Fisico e matematico (Faenza o Modigliana 1608 - Firenze 1647). Succeduto a G. Galilei nell'incarico di matematico e filosofo del granduca di Toscana (1641), dimostrò la possibilità del vuoto in natura, scoprì e misurò la pressione atmosferica con uno strumento chiamato inizialmente tubo di T. e poi barometro. Formatosi alla scuola di B. Cavalieri, ne proseguì gli studi elaborando la teoria degli indivisibili che porta il suo nome; elborò il cosiddettoTeorema universale di T., sulla determinazione del baricentro di una figura qualunque, e il Teorema di T.-Barrow, fondamentale nella teoria dell'integrazione. Determinanti sono state anche le sue ricerche sulla balistica e sull'ottica, in cui spiccò per la qualità della lavorazione delle lenti.
Studiò a Faenza sotto la cura dello zio paterno, monaco camaldolese, e poi alla scuola dei gesuiti. Nel 1626 si trasferì a Roma alla scuola di B. Castelli, già discepolo di G. Galilei. Dal 1632 al 1641 pare sia stato segretario di monsignor G. Ciampoli, inviato governatore in varie città delle Marche e dell'Umbria. Tornato a Roma nel 1641, T. sottopose al giudizio di Castelli un trattato che ampliava la dottrina di Galilei sul moto dei proiettili. Castelli, giudicato eccellente il lavoro, si adoperò per fare accogliere T. nella casa di Galilei ad Arcetri, dove il giovane giunse nei primi giorni dell'ottobre 1641. Dopo tre mesi Galilei moriva e T. gli succedeva al posto di matematico e filosofo del granduca di Toscana, rimanendo così a Firenze sino alla morte. La vendita delle sue eccellenti lenti, che gli venivano richieste da ogni parte, gli procurava un buon vantaggio economico; nel 1644 il granduca, in riconoscimento della bontà delle sue lenti, gli regalò una collana d'oro con medaglia e motto virtutis praemia.
Nel 1644 uscì, a spese del granduca di Toscana, il solo volume da lui pubblicato, dal titolo Opera geometrica, presto diffuso in Europa, lodato da R. Descartes, da B. Pascal, da C. Huygens, nel quale, oltre al citato scritto sul moto dei proiettili, erano trattate questioni di matematica col metodo degli indivisibili di B. Cavalieri. La chiarezza dell'esposizione, insufficiente nella trattazione di Cavalieri, valse a diffondere il nuovo metodo, che precorreva immediatamente la moderna analisi infinitesimale. T., inoltre, estese la teoria con l'introduzione degli indivisibili curvi; egli, cioè, confrontava due figure piane, oltre che con il metodo di Cavalieri, anche scomponendone una con un sistema di curve, in straterelli di spessore infinitesimo (indivisibili curvi) e l'altra con un sistema di rette parallele (indivisibili rettilinei): se ogni indivisibile curvo risulta equiesteso del corrispondente indivisibile rettilineo, le due figure hanno eguale area. Il principio si estende facilmente anche alle figure solide. Riuscì così a dimostrare che un certo iperboloide, pur essendo illimitato, ha volume finito ed estendendo il procedimento giunse a provare che solidi infinitamente lunghi e superfici illimitate possono avere, sotto particolari condizioni, rispettivamente volume e area finiti. Ideata la spirale logaritmica (da lui detta geometrica), ne rettificò con riga e compasso l'intero tratto compreso tra un punto qualunque della curva e il centro, cui la curva tende dopo infinite rivoluzioni. T. sostituì all'infinito e all'infinitesimo potenziale dei geometri greci l'infinito e l'infinitesimo attuale e pervenne a concepire i punti all'infinito di una curva. Il suo "teorema universale", consente di determinare, nel modo più generale possibile, il baricentro di qualunque figura mediante il rapporto di due integrali. Oltre che a questi risultati di calcolo integrale, i suoi studi (in particolare quelli sul moto) lo portarono a notevoli risultati di calcolo differenziale: intuì il concetto di derivata e riconobbe implicitamente il carattere inverso delle operazioni d'integrazione e di derivazione, teorema enunciato esplicitamente da I. Barrow (e perciò detto di T.