Nel linguaggio filosofico, lo stato di ogni realtà in quanto è tale, o, in senso specifico, lo stato della realtà che può essere oggetto di un’esperienza sensibile.
Nella storia della filosofia, il termine e. (existentia) ha assunto rilievo soprattutto nella filosofia medievale in relazione al problema del suo rapporto con l’essenza (➔). In particolare, centrale è in Tommaso d’Aquino la distinzione fra essenza ed e. intesa come ‘atto di essere’, per cui negli esseri particolari l’essenza, espressa nella definizione, può essere puramente pensata, senza che esista; mentre in Dio l’e. consegue necessariamente al pensiero dell’essenza. Nella filosofia posteriore è fondamentale la nozione leibniziana che pone l’e. come una tendenza, una esigenza delle essenze puramente possibili a realizzarsi in proporzione al loro grado di realtà; essa è retta dal principio della perfezione mentre l’essenza da quello della possibilità. Per I. Kant l’e. è ciò che in una cosa non può essere ridotto a concetto, a elemento dell’essenza; è la posizione assoluta di un oggetto. Nella filosofia hegeliana l’e. non è più opposta all’essenza, di cui è l’apparire, l’immediatezza. Essa esprime il particolare, il transeunte e caduco, è solo un momento destinato a essere ‘superato’, cioè tolto e conservato, nel superiore e più vero momento della ‘realtà’.
Nell’ambito della riflessione filosofica contemporanea una reimpostazione del problema dell’e. è dovuta a R. Carnap, il quale distinse tra questioni di e. interne (relative alle entità appartenenti al campo di indagine di una disciplina) ed esterne (relative alle entità in sé, indipendentemente dalle discipline che le studiano), considerando legittime solo le prime.
La ‘filosofia dell’e.’ è l’ esistenzialismo, movimento dapprima filosofico e poi anche letterario. Come movimento filosofico designa quegli indirizzi di pensiero che concepiscono la filosofia non come disciplina contemplativa e disinteressata, ma come impegno del singolo nella ricerca del significato e possibilità dell’e., intendendo con questo termine il modo d’essere specifico, originale e proprio dell’uomo. A seconda dei modi di concepire il singolo nelle sue relazioni con l’‘altro’ (sia questo uomo, natura, essere ecc.), diversi sono stati gli esiti storici dell’esistenzialismo, caratterizzato nella sua prospettiva generale da una aperta insoddisfazione per la filosofia della conciliazione e della totalità (per es., di stampo panlogistico hegeliano), e da una accentuazione dei motivi antinomici e problematici.
L’ esistenzialismo filosofico, sorto in Germania nel primo dopoguerra, come Kierkegaard-Renaissance, in quanto si rifà particolarmente al pensiero di S. Kierkegaard, presenta due direzioni principali: quella umanistico-mondana, in certo modo atea, e quella teologica. La prima è tipicamente rappresentata, in Germania, da M. Heidegger, che trasforma la fenomenologia del suo maestro E. Husserl in ontologia, dà un contenuto esclusivamente umano e mondano ai temi teologici (angoscia, peccato, colpa, decisione ecc.) dell’esistenzialismo kierkegaardiano, e concepisce l’esistere autentico come ‘angoscia’ rivelatrice del ‘nulla’; in Francia è rappresentata da J.-P. Sartre. La seconda direzione (che, sulle orme di Kierkegaard, concepisce l’esistere autentico come rapporto del singolo a Dio, mediante il quale ci si libera dall’angoscia del nulla) è rappresentata in Germania dalla ‘teologia della crisi’ del protestante K. Barth. Avviamento all’atmosfera religiosa di questa tendenza è da considerare il pensiero di K. Jaspers, il quale concepisce l’e. come rapporto al trascendente (das Umgreifende, il «Tutto-avvolgente», cioè il fondo dell’essere che, pur trascendendoci, ci include in sé) e svolge particolarmente il tema del ‘naufragio’ o ‘scacco’. In Francia la direzione teologica è rappresentata da G. Marcel, L. Lavelle, R. Le Senne (che si ispirano specialmente alla tradizione agostiniana francese di B. Pascal), e anche da L. Chestov e N. Berdjaev di origine russa, che si rifanno al cristianesimo ortodosso e all’esperienza esistenziale di F. Dostoevskij, oltre che a quella di Kierkegaard.
Accanto all’ esistenzialismo filosofico si è venuto svolgendo un esistenzialismo letterario, specialmente in Francia, con le opere teatrali e narrative di J.-P. Sartre, S. de Beauvoir, A. Camus.
In Italia l’ esistenzialismo ha suscitato largo interesse nel campo degli studi filosofici e di quelli psicopatologici, mentre ha avuto scarsa eco nel campo letterario. In filosofia l’indirizzo umanistico-mondano ha avuto i suoi esponenti in N. Abbagnano, E. Paci, C. Luporini (i quali, in polemica con l’ esistenzialismo negativo, tedesco e francese, hanno accentuato il significato positivo dell’e.), quello teologico è stato rappresentato da E. Castelli.
Teorema di e. In matematica, una proposizione che dimostri l’e. di almeno una soluzione per un dato problema. Mentre i grandi matematici dei secoli precedenti e della prima metà dell’Ottocento avevano generalmente ammesso come evidente l’e. di una soluzione in problemi estremali (di massimo e di minimo), K.T.W. Weierstrass e i suoi allievi, costruendo alcuni esempi nei quali non si hanno soluzioni, hanno messo in luce la necessità logica di dimostrare in primo luogo l’e. di una soluzione.