Stato dell’Europa centrale. Confina a O e NO con la Germania, a S con l’Austria, a SE con la Slovacchia e a NE con la Polonia.
Il suo territorio, corrispondente a quello delle due regioni storiche della Boemia e della Moravia, comprende la pianura formata dall’alto corso dell’Elba (la Conca Boema), i versanti interni della Selva Boema, dei Monti Metalliferi e dei Sudeti, le Alture di Moravia, la pianura dell’alta e media Morava. Oltre all’Elba, il fiume principale, importanti sono anche i due affluenti il Moldava e l’Ohře. Il clima è continentale.
Nella tradizione popolare Čech è il nome di un condottiero che dalla Transcarpazia condusse nel centro della Boemia (poi detta Čechy) la sua tribù, i cui appartenenti furono detti Češi o Čechové (plurali di čech). Con la fusione di questa tribù slava con altre affini si formò, sotto il dominio dei Přemyslidi, il popolo ceco. Questa denominazione si estese più tardi anche ai gruppi stabilitisi in Moravia, mentre nelle lingue non slave tale popolo fu chiamato boemo (ted. Böhmen, fr. Bohèmes).
La popolazione attuale è formata da Cechi (90,4%), da Moravi (3,7%), affini ai primi e parlanti la stessa lingua, da Slovacchi (1,9%) e da minoranze di Polacchi, Slesiani, Tedeschi e altri. Il numero degli abitanti ha subito negli anni 1990 un lieve decremento a causa del calo di natalità e dell’invecchiamento demografico. La capitale, Praga, accoglie nel complesso dell’agglomerazione urbana (che supera i limiti della sua unità amministrativa) quasi 1,2 milioni di abitanti; altre grosse concentrazioni sono quelle di Brno, capoluogo della Moravia Meridionale, di Ostrava e di Plzeň.
In campo religioso, alla maggioranza cattolica (26,8%) si affianca una tradizionale, attiva piccola minoranza protestante e di hussiti (2,1%), oltre ai non praticanti alcun culto che rappresentano il 59% della popolazione.
La neonata Repubblica ha subito chiesto di aderire all’Unione Europea e il decennio successivo è stato dedicato al raggiungimento dei parametri necessari per l’ingresso nella UE. Il programma di privatizzazioni, la stabilizzazione dei prezzi e della moneta e la creazione di un nuovo sistema bancario hanno attratto numerosi investitori esteri. Dopo una fase di rallentamento nella seconda metà degli anni 1990, le misure adottate per il controllo della spesa pubblica, tra cui la riforma fiscale e quella del settore sanitario, le innovazioni introdotte nel mercato del lavoro e quelle tese a facilitare lo sviluppo delle piccole-medie imprese hanno portato a una rilevante espansione economica, con relativo aumento del PIL (4,2% stima 2008). Rimane alto, con tendenza all’incremento il tasso di disoccupazione (8%).
L’agricoltura, in buona parte privatizzata, vanta produzioni specializzate: barbabietola da zucchero, frumento, orzo (destinato alla fabbricazione della birra, con la complementare coltura del luppolo nella valle dell’Ohře), patate e anche, su modeste superfici, vite (Moravia, piana di Mælník). I boschi dominano le aree montane e coprono nell’insieme un terzo della superficie del paese. L’allevamento prevalente è quello suino. Il peso del comparto agricolo resta comunque minoritario, essendo la Repubblica C. anzitutto un paese industriale, con forti concentrazioni produttive soprattutto nella Boemia settentrionale, ulteriormente potenziate dall’ingresso nel paese di gruppi stranieri. Tradizionale paese carbonifero, ricava significative quantità di lignite dai bacini di Ostrava, nella Slesia ceca contigua a quella polacca, e della Boemia settentrionale; in tali aree è impiantata una robusta siderurgia e sorgono diverse centrali termiche a lignite. Energia si ricava anche dal petrolio russo importato e da due centrali nucleari, che utilizzano anche uranio estratto localmente. Infine, la Repubblica C. ricava dal sottosuolo piccole quantità di minerali metallici. Il suo profilo industriale continua a essere essenzialmente quello di un paese che importa materie prime per esportare manufatti: dalle automobili ai tradizionali cristalli e porcellane di Boemia, dagli strumenti musicali ai tessuti del pedemonte settentrionale (Erzgebirge e Sudeti), fino alle calzature. L’economia forestale alimenta cartiere e mobilifici. Gran parte delle relazioni commerciali della Repubblica C. si svolge, oltre che con la Slovacchia (tra i due Stati fu sottoscritto fin dall’inizio un accordo di unione doganale), con la Germania. Il turismo può contare sulle bellezze naturali, sulle opere d’arte e sulla struttura urbanistica della capitale.
