L’arte di dare forma e realizzare spazi fruibili per le necessità dell’uomo. Da un ambito professionale tradizionalmente circoscritto alla sola arte del costruire, il concetto di a. ha progressivamente definito e ampliato la sua specifica accezione all’arte dell’ideare e progettare arrivando a comprendere tutte le modificazioni, non casuali, operate dall’uomo sull’ambiente fisico e nelle diverse scale, da quella del territorio e del paesaggio a quella della città, all’edilizia, all’organizzazione degli interni (arredamento) e al design. L’a. va quindi considerata in connessione con le teorie artistiche e con le arti figurative, con le tecniche di progettazione e di rappresentazione (disegno, rilievo, prospettiva), con i materiali da costruzione, con le esigenze difensive (mura, fortezze, insediamenti militari: ➔ fortificazione), con lo sviluppo dei trasporti, con quello della tecnologia e degli impianti (edificio intelligente o a. intelligente: ➔ domotica), con la tematica dell’insediamento e del territorio (➔ abitazione, urbanistica, pianificazione), con le scienze della vita (a. ecologica o ecoarchitettura, a. verde: ➔ bioarchitettura), lo studio, il recupero, il restauro dei centri storici, dei monumenti e del patrimonio storico nel suo insieme e con il complesso della produzione culturale.
A partire dalle indicazioni di Vitruvio e, in particolare, dalle prime sistematiche riletture interpretative del suo De architectura (1° sec. a.C.) nei sec. 15° e 16°, l’arte dell’a. ha acquisito uno statuto disciplinare tale da renderla sempre più affine a una ars liberalis piuttosto che a una mera ars mechanica quale era solitamente considerata, al pari della medicina, nell’età di Augusto (1° sec. a.C - 1° d.C.) e, ancora, nel corso del Medioevo. Dall’età rinascimentale il sensibile e costante proliferare di testi (manoscritti e a stampa, corredati o privi di disegni e illustrazioni) redatti intorno alle questioni dell’a., ha decisamente contribuito alla formulazione teorica e alla determinazione scientifico-disciplinare di un’attività professionale sostanzialmente empirica, per quanto basata su tradizioni e principi costruttivi. Da pratica artigianale pressoché anonima, con specifici segreti e saperi acquisibili solo nella frequentazione di una bottega-laboratorio, l’a. si è emancipata sempre più da quell’angusto ambito formativo divenendo sensibile a stimoli e sollecitazioni di più vasta e varia natura. È, infatti, al singolare fenomeno della trattatistica di a. quattro-cinquecentesca (L.B. Alberti, Filarete, Francesco di Giorgio, S. Serlio, Vignola, Palladio, V. Scamozzi ecc.) che si deve l’innesco di quel lungo processo evolutivo e distintivo che ha talmente caratterizzato e connotato la disciplina architettonica da consentire alla storiografia critica (dal 17° sec.) di definirla come un’arte ‘unica fra le arti’.
Lo scrivere con sistematicità, dunque, ma in particolare la componente teorica, vagamente esplicitata o decisamente tendenziosa, che soggiace nei trattati di a. differenziandoli dai semplici manuali a uso pratico o dalle guide tecnico-costruttive, hanno determinato la decisiva trasformazione dell’a. in una disciplina moderna, scientificamente valutabile e dai principi trasmissibili, oltrepassando i limiti di uno stretto scambio di esperienze. All’innovativo ruolo della scrittura va tuttavia associato quello tradizionale del disegno (di progetto o rappresentativo: ➔ disegno, prospettiva) inteso, comunque, come un inevitabile medium tra ideazione e costruzione e tra progettazione e comunicazione. Un ruolo, quello del disegno, prefigurativo rispetto alla fabbrica e reso vieppiù necessario anche per soddisfare le esigenze valutative di un’ampia e varia committenza, come quella emersa progressivamente a partire dall’età rinascimentale. Un disegno di a., inoltre, sempre più apprezzato perfino dal fiorente mercato dell’arte per le sue singolari qualità estetiche.
La storia dell’a., nelle varie epoche, latitudini e culture, ha sempre rivelato un serrato e inevitabile intreccio tra committenza e artefici-architetti, tanto da fare addirittura risultare quest’arte come diretta espressione dei ceti religiosi, politici e sociali dominanti: committenze, in ogni caso, capaci di investire cospicue somme di denaro in imprese di a. per poterne ricavare comunque dei profitti (materiali o spirituali).
L’ architetto è colui che concepisce, elabora e predispone i progetti destinati alla costruzione di opere di a., ne dirige anche l’esecuzione e ne controlla l’amministrazione, seppure a questi particolari aspetti gestionali provvedano spesso imprese, capimastri e maestranze varie, con precise distinzioni di competenze tecniche e responsabilità operative. Nella vasta e complessa attività professionale dell’architetto, correlata a questioni di ordine economico, politico, sociale e religioso, rientrano pure il rilievo e il restauro di edifici esistenti, la stima del loro valore, il collaudo delle opere di edilizia, la materia urbanistica, le decorazioni e l’arredamento degli interni, la museografia, la scenografia ecc.
