sconto In tecnica bancaria, contratto con il quale una parte corrisponde all’altra parte, contro cessione di un credito o consegna di un titolo di credito, una somma equivalente all’ammontare del credito o del valore del titolo ridotta dell’interesse sino al giorno della scadenza.
Nel linguaggio di borsa, diritto di s., facoltà concessa al compratore a termine di titoli di chiedere la consegna degli stessi prima della scadenza del termine mediante l’immediato pagamento del prezzo stabilito.
In economia, la manovra dello s., che consiste nella variazione del saggio ufficiale di s. (fissato dalle banche di emissione o dalle autorità governative e applicato dalla banca centrale nei confronti di altre banche), è uno strumento essenziale a disposizione dell’istituto di emissione-banca centrale per regolare la circolazione monetaria e creditizia, al fine soprattutto di salvaguardare il valore del biglietto e le riserve metalliche (➔ riserva). Il rialzo dello s., determinando un rincaro del credito e distogliendo dal ricorrervi tutti coloro che non hanno ragione di sperare grandi utili dagli investimenti che si propongono, frena infatti l’espansione degli affari e può anche determinare una flessione del livello di attività con conseguente diminuzione della circolazione e dei prezzi. Il ribasso dello s., rendendo il denaro più a buon mercato, stimola invece il ricorso al credito, lo sviluppo dell’attività e il rialzo dei prezzi. Ne derivano nell’uno e nell’altro caso conseguenze, oltre che sul mercato interno, sugli scambi con l’estero, dato che le esportazioni di beni e servizi sono facilitate dai bassi prezzi e ostacolate dai prezzi alti mentre per le importazioni avviene il contrario. Inoltre il rialzo dello s., determinando, come s’è visto, un rincaro del denaro, produce in genere effetti favorevoli sulla bilancia dei pagamenti in quanto provoca maggior afflusso dall’estero di capitali nazionali e stranieri a breve termine e ne rallenta il deflusso verso altri mercati. Il paese in cui è stato rialzato il saggio dello s. consegue un immediato miglioramento dei cambi, che la diminuzione del livello interno dei prezzi, più lenta a realizzarsi, consoliderà poi attraverso i suoi effetti sul commercio internazionale.
Fenomeni opposti sono collegati al ribasso del saggio ufficiale di s. e fino alla Prima guerra mondiale si può dire che il mantenimento del corso dei cambi entro i limiti dei punti dell’oro e la conseguente salvaguardia delle riserve auree poste a garanzia della circolazione siano stati raggiunti dalle banche centrali attraverso questa classica leva di comando. Sospesa la convertibilità dei biglietti in oro e verificatasi quasi ovunque l’inflazione, la manovra dello s. perse però gran parte della sua efficacia e rimase pressoché inutilizzata durante il ventennio tra le due guerre mondiali, specie nei paesi anglosassoni in cui il saggio dello s., cardine dell’intera struttura dei tassi di interesse, fu mantenuto estremamente basso: era la cosiddetta ‘politica del denaro a buon mercato’, in parte determinata dall’influenza keynesiana, che continuò anche durante il secondo conflitto, nonostante il manifestarsi di scarsità e limitazioni dell’offerta globale e la previsione dell’aumento dei redditi monetari.
Soltanto dal 1951 (da quando cioè gli USA decisero di non sostenere più le quotazioni dei titoli pubblici di fronte alla crescente monetizzazione di essi da parte delle banche) si parla di riscoperta della politica monetaria con obiettivi che vanno oltre il mantenimento del valore della moneta e con varietà di strumenti. Nell’ultimo dopoguerra si è sviluppato infatti il ricorso alle operazioni di mercato aperto (➔ mercato), a volte in sostituzione, a volte in aggiunta alla politica dello s., e si è anche diffuso il sistema di obbligare le banche ordinarie a tenere una percentuale dei loro depositi depositata presso la banca centrale, ricostituendo quel vincolo di dipendenza dall’istituto di emissione che le grandi disponibilità fatte affluire alle banche dalla sempre più larga circolazione degli assegni avevano indebolito. Inoltre la stessa manovra dello s., che influisce come s’è visto sul costo del credito, non è vista più soltanto in funzione delle sue possibili ripercussioni sul livello dei prezzi, ma soprattutto in funzione delle conseguenze che possono derivarne sul reddito e sull’occupazione e quindi sulla domanda effettiva. Vi si ricorre anche per la sua influenza sui movimenti dei fondi internazionali a breve termine, in quanto un rialzo del saggio di s. garantisce nell’immediato un miglioramento della bilancia dei pagamenti. Tuttavia nel lungo termine tale manovra provoca una contrazione dell’attività produttiva, ripercuotendosi negativamente sul livello delle esportazioni. Infine, le variazioni del saggio ufficiale di s. si ripercuotono sulle aspettative degli imprenditori, ritenute esplicito annuncio della riconosciuta urgenza di frenare o stimolare l’attività economica. Soprattutto in seguito al processo di integrazione economica e monetaria all’interno dell’UE nella seconda metà degli anni 1980 (che prevede tra l’altro un maggiore coordinamento degli interventi delle banche centrali e la costituzione di una banca centrale unica) si è ridotto il ricorso a variazioni consistenti del tasso di s., sicché i tassi ufficiali delle varie banche hanno potuto tendere verso valori vicini.