La Repubblica C. è nata il 1° gennaio 1993, in seguito alla dissoluzione della Cecoslovacchia, tappa conclusiva della crisi che aveva investito il paese dopo la caduta del regime comunista e che aveva visto il riemergere dei contrasti fra Cechi (favorevoli al mantenimento di una certa centralizzazione) e Slovacchi (fautori di uno Stato confederale). Nel corso del 1992 fu la Repubblica federata ceca, guidata dal liberista V. Klaus, a promuovere la dissoluzione dello Stato cecoslovacco. La separazione dalla più arretrata Slovacchia fu concepita come un passaggio che ne avrebbe favorito l’integrazione con l’Occidente (NATO e UE). Entrò subito in vigore una Costituzione di tipo parlamentare (bicamerale): V. Havel divenne presidente della Repubblica e Klaus mantenne la guida del governo (coalizione di centrodestra) con un programma incentrato sulla trasformazione liberista dell’economia (privatizzazione dell’apparato produttivo e dei servizi, incentivi per gli investimenti esteri, introduzione di una nuova moneta, creazione di un nuovo sistema bancario), che portò la Repubblica C. a essere il primo fra gli Stati dell’Europa centro-orientale a entrare nell’OCSE (1995). Nelle elezioni politiche del 1996 il Partito civico democratico del primo ministro ottenne la maggioranza e grazie ai voti degli alleati (Unione cristiano-democratica e dell’Alleanza civica democratica) poté formare un nuovo governo, ma l’opposizione, facendo leva sul malcontento suscitato dal nuovo corso economico, segnò una sensibile crescita. Nel 1997 Klaus dovette dimettersi, travolto dai duri contrasti con l’opposizione, e J. Tošovský formò un gabinetto di transizione. Nel 1998, dopo la rielezione di Havel a presidente, si svolsero le elezioni anticipate, che videro l’affermazione del Partito socialdemocratico; il suo leader M. Zeman costituì un governo di minoranza che ottenne la fiducia grazie all’astensione del Partito comunista di Boemia e Moravia e del Partito civico democratico. La prevalenza socialdemocratica fu confermata nel 2002, quando V. Spidla divenne capo del governo. Nel 2003 Havel fu sostituito da V. Klaus. Il declino della fortuna dei socialdemocratici, già manifestatosi in occasione delle elezioni europee del 2004, portò nelle legislative del 2006 alla vittoria della coalizione di centrodestra, guidata da M. Topolánek (sostituito nel 2009 da J. Fischer e nel 2010 da P. Nečas, dimessosi nel giugno 2013), e alla rielezione di Klaus, mentre le consultazioni presidenziali - le prime elezioni dirette nella storia del Paese - tenutesi nel gennaio 2013 hanno registrato la vittoria dell'ex primo ministro socialdemocratico Zeman, che ha ottenuto il 54,8% dei voti imponendosi sull'avversario conservatore K. Schwarzenberg. Nel giugno 2013, dopo le dimissioni di Nečas, il presidente Zeman ha incaricato l'economista ed ex ministro J. Rusnok di formare un governo tecnico, ma nell'agosto successivo il Parlamento ha negato la fiducia all'uomo politico. Le elezioni anticipate, svoltesi nel mese di ottobre, hanno visto l'affermazione dei socialdemocratici (20,4% dei consensi, due punti percentuali in meno rispetto alle precedenti consultazioni, e risultato che non consente al partito di governare da solo), mentre seconda forza politica del Paese è il partito di tendenza liberale Ano 2011 fondato dall'imprenditore A. Babiš, che