Il termine, di origine greca (ἀρχιτέκτων), ricorre in lingua latina (architectus) già in Plauto; diffuso da Vitruvio con il suo De architectura, permane in uso ancora nei sec. 7°-8° per poi fondersi o confondersi con il termine coementarius (una sorta di mastro muratore). Dal 13° sec. riemerge un ruolo direttivo tra le diverse figure che affollano il cantiere edilizio anche se, particolarmente nell’a. romanica e gotica, risulta alquanto frequente la confusione con i termini di artifex e magister: sovrapposizioni terminologiche che persistono, seppure negli scritti del periodo si trovi addirittura la figura di Dio associata a quella di un elegans architectus (Alano di Lilla). È a partire dal 14° sec. ma, essenzialmente, dai sec. 15° e 16° che l’architetto, con le sensibili trasformazioni della stessa pratica dell’a., assume quei connotati che i teorici e la trattatistica disciplinare iniziano a istituzionalizzare con ben definite funzioni e doveri professionali. Le vicende legate alla rivoluzione industriale (dal 18° sec.) e quelle relative alla cosiddetta rivoluzione informatica (dalla seconda metà del 20° sec.) hanno comportato ulteriori modificazioni della professione dell’architetto senza tuttavia alterare in modo sostanziale le prerogative proprie di questa categoria professionale.
L’a., tradizionalmente sensibile a un sapiente uso dei materiali da costruzione, è inevitabilmente entrata in relazione con le cicliche invenzioni tecnologiche, tendendo a innovare o trasformare le sue abituali pratiche. Accanto alla persistenza di tecniche e modalità costruttive consolidate nei secoli, infatti, sono emerse nuove tendenze operative che, grazie alla versatilità della moderna figura dell’architetto, hanno fatto tesoro delle nuove tecnologie per raggiungere risultati espressivi dirompenti. Esemplificative, in tal senso, sono quelle a. fortemente caratterizzate da un uso imponente delle potenzialità del vetro, della ghisa, del ferro, dell’acciaio o del cemento armato (sec. 19°-20°) ma, ancora di più, quelle connotate dal particolare impiego di tecnologie sperimentali (nanotecnologie ecc.) e materiali (titanio, plastiche, poliuretani ecc.) tradizionalmente poco usuali nell’edilizia e solitamente presenti in quella particolare produzione architettonica che dall’ultimo quarto del 20° sec. ha fatto ampio ricorso agli stimoli progettuali e agli strumenti forniti dalla cosiddetta rivoluzione informatica. Da un’a. progettata avvalendosi del disegno elettronico assistito (➔ CAD), impiegato quanto meno come mero strumento esecutivo e rappresentativo in alternativa agli strumenti tradizionali (matite, penne, pennini, righe, squadre, compassi, pantografi, tecnigrafi ecc.), emerge progressivamente un’a. definita digitale in virtù delle sue strette relazioni e dipendenze dalle tecnologie informatiche e telecomunicative. La progettazione interattiva e collaborativa, raggiungibile consultando siti Internet, portali, motori di ricerca attraverso cui scambiare file e disegni, e che si serve di software sempre più aggiornati per il disegno tridimensionale, sfruttandone le infinite potenzialità rispetto a quelle tradizionali fornite dalle tecniche della prospettiva, tende a indagare nuove forme fluide (bloboidali, zoomorfe ecc.) o, comunque, meno rigide rispetto all’universo formale condizionato dalle regole della geometria euclidea. Un’a. digitale, dunque, che parallelamente ad alcune originali realizzazioni (si pensi a quelle di L. Spuybroek/NOX Architekten, di G. Lynn, di K. Oosterhuis, di N. Denari ecc.) è altresì capace di simulare o prefigurare realtà che, seppure ‘virtuali’, sono comunque in grado di fornire nuovi orizzonti alla teoria e alla pratica dell’a. trasformando la sua tradizionale definizione etimologica o, almeno, ampliando i suoi possibili confini. Sotto quest’ultimo aspetto emergono, in particolare, le opere di M. Novak tra i più noti e sistematici divulgatori dell’a. digitale e della dimensione architettonica del ciberspazio (➔).
