Insieme delle scienze che studiano in modo ipotetico-deduttivo entità astratte come i numeri e le misure: la m. pura studia i problemi matematici indipendentemente dalla loro utilizzazione pratica; alla m. applicata compete l’elaborazione di strumenti e modelli adatti agli scopi di altre scienze (fisica, biologia ecc.).
Originariamente, la m. è la scienza razionale dei numeri (aritmetica, intesa come scienza della quantità discreta) e delle misure (geometria, intesa come scienza dell’estensione, cioè della quantità continua), i cui primi sviluppi, presso le civiltà preelleniche (Babilonia, Egitto), sono in relazione con la ricerca di soluzioni a concreti problemi di calcolo. Nella Grecia antica, tale scienza si configura come rigoroso sistema deduttivo, in particolare nella sintesi euclidea della geometria. Cassiodoro (6° sec.), riprendendo concetti già presenti nella Grecia antica, distinse la m. nelle quattro branche dell’aritmetica, della musica (leggi numeriche dell’armonia), della geometria piana e dell’astronomia, che nelle scuole medievali (a partire almeno dal 9° sec.) costituirono le arti del quadrivio o artes reales, distinte dalle artes sermocinales costituenti invece il trivio.
Dato l’enorme sviluppo della m. dal Rinascimento ai giorni nostri, risulta difficile ricomprendere in una definizione generale l’ampia varietà di ricerche, procedure e indirizzi in cui la disciplina si è ramificata.
I popoli del Medio Oriente. - Le vestigia più antiche di conoscenze matematiche (aritmetiche e geometriche) non puramente empiriche ma razionali si trovano presso talune civiltà preelleniche del Medio Oriente (Babilonia, Egitto); esse risalgono a 2500-3000 anni a.C. e furono elaborate da questi popoli in relazione ad attività pratiche, quali il commercio (aritmetica), l’agrimensura catastale (geometria, cioè ‘misurazione della terra’), la navigazione e l’agricoltura (studio della sfera celeste, elementi di geometria sferica). Nei papiri egizi e nelle tavolette babilonesi si trovano calcoli (anche su taluni numeri frazionari), determinazioni di aree e volumi, risoluzioni di problemi di 1° e 2° grado.
Grecia antica. - I Greci ereditarono queste nozioni dai popoli orientali, con i quali erano in contatto (7°-6° sec. a.C.); ma la m. ellenica si differenzia subito da quella egizia o babilonese per: a) la generalità dei risultati; per es., il teorema cosiddetto di Pitagora era noto per alcuni triangoli rettangoli particolari alla m. orientale, ma è espresso solo dai Greci come proposizione generale; b) il carattere razionale, deduttivo, logico del procedimento matematico; c) la rapida e sistematica conquista di risultati nuovi e la conseguente fondazione di alcune branche. Si può perciò ben dire che la m. come scienza ha avuto inizio in Grecia. La scuola pitagorica (5° sec. a.C.) aveva sviluppato l’aritmetica, basandosi sui numeri figurati, e i primi teoremi della geometria elementare (similitudine, calcolo di aree e volumi ecc.). Il 4° sec. a.C. è caratterizzato da una prima elaborazione critica: la figura principale è Eudosso di Cnido, che riuscì a definire con rigore il rapporto tra due grandezze incommensurabili (numero irrazionale) e a stabilire un primo metodo di tipo infinitesimale per il confronto di aree e volumi (metodo di esaustione), superando così i paradossi (Zenone, eleatici) ai quali dava luogo la concezione pitagorica del punto come ‘atomo fisico’.