ha guadagnato il 18,6% dei consensi precedendo il Partito comunista di Boemia e Moravia (14,91%). Nel gennaio 2014 il presidente Zeman ha nominato primo ministro il leader del Partito socialdemocratico B. Sobotka, che nel maggio 2017 ha annunciato le sue dimissioni - poi ritirate - a seguito di divergenze con il ministro delle Finanze Babiš, sospettato di aver commesso reati fiscali e sostituito da I. Pilny soltanto dopo una grave crisi istituzionale apertasi a seguito del rifiuto del presidente Zeman di rimuovere l'imprenditore da ogni incarico di governo; l'imprenditore si è comunque nettamente affermato alle elezioni parlamentari tenutesi nell'ottobre 2017, alle quali ha ottenuto il 30% dei consensi, mentre gli altri partiti hanno riportato risultati molto ravvicinati, con il partito Civico democratico all'11,3%, il Partito dei pirati al 10,8% e i socialdemocratici del premier Sobotka crollati al 7,5%. Solo nel luglio 2018, a nove mesi dalle consultazioni e dopo la nascita di un primo governo di minoranza, Babiš ha ottenuto la fiducia in Parlamento per guidare un governo di minoranza composto da Ano e dal Partito socialdemocratico con il sostegno del Partito comunista di Boemia e Moravia, per la prima volta nell'esecutivo dal crollo del regime. Le elezioni europee svoltesi nel maggio 2019 hanno confermato la leadership del premier Babiš, che si è affermato con il 21,1% dei consensi (+5%), seguito dai conservatori del Partito civico democratico (14,5%) e dal Partito dei pirati (13,9%). Il primo turno delle consultazioni presidenziali tenutesi nel gennaio 2018 ha registrato la netta affermazione del presidente uscente Zeman, che ha ottenuto il 38,6% dei voti contro il 26,6% aggiudicatosi dal candidato indipendente J. Drahoš, sconfiggendolo di misura (52% di suffragi) al ballottaggio svoltosi nello stesso mese. Per la prima volta nella storia del Paese, il Partito comunista è stato escluso dal Parlamento a seguito delle consultazioni politiche dell'ottobre 2021, alle quali si è affermata la coalizione di centrodestra Spolu, che ha ottenuto il 27,7% dei consensi contro il 27,1% aggiudicatosi dal partito Ano del premier uscente, cui nel mese successivo è subentrato P. Fiala. Al primo turno per il rinnovo di parte del Senato (27 seggi su 81) tenutosi nel settembre 2022 il partito dell'ex premier Babiš ha ottenuto la maggioranza relativa, risultato confermato dalle amministrative svoltesi nello stesso giorno; candidatosi alle presidenziali del gennaio 2023, l'uomo politico ha ottenuto il 35% circa dei consensi, collocandosi a pari merito con P. Pavel, che lo ha sconfitto al ballottaggio con il 58,3% dei suffragi, subentrando nella carica dal mese di marzo al presidente uscente Zeman.
Sul piano internazionale la Repubblica C., oltre a mantenere buoni rapporti con la Slovacchia, si è impegnata in una politica di integrazione regionale, sfociata nell’Accordo centro-europeo di libero scambio (1992) fra i paesi del Gruppo di Visegrád (Repubblica C., Slovacchia, Polonia e Ungheria). Si sono rafforzati i rapporti con gli Stati Uniti e con l’Europa occidentale, stabilendo in particolare relazioni con la Germania. Questa linea è stata confermata dalla presentazione della candidatura per l’adesione alla UE (1996), e poi dall’ingresso nella NATO (1999), nell’UE ( 2004) e nell’area Schengen (2007).
