avere nuova vita. Sorsero nuove testate: Il Risorgimento (1847), organo della corrente liberale-moderata fondato da Cavour; La Concordia (1848), del gruppo giobertiano; la Gazzetta del popolo; L’Armonia della religione colla civiltà, di parte cattolica; L’Italia del popolo, quotidiano cui collaborò anche Mazzini; La Voce del popolo e L’Operaio, di ispirazione socialista. Si possono ancora ricordare: a Venezia la Gazzetta veneta, organo di D. Manin; a Firenze, La Patria e Il Lampione, il più popolare di quei g. satirici che cominciarono a moltiplicarsi, alleggerendo, con il loro piglio arguto e vivace, il tono compassato tipico del giornalismo italiano di quel periodo; a Napoli Il Nazionale di S. Spaventa, Il Tempo di C. Troya, R. Bonghi e altri. Ben presto – tranne che nel Regno di Sardegna – la reazione soffocò queste libere voci e solo dopo un decennio, con l’Unità, poterono riprendersi, segnando l’inizio della vera stampa italiana.
Dal 1859 sino alla fine del secolo nacquero centinaia di quotidiani, taluni di breve durata, spesso organi personali di uomini politici, di gruppi parlamentari o industriali. Fra quelli che riuscirono ad affermarsi si ricordano: a Venezia Il Gazzettino (1887); a Bologna Il Resto del carlino (1885); a Trieste Il Piccolo, fondato nel 1881 da T. Mayer e divenuto un focolaio d’italianità; a Firenze La Nazione (1859) e Il Fanfulla (1870), notevole soprattutto per la parte letteraria; a Genova Il Caffaro (1875) e Il Secolo XIX (1886); a Torino La Stampa (1895); a Milano La Perseveranza (1860), L’Osservatore cattolico (1864), Il Sole (1865), economico-finanziario, Il Secolo (1866) e il Corriere della sera (1876) che, specialmente sotto la direzione di L. Albertini, conquistò il primato del giornalismo italiano; a Napoli Il Pungolo (1860), Il Mattino (1892), divenuto sotto la direzione di E. Scarfoglio e dei suoi figli uno dei quotidiani più importanti d’Italia; a Palermo Il Giornale di Sicilia (1860). Roma, che nel 1861 aveva visto la nascita di L’Osservatore romano, espressione del pensiero del Vaticano, divenuta capitale del regno vide nascere moltissimi altri g.: Il Popolo romano (1873), Il Messaggero (1878), Il Capitan Fracassa (1880) di L.A. Vassallo (Gandolin), cui collaborarono il giovane D’Annunzio, E. Scarfoglio e M. Serao, La Tribuna (1883), ricco di informazioni e articoli a firma di giornalisti e scrittori di grande livello, il Don Chisciotte della Mancia (1887), l’Avanti! (1896), primo g. socialista, che ebbe inizialmente per direttore L. Bissolati.
Dopo il 1900 apparvero numerose nuove testate, fra le quali: a Roma Il Giornale d’Italia (1901), diretto da A. Bergamini, che si contrapponeva alla Tribuna giolittiana; a Genova Il Lavoro (1903), socialista riformista; a Firenze Il Nuovo giornale (1906), liberale; a Roma Il Corriere d’Italia (1906), organo del partito parlamentare cattolico; a Milano Il Popolo d’Italia (1914), di B. Mussolini, divenuto poi organo capitale del fascismo; a Torino Ordine nuovo (1919), comunista; a Roma Il Mondo (1922), democratico; a Milano L’Ambrosiano (1922). Aveva nel frattempo avuto largo sviluppo anche la stampa sportiva e La Gazzetta dello sport, fondata a Milano nel 1896 e divenuta quotidiana nel 1919, si pose ai primi posti per diffusione.
Negli anni del fascismo, fra il 1925 e il 1943, fu abolita la libertà di stampa e scomparvero i g. di partito, come l’Avanti!, l’Unità, La Voce repubblicana, Il Popolo, e molti g. politici minori, radicali, liberali, socialisteggianti che con l’Unità del paese erano nati nelle varie province. La dittatura s’impadronì degli altri quotidiani e li ridusse al più rigido conformismo, rendendoli distinguibili l’uno dall’altro solo nei particolari, mentre venivano pubblicati nuovi g., diretti spesso da gerarchi, da Il Regime fascista a Il Tevere, dal Corriere padano a L’Impero.