Il 3° sec. a.C. è il ‘secolo d’oro’ della m. ellenica, che ha il suo centro soprattutto in Alessandria (1ª scuola alessandrina). In tale secolo fiorirono i tre massimi matematici greci: Euclide, il grande sistematore della geometria e dell’aritmetica elementare nei famosi Elementi (Στοιχεῖα); Archimede, che diede inizio a ricerche di ordine superiore sulle curve e le superfici, diede solido fondamento alla statica, unì il rigore logico e l’interesse teorico del matematico puro allo spirito applicativo dell’ingegnere; Apollonio di Perge, che trattò organicamente la teoria delle coniche. Nei secoli successivi si conseguirono nuovi risultati con la trigonometria, che trovava le sue origini nei calcoli astronomici (Ipparco, Claudio Tolomeo), con l’aritmetica di Diofanto (3° sec. d.C.; analisi indeterminata o diofantea, cioè ricerca delle radici razionali di un’equazione) e con la geometria di Pappo (di Alessandria).
Età romana. - Quanto ai Romani, essi non ebbero mai interesse per la m. pura, ma solo per le sue applicazioni (agrimensura, architettura ecc.). Solo alla fine dell’epoca romana, sotto Teodorico, ebbero luce, con Boezio (480-524) e Cassiodoro (490-580), la traduzione latina di Euclide e dell’Introduzione aritmetica del neopitagorico Nicomaco di Gerasa e sunti di esse.
Dall’Alto Medioevo al Cinquecento. - Il Medioevo, fino al principio del Duecento, non solo ereditò dai Romani scarse notizie e miseri riassunti della m. greca, ma perse addirittura la capacità di comprendere le fonti a sua disposizione, nelle poche traduzioni latine. Si andava però lentamente sviluppando quel calcolo numerico che era rimasto estraneo all’interesse della m. greca, prima attraverso le scuole degli abacisti, poi attraverso quella degli algoritmisti; gli uni e gli altri miravano a introdurre un valore posizionale dei simboli, i primi però utilizzando il modello materiale dell’abaco, i secondi introducendo la nuova notazione scritta appresa dagli Arabi attraverso i commerci.
La m. indiana e araba. - È presso gli Indiani che nacque il sistema di numerazione decimale che permette di scrivere i numeri, comunque alti, mediante le 9 cifre e lo zero, attribuendo alle cifre stesse un valore di posizione. Tale sistema si incontra già in un trattatello del 4° o 5° sec. d.C., Sūrya Siddhānta, e non sembra molto anteriore. Di poco successivo è il periodo più alto della m. indiana, fiorito con gli astronomi matematici Āryabhata (n. 476 d.C.) e Brahmagupta (n. 598); il terzo grande matematico indiano, Bhāskāra Acārya, visse invece assai più tardi (n. 1114 d.C.). Mentre i Greci concepivano geometricamente anche l’aritmetica e le equazioni algebriche, gli Indiani preferivano lavorare sui numeri anziché sulle grandezze: introdussero i numeri negativi, il calcolo dei radicali, e diedero il primo avvio all’algebra.
Così come la geometria è gloria della scienza greca, l’algebra è la grande conquista della m. araba. Lo studio della m. presso gli Arabi incominciò sotto gli Abbasidi, nella città da essi fondata (762), Baghdad. Furono tradotte in gran numero sia le opere classiche della geometria e dell’aritmetica greca sia quelle degli astronomi-matematici indiani: la m. araba si può ben dire una sintesi dell’amore greco per il rigore scientifico e dello spirito pratico indiano. Ci limitiamo a ricordare il nome del massimo matematico arabo, al-Khuwārizmī (9° sec. d.C.), dalla deformazione del quale deriva il termine ‘algoritmo’, usato ancor oggi per indicare ogni procedimento sistematico di calcolo. Un trattato sulle equazioni dello stesso autore ha dato poi origine alla parola ‘algebra’ (al-giabr, propriamente ‘restaurazione’, usato per indicare l’operazione di trasporto dei termini di un’equazione da un membro all’altro).