Presidenza del Consiglio dell'Unione Europea dal 1° luglio al 31 dicembre 2022.
Il ceco fa parte del gruppo occidentale delle lingue slave, affine allo slovacco e, in misura minore, al lusaziano e al polacco. È documentato dal 13° sec., quando si forma una lingua letteraria che tocca il suo apogeo nel 14° secolo. In questi due secoli l’influsso della lingua parlata e della vicina lingua tedesca promuove innovazioni nella fonetica, nella grammatica e nel lessico. Notevole importanza nella storia della lingua ebbe la riforma ortografica di Jan Hus nel 15° secolo.
L’inizio della cultura ceca si fa coincidere con la conversione delle società ceche e slovacche al cristianesimo (863). Nella produzione poetica più antica si trovano numerosi inni, tra cui Hospodine, pomiluj ny («Signore, abbi pietà di noi»), Svatý Václave («O san Venceslao»). Al principio del Trecento spiccano il poema Alexandreis, adattamento dal poema latino di Gualtiero di Châtillon; la cronaca rimata detta di Dalimil; la farsa Mastičkář («L’unguentario»). La letteratura ceca raggiunse poi una notevole maturità nell’epoca di Carlo IV. A questo periodo appartiene il poema mistico Leggenda di santa Caterina, nonché il Hradecký Rukopis («Manoscritto di Hradec Králové») che contiene precetti morali, satire sui mestieri e una colorita favola sulla volpe e la brocca.
Sul finire del Trecento furono scritti il poema allegorico Nová Rada («Il nuovo Consiglio») di S. Flaška z Pardubic; il dialogo Tkadleček («Piccolo tessitore») e i lavori didascalici e religiosi di T. Štítný. Con questo autore e con i teologi M. z Janova e J. Milíč comincia in Boemia quel fervore religioso che porterà alla riforma di J. Hus. Questi scrisse in latino e in ceco numerosi sermoni, trattati teologici, discorsi filosofici e influì con la sua personalità su tutto il corso della letteratura ceca del Quattrocento. Al suo insegnamento si ricollega P. Chelčický, che combatté ogni forma di organizzazione politica o ecclesiastica, propugnando un ritorno alla semplicità evangelica.
Nell’epoca di Ferdinando I e Massimiliano II, fra gli scrittori cattolici vi fu V. Hájek z Libočan, autore di una cronaca piena di episodi fantastici che piacquero ai romantici; e tra i fratelli boemi J. Blahoslav, che scrisse canti religiosi, una grammatica ceca e tradusse il Nuovo Testamento. Nel Seicento emerge la figura di J.A. Komenský (Comenius), filosofo, pedagogo e teologo protestante e anche brillante scrittore; si ebbe inoltre una ricca produzione barocca di agiografie, leggende, canti religiosi e poesie liriche. Nel Settecento la lingua ceca andò decadendo sino a diventare strumento solo delle genti rurali e delle classi oppresse. La rinascita è segnata alla fine del secolo dall’opera di J. Dobrovský, con i suoi studi storico-filologici, di J. Jungmann, traduttore di Milton e Chateaubriand, e di F. Palacký, che scrisse la prima storia moderna del popolo ceco, dalle origini al 1526. Nel campo della poesia, il maggior esponente del romanticismo è K.H. Mácha, autore del poema Máj («Maggio»), punto di partenza di tutta la moderna poesia ceca. Il teatro romantico fu agli inizi sotto l’influsso di quello viennese: spiccano tuttavia le figure di V. Klicpera e di J.K. Tyl.