Il De architectura di Vitruvio può essere considerato il primo esempio, noto, di storiografia architettonica, sebbene rientri con difficoltà in un genere ben definito (testo di letteratura, storia e costumi architettonici del mondo greco e romano, trattato teorico o manuale di pratica utilità). A partire da Vitruvio, dunque, è possibile rilevare una serie di testi manoscritti che oscillano ciclicamente da semplici guide tecnico-descrittive, da taccuini o album di studio e rilievo con didascalie (Livre de portraiture di Villard de Honnecourt, 13° sec.) o con annotazioni critiche, a scritti sulle proporzioni e sulle tecniche prospettiche, per confluire (dai sec. 15°-16°) verso quella produzione sistematica di opere ancora manoscritte o a stampa (la trattatistica di a.) che divengono progressivamente e costantemente fonti interpretative, ispiratrici o assertive per i fondamenti teorici dell’a. nelle varie epoche storiche. Dopo i trattati degli umanisti-architetti quattro-cinquecenteschi (dal De re aedificatoria di L.B. Alberti, considerato il primo trattato di a. del Rinascimento, fino a quello Dell’idea dell’architettura universale di V. Scamozzi del 1615, ritenuto conclusivo di quella fase cronologica), si giunge alla stesura di testi del periodo barocco (Opus architectonicum di F. Borromini; i trattati dell’Architettura civile di G. Guarini ecc.) o a quelli dei cosiddetti ‘illuministi’ francesi, E. Boullée (Architecture, essai sur l’Art, 1793-99) e C.N. Ledoux (L’Architecture considérée sous le rapport de l’art, des moeurs, et de la legislation, 1804). Parallelamente, in Italia spicca la prolifica attività letteraria di F. Milizia che, in particolare, con il suo Principj di Architettura Civile (1781) contribuisce a diffondere quei criteri tipologici e funzionali (università, biblioteche, accademie, collegi, ospedali, banche, borse, cimiteri ecc.) costantemente riproposti o criticati dagli architetti e dalle varie tendenze storiografiche nei secoli successivi. A trattati, dizionari e biografie, si affianca (dalla fine del 19° sec.) l’elaborazione da parte degli stessi architetti di testi teorici centrati sulle varie tematiche inerenti l’a. e la città (L.H. Sullivan, G. Semper, C. Sitte, A. Loos, B. e M. Taut, M.J. Ginzburg, F.L. Wright, W. Gropius, Le Corbusier, G. Pagano Pogatschnig, E. N. Rogers, P. e A. Smithson, R. Venturi, R. Koolhaas ecc.).
Lo sviluppo di un’editoria di settore (riviste, bollettini, annali, quaderni ecc.) amplia i confini di una produzione letteraria e storiografica: esemplari per l’Italia sono le riviste Domus, Casabella, L’architettura. Cronache e Storia, Controspazio, Lotus ecc., mentre a livello internazionale emergono iniziative quali L’Architecture d’aujourd’hui, il Journal of Architectural Historians, l’Architectural Review. La storiografia sull’a., a partire dal Rinascimento ha avuto una trattazione comune con quella sull’arte; nel corso del 20° sec., e in particolare in ambito italiano, si è affiancata a questa una storiografia più strettamente specialistica (S. Giedion, N. Pevsner, B. Zevi, L. Benevolo, M. Tafuri, R. Banham, J. Ackerman ecc.).
Insieme di norme, principi e standard che regolano la costruzione di apparati, applicazioni e sistemi di varia natura. In questo senso, il termine a. assume significati anche molto differenti a seconda del contesto nel quale viene utilizzato: si avrà pertanto un’a. hardware (fig. 1), un’a. software o applicativa (fig. 2), un’a. dati e così via. L’a si configura quindi, più che come un oggetto vero e proprio, come un approccio concettuale, teso a sistematizzare criteri e regole con i quali sono progettati e costruiti i sistemi informativi. Da quanto premesso, si evince che l’a., nell’ingegneria informatica, può essere considerata una modalità descrittiva di ogni singolo sistema, sia esso hardware, software o di altra natura.
Più in particolare, l’a. di un sistema hardware si pone l’obiettivo di chiarire quali sono i meccanismi di funzionamento e di integrazione di alto livello dei dispositivi e dei componenti tecnologici che costituiscono il sistema stesso. Per es., definire l’a. di un personal computer significa costruire un diagramma a blocchi che metta in evidenza i componenti elettronici fondamentali e che schematizzi, secondo convenzioni grafiche concordate, in che modo questi componenti si relazionino tra di loro. Analogamente, un’a. applicativa vuole chiarire quali sono i blocchi funzionali che distinguono un particolare dominio organizzativo e come questi blocchi software siano in comunicazione tra loro.
L’a. dati vuole descrivere, nelle realtà organizzative complesse, nelle quali il volume dei dati è significativo, in che modo le applicazioni accedono ai database e come questi database sono stati progettati e realizzati. L’a. informativa si focalizza sui flussi informativi che sussistono nelle strutture organizzative complesse e sulle interfacce grazie alle quali gli utenti e gli amministratori dei sistemi sono in grado di controllare e gestire le loro attività. Per analogia, il concetto di a. è venuto progressivamente estendendosi anche ad ambiti più propriamente gestionali, quali l’organizzazione aziendale e i processi, per cui è naturale ormai parlare di a. dei processi o di a. organizzativa di un’azienda.