Complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, e adattarsi all’ambiente. La psicologia indica nell’i., nei comportamenti intelligenti o nelle attività intellettuali, modalità di condotta presenti, a livelli diversi e con diverse manifestazioni qualitative, nel bambino e nell’uomo adulto. I pionieri della psicologia scientifica, tra cui A. Binet ed É. Claparède, avevano individuato le condizioni della condotta intelligente indicandole nella comprensione, direzione, invenzione e critica. Alla base del comportamento intelligente si venne così a riconoscere una capacità di adattamento a situazioni nuove e la possibilità di modificarle quando queste presentano degli ostacoli all’adattamento stesso. Restano classiche in questo senso le esperienze sugli aggiramenti dell’ostacolo e sui comportamenti intelligenti a soluzione immediata (Einsicht) condotte da W. Köhler secondo l’indirizzo gestaltistico.
Lo studio del rapporto esistente fra l’i. e le altre componenti della personalità ha anche reso possibile il superamento della tradizionale antitesi fra sentimento e ragione, evidenziando la stretta interdipendenza funzionale fra tutti i processi della vita psichica (percezione, associazione, immaginazione, memoria, apprendimento, motivazione), compresi quelli di natura affettiva. Per la genesi dell’i. è stata rilevata l’importanza dei fattori socio-culturali, nella loro interazione con i fattori organici e con gli aspetti motivazionali della personalità individuale, nel processo di maturazione quantitativa e qualitativa dello sviluppo mentale.
Dal punto di vista storico si possono riconoscere 5 diverse impostazioni di studio dell’i.: a) quella che non fa appello né a operazioni né a strutture (l’associazionismo); b) quella che fa riferimento a strutture improntate alla logica, ma non di natura operatoria (psicologia del pensiero della scuola di Würzburg); c) quella che fa appello a processi operatori senza considerare le strutture d’insieme (Claparède, C.E. Spearman); d) quella che si richiama a strutture, ma senza passare per i meccanismi operatori (Gestalttheorie, analisi fattoriale, alcune teorie sull’apprendimento); e) quella ‘operatoria’, secondo l’indirizzo della scuola di J. Piaget. Le acquisizioni sperimentali della psicologia, che si rifanno alla concezione operatoria, hanno posto sotto revisione critica le impostazioni di studio, offrendo alla ricerca alcuni punti-chiave: a) l’i. si sviluppa sulla base di assimilazioni; b) l’immagine è un’imitazione interiorizzata che presuppone un elemento attivo, di livello superiore alla percezione; c) l’i. procede per operazioni che dirigono le immagini e i concetti; d) la conoscenza è strutturazione; e) la percezione è anteriore all’immagine e quest’ultima non può aver luogo prima dell’apparizione del linguaggio che è la prima forma di pensiero simbolico.
L’i., come sintesi delle funzioni cognitive, è un processo di graduale equilibrio che si risolve in determinate strutture; l’equilibrio, in quanto condizione mobile, dinamica, in qualche modo equivalente a uno stato di ‘adattamento’, si realizza per mezzo di due processi fondamentali: dell’assimilazione e dell’accomodamento.
Si parla di assimilazione quando un nuovo dato di esperienza viene assimilato in ‘schemi’ preesistenti (i primi schemi di cui il bambino dispone sono d’azione: succhiare, afferrare, osservare) presenti alla nascita in quanto costituiti da riflessi congeniti (solo successivamente si potrà parlare di ‘schemi mentali’). L’accomodamento indica la modificazione e l’arricchimento operati dalla nuova esperienza sugli schemi cui il bambino l’ha assimilata. Entrambi i processi si alternano in un dinamico equilibrio che continuamente si rompe e si ristabilisce in forme sempre più estese e a livelli sempre più differenziati, grazie a una sorta di ‘reazione circolare’.