La prima grande prosatrice moderna è B. Němcová, autrice di Babička («La nonna»), libro di memorie, e di parecchie raccolte di favole ceche e slovacche. A metà dell’Ottocento si impongono i poeti V. Hálek, J. Neruda e S. Čech, assertore di una poesia politica e pugnace e il cui nome è legato anche alle storie satiriche del signor Brouček. Il romanzo del tardo Ottocento si svolge nel campo storico con V. Beneš-Trebizský, A. Jirásek e Z. Winter, e in quello sociale con A. Šmilovský, K. Klostermann, K. Rais e J. Holeček.
Agli inizi del 20° sec. campeggia la figura del poeta O. Březina, mistico dai toni cosmici e dalle profonde meditazioni religiose. Nel periodo fra le due guerre la prosa conta scrittori come J. Hašek, l’autore di Dobrý voják Švejk («Il buon soldato Švejk»), spietata caricatura del militarismo e della burocrazia austro-ungarica; M. Majerová, che analizza i moderni impulsi sociali; M. Pujmanová, sensibile ai problemi sociali; I. Olbracht, che dipinge un vivace quadro della Russia subcarpatica nel romanzo Nikola Šuhaj loupežnik («Nicola Šuhaj il masnadiero»); K. Čapek, autore di romanzi utopistici, di novelle poliziesche, di impressioni di viaggio e di numerose opere teatrali. Nel campo della poesia si passa dalle tendenze sociali, rappresentate da J. Wolker e da J. Hořejšf, al poetismo, equivalente ceco delle avanguardie occidentali. A questo gruppo appartengono V. Nezval, J. Seifert (Nobel per la letteratura nel 1984) e inizialmente anche F. Halas, i quali, insieme con J. Hora, rappresentano le maggiori esperienze poetiche del periodo tra le due guerre. Al poetismo seguono il surrealismo (V. Nezval, K. Bíebl) e tendenze metafisiche (R. Weiner, V. Holan, J. Orten). Dopo il 1948, in una generale affermazione degli orientamenti culturali marxisti, assumono particolare rilievo le tematiche storico-politiche e sociali, cui si ispirano anche rappresentanti delle generazioni precedenti (V. Neff, J. Otčenášek, A. Lustig, J. Drda e V. Řezáč). Negli anni 1960 si affermano nuovi orientamenti, sullo sfondo di un atteggiamento sempre più critico verso la realtà sociale e culturale del paese e a contatto con le correnti letterarie occidentali d’avanguardia. Si segnalano il drammaturgo e romanziere M. Kundera, già noto come poeta, V. Havel, autore di drammi dell’assurdo, i narratori J. Škvorecký e B. Hrabal. La crisi del 1968 determina la fine di questo corso, che si era affermato anche in seno all’Associazione degli scrittori.
