Modo di rappresentare visivamente, attraverso tracce grafiche, i segni linguistici o le loro sequenze.
Nei segni linguistici si distinguono un significante e un significato; le forme più primitive di s. si fondano sulla rappresentazione del contenuto: è questa la pittografia, i cui prodotti più stilizzati e convenzionalmente collegati alla funzione d’individuare un determinato contenuto sono i pittogrammi. L’ideografia rappresenta un’evoluzione e precisazione della pittografia: a ciascuna delle nozioni occorrenti in un determinato contesto culturale corrisponde un ideogramma. Dagli ideogrammi, assunti a rappresentare non più il significato ma il corpo significante del vocabolo di significato dato, sono nate le prime scritture alfabetiche. Le s. alfabetiche rappresentano il significante dei segni linguistici. Esse sono tanto più precise quanto più esiste un rapporto di corrispondenza biunivoca tra la serie di fonemi di una lingua e la serie delle lettere dell’alfabeto, dette anche grafemi. Sistemi di s. particolarmente lontani da tale precisione sono quelli in uso per il francese e l’inglese. In generale, poiché le grafie tendono a essere più conservative delle pronunce in una data tradizione culturale, accade che in tutte le tradizioni più ricche di storia i sistemi ortografici divergano notevolmente dall’ideale della corrispondenza biunivoca tra grafemi e fonemi.
Le definizioni di s. fornite dall’antropologia si caratterizzano per essere meno restrittive di quelle elaborate da altri punti di vista; infatti, in antropologia si considerano s. tutti quei sistemi comunicativi che si fondano su segni grafici (disegni, pitture, sculture, incisioni ecc.) e soprattutto si attribuiscono a tali sistemi capacità comunicative autonome, e dunque la possibilità di esprimere il pensiero in maniera indipendente dalla codificazione del linguaggio naturale (G.R. Cardona, 1981). Questo non significa affermare che non esistono differenze tra sistemi scrittori che esprimono graficamente e foneticamente una lingua parlata (s. alfabetiche) e sistemi che esprimono in forma grafica un pensiero non codificato in una lingua (sistemi ideografici e pittografici); significa piuttosto ribadire che, nell’uno e nell’altro caso, il processo di codificazione-decodificazione del pensiero avviene direttamente attraverso la rappresentazione grafica, senza alcuna necessaria mediazione della codificazione parlata (per es., chi scrive in italiano, non ripete ad alta voce le parole che scrive).
I rapporti tra storia e s. sono stati oggetto di attente analisi, anche se è impossibile formulare ipotesi generali sullo sviluppo o addirittura l’evoluzione di tali sistemi di comunicazione. La tesi di J. Goody (1977) che considera la nascita della s. alfabetica in area mediterranea legata alle esigenze di notazione delle burocrazie statali dei grandi regni centralizzati, coglie probabilmente dimensioni sociologiche importanti di questo processo di costituzione, ma non può essere generalizzata ad altre realtà storiche. D’altro canto, i rapporti tra processi storici, società e sistemi di comunicazione sono sempre stati estremamente complessi e legati a dinamiche non facilmente sistematizzabili. Nel mondo mesoamericano, per es., il contatto forzato con gli Spagnoli portò le società indigene al graduale abbandono della s. pittografica e ideografica; nello stesso tempo, però, si ebbero interessanti esperimenti di frammistione tra i due sistemi scrittori, dato, questo, che porta a negare decisamente un’evoluzione lineare determinata da una superiorità della s. alfabetica. D’altro canto, proprio nei contesti scrittori alfabetici contemporanei si assiste allo sviluppo di forme diverse (non alfabetiche) di s., mentre nei contesti in cui la s. alfabetica è stata introdotta in seguito al contatto con l’Occidente, gli usi che gli individui ne fanno non corrispondono necessariamente a una comunicazione diretta di nuove informazioni. Si pensi, per es., ai messaggi ripetitivi di alcune s. regali africane (del Regno di Abomey, odierno Benin) che ribadiscono la centralità e la priorità del potere del re; o a tutte le s. corporee, che ‘archiviano’ sul corpo segni attraverso i quali l’individuo viene classificato nel proprio universo sociale. Anche in quei casi in cui le s. hanno una immediata capacità operativa, può essere utile distinguere tra l’uso pratico della s. e i valori simbolici spesso attribuiti al segno scritto.