Dal Duecento al Cinquecento. - Intorno al 1200 un mercante italiano, Leonardo Fibonacci (detto L. Pisano), visitò l’Oriente arabo ed ebbe così modo di impadronirsi della cultura matematica araba. Nel Liber Abaci (1202) egli volgarizzò il sistema di numerazione posizionale, trattò algebricamente le equazioni di 1° e 2° grado, si occupò genialmente del calcolo approssimato delle radici di equazioni d’ordine superiore. Una larga diffusione dei principi e dei metodi del Liber Abaci si ebbe solo tre secoli dopo, con L. Pacioli (1494); in questo periodo però, in Italia e in Francia, cominciò di nuovo a circolare la m. greca, e si diffuse via via la conoscenza del calcolo secondo gli Arabi. Ma è solo all’inizio del Cinquecento che vennero per la prima volta superati i limiti delle conoscenze matematiche dei Greci, con la risoluzione e la teoria delle equazioni di 3° e 4° grado per opera di algebristi italiani (S. Dal Ferro, N. Tartaglia, G. Cardano, L. Ferrari, R. Bombelli).
Il Seicento e il Settecento. - Già nel Cinquecento e ancor più nei secoli successivi i centri di ricerca matematica si andavano moltiplicando e diffondendo in tutta l’Europa: tanto che, nel Settecento soprattutto, il progresso della m. si può considerare opera collettiva di studiosi di tutte le nazioni colte. Tra il Cinquecento e il Seicento fondamentale è stata l’opera di geometrizzazione dell’algebra effettuata da F. Viète. Nel Seicento compaiono le tre opere fondamentali che segnano l’inizio della m. moderna: la Géometrie (1637) di R. Descartes; la Nova methodus pro maximis et minimis (1684) di G.W. Leibniz; i Philosophiae naturalis principia mathematica (1687) di I. Newton. La geometria analitica di Descartes ha i suoi precedenti immediati in P. Fermat, che arrivò ai risultati di Descartes in modo indipendente: l’algebra e la geometria si fondono in un metodo generale, assai potente. I fondatori dell’analisi infinitesimale, Leibniz e Newton, hanno i loro precursori immediati in G. Galilei e nella sua scuola (B. Cavalieri, con la teoria degli indivisibili, ed E. Torricelli), in Fermat, in I. Barrow, maestro di Newton. I nuovi procedimenti infinitesimali, per quanto suscitassero perplessità e fossero agli inizi ben lontani dal rigore logico, mostrarono subito un’eccezionale forza costruttiva e consentirono una sistematica soluzione di problemi antichi e nuovi.
Il Settecento si dimostra il grande secolo del calcolo infinitesimale e della meccanica: ricordiamo Giacomo e Giovanni Bernoulli, L. Euler, G.L. Lagrange. Essi furono essenzialmente costruttori: l’opera di sistemazione critica apparterrà al secolo successivo (A.-L. Cauchy, B. Bolzano, K.T.W. Weierstrass). Il bilancio dell’attività matematica in questo periodo si può ritenere ben rappresentato da alcune grandi opere d’insieme, apparse a cavallo tra Settecento e Ottocento: i grandi trattati di Euler, Introductio in analysin infinitorum (1748), Institutiones calculi integralis (1755); le opere di G. Monge (Application de l’analyse à la géométrie, 1795), di P.-S. Laplace (Mécanique céleste, 5 vol., 1799-1825), di A.-M. Legendre (Traité de fonctions elliptiques et des integrales eulériennes, 3 vol., 1827), nonché la Mécanique analytique di Lagrange (2 vol., 1811-15) e la Théorie analitique de la chaleur di J. Fourier (1822).
