Eventualità di subire un danno connessa a circostanze più o meno prevedibili.
Situazione in cui un soggetto compie una scelta che può comportare esiti diversi; dunque il r. è legato alla possibilità che si verifichi o meno l’evento più favorevole per il soggetto. I campi in cui le scelte di r. si verificano sono molteplici. Innanzitutto il r. viene associato all’attività di impresa, cioè il r. cui va incontro l’imprenditore investendo il proprio capitale (capitale di r.) e facendo scelte che possono influire diversamente su livelli di profitto. L’altro settore direttamente interessato dal concetto di r. è quello assicurativo, dove il r. stesso che si possa verificare un determinato evento è soggetto alla copertura, cioè al pagamento di un premio da parte della società assicuratrice che deve valutare quanto possa esporsi. Anche le aziende di credito sono esposte alle diverse categorie di r. legati alla concessione di mutui, fideiussioni ecc., mentre gli investitori finanziari sono soggetti al r. derivante dalla loro attività speculativa (➔ portafoglio).
Nell’elaborazione del concetto di r. economico molti economisti inglesi (F. Lavington, A. Marshall, A.C. Pigou) e italiani (F. Chessa) hanno considerato il r., in relazione all’economia statica, negli aspetti della capitalizzazione, dell’impresa, della proprietà, della produzione e dei fenomeni bancari, finanziari e assicurativi. Altri autori hanno invece cercato di distinguere il concetto di r. da quello di incertezza individuando due possibilità: a) quella in cui il soggetto, consapevole dei diversi risultati delle sue decisioni, prima di scegliere attribuisce determinate probabilità al verificarsi dei vari casi possibili, o meglio alle diverse conseguenze che la sua scelta comporta (si verificherebbe allora una situazione di r.); b) il soggetto non attribuisce alcuna probabilità ai diversi casi possibili (la scelta è assunta dunque in condizioni non di r. bensì di incertezza, fenomeno quindi non misurabile né a priori né statisticamente). Si è dunque cercato di analizzare le diverse trattazioni dei r. a seconda che siano connessi volontariamente all’attività imprenditoriale o congiunti necessariamente all’azione del tempo. Queste tendenze sono state rappresentate variamente dalla scuola americana (E.A. Ross, J. Haynes, J.B. Clark, F.B. Hayley, A.H. Villet, F.H. Knight) e inglese (A.C. Pigou) e da alcuni economisti tedeschi e italiani. Per es., autori come F. Knight e G. Shackle parlano di r. soltanto nei casi in cui le conseguenze delle scelte costituiscono frequenze relative, cioè sono a esse attribuibili probabilità di tipo statistico. Invece altri, come D.V. Lipsey, non accettano tale distinzione, perché le probabilità derivano dai gradi di fiducia che il soggetto ripone nelle conseguenze delle sue decisioni. Del resto, l’uso generalizzato della matematica nell’analisi economica ha di fatto collegato il concetto di probabilità ad ogni circostanza soggetta ad incertezza, senza distinguere fra i r. della prassi assicurativa e le incertezze strettamente derivanti da fatti economici, dal raggiungimento di più elevati livelli di sviluppo e dal progresso tecnico e scientifico.
Con questa unificazione concettuale si è verificata, in molti autori, una corrispondente unificazione del criterio matematico d’impostazione: tutto si può infatti ricondurre, ampliandone l’interpretazione in armonia con i nuovi problemi, al criterio di massimizzazione della speranza matematica dell’utilità, introdotto da D. Bernoulli fin dal 1738, come è stato ulteriormente dimostrato da L.J. Savage. Se la via non è unica, lo si deve a due elementi sulla base dei quali ogni operatore economico è libero di scegliere: la valutazione della probabilità delle circostanze incerte in gioco e la scala delle utilità da cui deriva (o meglio, in cui si riflette) la sua maggiore o minore propensione al rischio. Una volta accettata l’impostazione unitaria, si possono poi studiare problemi di qualsiasi genere, come per es.: problemi di scelta della soluzione più conveniente tra alternative diverse che danno risultati molto differenti già come speranza matematica; problemi circa i limiti entro cui è conveniente stipulare un’assicurazione e circa i criteri ottimi di ripartizione del risparmio tra vari tipi di investimenti azionari; problemi relativi a decisioni di grande portata comportanti r. tali da poter modificare radicalmente, in meglio o in peggio, la situazione dell’individuo o dell’ente interessato e via dicendo. Il campo di applicazione di queste impostazioni è illimitato e vi rientrano non soltanto problemi singoli, relativi a una qualunque attività individuale o privata ma anche problemi concernenti le decisioni che interessano un’intera collettività. Si giunge così a problemi relativi alle pianificazioni (P. Massé) e al regime ottimale (J. Tinbergen). L’impostazione unitaria precisa anche in maniera univoca in che modo nella valutazione, pur sempre soggettiva, delle probabilità, si debba tener conto di tutte le nuove informazioni che man mano si acquisiscono; in particolare, delle informazioni sull’esito di eventi rilevanti. Semplicemente: la regola è che si deve ragionare secondo il teorema di T. Bayes (➔ probabilità); perciò la teoria si dice anche soggettivistica-bayesiana (da notare però che si accetta il teorema, non il postulato di Bayes, che per tanto tempo ha gettato il discredito anche sull’ineccepibile teorema).