S. privata La s. privata è un documento che proviene direttamente dalla persona alla quale le dichiarazioni in esso contenute sono riferite in forza della sottoscrizione apposta dalla medesima. Elemento essenziale è quindi la sottoscrizione (firma), mentre il testo della s. può essere a stampa, dattiloscritto ovvero a mano, anche a opera di terzi (soltanto per il testamento olografo è richiesta la scritturazione per intero di mano del testatore). Eccezionalmente sono sottoposte al trattamento delle scritture private alcune scritture prive di sottoscrizione, cioè i telegrammi e le scritture contabili. L’efficacia delle scritture private consiste nel fare piena prova, fino a querela di falso, circa la provenienza delle dichiarazioni da parte di chi risulta avere sottoscritto il documento, purché colui contro il quale la s. sia prodotta la riconosca come proveniente da sé medesimo, ovvero se la sottoscrizione debba essere legalmente considerata come riconosciuta (art. 2702 c.c.). Sono considerate legalmente provenienti da colui che appare avere apposta la sottoscrizione le s. le cui sottoscrizioni siano state autenticate da notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato (e ciò fino a querela di falso); l’autenticazione consiste nell’attestazione da parte del pubblico ufficiale che la s. è stata apposta in sua presenza, previo accertamento della identità del sottoscrivente (art. 2703 c.c.). Pertanto, con esclusione delle s. autenticate, l’efficacia probatoria della s. privata viene a mancare se la persona (presunto autore) neghi di avere mai apposto la propria firma al documento; in tal caso colui che abbia interesse a far valere la s. ha l’onere di provarne la provenienza promovendo il procedimento di verificazione (art. 214-220 c.p.c.). La legge detta una precisa disciplina per quanto concerne la data della s. privata, potendo avere la massima rilevanza, di fronte ai terzi estranei alla s., stabilire con certezza legale la data di creazione della medesima (art. 2704 c.c.). Al riguardo è stabilito che la data di una s. privata può essere opposta ai terzi quando essa debba ritenersi certa: con riferimento a una s. privata autenticata è certa la data dell’autenticazione; con riferimento a una s. privata registrata è certa la data della registrazione; con riferimento alle s. private né autenticate né registrate è considerata data certa quella in cui si verifica un fatto che stabilisca in modo incontrovertibile che la s. non ha potuto essere sottoscritta successivamente (data della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l’hanno sottoscritta, giorno in cui il contenuto della s. è stato riprodotto in atti pubblici, data del timbro postale). Diversamente, la data della s. privata contenente dichiarazioni unilaterali non destinate a persona determinata può formare oggetto di accertamento con ogni mezzo di prova (art. 2704, co. 2, c.c.). Lo stesso può anche avvenire per le quietanze. Per quanto riguarda le carte e i registri domestici, è stabilito che essi costituiscono prova contro colui che li abbia scritti, quando indichino espressamente un pagamento ricevuto e quando sia detto che l’annotazione è stata fatta per supplire alla mancanza di titolo da parte di chi è indicato come creditore (art. 2707 c.c.).
Il giudice è libero nella valutazione dell’efficacia probatoria del documento. La s. privata entra come prova documentale nel procedimento attraverso l’inserimento della medesima nel fascicolo di parte (produzione in giudizio).
In ragioneria, registrazione su libri, registri, o anche su singoli fogli o schede, di atti e fatti amministrativi, di componenti patrimoniali, di impegni, rischi, previsioni.
Le s. contabili sono insiemi di rilevazioni dei fatti amministrativi di un’azienda. Hanno la funzione di far conoscere alle autorità competenti e a terzi interessati il modo di operare dell’impresa in modo tale che possano emergere eventuali responsabilità di azione, e di dare ampia pubblicità dei risultati conseguiti al fine della contribuzione fiscale. La tenuta delle s. contabili deve avvenire secondo le norme di un’ordinata contabilità e devono essere conservate per 10 anni dalla data dell’ultima registrazione. Risultano soggetti obbligati alla tenuta delle s. contabili le società soggette all’imposta sul reddito delle società; gli enti pubblici e privati diversi dalla società, soggetti all’imposta sul reddito delle società, che svolgono attività commerciali; le società in nome collettivo, in accomandita semplice e quelle a esse equiparate; le persone fisiche che esercitano imprese commerciali; altri soggetti espressamente indicati da norme.