-Barrow: fondamentale nel calcolo integrale, lega l'operazione di integrazione definita a quella di derivazione), ma la cui importanza fu riconosciuta soltanto da Newton. La corrispondenza scientifica con scienziati italiani e francesi (P. Carcavy, F. du Verdus, G. P. de Roberval e altri) fu il mezzo di diffusione delle sue maggiori scoperte scientifiche e la causa di accese polemiche di priorità, tra le quali fu aspra quella con Roberval a proposito della scoperta di alcune proprietà della cicloide (quadratura, centro di gravità, misura del solido generato dalla sua rotazione intorno alla base). Tra i risultati minori va ricordata la risoluzione di problemi di massimo e minimo, tra i quali spicca la determinazione del punto (detto oggi punto di T.) del piano di un triangolo per il quale è minima la somma delle distanze dai vertici. In statica enunciò il principio, oggi conosciuto con il suo nome sebbene fosse già noto a Galilei, secondo il quale un sistema pesante si muove spontaneamente soltanto se il suo baricentro si abbassa. Generalizzò la dottrina del moto dei proiettili di Galilei a lanci obliqui qualunque; dimostrò in forma generale un'osservazione incidentale di Galilei, che cioè se si rilancia un proiettile con velocità eguale e contraria a quella che ha in un punto qualsiasi della sua traiettoria C, il proiettile ripercorre C in senso inverso; ossia che i fenomeni meccanici sono reversibili e che il tempo è ordinato, ma privo di verso. Tra altri teoremi di balistica esterna, dimostrò che le parabole corrispondenti a una data velocità iniziale e a diverse inclinazioni sono tutte tangenti a una stessa parabola (detta di sicurezza o di T., primo esempio di una curva inviluppo di una famiglia di curve). Studiò il moto di efflusso di un liquido da un foro di piccola sezione; in partic., il teorema di T. afferma che la velocità di efflusso di un liquido (detta velocità torricelliana) da un foro praticato sul fondo di un recipiente di sezione molto più grande rispetto a quella del foro, a profondità h sotto il livello libero del liquido, in assenza di resistenze, vale
√ ̅ ̅̅̅̅ ̅̅̅̅ ̅̅̅̅ ̅̅̅̅ ̅̅̅̅ ̅̅̅̅ ̅̅̅ ̅̅̅̅ ̅̅̅̅ ̅
gh
con g accelerazione di gravità, e quindi pari alla velocità che acquisterebbe una goccia di liquido cadendo nel vuoto dall'altezza h. La perizia di T. come idraulico era talmente grande che si ricorse a lui per avere consigli sul modo di liberare la Val di Chiana dalle acque stagnanti ed egli suggerì il metodo delle colmate. Eccezionale era la sua abilità tecnica nella lavorazione di lenti da cannocchiale, che eguagliava o superava quella dei migliori costruttori italiani del tempo. T. è conosciuto soprattutto per l'esperienza, nota col suo nome, che, inseritasi in una millenaria polemica tra "vacuisti" e "pienisti", dimostrava la possibilità del vuoto in natura, mentre scopriva e misurava la pressione atmosferica, grandezza fisica sino a quel tempo insospettata. Lo strumento di dimostrazione, detto tubo di T. e dal 1667 barometro da R. Boyle, fu descritto da T. in una lettera del 1644 a M. Ricci, seguita da una successiva lettera dello stesso anno, la quale risolveva le obiezioni mosse da Ricci all'interpretazione del fenomeno. Le due lettere formulano in modo chiaro ed esauriente la moderna teoria della pressione atmosferica, con un accenno a ciò che sarà il principio di Pascal. Esse si diffusero rapidamente in Europa e dettero l'avvio a una rigogliosa fioritura sperimentale e teorica, nella quale s'impegnarono i maggiori scienziati del tempo (Pascal, Descartes, E. Mariotte, Boyle). Gli scritti e l'epistolario scientifico sono stati pubblicati nelle Opere (3 voll., il primo diviso in due parti, 1919; 4 voll., 1944).