D. nel diritto dell'Unione Europea È una delle fonti derivate del diritto dell’Unione Europea (UE), insieme alle direttive e ai regolamenti (art. 288 del Trattato sul funzionamento dell’UE). La d. è un atto obbligatorio in tutti i suoi elementi, a portata individuale, ossia vincolante solo per coloro cui è indirizzata. Può indirizzarsi sia agli Stati membri, sia a persone fisiche o giuridiche. Quando impone un obbligo pecuniario a carico di persone fisiche o giuridiche, costituisce a tutti gli effetti un titolo esecutivo (art. 299 dello stesso Trattato).
Le d. vengono notificate ai destinatari e acquistano efficacia dalla data della notifica o da altra data successiva, se espressamente indicata. Non è invece richiesta, di regola, la loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. Le d. indirizzate agli Stati membri hanno efficacia diretta nel loro ordinamento interno, così che l’emanazione di provvedimenti nazionali di esecuzione è necessaria solo nel caso di d. incomplete (Adattamento del diritto interno al diritto UE).
Le d. prive di destinatari. - In alcuni casi, la d. non indica i propri destinatari, configurandosi, più genericamente, come un atto vincolante emanato da una istituzione dell’UE. A tale categoria appartengono, ad esempio, le d. del Consiglio dell’Unione Europea aventi ad oggetto la stipulazione, da parte dell’Unione, di accordi con Stati o con altre organizzazioni internazionali (Relazioni esterne dell’Unione Europea).
In logica matematica, la ricerca di un procedimento effettivo che consenta di stabilire se una certa proprietà o relazione convenga o no a certi enti. Procedimento ‘effettivo’ significa che esso si deve concretare in un numero finito di passi ognuno dei quali deve essere descritto in maniera precisa e deve potersi applicare a tutti i problemi dello stesso tipo; il requisito di effettività del procedimento è equivalente a quello di eseguibilità con un calcolatore.
Si chiama poi insieme decidibile un insieme I quando esiste un procedimento effettivo, nel senso sopra detto, per stabilire se un qualunque elemento appartenga o no a I.
Si intende per predicato decidibile ogni predicato (cioè ogni proprietà, oppure relazione) quando esiste un procedimento effettivo per stabilire se il predicato conviene o no a ciascun individuo, oppure gruppo di individui. Per i sistemi formali deduttivi della logica matematica il problema della d. può essere posto sotto due diversi aspetti: a) se sia decidibile l’insieme degli assiomi, e in questo caso la teoria è più comunemente detta teoria assiomatica; b) se sia decidibile l’insieme dei teoremi, e in questo caso si parla di teoria decidibile.
Risulta da un teorema di A. Church del 1936 che vi sono teorie assiomatiche il cui insieme dei teoremi non è decidibile; in altre parole, data una qualunque espressione E del linguaggio di una tale teoria (per es., di una teoria matematica), non si è in grado di stabilire, in un numero finito di passi, se E sia o no un teorema. Non ogni problema matematico è perciò risolubile per via puramente meccanica.
Teoria che studia con metodi matematici e statistici la d. preferibile, tra varie possibili, tenendo conto delle conseguenze derivanti da ciascuna di esse. Fissata una d., le conseguenze possono essere certe o incerte. Nel primo caso si hanno i cosiddetti problemi di d. in condizioni di certezza, che risultano immediatamente formulabili come problemi di ottimizzazione deterministica. Nel secondo caso, che è quello più propriamente esaminato nell’ambito della teoria delle d., si possono considerare differenti possibilità secondo il punto di vista assunto nei riguardi del concetto di probabilità. Nell’impostazione soggettivista, per es., è sempre possibile assegnare una distribuzione di probabilità in corrispondenza a qualunque situazione d’incertezza. In tal caso si riesce a collegare a ogni d., usando opportuni valori medi, una quantità numerica certa, che può essere considerata come una corretta valutazione della situazione aleatoria data. Ci si riporta pertanto a un problema puramente deterministico. Se si adottano invece concezioni più restrittive sulla probabilità, per es. le classiche concezioni oggettivistiche, le conseguenze incerte non sono in generale probabilizzabili e risulta più complicato il processo di valutazione delle singole decisioni. Secondo una terminologia diffusa, ispirata a quest’ultimo punto di vista, si parla di situazioni di rischio quando le conseguenze delle scelte sono valutabili probabilisticamente, e di situazioni di incertezza quando non lo sono.
Elemento essenziale di gran parte delle applicazioni della teoria delle d. è la considerazione esplicita del processo di acquisizione delle informazioni, che viene formalizzato nel modello matematico. Originariamente la teoria delle d. è stata formulata da A. Wald (1939) con l’obiettivo di fornire uno schema concettuale capace di unificare la vasta tematica dell’inferenza statistica. Per alcuni aspetti formali la teoria delle d. si ricollega invece ai primi elementi della teoria dei giochi introdotta da J. von Neumann già nel 1928. Le due teorie, che differiscono essenzialmente per il fatto che nella teoria dei giochi si assume la presenza di più ‘giocatori’ in conflitto tra loro, hanno peraltro avuto uno sviluppo quasi contemporaneo e, soprattutto in un primo periodo, denso di reciproche influenze. Si può oggi asserire che la teoria delle d. fornisce strumenti di analisi teorica utili ed effettivamente impiegati nei più diversi settori sia dell’elaborazione concettuale sia delle applicazioni pratiche, dalla statistica matematica all’economia, dall’ingegneria (teoria del controllo, affidabilità) alle scienze agrarie, alla geologia applicata, alle gestioni aziendali, e in generale ai più vari problemi concreti della ricerca operativa.