L’Ottocento. - A partire dai primi decenni del 19° sec. la m. progredisce e si ramifica al punto di rendere assai difficile un riassunto schematico del suo sviluppo. Va subito detto, inoltre, che non si tratta soltanto di uno sviluppo quantitativo, perché si manifestano e prendono sempre più consistenza aspetti nuovi nella ricerca matematica, prima quasi sconosciuti. I rapidi progressi e la mole dei risultati conseguiti nei due secoli precedenti fecero sentire ai matematici la necessità di approfondire le basi dell’edificio costruito, in modo da rendere assolutamente sicuri i risultati ottenuti. Nacque così la tendenza a liberare gli enti matematici da ogni presupposto intuitivo, considerandoli come oggetti di studio a sé stanti. Benché tale tendenza si fosse già manifestata nelle costruzioni razionali dei geometri greci, il pensiero matematico era rimasto però legato fino a tutto il Settecento al tacito presupposto che gli enti matematici fossero immagine, sia pure idealizzata, di enti naturali, tanto che la m. fu a lungo coltivata quasi come scienza della natura. Ecco perché i problemi della geometria prima, della meccanica e della fisica poi, furono determinanti per lo sviluppo della matematica. Ma all’inizio dell’Ottocento sorse il bisogno di una revisione e di un assetto della m. più soddisfacente dal punto di vista puramente logico.
Il nuovo atteggiamento di critica degli studi matematici, che ha fatto definire il 19° sec. il secolo della m. pura, fu peraltro sempre affiancato dall’atteggiamento costruttivo volto a risolvere questioni nuove; né venne meno l’influenza della fisica sulla m. (anzi il 19° sec. è stato il grande secolo della ‘fisica matematica’), salvo che i problemi posti dalla fisica furono rielaborati in proprio dalla m., non accettandosi più l’evidenza fisica come una dimostrazione matematica. I mutamenti metodologici nella m. pura contemporanea, per quanto profondi, hanno così radici chiaramente individuabili nel recente passato, con il sorgere delle prime tendenze all’astrazione e alla specializzazione.
Il Novecento. - Nella prima parte del 20° sec. gli interessi maggiori dei matematici erano rivolti alla formulazione di metodi generali e di teorie astratte come l’algebra astratta, la topologia algebrica, la teoria delle distribuzioni, la teoria delle categorie. Successivamente è stata dedicata una maggiore attenzione alla soluzione di problemi specifici come la congettura di L. Bieberbach (➔ serie), la congettura di Louis Joel Mordell, la congettura di Jules-Henri Poincaré e il problema dei quattro colori (➔ colore).
L’introduzione dei calcolatori ha determinato, a partire dagli anni 1950, nuove metodologie e anche nuove linee di ricerca in molti settori della m.; ha altresì stimolato lo sviluppo di nuovi campi come la teoria degli automi, l’analisi degli algoritmi e la teoria dell’ottimizzazione, rivalutandone altri come l’analisi combinatoria e la teoria dei grafi. In particolare, l’analisi numerica (➔ numerico, calcolo) ha avuto un nuovo impulso nella ricerca di algoritmi veloci, efficienti e facilmente programmabili. Gli studiosi di analisi matematica hanno poi dovuto affrontare due nuovi problemi, prodotti proprio dall’utilizzo degli elaboratori elettronici: il problema dell’accuratezza dei risultati e il problema della stabilità numerica delle soluzioni. Praticamente ogni campo della m. applicata è stato coinvolto in questi sviluppi, che in una certa misura sono stati introdotti anche nel dominio della pura speculazione matematica. Particolare menzione merita la dimostrazione della verità della congettura dei quattro colori, realizzata nel 1976 da K. Appel e W. Haken mediante un’elencazione, esaustiva di tutte le possibili configurazioni, ottenuta mediante un elaboratore; non sono mancate critiche profonde ai metodi dimostrativi basati sull’uso estensivo degli elaboratori, che si distinguono dalla tradizionale dimostrazione matematica per la vastità delle prove e per l’impossibilità di controllare la dimostrazione: sono occorse infatti diverse centinaia di ore di tempo-macchina per verificare con un elaboratore 1482 configurazioni distinte di calcolo nel caso della congettura dei quattro colori e più di 11.000 pagine di sillogismi matematici per la classificazione dei gruppi semplici finiti; si aggiunga inoltre la consapevolezza che sia l’hardware sia il software dell’elaboratore sono soggetti a errori.
