Rappresentazione sistematica di una lingua e dei suoi elementi costitutivi, articolata tradizionalmente in fonologia (dottrina dei suoni di cui è costituita la parola), morfologia, sintassi, lessicologia (studio scientifico del sistema lessicale di una lingua) ed etimologia.
G. è anche la disciplina stessa (considerata nel Medioevo una delle ‘arti del trivio’) che ha per oggetto tale rappresentazione. Inoltre, in passato si dava il nome di g. al corso di studi corrispondente alle prime tre classi ginnasiali; la parola ebbe peraltro anticamente significato più ampio, comprendendo anche l’insegnamento di precetti retorici e di nozioni letterarie. In antico era detta g. anche la lingua latina, contrapposta implicitamente al volgare, in quanto nel tardo Medioevo lo studio della g. riguardava esclusivamente il latino e non ancora il volgare.
L’accezione più generica e popolare del termine è quella di g. normativa di una determinata lingua, come fissazione e descrizione, a fini eminentemente pratici (per es., didattici), di un uso riconosciuto dal consenso di letterati e grammatici e delle classi più colte.
Lo studio scientifico della g. è stato condotto con vari metodi e scopi. La g. descrittiva o sincronica descrive una determinata fase di un dialetto, di una lingua o di un aspetto particolare o individuale di essa. La g. storica o diacronica studia il successivo svolgersi nel tempo del sistema grammaticale di una lingua o di un dialetto. La g. comparata studia, sincronicamente o diacronicamente, i rapporti esistenti tra dialetti e lingue, o gruppi di lingue, affini. La g. generale studia i procedimenti generali per cui il pensiero umano può realizzarsi nell’espressione linguistica.
In Occidente i primi concetti grammaticali si debbono ai sofisti greci; la teoria fu sviluppata dagli stoici e si può dire che le categorie grammaticali, quali ancora oggi sono comunemente in uso, e la rispettiva terminologia siano state fissate da Crisippo. La prassi grammaticale fu invece sviluppata dagli alessandrini, per i quali l’attività del γραμματικός abbracciava però un campo più vasto della g. vera e propria, e cioè anche quelle che noi chiamiamo critica e filologia. Questa attività trova la sua conclusione e codificazione nella Γραμματική che va sotto il nome di Dionisio Trace, limitata però a fonetica e morfologia; il sistema della sintassi è trattato nell’opera di Apollonio Discolo.
La g. latina accoglie categorie e concetti da quella greca; vanno ricordati per i tempi più antichi Varrone e Quinto Remmio Palemone (1° sec. d.C.), per i più recenti soprattutto Prisciano da Cesarea in Mauritania, la cui Institutio de arte grammatica ebbe, con l’opera di Donato, valore canonico nel Medioevo.
- Il Medioevo presenta in generale un affievolirsi della tradizione antica, ridotta in compendi ed estratti, ma il Doctrinale di Alessandro di Villedieu contempla anche l’uso medievale del latino; accanto a questo libro assai diffuso si possono citare le opere di Everardo di Béthune, Gaufredo di Vinsauf, Giovanni di Garlandia e soprattutto Giovanni Balbi da Genova, che sproneranno la scolastica alla ricerca di concetti grammaticali assoluti, gli universalia ante rem, secondo i quali ha luogo la formazione delle singole lingue, cosicché la g. si fa logica.
La corrente logicizzante si perpetua nell’età moderna e, attraverso le opere di Duns Scoto o Giovanni di Gerson, arriva a quella di G.C. Scaligero, Petrus Ramus e soprattutto F. Sánchez, G. Scioppio e T. Campanella. Nello stesso tempo l’umanesimo riporta l’attenzione dalle artes (sistemazioni manualistiche) agli auctores e le Elegantiae di L. Valla insegnano ad attingere il senso e le norme del latino dagli scrittori classici e non dalla inquinata tradizione grammaticale. Un indirizzo puramente didattico e pratico si scorge nelle più antiche g. delle lingue volgari, nelle quali non si trattava di discutere su un uso già stabilito, ma di fissare l’uso (G.G. Trissino, Grammatichetta, 1529; B. Buonmattei, Della lingua toscana, 1643); la corrente logica riprende il sopravvento con la Grammaire générale et raisonnée de Port-Royal (1676) della scuola cartesiana.
- Qualche nuovo concetto comincia a passare dalla dottrina grammaticale ebraica a quella occidentale, ma il rinnovamento si deve alla considerazione storica delle lingue, che si afferma vigorosamente dagli inizi del 19° secolo. La g. comparativa e storica conferma la dottrina di W. Humboldt, secondo la quale le lingue sono l’espressione dei popoli, e distrugge definitivamente gli schemi ‘logici’ universali; la sintassi ne esce approfondita e snellita, e in generale la g. diviene essenzialmente descrittiva. Gli schemi fondamentali rimangono tuttavia quelli fissati dalla g. classica, sebbene si diffonda la convinzione che essi, creati dapprima per il greco, mal si adattino alle altre lingue (indoeuropee e non) e nonostante la conoscenza della g. indiana abbia fruttato l’introduzione di nuovi concetti grammaticali.
Dopo il primo conflitto mondiale la rinascita degli interessi storici, legata anzitutto all’opera di F. de Saussure, ha rinnovato notevolmente principi e metodi della g., intesa sia come descrizione diacronica e sincronica di lingua sia come insegnamento della stessa. Un ulteriore rinnovamento si è avuto negli anni 1960 per opera di A.N. Chomsky e altri studiosi, secondo i quali la g. è il modello della competenza del parlante.
Fuori della tradizione occidentale merita rilievo la g. indiana che, sorta dal bisogno d’intendere i libri sacri, presto si sviluppò su basi analitiche, tendendo a ridurre a elementi fondamentali il materiale linguistico sanscrito; Pāṇini, il più importante dei grammatici indiani, ricondusse tutte le parole a radici verbali dalle quali quelle sarebbero derivate per mezzo di suffissi.
Per grammaticalità si intende la rispondenza di una frase o di un enunciato alle regole della g. comunemente accettate. Nella g. generativa il giudizio di grammaticalità è quello con cui il parlante stabilisce, sulla base della propria competenza linguistica, se una frase è ben formata rispetto alle regole che egli ha in comune con gli altri parlanti.
La grammaticalizzazione è l’impiego di un elemento lessicale in funzione di un elemento grammaticale o anche il fenomeno per cui un elemento lessicale, dotato di un suo contenuto semantico, assume, più o meno stabilmente, funzione di elemento grammaticale (per es., durante, che da participio presente del verbo durare ha assunto funzione di preposizione).