A. vocalica Fenomeno di alcune lingue, come le ugro-finniche e le turche, per cui il vocalismo suffissale (o postonico) ha un timbro simile a quello della radice (o della sillaba accentata) e varia in conseguenza. Così in ungherese vi sono due serie di vocali, anteriori (ä é ő ö ü ű) e posteriori (a á o ó u ú), e nella stessa parola non si possono avere vocali dell’una e dell’altra serie: per es., ház-hoz «presso la casa» ma kert-hez «presso il giardino».
Nell’antichità classica, erano dette a. le varie scale modali come la dorica, la frigia, etc. Dal Medioevo al maturo Rinascimento, tra gli ultimi echi della tradizione culturale greco-romana e le pratiche nuove, si registrarono numerose accezioni, per lo più generiche, come per es. quelle di combinazioni di suoni, successivi o simultanei; di concerto tra due o più voci o strumenti; della loro buona concordia; e addirittura di musica in qualunque senso.
Dal tardo Rinascimento (Institutioni harmoniche di G. Zarlino, 1555) in poi, l’accezione del termine venne a restringersi alla pratica e teoria della formazione e concatenazione degli accordi (➔). Le basi della teoria dei rivolti e dei gradi armonici furono poste da J.-Ph. Rameau (Traité de l’harmonie, 1722), la cui concezione si scontrava però con quella empirista della scuola del basso continuo, ponendo così le basi per una secolare diatriba tra l’a. vista come scienza o come arte. Nel 19° sec. l’a. divenne il ramo più importante della teoria musicale, relegando il contrappunto ai margini dello studio della composizione. In questo periodo nacquero diverse scuole di pensiero in contrapposizione fra loro. In Francia, la concezione armonica del teorico belga F.-J. Fétis, basata sull’idea di percezione, si contrappose alla forte influenza esercitata dal pensiero scientifico positivista sulla teoria musicale (H. von Helmoltz). Alla fine dell’Ottocento l’a., intesa come disciplina teorica, conobbe la sua fase di massimo sviluppo con H. Riemann, S. Sechter, A. Reicha e Ch.S. Catel.
All’inizio del Novecento le teorie armoniche si preoccupano, da un parte, di cercare un fondamento razionale all’ampliamento del linguaggio musicale, dall’altra, di mettere in evidenza il divario tra la teoria armonica tradizionale e la prassi dei compositori classici. Due importanti trattati esemplificano queste opposte esigenze: la Harmonielehre di A. Schönberg (1911) e la Harmonielehre di H. Schenker (1906). La prima può essere considerata l’ultimo grande trattato di a. prescrittiva; la seconda il primo trattato moderno di a. analitica, e lungo questo doppio binario si proseguì nel corso del Novecento, nella consapevolezza che il linguaggio armonico si era oramai storicizzato.
A. evangelica Accordo tra i quattro Vangeli canonici, specialmente tra i Sinottici, dimostrato sia mediante tavole in cui vengono messi a raffronto i passi relativi al medesimo episodio, sia componendo un racconto unico, in cui vari episodi sono fusi insieme, secondo uno schema cronologico e con procedimenti che possono andare dalla rielaborazione letteraria a un vero e proprio lavoro d’intarsio di frasi e di parole. Del primo tipo si ha un esempio nei cosiddetti ‘canoni’ di Eusebio, del secondo nel Diatèssaron di Taziano.