Nonostante l’impostazione unitaria sia, come detto, l’unica coerente, cioè l’unica che conduce a tutte e sole le decisioni ‘ammissibili’ nel senso precisato da A. Wald (cioè di non essere dominate da nessun’altra decisione possibile) tale impostazione non è universalmente accolta. Da un lato giocano pregiudizi anti-bayesiani tendenti a dissociare gli aspetti teorici da quelli pratici di uno stesso problema distinguendo il ragionamento induttivo dal comportamento induttivo (R.A. Fisher) o negando il primo (J. Neyman). Dall’altro sono invalsi nella pratica metodi ad hoc che s’ispirano a concetti della statistica oggettivistica basandosi in genere su formulazioni di desiderata speciali per singole applicazioni (rendere piccola una probabilità sfavorevole ecc.). È anche da tener presente il criterio del minimax, che viene a massimizzare l’utilità partendo non dalla valutazione di probabilità rispondente effettivamente alle proprie opinioni ma dalla valutazione meno favorevole ai propri interessi. S’ispira cioè a un criterio pessimistico, che pertanto è giustificato solamente quando si tratti di r. compensativo (come è nel caso della teoria dei giochi), ossia quando si tratti di affrontare l’incertezza relativa alla decisione di un individuo che ha interesse opposto al nostro, caso in cui il criterio minimax coincide con quello unitario.
Tra le critiche si può menzionare quella di M. Allais, che ritiene insufficiente tener conto del r. attraverso l’utilità (evidentemente intendendo per ‘utilità’ qualcosa di diverso da ciò che si intende nella teoria unitaria, in cui essa è per definizione ciò che fa tener conto del r. nella misura desiderata). Ulteriori approfondimenti del concetto di utilità legati al r. sono stati apportati da autori quali J. von Newman e B. De Finetti. Sul concetto di r. di rilievo sono anche i contributi di alcuni autori che rifiutano la distinzione tra r. e incertezza (come D.V. Lindley) o degli autori che elaborano una concezione soggettivistica della probabilità (F.P. Ramsey, De Finetti).
Per la teoria del r. a spiegazione dell’interesse ➔ interesse.
Il futuro, e in particolare quello riguardante operazioni economiche, comporta sempre un grado maggiore o minore d’incertezza dovuto tra l’altro alla possibilità di fatti più o meno imprevedibili, e quindi un r. quanto al risultato (guadagno o perdita). Spesso si fa riferimento all’ipotesi più favorevole, e allora il r. consiste solo in perdite dovute a eventi dannosi; più opportuno (almeno teoricamente) è però riferirsi alla previsione, cioè all’ipotesi, ‘media’ in senso probabilistico, per cui il r. consiste in spostamenti rispetto a tale posizione di equilibrio, in più o meno. I r. si sogliono distinguere in r. tecnici e r. commerciali (o economici o di mercato). Sono tipicamente tecnici i r. connessi a casi fortuiti come incendi, furti, naufragi, circostanze meteorologiche, e riferentisi alla vita o alla morte di determinate persone (per es., dell’imprenditore); sono tipicamente economici quelli dipendenti dall’andamento del mercato (variazione di prezzi, o, meglio, delle curve di offerta di fattori produttivi o di domanda dei prodotti ecc.). La distinzione si fa meno netta quando fattori di qualunque natura assumono proporzioni generali, a volte catastrofiche: fenomeni monetari; modificazioni di politica economica, della tecnica, dei gusti, dell’occupazione, del reddito; guerre e rivoluzioni, grandi epidemie o cataclismi naturali.