Il 25 luglio 1943, vecchi direttori di g. che avevano avversato il regime, ora che questo era caduto e si potevano nuovamente esprimere le proprie opinioni nonostante la censura imposta da Badoglio, tornarono al loro posto. Ma dopo l’armistizio dell’8 settembre vennero, con la reazione nazista, repressioni e persecuzioni. Si sviluppò intanto, con la Resistenza, tutta una stampa clandestina, sia di partito, sia propriamente connessa con l’azione partigiana, costituita cioè da fogli e g. delle varie formazioni armate. Il problema della stampa, quale sarebbe dovuta essere dopo la liberazione, fu tra i primi a essere considerato dagli uomini politici della Resistenza. Alcuni volevano che ci fosse un g. per ogni partito e nessun g. che non fosse di partito, altri che ogni partito avesse il suo g. e quelli d’informazione fossero sotto il controllo dei comitati di liberazione. Via via che il territorio nazionale veniva liberato, il problema fu risolto in modo non univoco, secondo le situazioni e gli interessi politici ed economici locali. In genere prevalse il criterio di dar libero corso alle testate fino allora clandestine, di partito o no, e di vietare gli organi di stampa tradizionali e, a maggior ragione, quelli nati sotto il fascismo. Si ebbero così Il Popolo della Democrazia cristiana, l’Italia libera del Partito d’azione, l’Avanti! socialista, l’Unità comunista, il Risorgimento liberale del Partito liberale, Ricostruzione del Partito democratico del lavoro, La Voce repubblicana del Partito repubblicano, L’Italia Nuova, unico g. ufficialmente monarchico (fino al 1948), Il Lavoro, ispirato dalla CGIL, e molti altri che ebbero vita più o meno effimera perché scarsi di mezzi finanziari o privi di un gruppo politico che li sorreggesse. Breve ma vasta diffusione ebbe l’Uomo qualunque, settimanale del Movimento qualunquista di G. Giannini, che si trasformò, senza fortuna, in quotidiano con il titolo Il Buonsenso.
Nel 1946 Roma annoverava ben 29 quotidiani, Milano 16, Genova 7, Torino 9. Accanto ad alcune delle vecchie testate, che riapparvero tra il 1945 e il 1946 grazie a una sanatoria per la stampa compromessa, si affermarono anche alcuni g. nuovi come: a Roma Il Tempo, Il Momento (assorbito poi dalla sua edizione pomeridiana Momento-sera), Il Paese e Paese sera, Il Quotidiano, organo dell’Azione cattolica, Il Globo, economico-finanziario; a Milano il Corriere lombardo (nel 1966 si fuse con La Notte, uscita in un secondo tempo), Milanosera e 24 ore (nel 1965 si fuse con Il Sole, dando vita a Il Sole 24 ore); a Firenze Il Nuovo Corriere; a Napoli Il Giornale. Alcuni di questi quotidiani, specie quelli con edizioni pomeridiane e serali, anche nel tentativo di stare al passo con i mezzi radiotelevisivi cominciarono a dare al giornalismo italiano una nuova impronta: una maggiore immediatezza dell’informazione e una grafica più suggestiva soprattutto nella titolazione e impaginazione. All’inizio degli anni 1950 i quotidiani di informazione tornarono a prevalere su quelli di opinione e di partito, aumentando considerevolmente il numero di pagine, sviluppando i servizi dall’interno e dall’estero, ripristinando la tradizionale ‘terza pagina’ e rafforzando ulteriormente la loro supremazia grazie ai fondi riversati sulla stampa dalla pubblicità. Ai vecchi proprietari si affiancarono sempre più attivamente a sostegno di questo o quel g. gli esponenti del mondo industriale, sia a titolo individuale, sia in gruppi o attraverso la Confindustria, elemento che condizionò la qualità e la quantità dell’informazione. Tuttavia, la diffusione dei quotidiani rimase in genere piuttosto bassa e dei più importanti quotidiani d’informazione solo il Corriere della sera superava le 200.000 copie di tiratura. In questi stessi anni, invece, ebbero notevole sviluppo i settimanali in rotocalco, come La Domenica del Corriere, Oggi, Tempo, Epoca. Fra questi L’Europeo, L’Espresso, Il Mondo si distinsero per una nuova formula editoriale culturalmente più impegnata e per la posizione politica di sinistra liberale. Soprattutto Il Mondo, fondato da M. Pannunzio, al quale collaborarono e presso cui si formarono noti giornalisti come E. Scalfari, I. Montanelli e tanti altri, pur non superando mai le 300.000 copie, ebbe notevole influenza negli ambienti alti della politica, della cultura, e dell’economia.