Se si indica con Δ = {δ} l’insieme delle possibili d., con Θ = {ϑ} l’insieme delle circostanze (dette ‘stati di natura’) estranee a colui che decide e capaci di determinare con esattezza le conseguenze della d. prescelta, con Lδ (ϑ) (detta ‘funzione di perdita’) una valutazione numerica delle conseguenze della d. δ quando lo stato di natura è ϑ, fissato ϑ, una d. è preferibile quando la perdita corrispondente è minore. Escludendo i problemi in condizioni di certezza, in cui quindi è noto quale sia lo stato di natura operante, l’elemento ϑ sarà generalmente incognito; nell’ambito di una concezione ampia della probabilità sarà però sempre possibile stabilire una legge di probabilità P su Θ atta a rappresentare la totalità delle informazioni disponibili. A ogni d. δ ∈ Δ resta così associata una perdita aleatoria Lδ, avente una distribuzione di probabilità determinata da P. Se si considera invece Θ non probabilizzabile, a ogni δ risulta ovviamente associata l’intera funzione Lδ (ϑ). Qualunque sia l’impostazione adottata, è necessario introdurre un criterio di ottimalità capace d’indicare la d. preferibile. Sono stati introdotti sia criteri che utilizzano la legge P (criteri detti bayesiani), sia criteri che non utilizzano P.
Il modello decisionale è un modello di tipo logico-matematico di un problema di d., in cui vengono espresse quantitativamente le entità che descrivono il problema (dati del problema), le possibili scelte del decisore (variabili di d.), le relazioni esistenti tra entità e/o scelte (vincoli del problema) e una o più funzioni di valutazione delle possibili scelte (detta funzione utilità o funzione costo o funzione obiettivo). Una classe particolarmente importante di modelli decisionali sono i modelli di ottimizzazione (➔).
La teoria delle d., più propriamente riformulata come teoria della formazione delle d. (ingl. decision making), consiste in generale nello studio dei processi e dei meccanismi di interazione fra comportamenti che mettono capo a decisioni di rilevanza collettiva. Il problema che si pone in merito alle d. in campo sociale è quello di stabilire se vi siano differenze fra il comportamento privato e il comportamento pubblico. A riguardo si possono individuare due tendenze teoriche. Una prima ritiene che le d. pubbliche siano diverse dalle ‘transazioni private’ – soprattutto quelle economiche – in quanto l’unità fondamentale di riferimento è sempre costituita da un gruppo (formale o informale) e non da singoli individui. Questa visione contrasta nettamente con quella di A. Downs e di altri autori che si collocano nel solco della tradizione economicista e che tendono a porre sullo stesso piano i due tipi di d., formulando negli stessi termini i concetti relativi alle d. politiche e a quelle aziendali o familiari, con ciò negando in sostanza la specifica autonomia del contesto politico. Al contrario, la moderna teoria della formazione delle d. rivendica questa autonomia tutte le volte che entrano in considerazione d. ‘collettive’, cioè in qualche modo o misura vincolanti per l’intera collettività.
Quando i problemi da risolvere e le corrispondenti d. sono ben strutturati, il processo decisionale può essere gestito utilizzando le tecniche e i metodi della teoria delle d. che nel tempo è venuta ad assumere una rilevanza sempre maggiore in campo sia metodologico sia applicativo. Questa metodologia ha assunto contorni molto precisi e chiari, arrivando a individuare alcune fasi tipiche, quali: la definizione del problema; la ricerca di alternative di azione; la valutazione delle alternative; la scelta di un’alternativa e la sua implementazione. Queste fasi, anche se ben distinte concettualmente, interagiscono reciprocamente in maniera spesso determinante, per cui alla soluzione del problema si perviene, in genere, attraverso un procedimento iterativo.
Nell’ingegneria gestionale, le tecniche e i sistemi di supporto alle d. sono un insieme di modelli, di metodologie e di applicazioni informatiche che consentono di sostenere le azioni che accompagnano la gestione, il cambiamento e l’innovazione organizzativa. Tali strumenti trovano il loro fondamento concettuale in una pluralità di discipline che ne ispirano le caratteristiche essenziali: la modellazione matematico-statistica, la ricerca operativa, la logica, l’automatica e l’informatica. Negli anni più recenti l’applicazione di queste tecniche e sistemi prevede solitamente l’utilizzo di strumenti software che consentono di limitare l’intervento operativo del decisore alla gestione di un’applicazione informatica con interfaccia utente semplificata che, sulla base di algoritmi e analisi effettuate sui dati e sulle informazioni disponibili fornisce un quadro di sintesi che aiuta la d. anche grazie a strumenti più o meno sofisticati di grafica computerizzata.
Il Sistema di supporto alle decisioni (SSD) è un sistema formato da un sottosistema di organizzazione e gestione dei dati e delle informazioni disponibili (base dati, base di conoscenze), un sottosistema di gestione e di soluzione dei modelli disponibili (decisionali, di previsione, di valutazione ecc.), un’interfaccia utente che consente un uso efficiente dei modelli, della base dei dati e delle informazioni disponibili. Per fornire elementi di supporto a d. relative a un settore specialistico, si utilizzano sistemi esperti che sfruttano la capacità dell’elaboratore di memorizzare ed elaborare informazioni per creare una base di conoscenze specialistiche e per elaborare logicamente tali conoscenze imitando il processo deduttivo di un esperto umano.