Matematico e filosofo del sec. 6º a. C. Figlio di Mnesarco, nato a Samo nella prima metà del VI sec. a. C. Apollodoro colloca la sua acmè nel 532-531 a. C. Fu scolaro di Ferecide e di Anassimandro. Un dato di rilievo è il suo trasferimento dalla Grecia in Italia meridionale (forse intorno al 529 a.C.) dove fondò, a Crotone, una celebre scuola filosofica - che è considerata fonte e origine della cosiddetta «filosofia italica» - nelle forme di una comunità religiosa con intenti di rigenerazione morale e politica. La dottrina che caratterizza, più comunemente, la filosofia pitagorica è quella che considera il numero come essenza di tutte le cose, in quanto ogni aspetto del reale veniva ricondotto a una reciproca relazione o armonia di quantità numerabili (modello per eccellenza era ritenuta la concordanza dei suoni, la synphonia, realizzata nella musica attraverso intervalli matematici). Tutti i numeri, per i Pitagorici, erano suddivisi in due classi, dei pari e dei dispari (una terza era quella del parimpari, individuata nell'uno-monade).
La tradizione che lo riguarda è così collegata con quella concernente il pitagorismo posteriore che è assai difficile isolare, in essa, i dati che si possono considerare come costituenti autentici della fisionomia del pensatore ionico. Circa la personalità di P. è tuttavia possibile ricavare alcune indicazioni sicure da qualche menzione di scrittore antico, o suo contemporaneo o di poco posteriore (Senofane, Eraclito, Erodoto): cosa che esclude il sospetto che la sua figura possa dissolversi in quella di un eroe eponimo della comunità pitagorica e rende possibile considerare la tradizione concernente la sua vita come presupponente un effettivo nucleo storico. Secondo la tradizione, P., figlio di Mnesarco, nacque a Samo nella prima metà del sec. 6º a. C. Scolaro di Ferecide e di Anassimandro, si recò in Egitto per apprendervi la sapienza di quei sacerdoti. Tornato a Samo e trovata la sua patria sotto il governo del tiranno Policrate, si trasferì nella colonia di Crotone nella Magna Grecia e vi fondò la sua comunità.
A P. e alla sua scuola si deve la distinzione tra logistica e aritmetica, cioè tra le regole pratiche di calcolo sui numeri (interi) e la scienza dei numeri. P. quindi «elevò l'aritmetica al di sopra dei bisogni dei mercanti» (Aristosseno). Pare certo che a P. e ai pitagorici siano da attribuire: la distinzione dei numeri in pari e dispari; la definizione dei numeri amicabili e dei numeri perfetti; la rappresentazione geometrica dei numeri interi mediante gruppi di punti disposti in modo da formare figure geometriche regolari, che permise ai pitagorici di conseguire risultati importanti relativi ai quadrati perfetti, alla somma dei termini di una progressione aritmetica, ecc. Quanto alla geometria, oltre al famoso teorema di P., alla scuola pitagorica sono attribuiti: 1) il teorema secondo cui la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a due angoli retti; 2) la risoluzione geometrica delle equazioni di 2º grado; 3) i primi elementi della teoria delle proporzioni e della similitudine; 4) la scoperta degli incommensurabili; 5) la costruzione dei «corpi cosmici», cioè dei cinque poliedri regolari, o almeno di alcuni tra di essi. Ma a P. e ai primi pitagorici deve essere attribuita anche, e soprattutto, la fondazione della geometria razionale. Il desiderio di dare una giustificazione rigorosa e generale, non empirica né limitata a pochi casi, del teorema di P., spinse P. e i suoi allievi a ordinare la geometria in catene di deduzioni che, partendo da verità semplici ed evidenti, condussero gradualmente alla scoperta di proprietà sempre più riposte. Teorema di P.: uno dei primi teoremi della geometria classica, secondo il quale il quadrato costruito sull'ipotenusa di un triangolo rettangolo è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti; ha numerose generalizzazioni (teorema di P. generalizzato, n-dimensionale, ecc.) ed è alla base del concetto di distanza negli spazi euclidei o pseudoeuclidei. Altre teorie tipiche del pitagorismo sono la reincarnazione o metempsicosi, e la dottrina cosmologica. La metempsicosi era la credenza nella trasmigrazione delle anime da un corpo a un altro - anche di diversa specie - dopo la dissoluzione. Si tratta di una delle dottrine di P. più spesso richiamate dalla letteratura cristiana; ora per accentuarne le affinità con l'insegnamento cristiano (corpo come carcere, l'anima immortale rinchiusa in esso nell'attesa della liberazione verso una beatitudine di vita incorporea, in un mondo più alto), ora per drammatizzarne le differenze (negazione dell'individualità dell'anima umana, sua uguaglianza con quella degli animali bruti, vegetali e miniere, ecc.). La dottrina cosmologica considerava al centro del cosmo il fuoco e attorno a esso, in orbite concentriche, i vari pianeti fino alla sfera estrema, racchiudente il tutto, formata anch'essa di materia ignea. Tra la Terra e il fuoco centrale era collocata l'antiterra (ἀντίχϑων), che girava solidalmente alla Terra intorno al fuoco in 24 ore. In tal modo l'antiterra impediva che i raggi del fuoco raggiungessero direttamente la Terra e risultava invisibile dall'emisfero abitato, perché questo, nella sua rotazione, era sempre rivolto verso l'esterno della sfera. I raggi del fuoco centrale pervenivano all'emisfero abitato solo perché riflessi dal sole (che ruotava in un'orbita più ampia). Quando la terra si trovava dalla parte del sole si aveva il giorno, in caso contrario la notte.