Tali distinzioni e classificazioni sarebbero oziose se fossero intese come fini a sé stesse; ma sono legittimate da due motivazioni di natura diversa e tuttavia praticamente convergenti. La prima è che l’apprezzamento dei r. tecnici e la responsabilità delle decisioni che ne dipendono rientrano nella competenza dei tecnici, mentre per i r. economici ci si deve affidare al ‘fiuto’ dell’imprenditore e di esperti. L’altra motivazione riguarda la diversità dei metodi cui si può fare ricorso per ridurre gli effetti dei diversi tipi di r., e in particolare la possibilità di ricorso all’assicurazione, che si limita per lo più ai r. tecnici.
Riguardo ai r. nel campo assicurativo, non è possibile affermare, per es., che il r. diminuisce se si assicura un maggior numero di r. omogenei, perché l’elemento determinante in realtà è l’indipendenza (indipendenza stocastica, cioè in senso probabilistico). Occorre cioè che il verificarsi di certi eventi non modifichi la probabilità degli altri, ossia occorre escludere fattori quali la contagiosità o la dipendenza da cause comuni (per es., meteorologiche, o politiche, o altre). In tal senso, l’omogeneità può semmai favorire un’interdipendenza, non escluderla. Ma va poi ben precisato che, anche nella situazione d’indipendenza, al crescere del numero dei casi assicurati il r. aumenta. Se è vero che, ciononostante, la situazione dell’assicuratore migliora, il margine di guadagno dato dalla maggiorazione del premio cresce proporzionalmente alla massa degli affari, mentre l’ordine di grandezza del r. cresce più lentamente. Contrariamente all’opinione corrente, la via migliore (per evitare correlazioni che indebolirebbero la tendenza alla ‘compensazione’) sarebbe pertanto quella di assicurare r. singoli disparati, se però circostanze tecniche e organizzative non giocassero in senso inverso, e cioè in favore di attività più standardizzate per r. di particolari tipi (o ‘rami’: vita, incendi, trasporti ecc.) anziché varia (e includente r. molto insoliti). Dal punto di vista teorico, mentre per r. ‘singoli’, oppure nuovi (per es., primi lanci spaziali), la valutazione della probabilità non può essere basata che su apprezzamenti piuttosto incerti, per r. di tipo standardizzato si può disporre di dati statistici basati su numerosi casi più o meno omogenei, cosicché la valutazione, pur sempre soggettiva, della probabilità rimane meno influenzata da fattori di giudizio personali. Si dice spesso che solo in questo caso si può parlare di assicurazione (e magari si aggiunge «solo se se ne stipulano molte e omogenee»), mentre altrimenti non si tratta che di una scommessa o di un atto di speculazione. Il r. complessivo per un assicuratore (per es., la perdita nell’esercizio tecnico di un anno) dipende dall’entità dei singoli r. e dalla loro indipendenza o interdipendenza (o correlazione); per ridurlo le compagnie possono cedere parte di ogni r. (e di quelli maggiori conviene, come detto, ridurre le disuguaglianze), scambiandoseli in coassicurazione e riassicurazione tra loro o ricorrendo a riassicuratori specializzati: la compartecipazione infatti distribuisce il r. riducendolo per tutti.
Per quanto riguarda invece i r. economici, gli errori di previsione e le conseguenze dei mutamenti di situazioni, l’assicurazione non è praticabile, e il compito di preoccuparsi di tali r. e di ridurre l’incertezza che ne deriva ricade sugli imprenditori. Spetta a essi di provvedere, per es. ingrandendo opportunamente l’impresa, collegando orizzontalmente più imprese tra loro, imprimendo ai piani di produzione una sufficiente elasticità o ricorrendo a varie forme di copertura, e il buon esito dei loro sforzi (che può dipendere dall’abilità ma anche dal caso) ne rivela il grado di abilità, oltre a determinare in parte il differente risultato economico della loro attività.
Nella terminologia assicurativa: r. assunti o assicurati, casi di perdite e danni che possono accadere alle cose, a causa di avvenimenti aleatori espressamente indicati nelle polizze di assicurazione, e che, per convenzione, sono posti a carico degli assicuratori; r. esclusi, casi di perdite e danni eventuali alle cose assicurate che gli assicuratori non si obbligano a risarcire; analogamente, r. coperti e scoperti dall’assicurazione; assicurazione a primo r., forma particolare di contratto di assicurazione per cui si assicurano merci di un dato valore per una somma inferiore e l’assicuratore, in caso di sinistro, risarcisce il danno per intero fino alla concorrenza del valore assicurato.