Lo sviluppo mentale si realizza entro un arco di tempo che comprende i primi 15-16 anni dell’età evolutiva attraverso fasi che vanno da un livello di i. ‘senso-motoria’ a uno operativo di tipo ‘formale’, ‘astratto’, che costituisce il pensiero logico e il ragionamento ipotetico-deduttivo. Perché si abbia un’i. di tipo operatorio occorre che l’attività intellettuale presenti i caratteri della reversibilità, dove l’azione mentale assume il nome di ‘operazione’, che è dunque un’azione interiorizzabile, reversibile e coordinata in struttura con altre operazioni; essa è il fondamento di base dell’intelligenza.
In merito all’identificazione di aree cerebrali depositarie dell’i. si sono sviluppate due opposte concezioni: la prima individua l’i. nel lobo frontale, mentre la seconda attribuisce l’i. al funzionamento globale del cervello, specialmente della corteccia cerebrale nella sua capacità integrativa. Quest’ultima ipotesi, stando alla quale i circuiti d’informazione sarebbero non solo veicolati ma anche formati dall’attività nervosa superiore, rende conto di come l’attività intellettiva non possa essere strettamente localizzabile (salvo che per le funzioni simboliche, strumentali) e si svolga invece al livello superiore delle più evolute strutture corticali.
Dopo le esperienze di Binet e T. Simon (1905), autori della prima scala metrica di valutazione dell’i., e dopo l’introduzione per opera di W. Stern del quoziente intellettuale (rapporto fra età mentale ed età cronologica ➔ quoziente), le tecniche diagnostiche si sono andate precisando con nuovi strumenti di misurazione e con metodologie statistico-matematiche di valutazione.
Per la disciplina, ovvero insieme di discipline, che studia in che modo si possano realizzare, mediante l’uso di un calcolatore, funzioni, tipiche dell’uomo, di analisi di situazioni e di decisione (anche in assenza di informazioni complete) ➔ intelligenza artificiale.
Per i. negli animali si intende la capacità di astrarre e generalizzare, e di formare nessi associativi senza apprendimento per prove ed errori. Ciò presuppone notevoli capacità di apprendimento e di memoria, che sono diversamente distribuite nel regno animale, in rapporto allo sviluppo del sistema nervoso centrale, alla nicchia ecologica e alle strategie adattative della specie. Comportamenti innati, determinati filogeneticamente, che evitano i rischi e la perdita di tempo di un apprendimento, sono adattativi in situazioni ambientali sostanzialmente costanti; comportamenti di tipo intelligente, modificabili a livello individuale, permettono invece un rapido adattamento a situazioni ambientali variabili. Tra i Vertebrati si osserva che i comportamenti di tipo intelligente procedono con l’aumentare dell’encefalizzazione e dello sviluppo del neoencefalo e delle aree associative, e con la diminuzione delle aree corticali di proiezione sensoriali e motorie. Tra i diversi comportamenti di tipo intelligente negli animali si possono ricordare, per es.: la capacità, riscontrata già nei pesci, di riconoscere e memorizzare le caratteristiche generali di uno stimolo e quindi la capacità a cogliere rapporti di somiglianza; la capacità di distinguere le relazioni esistenti tra due modelli; la capacità, in alcuni Primati, di apprendere il valore simbolico di una serie di gettoni di diversa forma e dimensione, cui corrisponde una quantità maggiore o minore di cibo, la possibilità di uscire dalla gabbia, di giocare ecc.; la capacità di contare, sviluppata in molte specie di Mammiferi e Uccelli, che contano il numero delle proprie uova (per es., i cuculi, parassiti di nidiata di altre specie di Uccelli, spingono fuori dal nido della specie ospite un uovo prima di deporre il proprio, che altrimenti verrebbe distrutto). Le capacità di comprensione di nessi causali e di previsione di situazioni future sono sviluppate soprattutto tra i Primati, in particolare tra gli antropomorfi. Questi sono in grado, per es., di utilizzare e combinare attrezzi secondo una sequenza per raggiungere un determinato scopo. Tra i comportamenti intelligenti rientrano anche le capacità di imitazione, alcune cure parentali ecc.