Nel linguaggio bancario, il complesso delle cambiali attive, dei titoli di Stato e privati che una banca possiede; così detto dall’uso di custodire questi valori in grosse borse o portafogli. Si distinguono poi, in relazione alla natura dei titoli: un p. cambiario, l’insieme degli effetti scontati o comunque pervenuti alla banca; un p. estero, l’insieme delle cambiali espresse in moneta estera, degli assegni bancari e telegrafici tratti su banche estere e delle altre valute estere; un p. insoluti, l’insieme delle cambiali non pagate alla scadenza, per le quali non siano stati elevati i relativi atti di protesto a termine di legge; un p. incassi, l’insieme degli effetti di terzi ricevuti per l’incasso; un p. dopo incasso, l’insieme degli effetti ricevuti per l’incasso alla condizione dell’accredito o rimborso a incasso avvenuto; un p. titoli, l’insieme dei titoli pubblici o privati di pertinenza della banca, la cui composizione può presentare maggiori o minori rischi a seconda della combinazione rischio-rendimento prescelta. Locuzione generica ed equivoca è p. terzi, con cui si indica per lo più il p. incassi, ma che può includere anche il p. depositato in garanzia. Risconto del p. Operazione passiva con la quale una banca si procura fondi mediante la cessione ad altri istituti di credito degli effetti scontati alla propria clientela. Ufficio p. Ufficio esecutivo di una banca che cura l’amministrazione di tutti gli effetti che affluiscono a essa.
In tema di amministrazione e contabilità pubblica, la denominazione p. di Stato è data al servizio svolto dalla direzione generale del Tesoro avente per oggetto la compravendita di rendita pubblica, l’acquisto e la rimessa di fondi all’estero e il movimento dei conti correnti con istituti esteri e nazionali corrispondenti; contabile del p. è il funzionario a ciò delegato dal direttore generale del Tesoro. L’ordine di p. è l’assegno emesso dal direttore generale del Tesoro e firmato anche dal contabile del p. a carico della tesoreria centrale per il pagamento del prezzo delle rimesse sull’estero acquistate per conto delle amministrazioni che ne hanno fatto richiesta.
La teoria delle scelte di p. è una teoria economica sviluppatasi nel secondo dopoguerra per approfondire l’analisi della domanda di attività finanziarie nei suoi fondamenti microeconomici sulla base della teoria keynesiana della preferenza della liquidità. Le teorie di p. cercano soprattutto di colmare un aspetto, ritenuto insoddisfacente, della teoria keynesiana di domanda speculativa di moneta: il principio secondo il quale gli operatori economici detengono soltanto moneta o titoli e mai entrambe le attività in relazione a un livello ritenuto ‘normale’ del loro rendimento. Gli agenti economici investono quindi in titoli tutta la loro moneta quando ritengono che il tasso di interesse superi il livello ‘normale’ e viceversa. I dati empirici indicano invece che in qualunque momento gli investitori hanno un p. finanziario diversificato in attività varie in base ai rispettivi rendimenti. Le analisi di p. di J. Tobin (1958), H.M. Markowitz (1959) e W.F. Sharpe (1964) cercano di spiegare le cause di questa diversificazione degli investimenti, seguendo l’approccio della scelta in condizioni di rischio elaborata da J. von Neumann e O. Morgestern (1947). Nei modelli di p. gli investitori devono risolvere il problema di distribuire la loro ricchezza tra attività finanziarie i cui rendimenti non siano noti con certezza (tranne, in alcuni casi, quello della moneta). In presenza di due tipi di attività finanziaria, l’investitore è avverso al rischio (➔ avversione al rischio) se preferisce un rendimento certo a uno incerto, ma nella scelta di varie attività finanziarie preferisce una diversificazione del p. che favorisce una minore variazione di rendimento. L’investitore indifferente al rischio cerca invece il p. con il rendimento medio atteso più alto e opterà per una minore diversificazione. Nell’avversione al rischio, dato un certo livello di rischio, il p. efficiente è quello che raggiunge il rendimento medio atteso più elevato. Nella teoria delle scelte di p., importanti contributi vengono dalla formula di Black-Scholes (➔) e dal modello CAPM (➔).