Nella seconda metà degli anni 1950 e nei primi anni 1960, caratterizzati da una notevole espansione economica e da un certo dinamismo politico, la stampa quotidiana italiana ebbe un sensibile sviluppo. Nel 1956 E. Mattei, presidente dell’ENI, insieme all’editore C. Del Duca diede vita a Milano a un nuovo g., che si fece interprete di tutte le novità che maturavano sulla scena politica, Il Giorno. Nel 1961 L’Avvenire d’Italia di Bologna, sotto la nuova direzione di R. La Valle, diede spazio e sostegno al nuovo cattolicesimo conciliare, alla collaborazione tra democristiani e socialisti per la realizzazione di un programma di riforme e alla distensione internazionale. Tuttavia, già tra il 1963 e il 1964 cominciarono ad apparire i primi segni della crisi nel settore dell’editoria, che si sarebbero presto accentuati, conseguenza della più ampia crisi economica del paese e delle tensioni in politica internazionale (guerra in Vietnam e nel Vicino Oriente). La continua crescita dei costi (carta, distribuzione, lavoro), in un mercato asfittico, portò presto alla chiusura di testate e a fenomeni di concentrazione editoriale, i più vistosi dei quali furono la costituzione della catena del petroliere A. Monti (Il Resto del carlino, La Nazione, Stadio, Il Giornale d’Italia, Il Telegrafo) e di quella dell’imprenditore petrolchimico N. Rovelli (La Nuova Sardegna, Momento-sera, L’Unione sarda). Nell’ambito della stampa cattolica, nel 1968 L’Avvenire d’Italia e L’Italia si fusero nel nuovo quotidiano Avvenire (con sede a Milano), che rifletteva le nuove posizioni moderate della Chiesa.
Durante gli anni 1970, caratterizzati da forti tensioni e inquietudini sociali (lotte studentesche, vicende economiche e politiche complesse, rivendicazioni e illusioni populiste, terrorismo ecc.), la stampa rivelò forti contraddizioni: alcuni g. si schierarono su posizioni extraparlamentari, mentre i quotidiani di informazione si sentivano minacciati nella loro autonomia e tentavano di mantenere una distanza dai centri di potere politico ed economico, che in quel periodo procedettero a una lottizzazione più o meno aperta della carta stampata. Le difficoltà del momento politico ebbero riflesso anche su testate importanti come il Corriere della sera, La Stampa e Il Messaggero. In questo scenario nacquero due nuovi quotidiani, che raggiunsero rapidamente un’alta tiratura: Il Giornale nuovo (1974), conservatore, diretto da I. Montanelli e che ricalcava formato e grafica tradizionali; e la Repubblica (gennaio 1976), diretta da E. Scalfari, rivolta a un pubblico progressista e caratterizzata dal cambiamento del formato (tabloid), da una linea editoriale più ricettiva verso i temi di politica, economia, cultura e costume, e anche da uno stile giornalistico dai toni più marcati e aggressivi. Si distinsero per una nuova veste grafica anche due settimanali di successo, Panorama e L’Espresso, che adottarono il piccolo formato, secondo i modelli americano, francese e tedesco. Fra le novità degli anni 1970 ci furono anche la concentrazione delle cartiere, con il conseguente aumento vertiginoso del prezzo della carta, e importanti innovazioni tecnologiche come la fotocomposizione, la stampa in offset e il metodo della teletrasmissione dei g. che consentì di superare le difficoltà della distribuzione a distanza, abbreviando i tempi della diffusione dei quotidiani su scala nazionale. I primi quotidiani ad adottare questo metodo furono, tra la fine del 1973 e i primi mesi del 1974, l’Avvenire, La Stampa e Il Manifesto, seguiti a breve distanza dal Corriere della sera e da Il Globo.