A partire dall’agosto 1968, infatti, con la fine della ‘primavera di Praga’ e la conseguente normalizzazione che costringe molti scrittori al silenzio editoriale o all’esilio, la letteratura ceca si sviluppa con modalità diverse: accanto alla produzione ufficiale degli scrittori politicamente graditi, cominciano a circolare in samizdat, cioè in copie dattiloscritte (generalmente 15 o 30), i testi che l’editoria ufficiale rifiuta di pubblicare, mentre all’estero case editrici ceche stampano libri di scrittori emigrati (come J. Škvorecký e M. Kundera) e opere ignorate dai canali ufficiali (per es. di oppositori dichiarati come V. Havel): una situazione evidentemente anomala che, complice una critica letteraria accondiscendente, porta talvolta a sopravvalutazioni di autori e di opere. Con l’inizio degli anni 1970, dunque, interventi di natura politica interrompono il rigoglio letterario del decennio precedente. Tra i poeti del gruppo Květen («Maggio»), che aveva caratterizzato in maniera notevole la poesia ceca degli anni 1960, soltanto K. Šiktanc, pur costretto a pubblicare in samizdat o all’estero, prosegue nella propria poetica di angosciante tragicità. Una crescente amarezza meditativa si coglie nei versi di Z. Hejda e di I. Diviš, nella tagliente e disarmante laconicità delle quartine di J. Skácel, nell’ironico distacco e nel violento sarcasmo del fantasioso I. Wernisch. Anche l’evoluzione della prosa è segnata da interventi esterni, che bloccano scrittori come J. Fried, J. Šotola (1924-1989), il promettente K. Sidon o il cerebrale V. Páral. I.Klíma, dopo una stagione di impegno, scrive un tetro romanzo sull’incapacità di vivere e sulle disillusioni dei tardi anni 1980 (Láska a smetí, 1988); L. Fuks, dopo alcuni volumi di ossequioso rispetto al clima ufficiale, con l’ampio romanzo Vévodkyně a kuchařka («La duchessa e la cuoca», 1983), torna alla raffinatezza stilistica e alle atmosfere inquietanti che lo avevano sempre caratterizzato. La prosa degli anni 1970 è però marcata soprattutto dalla narrativa di Hrabal, che dopo anni di ostracismo editoriale abbandona il racconto breve e passa a prose di più ampio respiro di carattere sempre più autobiografico, di Škvorecký, che continua con successo in Canada la saga tragicomica di Danny Smiřický iniziata in patria vent’anni prima, e soprattutto di M. Kundera, che trasferito in Francia inaugura con Nesnesitelná lehkost bytí (L’insostenibile leggerezza dell’essere, 1985, in francese nel 1984) una stagione di indiscusso successo internazionale.
Con gli anni 1980 fa la sua comparsa una nuova generazione di narratori, che si sottraggono alle regole del dominante realismo per il ruolo privilegiato da loro assegnato alla fantasia e al linguaggio, come A. Berková, o per raffinati procedimenti narrativi, come V. Macura, Z. Brabcová, ma soprattutto J. Kratochvíl. Un posto a parte si conquistano negli ultimi anni del 20° sec. il prosatore M. Viewegh e il poeta iperrealista J. Topol, il primo con la sua riscrittura degli anni del socialismo reale e del duro impatto con il capitalismo, il secondo con il lungo romanzo Sestra.
Nel 1989 il crollo del regime permette il ritorno a una condizione di normalità anche in campo letterario. Con la pubblicazione di autori per anni lasciati nell’oblio si riallacciano i fili di una tradizione forzosamente interrotta. Si conoscono così il ‘realismo totale’ della poesia di E. Bondy (pseud. di Zbynek Fišer), la prosa del filosofo L. Klíma (1878-1928), nonché le opere a lungo osteggiate di J. Kolář e di V. Linhartová. La separazione dalla Slovacchia porta a un sempre più stretto rapporto con le altre letterature europee e a un sempre maggiore distacco da quella slovacca.
L’opera di evangelizzazione della Boemia da parte dei ss. Cirillo e Metodio e di s. Venceslao comportò, con l’adozione del rito latino, un deciso orientamento verso la cultura dell’Europa occidentale e meridionale. Alla fine del 9° sec. e all’inizio del 10° risalgono le prime chiese in pietra (Mikulčine e Staré Město; primitiva rotonda di S. Vito a Praga). L’assimilazione della cultura romanica (seconda chiesa di S. Vito, basilicale con coro tripartito, 1060; chiesa del monastero di s. Giorgio nel castello di Praga) si manifesta nel 13° sec. con le chiese dei monasteri di Teplá e con quelle di Velehrad e Třebíč. Nell’architettura civile, oltre ai palazzi del principe Sobeslao e al ponte Giuditta a Praga, rilevanti sono le rovine del castello di Federico Barbarossa a Cheb. Influenze tedesche si rilevano nella miniatura (codice di Wolfenbüttel, 1006; codice di Vyšehrad, 1086; Praga, Biblioteca Nazionale) e negli affreschi della cappella del castello di Znojmo (12° sec.). Con Venceslao I, e grazie all’attività dei cistercensi, cominciò la diffusione delle forme gotiche; con la dinastia dei Lussemburgo si fecero più diretti i contatti con il gotico francese: Matteo d’Arras fu chiamato a ricostruire la cattedrale di S. Vito.