R. d’insolvenza Alea che corre il creditore della mancata riscossione del suo credito al termine convenuto per insolvenza del debitore. R. diretto Esposizione cambiaria del cliente verso la banca per operazioni di sconto da lui compiute. R. indiretto Esposizione di un nominativo verso la banca in conseguenza di cambiali pervenute alla banca da terzi sulle quali figuri la sua firma. R. di clearing Quello dipendente dal funzionamento del sistema di regolamento in clearing dei rapporti di debito e credito in moneta estera fra due stati legati da un accordo di compensazione generale. R. di congelamento Alea che corre il creditore in moneta estera della ritardata riscossione del suo credito per provvedimenti di restrizione al trasferimento di valuta emanati da autorità statali o per insufficienza di fondi in clearing qualora il regolamento debba aver luogo con tale sistema. R. paese In finanza internazionale, il r. derivante dall’insolvenza degli operatori di un paese estero. R. politico Alea che corre chi ha rapporti di affari con l’estero per mutamenti politici che possano verificarsi nei paesi con cui sono in corso relazioni commerciali e finanziarie. Ufficio rischi Istituto presso la direzione centrale di una banca, per seguire l’inizio, lo svolgimento e l’esito delle operazioni attive comportanti r. (sconti, concessioni di credito sotto qualsiasi forma). Libro dei r. Libro sul quale si ricordano tutte le obbligazioni che ogni cliente assume verso la banca. Situazione dei r. Prospetto nel quale trovano esposizione r. che scaturiscono da determinate operazioni bancarie, quale il risconto di portafoglio, le fideiussioni, gli avalli per conto terzi: la loro conoscenza è opportuna ai dirigenti della banca perché fornisce la nozione della complessiva esposizione eventuale di questa verso i terzi.
Nelle negoziazioni mercantili, si parla di r. di cambio per indicare eventuali guadagni o perdite causati da oscillazioni di cambi nel tempo, tutte le volte in cui la moneta di pagamento sia diversa da quella in cui è espresso in contratto il prezzo della negoziazione o non corrisponda alla moneta corrente del paese di uno o di ambedue i contraenti; analogo è il r. di deprezzamento monetario, sia per effetto di perdita di potere d’acquisto da parte della moneta nazionale, sia per effetto di svalutazione internazionale.
Nella pratica contabile, fondo rischi, posta del passivo del bilancio di un’azienda costituita da quote di oneri e spese presunti su operazioni in caso di espletamento, che si reputa far gravare sul reddito di esercizio; sistema di r., l’insieme di scritture aventi per oggetto i r. insiti in alcune operazioni di gestione delle imprese bancarie e assicurative.
Nell’organizzazione aziendale un evento si considera a r. quando è legato a una perdita (di vite umane, economica, della reputazione) e a una data probabilità di verificarsi (➔ emergenza). Il r. inteso come danno possibile di un evento è infatti il prodotto tra probabilità dell’evento stesso e gravità delle conseguenze (un evento improbabile con conseguenze gravissime può presentare pari r. di un evento con scarse conseguenze ma molto probabile). Un r. (in un’azienda per es. il r. di non rispettare tempi o costi previsti o di fornire prodotti o servizi di qualità non adeguata) in genere si riduce con azioni preventive. Nella gestione del r. il fine è l’identificazione del r. e l’individuazione della risposta da dare, in tempo utile per prevenire crisi, ai problemi che si presentano. Le tecniche di identificazione del r. sono legate a strategie di misura in tempo reale o accelerato del funzionamento del sistema, a diagrammi causa-effetto, a raccolta e analisi di dati per prevedere evoluzioni probabili, ad analisi di scenari possibili nel caso peggiore e ad analisi storica di sistemi e situazioni simili. Identificati gli eventi a r. e stabilito il peso relativo dei diversi r., se ne valutano le conseguenze (impact analysis) con tecniche basate su simulazione e opinioni di esperti.
Le aree di intervento sono gestione a priori (contingency planning) e gestione a posteriori del r. (crisis management). Nella prima, lo scopo è prevenire (cioè evitare o trasferire altrove) l’evento dannoso o, nel caso, renderne minime le conseguenze negative; ciò si ottiene preparando le persone all’evento, stabilendo riserve di emergenza, pianificando cosa fare nel momento dell’evento e successivamente. Nella gestione a posteriori, l’evento dannoso si è già verificato e esso va gestito con monitoraggio continuo della situazione e diffusione delle informazioni utili a chi deve intervenire sulle fonti della crisi, organizzare le persone per fronteggiarla, riportare la situazione alla normalità, valutando risorse necessarie, tempi e costi delle diverse fasi e dell’operazione complessiva.