Durante gli anni 1980 i quotidiani attraversarono una fase di grande vitalità che li portò, nel 1990, a sfiorare il tetto dei 7 milioni di copie vendute ogni giorno, grazie allo sviluppo economico e sociale del paese e alla crescita degli investimenti pubblicitari. In questi anni la scena italiana fu dominata dalla concorrenza fra RCS, cioè il gruppo Rizzoli-Corriere della sera, e l’Editoriale l’Espresso-Repubblica. La RCS, dopo una fase d’espansione tumultuosa promossa da A. Rizzoli e sfociata in gravi vicende giudiziarie, nel 1984 fu acquistata dalla cordata composta da FIAT, Pirelli, Mediobanca, Montedison che salvò il gruppo, ormai sull’orlo del collasso. Il Corriere, pur riprendendosi dalla crisi succeduta alla proprietà Rizzoli, dovette però confrontarsi con la diffusione ormai conclamata de la Repubblica che nel 1986 vendeva 515.000 copie contro le 487.000 del Corriere e le 405.000 della Stampa. Cambiato direttore (a P. Ostellino subentrò U. Stille), il Corriere introdusse il gioco ‘Replay’ (con generosi premi ai biglietti non vincenti delle lotterie nazionali) in risposta al ‘Portfolio’ (d’importazione inglese, basato sulla combinazione delle quotazioni di borsa) de la Repubblica e giunse a superare il milione di copie. Successivamente, la diffusione del quotidiano milanese diminuì, mentre si riprese la Repubblica; infine, entrambi i g. (che nel frattempo si erano dotati di due magazine settimanali a colori) si attestarono su una diffusione di oltre 800.000 copie. Nell’aprile 1989 l’Editoriale l’Espresso fu incorporato dalla Mondadori. Ne scaturì un forte conflitto legale che oppose la maggioranza del gruppo, guidata da C. De Benedetti, alla minoranza di S. Berlusconi, L. Mondadori e della famiglia Formenton. Alla fine il dissidio fu sedato con il passaggio di Panorama a Mondadori e de La Repubblica e L’Espresso a De Benedetti. Nel frattempo, conquistando nel 1987 il controllo della Montedison, R. Gardini si era assicurato la proprietà de Il Messaggero; cercò di estendere il gruppo con Italia oggi, un quotidiano economico-finanziario che non mise però mai in pericolo la leadership de Il Sole 24 ore. In quello stesso periodo si ebbe inoltre una costante crescita delle agenzie di stampa. L’ANSA (nata come Agenzia Stefani nel 1853, rinominata nel 1945) continuò a dominare, per serietà e documentazione, il panorama italiano e a occupare un posto ragguardevole nel panorama internazionale. La seguiva da vicino l’AGI, mentre l’ASCA si concentrava sulla politica e l’ADN Kronos sceglieva servizi monografici esclusivi, adatti anche ai periodici.
A partire dai primi anni 1990 l’editoria giornalistica entrò in una fase di grave difficoltà, registrando un forte calo (tra il 6 e l’8%) degli introiti pubblicitari, che confluivano in maniera sempre più cospicua nel settore televisivo, e dal 1992 una diminuzione dei lettori. Nel 1991 il giornalista di origine uruguayana R.F. Levi fondò un nuovo quotidiano milanese a diffusione nazionale, L’Indipendente, che però entrò rapidamente in crisi e, nonostante un periodo di ripresa sotto la direzione di V. Feltri, nel 1996 fu costretto a chiudere. Nello stesso anno G. Ferrara fondò Il Foglio, raccogliendo un discreto numero di lettori. Nel 1992 furono chiusi i quotidiani del pomeriggio L’Ora di Palermo, Stampa sera e Paese sera e nel 1995 anche La Notte. La decisione di Berlusconi di presentarsi alle elezioni politiche del marzo 1994 spinse Montanelli a lasciare la direzione de Il Giornale, di cui Berlusconi era editore, e a fondare il nuovo quotidiano La Voce che durò solo un anno. Il Tempo era in passivo e perse prestigio; furono venduti La Gazzetta del Mezzogiorno e Il Mattino, quest’ultimo acquistato nel 1996 da F.G. Caltagirone, già proprietario de Il Messaggero. La privatizzazione dell’ENI coinvolse Il Giorno, che fu venduto alla Poligrafici Editoriale di A. Riffeser Monti (1997), già proprietario de Il Resto del carlino e La Nazione, venendo a costituire un terzo polo editoriale.