A partire dagli ultimi decenni del 20° sec. la m. ha avuto nel complesso notevoli sviluppi, dovuti alla soluzione di problemi che hanno richiesto la costruzione di metodi e di strutture sempre più raffinate. In particolare, la dimostrazione del grande teorema di Fermat, completata nel 1995 (➔ Fermat, Pierre de), ha rappresentato una delle maggiori conquiste della m., sia per le tecniche usate sia per le notevoli difficoltà superate. In generale, settori come l’analisi funzionale e il calcolo delle variazioni si sono giovati dell’estensione infinito-dimensionale del calcolo differenziale classico con l’introduzione di nuovi spazi astratti. Lo studio di questi spazi ha determinato il poderoso sviluppo di alcune teorie, come la teoria spettrale, la teoria delle algebre di operatori, la teoria delle rappresentazioni dei gruppi. In geometria lo studio e la classificazione delle varietà hanno conosciuto risultati importanti, mentre i progressi della teoria dell’omologia e dei metodi della geometria algebrica hanno portato alla diffusione della k-teoria. Gli sviluppi delle algebre di Kac-Moody, così come i lavori di V.F.R. Jones nella teoria dei nodi (➔ nodo), hanno contribuito al progresso di varie questioni della meccanica quantistica e della bioingegneria.
In generale la ricerca matematica del 20° sec. si è sviluppata secondo una sempre maggiore articolazione del rapporto fra m. pura e m. applicata. Alcune fra le più astratte ricerche in settori come la geometria algebrica, la topologia differenziale e la teoria della probabilità trovano importanti applicazioni nella fisica fondamentale. La fisica continua a essere fonte di problemi matematici, oltre che sorgente di nuove tecniche e punti di vista che si rivelano fondamentali nella scoperta e nella dimostrazione di nuovi risultati del tutto interni alla matematica. Tuttavia, lo sviluppo della m. presenta caratteristiche concettuali e metodologiche proprie, in virtù dell’emergere dell’approccio modellistico (➔ modello). Esso è collegato alla nascita di branche completamente nuove e anche all’introduzione del tema della complessità nello studio dei sistemi; all’emergere di una nuova m. numerica con lo sviluppo dei metodi computazionali (➔ computazionale); alle ricerche di m. combinatoria sui problemi del finito, spesso indicate con il nome di m. discreta.
Problematiche tipiche della m. applicata sono: la modellizzazione di fenomeni fisici, chimici e biomedici; la progettazione di elementi, strutture e sistemi in ingegneria per ottimizzare il rendimento produttivo; la pianificazione e la direzione di strategie di mercato e finanziarie; la comprensione e l’ottimizzazione dei processi di produzione. Fra i problemi che si aprono verso il futuro, si possono citare i modelli matematici per lo studio dei mutamenti climatici e per lo sviluppo di nuovi materiali, delle biotecnologie, degli strumenti multimediali.
Secondo la classificazione adottata dalle due principali riviste di recensione della letteratura matematica, Mathematical reviews e Zentralblatt, la m. si divide ormai in più di 60 rami, fino a un totale di più di 5000 settori specializzati di ricerca. La tab. presenta la versione, con un solo livello di classificazione e relativa alle sezioni principali, introdotta a partire dal 2000.
La m. contemporanea appare attraversata da molte tensioni culturali, le cui origini risalgono, a volte, a tempi antichi: oltre a quella fra m. pura e applicata, quelle fra m. del continuo, rappresentata dalle branche classiche dell’analisi e della geometria, e m. del finito, ritornata in primo piano anche per gli sviluppi dell’informatica teorica; fra m. astratta (di stampo bourbakista, che tende alla massima generalità) e m. concreta (legata agli esempi, all’intuizione); fra m. strutturale, che punta alla dimostrazione di teoremi nel quadro di teorie assiomatizzate, e m. algoritmica, che sviluppa e analizza algoritmi. Tuttavia, molti interessanti sviluppi teorici sono proprio legati alle applicazioni, a volte sorprendenti, di risultati ottenuti in un settore entro un altro, anche apparentemente lontano, come nel caso della dimostrazione dell’ultimo teorema di Fermat.