Il gotico raggiunse il suo apogeo con il regno di Carlo IV. La fondazione di Nové Město (Città nuova), che triplicò l’area di Praga, promosse un’attività edilizia unica nell’Europa del periodo. Le principali costruzioni e decorazioni scultoree furono opera dell’architetto e scultore P. Parler; la pittura fu espressione del gotico internazionale (affreschi di Písek e Strakonice). Dopo il 1350 subentrò, per influsso italiano, un nuovo realismo (maestro Teodorico e maestri di Vyšší Brod e di Třeboň). Notevoli anche la miniatura e le arti suntuarie. All’epoca di crisi segnata dalle guerre hussite seguì con Vladislao II (1471-1516) un potente sviluppo tardo gotico con gli architetti B. Rejt e M. Rejsek: a Praga, sala di Vladislao nel castello e Prašná Brána (Torre delle polveri); S. Barbara a Kutná Hora ecc.
La mescolanza dello stile gotico con quello rinascimentale proseguì fin verso il 1530, quando gruppi di architetti italiani diedero vita al cosiddetto rinascimento ceco, stile puramente italiano ma con alcuni elementi medievali come sporti, torrette, frontoni (castelli di Litomyšl e Jindřichùv Hradec, palazzo Schwarzenberg a Praga ecc.); in puro stile italiano è il Belvedere (1534-60) di Praga. Numerosi gli esempi di pittura del rinascimento: opera di artisti locali sono le miniature con ornamenti esuberanti, opere di italiani gli affreschi e i graffiti delle facciate. In scultura notevoli le pale d’altare e le sculture monumentali. Particolare importanza ebbe il gruppo di artisti olandesi, tedeschi e italiani al servizio di Rodolfo II, tra i quali i pittori B. Spranger e H. von Aachen e lo scultore A. De Vries, cui si deve la variante più sofisticata del manierismo.
Fino alla fine del 17° sec. il barocco è legato alla tradizione dell’Italia settentrionale ma in seguito, a opera dello scultore J.-B. Mathey e di D. Martinelli prevale la corrente del barocco romano. Gli esponenti più significativi sono Ch. e I.K. Dienzenhofer e, nella pittura, K. Škréta, W. L. Reiner e P. Brandl. Alla metà del 19° sec. apparve la pittura personale di J. Mánes che, con i numerosi seguaci, stabilì un’arte tipicamente ceca sulla quale influì poi la scuola di Monaco. A influssi francesi si deve lo sviluppo della scuola di paesaggio; l’impressionismo ebbe in A. Slavíček il maggiore rappresentante. Dalla fine del secolo il paese partecipò in maniera significativa a tutte le espressioni d’avanguardia a partire dallo Jugendstil (A. Mucha). Particolare rilievo ebbero la ricerca cubista (E. Filla, B. Kubišta, O. Gutfreund), surrealista (M. Čermínová), non figurativa (F. Kupka). All’eclettismo architettonico ottocentesco reagì J. Kotěra, allievo di O. Wagner. Al termine della Prima guerra mondiale, la figura di maggior spicco nell’architettura ceca è J. Gočar, esponente della corrente razionalista, che si è imposto anche nel secondo dopoguerra (B. Rozehnal, K. Prager ecc.).