Nel 2009 le testate italiane di informazione che superavano la media giornaliera di 200.000 copie erano 7: Corriere della Sera, la Repubblica, La Gazzetta dello sport (con una differenza di quasi 100.000 copie fra il lunedì e gli altri giorni della settimana), Il Sole 24 ore, La Stampa, Il Messaggero, il Giornale. Nel complesso, la diffusione dei quotidiani è diminuita: meno del 40% degli Italiani adulti legge il g. tutti i giorni. Si vendono meno di 100 copie ogni 1000 abitanti, ciò che pone l’Italia agli ultimi posti in Europa. Fra le molteplici motivazioni addotte per spiegare il calo nel livello di lettura dei g. tradizionali – problemi legati alla distribuzione, pochi abbonamenti, scarsa scolarizzazione di ancora ampie fasce di popolazione, aumento dei prezzi ecc. – emerge come una delle possibili concause la diffusione della stampa gratuita. Il fenomeno ha avuto inizio verso la fine degli anni 1990, quando è iniziata la distribuzione di Metro (edito dal gruppo svedese Metro International S.A.), City (che appartiene al Gruppo RCS) e Leggo (che è del Gruppo Caltagirone Editore).
Ma sono state soprattutto le novità tecnologiche e le nuove formule a caratterizzare l’avvio del nuovo secolo nel mondo del giornalismo e dei media. Se nel Novecento i g. per conservare la loro funzione all’interno della società, riuscendo a influenzare le scelte politiche e l’orientamento dell’opinione pubblica, hanno dovuto far fronte alle sfide poste dall’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, a cominciare dalla radio e dalla televisione sino ai nuovi mezzi telematici, a partire dalla seconda metà degli anni 1990 il vertiginoso sviluppo di Internet ha aperto nuovi orizzonti al settore. Giornali e riviste di vario tipo in moltissimi paesi sono oggi diffusi via Internet (in Italia, nel 2000 i quotidiani on-line erano già 40) e offrono la possibilità di avere un servizio informativo aggiornato e in tempo reale. Rispetto ai tradizionali g. cartacei, quelli in rete offrono i vantaggi della multimedialità e una struttura ipertestuale che consente al lettore di navigare all’interno del complesso di informazioni. Molti g. on-line consentono anche l’accesso ad archivi e banche dati per approfondire determinati argomenti o per consultare articoli apparsi in numeri precedenti.
La maggior parte dei grandi g. esteri vide la luce, come si è visto, verso la fine del Settecento, spesso su uno sfondo politico-sociale legato alle lotte che ciascun paese conduceva per conquistare le proprie libertà. Nacquero via via testate di vario orientamento che gradualmente si svincolarono dai finanziamenti del potere e guadagnarono un’autonomia sempre maggiore grazie all’autofinanziamento attraverso la pubblicità.
In Francia si pubblicano soprattutto g. d’informazione, per lo più indipendenti da legami con partiti politici, e g. d’opinione con tendenze politiche definite. I quotidiani più autorevoli continuano a essere Le Figaro (1826), conservatore, Le Monde (1944), il più prestigioso g. francese in cui i redattori sono anche proprietari e al quale si affianca il mensile di politica internazionale Le Monde diplomatique, e Libération (1973), quotidiano di informazione politica e di opinione. Hanno anche grande diffusione testate come Le Parisien (1944), France Soir (1941) e L’Humanité (1904), organo del partito comunista francese, mentre i quotidiani economici più significativi sono Les Echos (1908) e La Tribune (1992). Tra i provinciali il più venduto in assoluto è Ouest-France (1944), soprattutto nel Nord-ovest, seguito da La voix du nord (1944) e da Nice-Matin (1944) che ha una grande diffusione nel sud del paese.