Un esempio attuale di un programma di ricerca trasversale a molti settori della m. è quello della ‘quantizzazione’, che prende le mosse proprio da alcuni sviluppi teorici legati all’apparato matematico della meccanica quantistica. Anche la probabilità rappresenta un importante crocevia matematico: sono state date versioni ‘stocastiche’ di molte teorie matematiche o fisico-matematiche (equazioni differenziali stocastiche, meccanica stocastica, trasporto parallelo stocastico e così via); inoltre, la teoria della probabilità appare come uno strumento cruciale in molte questioni che hanno un rilevante significato epistemologico, quali il problema della ‘freccia del tempo’ (contrasto tra microfisica reversibile e dinamica macroscopica irreversibile), il problema dell’esistenza di metodologie induttive nell’epistemologia contemporanea e il significato dell’indeterminismo nella meccanica quantistica.
La ricchezza di approcci con la quale si presenta la ricerca matematica degli inizi del Duemila ha stimolato un crescente numero di studi analitici da un punto di vista filosofico, storico e anche sociologico. La riflessione sull’attività matematica si era concentrata nei primi decenni del 20° sec. sul problema dei fondamenti logici del corpus teorico della matematica. Questa circostanza ha dato l’impulso iniziale a uno straordinario fiorire degli studi di logica matematica, i quali, con l’avvento degli elaboratori elettronici, si sono sviluppati anche in collegamento con i temi di base dell’informatica, per es. per quanto riguarda i concetti di algoritmo, di programma, di calcolabilità, e con le ricerche nel campo dell’intelligenza artificiale. Il programma filosofico teso a trovare solidi fondamenti per la m. ha subito tuttavia numerosi insuccessi, a partire dalla dimostrazione dei teoremi di Gödel, e ha anche smesso di essere al centro della riflessione matematica. Nuovo interesse è stato rivolto a temi poco affrontati dalla fine degli anni 1930, quali lo studio della pratica matematica (per es., gli aspetti psicologici dell’invenzione matematica); il concetto effettivo di dimostrazione e il rapporto fra dimostrazione formale e informale, anche alla luce di alcune dimostrazioni moderne effettuate con l’ausilio dell’elaboratore elettronico o di una complessità e lunghezza che sembrano al di là del controllo di un singolo individuo; il rapporto della m. con il contesto culturale e sociale.
Il problema dell’esistenza degli enti matematici e quello del confronto fra m. e altri aspetti del sapere scientifico sono altri temi sui quali si è tornato a dibattere; anche la moderna sociologia della scienza si è confrontata con la conoscenza matematica.
Antichità. - Sin dall’antichità la m. è stata oggetto di riflessione filosofica. Se al pitagorismo si deve la dottrina circa il primato del numero quale elemento costitutivo della realtà, è a Platone che va attribuita la prima consapevole riflessione gnoseologica sulla m.: la m. rappresentava per Platone la prima forma di conoscenza intellettiva, in grado di elevarsi dalla sensibilità per attingere alle pure forme e, come tale, necessaria per l’educazione del filosofo. Negando l’esistenza ‘separata’ degli enti matematici, Aristotele definì la m. come scienza della quantità, capace di astrarre dai dati e dalle qualità sensibili per raggiungere conclusioni vere e certe anche sul sensibile stesso.
La m. come scienza privilegiata. - È soprattutto in età moderna, comunque, in particolare con il razionalismo, che la m. assurge a scienza privilegiata per antonomasia, consistente di verità indubitabili ed eterne, innanzitutto con R. Descartes, che dalle sue dimostrazioni fondate sull’intuizione e la deduzione trasse l’idea di un metodo universale per il sapere. Le rigorose dimostrazioni e deduzioni della m. rappresentano anche il modello che ispirò a G. Leibniz l’idea di una characteristica universalis. Più problematico il punto di vista empiristico sul carattere della conoscenza matematica: ciò è particolarmente vero nel caso di D. Hume, il quale, se nel Treatise si spinge a ridimensionare l’esattezza e la certezza della conoscenza geometrica (anch’essa derivante in ultima analisi da impressioni sensoriali), nell’Enquiry rivaluta l’intera m., riconducendo la sua certezza a ‘relazioni tra idee’: la certezza e l’evidenza delle asserzioni matematiche, dipendenti dal loro esprimere relazioni tra idee non derivanti dall’esperienza, risultano dall’inconcepibilità della loro negazione, in quanto questa implicherebbe contraddizione, ciò che invece non accade con le ‘materie di fatto’.