Le s. obbligatorie sono quelle imposte da specifiche normative allo scopo di garantire un adeguato controllo sull’attività aziendale. Esse sono: il libro giornale e il libro degli inventari, i registri previsti dalla normativa IVA, le s. ausiliarie (essenzialmente il mastro) che registrano eventi patrimoniali e reddituali raggruppati per categorie omogenee; le s. ausiliarie di magazzino e il registro dei beni ammortizzabili; le s. previste per la contabilità in forma automatizzata. La vidimazione dei libri contabili è soggetta alla tassa di concessione governativa. Le s. facoltative sono invece effettuate per volontà autonoma dei soggetti aziendali per esigenze interne di informazione degli organi aziendali. Le s. di tipo cronologico rilevano i dati in funzione del momento in cui tali dati giungono in azienda. Per le s. complesse o sistematiche prevale sull’aspetto temporale quello del raggiungimento di uno specifico scopo della rilevazione (per es., la determinazione del reddito d’esercizio). Le s. di iniziativa vengono compilate nella propria contabilità dalla sede (o succursale) oppure dal correntista, i quali compiono l’operazione da rilevare. Le s. di conformità sono redatte in contrapposizione alle scritture d’iniziativa da chi non ha compiuto l’operazione direttamente, ma è interessato a essa.
Un’ulteriore distinzione è quella fra le s. contabili, effettuate mediante l’uso del conto, e le s. extracontabili, rappresentate da rilevazioni molto diversificate sia per la forma sia per il metodo di raccolta dei dati (per es., le rappresentazioni statistiche in forma grafica). Fra le s. è da ricordare la prima nota (la quale può avere forma varia), che accoglie l’immediata rilevazione dei dati contenuti nei documenti in ingresso e in uscita; è uno strumento di rilevazione di tipo facoltativo e cronologico che precede lo smistamento dei dati verso altri strumenti di rilevazione più significativi.
Il libro giornale, o semplicemente giornale (se a esso è abbinato il cosiddetto mastro, in tal caso si parla di giornalmastro o di giornale all’americana, applicato alle aziende di piccole dimensioni), è una s. di tipo obbligatorio (non per il piccolo imprenditore) e a carattere cronologico, che effettua la rilevazione con il metodo della partita doppia (ciascun conto sia economico sia finanziario è strutturato in due sezioni in dare e avere).
La normativa fiscale, riprendendo quanto disposto dal codice civile, precisa che la numerazione e la bollatura delle s. contabili possono essere eseguite anche dagli uffici del registro delle imprese, e che le s. obbligatorie devono essere conservate fin quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta.
S. sacre Testi scritti in servizio della religione, e in senso più stretto quelli che sono riconosciuti come fondamento della religione.
Per sua natura, la s. fissa e perpetua contenuti i quali, finché sono presenti solo nella coscienza, restano fluidi, soggettivi e transitori. A ogni religione è insito il bisogno di obiettivarsi, e ciò può avvenire anche senza la s., per es., nei gesti e formule fissi del rito, nella tradizione gelosamente conservata del patrimonio mitico, negli oggetti o immagini cultuali; ma è naturale che, una volta inventata o conosciuta la s., questa diventi uno strumento favorito di quel bisogno, per il potere particolare di fissare i più vari generi di contenuti religiosi. Talora, tuttavia, come nella tradizione orale ebraica, vi è un’opposizione all’uso della s. per trasmettere dottrine religiose, per il rischio di congelare un patrimonio culturale in evoluzione.
In un senso più ristretto, per s. sacre non s’intendono tutte le s. in servizio alla religione, bensì solo quelle che hanno un carattere canonico e che sono riconosciute come il fondamento della religione; a tale importanza una s. sacra assurge soprattutto mediante il concetto della sua origine divina. In questo senso ha validità la distinzione operata dal Corano tra «religioni del libro» e le altre religioni. Spesso appaiono movimenti religiosi che si richiamano a s. di pretesa origine divina (per es., l’ermetismo a scritti di Ermete Trismegisto, l’orfismo a scritti di Orfeo ecc.), ma si fondano sui libri ispirati direttamente dalla divinità l’ebraismo (Antico Testamento), il cristianesimo (Antico e Nuovo Testamento) e l’islam (Corano). Ciò che è caratteristico di queste s. sacre, è che, mentre si formano lungo un processo di accrescimento naturale, passando attraverso varie redazioni e assumendo varie forme di composizione, a un certo momento di questo processo vengono considerate definitive e il sopravvento dell’idea di una loro origine divina le rende inalterabili; infatti, una volta dichiarate ‘canoniche’, nulla vi si può aggiungere o togliere, e l’ulteriore movimento della vita religiosa non può manifestarsi che nell’interpretazione della s. sacra.