Nella vecchia nomenclatura delle parti della linguistica, ramo della scienza linguistica che studia i suoni, o fonemi, articolati dall’apparato di fonazione umano allo scopo di significare.
La f. si distingue in: f. descrittiva, che descrive i fonemi di una determinata lingua o di un aspetto di una lingua, oppure di un dialetto, in una determinata epoca; f. storica, che descrive lo sviluppo di un fonema dalle origini di una lingua o di un dialetto, o di un gruppo di lingue e dialetti, fino alle condizioni attuali. A partire dal 1930 circa, alla descrizione o diacronica dei sistemi fonematici di singole lingue si suole dare il nome di fonologia, riservando la denominazione di f. alla descrizione sincronica non storica, ma fisico-naturalistica della fonazione umana e dei suoi prodotti. Si distinguono una f. articolatoria, che studia i processi neuromuscolari della formazione, una f. acustica, che studia dal punto di vista acustico i prodotti della fonazione, una f. uditiva, che studia i processi della percezione auricolare. È da ricordare che conseguenza dell’allargamento dell’interesse degli studiosi ad aree prima poco conosciute (lingue africane, caucasiche, americane, sinotibetane ecc.), le trattazioni fonetiche correnti hanno guadagnato in flessibilità e ampiezza e la prospettiva generale è andata mutando.
Un aspetto particolare della f. descrittiva è la f. sperimentale o strumentale, che analizza con l’aiuto di strumenti le caratteristiche fisiche e fisiologiche dei fonemi. Accanto ai sistemi di misurazione miometrica (misurazione dell’attività muscolare nel corso della fonazione per mezzo di elettrodi), si sono escogitate tecniche quali la cinefluorografia (sostanzialmente una visione ai raggi X del condotto vocale), l’uso di fotocellule e un sistema ultrasonico a impulsi ed eco; l’aerodinamica delle fonazioni viene studiata per mezzo di misuratori di pressione (flow transducers). Un metodo complesso è la pletismografia, che studia l’insieme delle variazioni di pressione dell’aria nel corpo del parlante. L’analisi del segnale acustico si avvale di tecniche consuete, anche se perfezionate, come gli spettrogrammi. Infine, grazie anche all’impiego del computer, si sono studiati i parametri di un possibile modello di produzione linguistica ed eseguiti esperimenti di sintesi della voce.
Per scrittura fonetica si può intendere, con accezione via via più ristretta: quella i cui segni rappresentano suoni singoli e non sillabe né tanto meno concetti (in questo senso è fonetica qualsiasi scrittura alfabetica, in contrapposto a scritture come la cuneiforme, che è sillabica e in alcuni casi ideografica); quella i cui segni rappresentano la pronuncia attuale della lingua e non un suo stato precedente (in questo senso si può contrapporre la scrittura fonetica dell’italiano alla scrittura etimologica dell’inglese); quella i cui segni corrispondono con particolare rigore, sulla base di criteri scientifici, a una realtà fonetica (in questo senso, non è tale nemmeno l’ortografia dell’italiano).
Leggi fonetiche Secondo A. Schleicher e la scuola neogrammatica dell’ultimo Ottocento, i suoni di una lingua o di un dialetto si evolvono secondo leggi costanti. A questa teoria si opposero molti linguisti e scuole linguistiche dell’ultimo Ottocento e infine la scuola idealista del primo Novecento, accogliendo la formulazione pratica delle leggi o tendenze fonetiche, ma rifiutandone le premesse filosofiche positivistiche e rivendicando il carattere individuale e storico di ogni innovazione linguistica. Tra le più importanti leggi fonetiche si possono ricordare la legge di Grimm, completata e precisata da quella di Verner, sulla mutazione consonantica (o prima Lautverschiebung) del germanico; la legge di Osthoff, sull’abbreviamento, in greco, di una vocale originariamente lunga davanti alle liquide λ e ρ, alle nasali μ e ν, o alle semivocali ι, υ, seguite da una consonante; la legge di Bartholomae, sul passaggio, in indoiranico, del gruppo di sonora aspirata più sorda al gruppo di sonora più sonora aspirata; la legge di Darmesteter, per cui le vocali intertoniche originarie presentano, nel passaggio dal latino al francese, la stessa evoluzione delle vocali finali atone.