La concezione kantiana. - I. Kant si pose l’arduo obiettivo di giustificare criticamente la certezza della m. e la sua capacità di pervenire a vere e proprie scoperte, pur non essendo basata sull’esperienza. La fondazione trascendentale kantiana riusciva a determinare la possibilità della m. come scienza sulla base delle intuizioni a priori dello spazio e del tempo, entro le quali soltanto sarebbero possibili i giudizi sintetici a priori della geometria e dell’aritmetica. La concezione kantiana, attribuendo carattere di universalità e necessità alla geometria euclidea, doveva comunque rivelarsi inadeguata con il sorgere, nella prima metà del 19° sec., delle cosiddette geometrie non euclidee (➔ geometria): data la possibilità di costruire sistemi geometrici diversi, alternativi e addirittura in contraddizione tra loro, risultava difficile difendere il carattere universale e necessario della geometria euclidea. È da considerazioni di questo tipo che J.-H. Poincaré, pur accettando la dottrina kantiana relativamente al carattere sintetico a priori dell’aritmetica, traeva le sue tesi convenzionaliste sulla geometria, i cui vari sistemi considerava valutabili non sul piano della verità, ma solo su quello della semplicità e della comodità. Viceversa, il carattere sintetico a priori della geometria veniva difeso, pur con difficoltà, dal neokantiano E. Cassirer e da G. Frege, che tuttavia non lo riconosceva all’aritmetica.
Il dibattito sui fondamenti della matematica. - È a Frege, del resto, che si deve, sul finire del 19° sec., la nascita di una vera e propria filosofia della m.: il suo obiettivo, poi condiviso anche da B. Russell, era quello di dimostrare la natura essenzialmente logica e analitica dei concetti e del ragionamento matematico, in particolare contro le tesi di J.S. Mill sull’origine empirica dell’aritmetica; questo programma, noto con il nome di logicismo (➔ logica), fu perseguito da Frege sulla base della fondazione insiemistica dell’aritmetica, per essere poi messo in crisi da Russell, che pure ne condivideva la plausibilità. Il logicismo doveva comunque suscitare l’interesse del primo L. Wittgenstein e dei neopositivisti, che videro in esso, in accordo con i principi dell’empirismo, la possibilità di non ammettere altri tipi di conoscenza oltre a quella empirica e a quella logica. Il dibattito sui ‘fondamenti della m.’ seguito al crollo della fondazione logicistica doveva dar luogo, nella prima metà del Novecento, a vari altri tentativi, sempre più indistinguibili dalla ricerca logico-matematica, di definire la natura della m., della dimostrazione matematica e dello status degli enti matematici, dall’intuizionismo al formalismo fino agli importanti risultati di K. Gödel (➔ metamatematica; logica). Nell’ampia serie di proposte sulla natura della conoscenza matematica vanno inoltre segnalati gli approcci di I. Lakatos e H. Putnam. Il primo, in una prospettiva storico-critica della metodologia matematica, ha individuato anche nella m. la presenza di quel tipo di procedimento per congetture e confutazioni che, secondo K.R. Popper, sarebbe operante nelle scienze empiriche. Per Putnam la m. è parte integrante della scienza e il suo sviluppo comporta rivoluzioni concettuali, principi provvisoriamente a priori e una metodologia ‘quasi-empirica’ basata sul controllo di ipotesi per prova ed errore.