R. industriale La possibilità che, in un dato periodo di attività, una situazione di pericolo evolva verso un incidente di definite conseguenze. L’attenzione alla sicurezza in attività industriali a r. di incidente è legata all’addensamento in aree industriali di impianti di grandi dimensioni, vicino a centri abitati, e all’introduzione sul mercato di sostanze con insufficienti riscontri epidemiologici. Conseguenze rilevanti su uomo e ambiente sono dovute principalmente a incendi, esplosioni e rilasci incontrollati di sostanze pericolose (➔ reattore). Se l’incidente è di tipo chimico (r. chimico), le conseguenze dipendono da proprietà delle sostanze e da fattori come localizzazione o clima. Cause accidentali di incidenti rilevanti sono il malfunzionamento di strumenti di misura o regolazione, la corrosione, i guasti su linee di alimentazione di materie prime, energia elettrica, fluidi di servizio (aria, acqua, vapore); si hanno anche cause fortuite esterne (come eventi naturali anomali) o relative a errori di progettazione (come un inadeguato dimensionamento del sistema di raffreddamento di un reattore chimico dove possono innescarsi reazioni secondarie fortemente esotermiche), a carenze di manutenzione e a errori umani. La stima di frequenza dell’evento indesiderato e di livello di danno arrecato (magnitudo) non è facile: spesso gli incidenti rilevanti sono rari (o riferiti a circostanze difficilmente ripetibili) e la quantificazione dei danni (effetti sulla salute, perdite economiche, impatto sugli ecosistemi) presenta un certo grado di incertezza dovuto al periodo di latenza e alla difficoltà nello stabilire il territorio entro cui sono confinabili gli effetti.
L’analisi dei r., cioè le tecniche per prevedere un r. industriale e valutarne le conseguenze, consiste anzitutto nell’esame delle tecnologie usate nel ciclo produttivo; ciò per individuare le sorgenti di r., cioè i punti in cui possono nascere situazioni incontrollabili (come serbatoi di combustibile o apparecchi in pressione contenenti sostanze pericolose), e i percorsi lungo cui può manifestarsi l’evento indesiderato. Strumenti d’indagine sono diagrammi logici (alberi) come l’albero degli eventi, che identifica gli incidenti che possono derivare da eventi anomali (guasti o errori umani), e l’albero dei guasti che, con processo logico inverso al precedente, consente di risalire dal guasto a tutte le possibili cause primarie. La teoria dell’affidabilità permette di determinare la probabilità di guasto delle parti d’impianto che innescano il processo d’incidente e di quelle che dovrebbero arrestarlo, consentendo di migliorare la stabilità del sistema nei riguardi dei guasti. Se il r. è al di sopra di una soglia di accettabilità, si deve intervenire su probabilità (prevenzione) o magnitudo (protezione).
Un livello accettabile di r. non si definisce in assoluto, ma valutando caso per caso benefici e costi delle possibili scelte, ponendo alla base del processo decisionale l’esame comparativo costo-beneficio-danno. L’attenzione verso i r. di incidenti rilevanti per attività industriali ha prodotto l’emanazione di direttive in ambito europeo (che coinvolgono tipologie dei processi, disposizioni urbanistiche, modalità e responsabilità dei controlli) che obbligano le aziende interessate a definire una politica di gestione della sicurezza.
L’altro aspetto della sicurezza nelle attività industriali è connesso ai fattori nocivi nell’ambiente di lavoro che rappresentano un r. per i lavoratori; essi sono legati al benessere termoigrometrico, visivo (illuminazione) o acustico (rumore), a fatica e a effetti stancanti delle attività (monotonia o ripetitività), alla tecnologia e alle sue applicazioni; in tutti i settori si usano prodotti chimici e il processo di produzione libera polveri, gas, vapori, fumi con cui il lavoratore è a contatto; varie sostanze chimiche sono assorbite con l’apparato respiratorio e la pelle e, per non recare danno, dovrebbero essere ridotte al massimo poiché la loro tossicità è anche correlata a periodo di esposizione e a concentrazione.
Dal punto di vista tecnico, in molti settori e per i nuovi impianti, il r. accettabile si individua con la progettazione e la realizzazione a regola d’arte, cioè secondo procedure adottate da tecnici prudenti e esperti all’epoca considerata e stabilite nelle norme tecniche e nella legislazione. Evolvendo la normativa, il problema si pone in modo critico per impianti vecchi o obsoleti, conformi a norme vigenti all’atto della costruzione; se l’adeguamento non è imposto da leggi, la decisione su tempi e modi di ammodernamenti e modifiche si basa sulla prudente valutazione tecnico-economica, dettata da esperienza e buon senso e supportata da dati statistici.