In Gran Bretagna la stampa, finanziariamente sempre indipendente dai partiti politici, ha visto da una parte i g. di qualità e dall’altra i g. tabloid a diffusione popolare. Tra le testate autorevoli The Times (1785) rimane certamente il più prestigioso quotidiano inglese, seguito da The Guardian (1921), che stampa un’edizione europea a Francoforte, The Daily Telegraph (1855), espressione della destra storica inglese, The Independent (1986), e The Financial Times (1888), di stampo economico-finanziario. Tra i popolari tabloid ricordiamo: Daily Mail (1896), Daily Mirror (1903), Daily Express (1900), The Sun (1964), che vende ogni giorno circa 3 milioni di copie, e il Daily Star (1978). Importanti e diffusi in Inghilterra i cosiddetti ‘giornali della domenica’, tra i quali The Observer (1791), The Sunday Times (1822), Sunday Express (1918), Sunday Mirror (1963), The Mail on Sunday (1982) e The Independent on Sunday (1990).
Il quotidiano più venduto in Germania, con 4 milioni di copie, è Bild Zeitung (1953), quotidiano popolare spesso a carattere scandalistico. Di maggiore prestigio sono invece i quotidiani Süddeutsche Zeitung (1945), di orientamento liberal-progressista, e Frankfurter allgemeine Zeitung (1949), liberal-conservatore. Vanno segnalati anche Frankfurter Rundschau (1945), liberale di sinistra, Westdeutsche allgemeine Zeitung (1948), Die Welt (1946), di centro-destra, e nell’ex Germania Est, Berliner Zeitung (1945).
In Spagna, dopo la scomparsa di Franco (1975), si è avuto un vasto rinnovamento della stampa quotidiana. La riconquistata piena libertà di espressione ha reso possibile la nascita di varie nuove testate, delle quali le più significative sono El País, g. di orientamento progressista fondato nel 1975 e divenuto in breve il più diffuso, e il più recente El Mundo (1989). Sono da segnalare ancora ABC (1905), di stampo conservatore, e La Vanguardia (1881), indipendente della Catalogna.
In Portogallo, dove nel 1976 è stata garantita la libertà di stampa, sono da ricordare Diáro de notícias (1864) e Público (1990).
In Grecia il quotidiano più autorevole è il conservatore I Kathimerinì (1919, «Il quotidiano»), mentre i più diffusi sono Èthnos (1981, «Nazione») e i g. della sera Ta Nèa (1944, «Le notizie») e Avrianì (1980, «Domani»).
Nel resto dell’Europa le testate che maggiormente si distinguono sia per la loro storia sia per la capacità di dar voce agli umori e alle idee del loro paese sono in Bosnia il quotidiano Oslobodjenje (1943, «Liberazione», pubblicato a Sarajevo anche durante la guerra iniziata nel 1992) e, in Serbia, Naša Borba (1995, «La nostra lotta»), quotidiano indipendente di Belgrado, dove si stampa anche Politika (1904). Nella Repubblica Ceca il quotidiano a maggiore tiratura è il Mladá fronta dnes (1990, «Fronte della gioventù oggi»), ma sono considerati g. più autorevoli il Lidové noviny (1893, rifondato nel 1990, «G. popolare») e il Právo («Diritto»), fondato nel 1920 come Rudé Právo nella ex Cecoslovacchia, che ha cambiato titolo nel 1995. In Slovacchia sono tre i g. più importanti: la Pravda (1920, «Verità»), quotidiano di riferimento degli ex comunisti, lo Sme (1993, «Noi siamo»), g. di opposizione, e Slovenská Republika (1994, «Repubblica slovacca»), vicino alle posizioni del governo. Nei Paesi Bassi il quotidiano più diffuso è il De Telegraaf (1893); in Austria i più prestigiosi sono il conservatore Die Presse (1848), il liberale Der Standard (1988) e Salzburger Nachrichten (1945), mentre più diffusi e a carattere popolare sono Neue Kronenzeitung (1900) e Kurier (1954). In Belgio, tra i g. a maggiore diffusione sono da ricordare il fiammingo Het Laatste Nieuws (1833) e Le Soir (1887) in lingua francese. Per i paesi nordici si segnala in Norvegia l’Aftenposten (1860, «La posta della sera»), indipendente e conservatore, e in Svezia Dagens Nyheter (1864, «Le notizie del giorno»), quotidiano indipendente, e Svenska Dagbladet (1884, «Quotidiano svedese»), conservatore.