In campo artistico, nel secondo dopoguerra la tendenza ufficiale è quella neorealista, ma l’avanguardia continua a esprimersi con forme vicine alla pop art e al neofigurativismo concettuale (interessante la ricerca svolta al limite fra arte e poesia da J. Kolař). Negli anni 1970 e 1980 nei due più importanti centri, Praga e Brno, si è assistito alla compresenza di varie tendenze, dal costruttivismo al surrealismo, dall’arte astratta a forme di arte comportamentale, pur nell’isolamento nel quale lavoravano gli artisti, che si opponevano agli stanchi moduli realisti dell’arte ufficiale. Tipica di questa individualità creativa è l’opera di ispirazione costruttivista del pittore e scultore K. Malich, o dello scultore S. Kolíbal, che da una tendenza puramente geometrica passa all’uso di materiali eterogenei e forme instabili, quindi alla combinazione di strutture geometriche con elementi simbolisti e romantici. Tra gli esponenti della corrente surrealista sono J. Švankmajer, sua moglie E. Švankmajerova, M. Stejskal. Un nuovo simbolismo, che rimanda ai miti e alla storia antica della nazione, emerge nella pittura neoespressionista di P. Nikl e J. Róna e nelle installazioni di J. Sterbak, insieme alla ricerca di nuove forme espressive con tecniche tradizionali, come la lavorazione del vetro e del legno.
Gli anni 1990 si aprono con alcuni eventi significativi, come l’elezione alla guida dell’Accademia di Praga (1990) di M. Knížák, esponente, negli anni 1960, della corrente d’avanguardia opposta all’arte ufficiale. Tra gli artisti delle giovani generazioni si ricordano I. Kafka, autore di environments e installazioni; F. Skála, già esponente, negli anni 1980, del gruppo praghese degli Ostinati. È da ricordare infine l’accurata tutela cui è sottoposto il ricco patrimonio artistico, monumentale e tradizionale del paese.
Le prime testimonianze musicali in area boema e morava risalgono all’11° sec. e all’ambito liturgico. A partire dal 15° sec. ulteriore impulso si ebbe con il movimento hussita, che sviluppò una produzione di inni in lingua ceca basati su melodie popolari. Importante fu anche la presenza alla corte boema nel 13° sec. di alcuni Minnesänger, che contribuirono alla diffusione della musica profana in lingua tedesca. Durante il Rinascimento il maggior centro musicale fu la Cappella imperiale fondata a Praga da Rodolfo II, dove erano presenti musicisti di diverse nazionalità, che importarono in Boemia lo stile della polifonia cinquecentesca sacra e profana. Nel 17° sec. e nella prima metà del 18° sec., i collegi dei Gesuiti divennero i principali centri per l’educazione musicale dei giovani e ciò contribuì a creare un repertorio di musica sacra e devozionale ceca (J.D. Zelenka, B.M. Černohorský e F.X. Brixi). Mentre Praga diveniva il polo più avanzato della cultura musicale austriaca del Settecento, molti musicisti cechi emigravano verso centri tedeschi, austriaci e italiani (J.V. Stamitz, F.X. Richter, J.A. Benda, J. Mysliveček, J.L. Dussek, F.A. Miča). A partire dalla metà del 19° sec., la musica ceca fu caratterizzata dal recupero di moduli e stilemi propri del canto folclorico autoctono. Protagonisti di tale rinascita furono B. Smetana e A. Dvořak, che trovarono i loro ideali prosecutori in O. Ostrčil, fondatore di una rigogliosa scuola musicale, e L. Janáček, a cui si deve la creazione di un teatro musicale nazionale. Tra i maggiori esponenti del 20° sec A. Hába e B. Martinů, ma anche alcuni compositori di lingua tedesca attivi a Praga tra le due guerre, come F.F. Finke e J. Ulmann. Dopo la Seconda guerra mondiale i compositori cecoslovacchi (J. Seidel, E. F. Burian, J. Kapr ecc.) aderirono ai canoni del realismo socialista; successivamente però si sviluppò un nuovo interesse per le avanguardie europee (P. Kotík, L. Dadak, M. Momorous, M. Bachorek ).