Per quanto riguarda la Russia, nel dicembre 1991, con lo scioglimento dell’URSS, la stampa dell’ex Unione Sovietica, costretta dalla censura, si è trasformata: molte vecchie testate si sono rinnovate in senso democratico e molte altre sono nate, procedendo con alterne fortune. I quotidiani più diffusi sono la Komsomolskaja Pravda (1925, «La verità del Komsomol») e il Moskovskij Komsomolec (1919, «Il militante del Komsomol di Mosca»), che vendono entrambi più di un milione di copie; seguono Trud (1921, «Lavoro»), un tempo g. dei sindacati ma oggi di proprietà dei redattori, e Izvestija (1917, «Notizie»). Si segnalano inoltre la Rossijskaja Gazeta (1990, «G. russo»), organo ufficiale del governo e la Nezavisimaja Gazeta (1990, «G. indipendente»), uno dei primi esperimenti editoriali del postcomunismo. La Pravda (1912), ancora vicina ai comunisti, resiste all’usura del tempo pur con basse tirature.
Negli Stati Uniti, ai numerosi g. locali (spesso di qualità) si affiancano alcuni quotidiani di levatura internazionale. Il New York Times (1851), che è considerato il più autorevole, nel 1997 ha avviato notevoli cambiamenti nella grafica e nell’impaginazione. The Wall Street Journal (1920) è considerato il primo g. economico-finanziario a livello mondiale. G. di prestigio sono inoltre il Washington Post (1877), il Los Angeles Times (1881), il Chicago Tribune (1847), The Boston Globe (1872), The Miami Herald (1910) e Usa Today (1982). L’International Herald Tribune (1887, con questo titolo dal 1967), invece, si stampa a Parigi e pubblica articoli del New York Times e del Washington Post.
Nel mondo arabo una delle voci più autorevoli è al-Ḥayāt («La vita»), finanziato da capitali sauditi, seguito da al-Šarq al Awṣat (1978, «Medio Oriente»), che si stampa a Londra e ha carattere internazionale, mentre a Gerusalemme si stampa al-Quds al-῾Arabī (1968, «Gerusalemme araba»). Si segnala anche al-Ahrām (1875, «Le piramidi»), g. egiziano pubblicato al Cairo, che vanta anche un’edizione in Germania.
In Israele il quotidiano più venduto è Yedioth Ahronoth (1939, «Ultime notizie»), indipendente, seguito, tra le altre testate, dal liberale Ha’aretz (1919, «La Terra»), Ma’ariv (1948, «Preghiera della sera») e The Jerusalem Post (1932), in lingua inglese.
Il Giappone, che registra una notevole diffusione di quotidiani, offre ai lettori più di un’edizione al giorno, lo Yomiuri shimbun (1874, «G. dello strillone»), indipendente e finanziato da privati, vende 12 milioni di copie, mentre l’Asahi shimbun (1879, «G. del sole del mattino») raggiunge i 10 milioni.
In Cina il più letto è il Renmin ribao (1948, «G. del popolo»), organo del Partito comunista cinese, che vende 4 milioni di copie. Oltre al Guangming ribao (1949, «G. della chiarezza»), che si distingue per l’impegno cul;turale e politico, si segnala, tra gli altri, il China Daily (1981), in lingua inglese, che ha un’edizione anche a Hong Kong.
Nei cantieri delle costruzioni civili, registro su cui il direttore dei lavori annota giornalmente andamento dei lavori, numero degli operai e mezzi d’opera impiegati, condizioni meteorologiche, ecc.
In marina, libro di bordo che deve essere obbligatoriamente tenuto nelle navi maggiori; si compone di quattro parti: inventario di bordo; g. generale o di contabilità e g. di navigazione (ai quali corrisponde, nella marina militare, il g. di chiesuola); g. di carico (comunemente detto g. di boccaporto), sul quale viene annotata tutta la merce imbarcata e la sua distribuzione nelle varie stive allo scopo di facilitarne lo scarico nei vari porti di destinazione; g. di macchina, diario regolamentare dell’apparato motore di ogni nave, tenuto dal direttore di macchina, sia della marina mercantile, sia della marina militare.
Nella marina militare, il registro dove si trascrivono le notizie contenute nei g. di chiesuola e di macchina.
In aeronautica, libro fondamentale dell’aeromobile: ha una funzione corrispondente a quella del g. nautico per le navi; gli aeromobili destinati al pubblico trasporto dei passeggeri debbono altresì avere anche un g. dei segnali, nel quale debbono essere registrate tutte le segnalazioni trasmesse o ricevute.